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Caro collega negazionista e renitente…

1 Apr 24

A cura di Gilberto Dipetta

Noi vorremmo

che battesse ancora il cuore

di nostra madre

Franco Arminio

Caro collega negazionista e renitente, questa è la notte della vigilia di Pasqua 2024, ed io sono qui, di guardia in reparto, al posto tuo.
Ero reperibile, e mi aspettavo non saresti venuto. E’ stato facile prevedere, perché non sei mai venuto a fare un turno di notte. I primi tempi ti prendevi malattia, poi forse neanche più quello, hai detto che non venivi e basta, per presa di posizione. Non hai neanche addotto i limiti di età, né ti sei fatto esonerare come hanno fatto altri. Semplicemente per presa di posizione ideologica hai deciso che il tuo piede non avrebbe mai calcato la soglia dell’SPDC.
Te ne stai nel tuo territorio, indovato, a dispensare goccine tranquillanti e fiori di Bach, convinto di incarnare lo spirito della psichiatria democratica o, meglio, dell’antipsichiatria.
Tu che della psichiatria non hai neanche la specializzazione.
Ne ho conosciuti di psichiatri “abusivi” nella mia carriera. Ma tu sei decisamente il peggiore. Quando, fino ai primi anni novanta del secolo scorso, potevate vincere i concorsi nei DSM senza la specializzazione, siete entrati a centinaia.
Se è vero che le idee camminano sulle gambe degli uomini, allora la 180 è naufragata anche tra le vostre mani, e voi ne siete stati quota parte del fallimento.
Per quanto le scuole di specialità in psichiatria siano carenti, uno psichiatra accademicamente formato incarna comunque la condizione di possibilità di un incontro diverso con il “matto”. Erano quelli anni di blocco assunzioni.
La Salute Mentale diventò la porta d’accesso al SSN.
Molti di voi, poi, transitarono verso le rispettive aree di interesse specialistico, contribuendo a sguarnire gli organici. Ma, si sa, erano manovre politiche, concorsi e incamerazioni preelettorali. Molti tra voi sono rimasti. Di quelli che sono rimasti la più parte ha imparato la routine, ma non ne ho mai incontrato uno che avesse dentro il “senso di Smila per la neve”, pur effettuando correttamente le operazioni richieste, come allo sportello di un bancomat o di una pompa di benzina self.
Le operazioni sono quelle: compilare una cartella, fare una diagnosi, prescrivere farmaci, ASL e TSO. Punto e fine.
Qualcuno l’ho visto convertito al fuoco della psichiatria di comunità, evidentemente era portatore di una latenza psichiatrica.
Qualcuno si è specializzato come ASL, colmando l’abusivismo e sentendosi falsamente uguale agli altri.
Tu non hai fatto neanche quello.
Sei rimasto un abusivo.
Un negazionista duro e puro, un fancazzista con busta paga.
In questi anni abbiamo ricoverato molti tuoi paziente scompensati (curati con i fiori di Bach o lasciati liberi alla follia), ma nessuno ci ha potuto fare niente, neanche il tuo responsabile (“Non ho nessuno” mi ha risposto ogni volta).
Nella carenza generale di medici, perfino la tua domanda di dilazionare il pensionamento è stata accolta.
Gli eserciti sconfitti sono fatti così, di vecchi e di bambini, perché gli uomini sono tutti morti.
Tra poco la composizione della Salute Mentale italiana sarà questa : prequiescenti ed imberbi. E dunque tu ti sei fatto proditoriamente la tua vigilia di Pasqua a casa, senza alcun rispetto né per il Direttore di Dipartimento, né per i tuoi colleghi territoriali (almeno per quelli che non marcano visita ed onorano il loro turno) né per me che sto qui al posto tuo.
Ti racconto almeno quello che ti sei perso. Sperando che leggerai questo scritto affidato alla rete e che ti identificherai.
Il vento di scirocco ha ammantato tutto di polvere gialla, ma l’ospedale è sul mare, e stanotte è stato bello sentire frusciare le fronde dei pini.
Con la squadra di infermieri di turno abbiamo condiviso un boccone di casatiello, scambiandoci gli auguri di Pasqua.
Sono state due le chiamate dal PS : due donne sbandate, condotte dal 118 con la dicitura “agitazione psicomotoria”, che hanno chiesto asilo e protezione per la notte di Pasqua.
Le ho trovate sul lettino in posizione fetale, una in lacrime.
Mi sono seduto accanto a a loro, abbiamo solo parlato, a nessuna delle due ho prescritto nulla. Neanche una delle tue goccine –ine -ine -ine. Perché nella tua idea gli antipsicotici sono cattivi e le benzodiazepine sono buone.
Checchè tu pensi che l’SPDC sia un luogo ferale, di reclusione e di tortura, dove si esercita la psichiatria repressiva che tu esecri, stanotte, che tu eri a gozzovigliare con gli amici o nel tuo letto, un altro medico, al posto tuo, insieme agli operatori del PS, ha raccolto l’angoscia di queste donne, la loro rottura esistenziale.
Una malmenata dal compagno, e una senza fissa dimora, ex tossica, peregrina tra le carceri, con in mente l’ordito di un complotto.
Nessuno le ha ingabbiate. Hanno trovato una mano, un referto, una barella.
Quella che è venuta dopo ha avuto anche la colazione.
“Grazie” ha detto ”Vi prego, un’altra mezzora e me ne vado”.
E’ bello che h 24 ci sia ancora, nel nostro Paese, la possibilità per chiunque di parlare con uno psichiatra, anche la notte della vigilia di Pasqua. Poi ti sei perso il reparto, pieno di persone che non avrebbero saputo o potuto altrimenti dove stare. Alcuni in TSO, una su disposizione della magistratura, una detenuta piantonata, un ragazzo all’esordio.
Insomma, è bello pontificare dal divano, sentirsi pulito, lasciare agli altri i pazienti scompensati, non sporcarsi le mani, sentirsi speciali, però prendere lo stesso stipendio, risultare inquadrati come medici psichiatri (pur non essendolo, psichiatri), sbeffeggiare una disposizione di servizio.

