– Quegl’incontri, che allora ci erano LIBERAMENTE richiesti dalla maggior parte delle scuole medie inferiori e superiori della città di Reggio Emilia, vedevano impegnat* operatrici e operatori (ginecologa, psicoterapeute\i, ostetriche) operanti nei servizi pubblici;
– Per la scuola si trattava perciò della possibilità di fruire di un lavoro gratuito, programmaticamente previsto all’interno dei programmi del Consultorio Giovani (OPEN G) dell’AUSL di Reggio Emilia;
– In base alla nostra esperienza è possibile svolgere in modo efficace questo tipo di programmi solo se esiste sul territorio una rete di reti interprofessionale ed inter-istituzionale disposta ad impegnarsi concretamente in questo tipo di lavoro. E se i gangli di questa rete non sono fatti di personale precario, a contratto, part-time: cioè da personale che non abbia conoscenza della situazione socio-culturale del territorio in cui opera.
– E infine deve essere chiaro che questo tipo di operazioni non sono ‘il’ vaccino che preserva dagli stupri, dalla violenza di genere, dal bullismo, etc., ma solo – per restare nella metafora – un possibile richiamo (un booster) che può rianimare -ovviamente dove essi ci siano- gli anticorpi di tutti: giovani, docenti genitori, istituzioni!! Il richiamo ad un vaccino quindi che viene prima, e che in ogni caso richiede ben altro impegno da parte di tutte e di tutti: soprattutto in una società in rapidissima trasformazione, come la nostra. (RE, 22.11.23)
Dino Angelini,
allora responsabile del Consultorio Giovani OPEN G——————–> qui di seguito il testo del 1996:
La psicologia clinica nei servizi pubblici,
pp. 239\243
1. Funzione della scuola nell’educazione alla crescita
Sono ormai dieci anni nelle scuole medie inferiori e cinque in quelle superiori che viene svolto un programma di educazione sessuale, che per le sue caratteristiche specifiche abbiamo definito come “Progetto educazione alla crescita”.
Il punto di partenza dal quale ci siamo mossi è nella constatazione che oggi fra i ragazzi e i giovani reggiani è ormai pletorico fornire dati di informazione circa la fisiologia della sessualità e che la stessa educazione sessuale – intesa in senso stretto come dialogo circa i temi e i problemi di natura psicologica intorno alla sessualità – può apparire come ridondante.
Diverso, invece, appare il quadro laddove siano presi in considerazione tutti i problemi di fase che inevitabilmente il preadolescente, prima, e l’adolescente, poi, incontrerà lungo il percorso di crescita personale e di maturazione psicologica che lo porterà all’età adulta.
Problemi di fase che non possono essere elusi e che ingenerano in tutti gli adolescenti (e cioè sia in coloro che mostrano segni di disagio, sia in coloro che sembrano procedere con maggiore agio e speditezza sul terreno della crescita psicologica) ansie ed angosce legate agli inevitabili cambiamenti che il lungo processo di passaggio all’età adulta impone.
L’adolescente da una parte sa che non è più un bambino, dall’altra non può sapere ciò che lo attende alla fine di quel viaggio che lo porterà psicologicamente lontano dagli affetti primari e impegnato, via via che passano i suoi giorni, su un terreno di generatività, di produttività e di ri-produttività che ora, nel momento in cui ancora è un preadolescente, riesce a malapena a immaginare, o al massimo a percorrere in maniera velleitaria in base ai modelli che la società, e in particolare i media, gli propongono.
Il problema del passaggio nelle vecchie società non era un problema così pesante come appare oggi poiché, intanto, il passaggio all’età adulta era più celere, a causa dei più spediti percorsi di formazione e di ingresso nel mondo del lavoro, dall’altra risultava più marcato, cioè più seguito dalla comunità degli adulti, che in questo modo mostrava di essere più conscia di quanto lo sia l’odierna comunità degli adulti, delle proprie funzioni nel processo di educazione alla crescita e alla trasformazione.
Oggi, al contrario, da una parte l’iter formativo per la stragrande maggioranza dei giovani è diventato più lungo ed imprevedibile. E ciò sempre a causa delle esigenze formative della società. ‘Più lungo’ poiché mediamente l’accesso al lavoro richiede competenze complesse e impegnative. ‘Imprevedibile’ poiché la società stessa non è in grado, a causa dell’alto tasso di dinamicità che la informa, di immaginare quelli che saranno prerequisiti richiesti al cittadino ed al lavoratore di domani per entrare con competenza nel mercato del lavoro, e quindi di pianificare con sufficiente approssimazione un futuro che risulta così lontano nel tempo e incerto nei propri confini.
E paradossalmente di fronte a questi elementi che rendono più lungo e difficile il passaggio, l’odierna comunità degli adulti sembra poco disponibile a farsi carico in termini sociali dei problemi che il giovane ha lungo questo terreno di crescita, ed anzi sembra non conscia delle funzioni di riproduzione sociale (cioè di passaggio , da una generazione all’altra, degli elementi di fondo della propria cultura) che pure inevitabilmente svolge nello stesso momento in cui entra in contatto con la generazione che è destinata a sostituirla.
E’ per questo che l’educazione alla crescita diventa un tema centrale soprattutto per la scuola in quanto sede privilegiata della riproduzione sociale.
Afferma F. Vanni che la scuola non sembra in grado di comprendere che il passaggio da una classe all’altra, da un ciclo ad un altro, è uno dei pochi elementi in grado di attestare o meno, agli occhi del giovane, la propria crescita psicologica.
Ebbene la scuola reggiana nel momento in cui dimostra sensibilità a quello che potremmo definire discorso sulla crescita psicologica, mostra di andare controtendenza e di farsi carico, insieme alle famiglie, di un tema importante e, direi, decisivo in preadolescenza e in adolescenza. quello dell’educazione alla crescita.
2. I tre protagonisti dell’educazione alla crescita
Famiglia, scuola e operatori sanitari sono i protagonisti dell’educazione alla crescita.
Le prime due istanze accompagnano ab initio il soggetto in età evolutiva lungo il suo terreno della crescita psicologica.
Anche gli operatori sanitari, a dire il vero, potrebbero essere parte in causa fin dal momento in cui il bambino piccolo appare sulla scena dell’educazione, interagendo con le famiglie, i nidi e le scuole per l’infanzia. In effetti, ciò che vediamo oggi a Reggio E. è l’assenza, o per meglio dire la sporadicità degli interventi negli asili nido o nelle scuole per l’infanzia soprattutto in quest’ultimo decennio.
Le ragioni che hanno spinto le istituzioni prescolastiche a tagliare i ponti una decina d’anni fa con gli operatori sanitari su questo piano, rompendo con una tradizione di collaborazione che durava dall’inizio degli anni ’70, vanno ricercate probabilmente in quella vertigine da successo che ha preso queste istituzioni cittadine a partire dalla fine degli anni ’80: evidentemente gli asili più belli del mondo non avevano più bisogno di cure preventive, poiché si ritenevano al riparo di qualsiasi problema da questo punto di vista.
Per quanto riguarda le scuole elementari, la crisi susseguente alla nascita del modulo non ha permesso quel dialogo a tre che, invece, nelle scuole medie inferiori e superiori, è stato possibile innescare a partire, appunto, dai programmi dell’educazione alla crescita. Anche se una riflessione fra operatori sanitari e scuola sui problemi innescati alla nascita del modulo, a dire il vero, c’è stata e la traccia scritta di tale dialogo nel testo “Bambini e ragazzi a rischio fra famiglia, scuola e strada” (Unicopli, Milano 1999).
Per cui le dinamiche che vedono impegnate le tre istanze famiglia, scuola e sanità sono per ora circoscritte alle scuole medie inferiori e superiori.
Vediamo ora come queste tre entità si relazionano fra loro sui programmi di educazione alla crescita.