Smontando, stamane, ho visto un uomo seduto sul bordo del prato davanti al reparto, con una rosa sulle ginocchia e il capo tra le mani, piangeva, in silenzio.
Potevo tirare dritto.
Ero stanco e volevo anche io riposare.
Mi sono fermato, gli ho chiesto chi fosse, cosa facesse li, e se aspettasse qualcuno. “Mia madre” ha risposto “Mia madre è scomparsa due anni fa, portata via da COVID, era a quella finestra”. Mi indica la finestra del reparto subintensivo che insiste sul nostro. Gli chiedo che età avesse. “Settanta” mi risponde”. La mia settantatre” gli faccio eco. “Anche il fratello di mio padre, l’unico fratello, è stato portato via del Covid, una delle centomila ombre di quei giorni bui. E quindi è sua la rosa fissata al palo della luce che spesso vediamo.”Si” mi risponde “Io quando posso vengo sempre qui e rimango un pezzo a piangere. Mia madre non ha avuto il funerale. Per me la sua tomba è quella finestra che guarda il mare”.
Mi siedo quache minuto accanto a lui.
Rimaniamo in silenzio.
Penso a mia madre la cui tomba guarda le montagne azzurre e le querce, sul cui corpo ho potuto almeno piangere.
Non sono più uno psichiatra.
Sono un uomo che si siede accanto ad un altro uomo.
Dopo un po’ ci alziamo.
Lui lega la rosa al palo con uno spago.
Ci stringiamo la mano, non sappiamo neanche come ci chiamiamo. Ci sentiamo più leggeri.
Mi accorgo di non essere più tanto arrabbiato con te.

Grazie, alla fine, di non essere venuto.
Non sentirò per nulla la tua mancanza quando andrai in quiescenza.
Spero che i giovani non incontreranno mai quelli come te, che si sono adagiati sulla psichiatria, pur negandola, perché non sapevano più fare neanche i medici.
E spero che con te scompaia un pezzo del fraintendimento che ritiene che solo l’antipsichiatria sia la risposta alla follia e che il mondo sarebbe migliore senza gli psichiatri.
Per età anagrafica dovrei soppravviverti in servizio di qualche anno.
Ti saprò dire, allora, invece, se il Dipartimento diventerà migliore senza di te.

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1 commento

  1. nikkopsi887

    Ritengo che gli strali di Di
    Ritengo che gli strali di Di Petta CONTRO gli antipsichiatri siano assolutamente inaccettabili. C’è tutto un lavoro di contenimento dell’angoscia e di decompressione dell’acuzie nelle settimane e nei mesi successivi all’acme della psicosi che molti psichiatri e psicopatologi non vogliono o non sanno fare. E allora? Il lavoro di un contenitore come Mat in Italy è impagabile- quando questo non crei “terroristi dello spirito antipsichiatrico”.
    Veramente il grave problema della Psicopatologia LIBERA odierna sono i drop out e le “volubilitá” dei pazienti che arrivano e spariscono come niente senza che si possa costruire alcunché. Questa volatilità dei setting terapeutici dev’essere quasi un DOGMA della nuova Psicopatologia!

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