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– Modello di educazione alla crescita nelle scuole medie inferiori
Obiettivi:
– educazione alla crescita, intesa non come accumulo di competenze, ma in termini esperienziali.
– favorire la riflessione dei ragazzi su ciò che sta avvenendo nel loro apparato psiche-soma.
Contenuti:
– riflessione in comune, con o senza i docenti, su elementi legati alla crescita psicofisica che emergano liberamente nei ragazzi.
Metodi:
1. Incontro iniziale con i team docenti delle terze classi al fine di concordare le procedure e le cadenze del lavoro.
2. Lavoro dei docenti in classe per un congruo lasso di tempo (che inizialmente era della durata di un quadrimestre) su argomenti che siano contemporaneamente legati alla materia ed al tema dell’educazione alla crescita, e che quindi non esulino dal curricolo.
3.Elaborazione, da parte dei ragazzi di domande rivolte sia agli psicologi, sia ai medici.
Incontri dei ragazzi con gli psicologi e con medici (2 + 1), classe per classe.
4.Incontro finale con i genitori, che inizialmente era classe per classe e che oggi consiste in una discussione con i genitori, non di ciò che è emerso dagli incontri con i ragazzi, ma delle problematiche attuali che i genitori vivono nel loro rapporto quotidiano con i preadolescenti.
Personale coinvolto: psicologi, ginecologi, ostetriche.
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Modello di educazione sessuale nelle scuole medie superiori:
Obiettivi:
– educazione alla crescita, intesa non come accumulo di competenze, ma in termini esperienziali.
– favorire la riflessione dei giovani su ciò che sta avvenendo nel loro apparato psiche-soma.
Contenuti:
– riflessione in comune, senza i docenti, su elementi legati alla crescita psico-fisica che emergano liberamente nei giovani.
Metodi:
1. Incontro all’inizio dell’anno scolastico con gli insegnanti dei CIC al fine di concordare le procedure e le cadenze del lavoro.
2. Comunicazione, da parte dei docenti dei CIC alle classi che abbiano fatto domanda di intervento, del fatto che gli esperti dell’AUSL risponderanno alle loro domande senza voler conoscere in precedenza il loro contenuto.
3. Elaborazione, da parte dei giovani, di domande rivolte sia agli psicologi, sia alle ostetriche ed alle ginecologhe.
4. Incontri dei giovani con i tecnici dell’AUSL in classe
5. Visita guidata, a richiesta, dei locali dell’OPEN G (Consultorio Giovani).
6. Restituzione ai proff. dei CIC dei temi emergenti dalla discussione fatta in classe
Personale coinvolto: psicologi, ginecologi, ostetriche.
3. Considerazioni finali
Come è possibile vedere, il nostro intervento non vuole ipostatizzare la posizione dei tecnici come centrale. Le ragioni di un simile atteggiamento sono molteplici:
a. innanzitutto pensiamo che una centralità della funzione del tecnico non corrisponda alla realtà, che vede impegnati da sempre le famiglie, e da anni la scuola sul tema dell’educazione alla crescita;
b. in secondo luogo sarebbe fuorviante e foriero di un meta-messaggio pericoloso quello di chi volesse pontificare ex cathedra su questo tema, e lo sarebbe di più in adolescenza, età in cui l’abbattimento dei vecchi idoli e la costruzione di nuovi è una tendenza, diciamo così, naturale che potrebbe portare all’assunzione da parte del giovane delle parole del tecnico in maniera idolatra;
c. è per questo che non vogliamo conoscere in anticipo le domande dei giovani: perché nel nostro rispondere all’impronta e cioè a fatica si sottolinei la parzialità delle nostre conoscenze e competenze.
In questo modo le parole dei tecnici si aggiungono ed entrano in circolo con quelle della famiglia, della scuola e del giovane in modo da allargare l’ambito della discussione, di ripristinare una discussione laddove essa si sia interrotta, di concorrere ad un concerto di voci che non è detto debba essere intonato.
Sta in questa parzialità, noi pensiamo, la nostra forza.
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