Autori: Tim Snelson, William Macauley, David Allen Kirby
Editore: Edinburgh University Press, 2024
Anno: 2024
Pagine: X+222
Costo: £ 85.00 (Hardback)
Le interrelazioni e le contaminazioni tra cinema e mondo Psy sono molteplici e da tempo sono state esplorate da più punti vista nella letteratura internazionale ed anche da parte di diversi studiosi italiani. Negli Anni Sessanta-Settanta era usuale per molti intellettuali “andare in analisi” e, tra questi, numerosi registi di primissimo piano hanno effettuato i loro percorsi alla scoperta di sé interagendo con alcuni famosi nomi della psichiatria e della psicoanalisi di allora. Diversi registi ed anche alcuni attori hanno pubblicamente raccontato, oppure hanno fatto cenno a ciò che i percorsi di conoscenza mentale gli hanno donato, superando così quel mito negativo diffuso a suo tempo per il quale si temeva che vedere scientificamente (e non artisticamente) il proprio mondo interiore avrebbe portato a distruggere la propria vena creativa. In realtà con un buon percorso terapeutico, come oggi ben sappiamo, accade esattamente il contrario!
Dunque, questo bel libro a firma di tre autori con background assai diversi tra loro si colloca su una strada ormai nota, apportando però un grande contributo specifico che si può ravvisare in almeno due ampi fattori: il primo è l’aver deciso di restringere il campo dello studio ad un periodo storico ben preciso, quegli anni che sono a cavallo tra la fine degli Anni Cinquanta e l’inizio degli Anni Settanta. Non a caso un periodo denominato the long 1960s, ricco di fermenti e ricco di sperimentazioni. Il secondo fattore sta nell’impostazione storico-critica e nell’aver assunto un’ottica ampia, non tecnicista, cioè né di genere strettamente psicologico, né fondata sulle tecnicalità del fare cinema.
In realtà, il testo è molto di più del connubio dell’expertise degli autori, della loro ricerca e di ciò che hanno scoperto. Infatti, consente al lettore una visuale che abbraccia diversi punti di vista: per fare un solo esempio, il contributo del mondo Psy al cinema è visto sia nel film, sia fuori dal film, quindi sia come rappresentazione plastica di fatti psicologici, e/o presenza sulla scena di attori che impersonano psichiatri ed esperti di scienze della mente, sia prendendo in considerazione le molte occasioni in cui gli esperti del mondo interiore sono stati chiamati come consulenti: advisors, consulenti tecnici, esperti, che hanno offerto la loro conoscenza il più delle volte per rendere sufficientemente credibile e verosimile ciò che si voleva rappresentare sullo schermo. Ciò, peraltro, come è accennato nel testo, provocò ad un certo punto la protesta dei pazienti, cioè delle loro associazioni, dato che la loro voce non veniva quasi mai ascoltata nelle sceneggiature e nelle riprese – un fatto paradossale, dato che proprio loro, gli users, avrebbero molto positivamente potuto dare un contributo circa il vissuto di essere pazienti (e/o clienti) di professionisti e istituzioni di cura della salute mentale.
Il libro fa parte del progetto di ricerca condotto dall’University of East Anglia e dall’University of Manchester, un lavoro che ha portato gli autori a compiere numerose ed accurate ricerche di archivio e che si è concretizzato in sei ricchi capitoli, seguiti da un commento conclusivo e da un apparato di diverse centinaia di note e di piste di approfondimento molto interessante.
Il primo capitolo apre con l’analisi delle forze che si sono opposte e che hanno tentato di controllare le narrazioni filmiche di soggetti Psy, cioè le censure. Censure religiose, ma anche azioni di censura commissionate a esperti o, comunque, in cui taluni esperti venivano coinvolti. L’offesa al senso morale e alla pubblica decenza è così esaminata sia negli USA sia nel contesto britannico (v. il British Board of Film Censors) passando in rassegna i numerosi tagli effettuati sulle pellicole e/o gli aggiustamenti richiesti dalle commissioni. Emergono qui con maggiore evidenza quegli psichiatri, che si sono occupati di fornire una consulenza alle commissioni di censura, talvolta esclusivamente con le ottime intenzioni di rendere più tecnicamente esatto, o almeno verosimile, ciò che era rappresentato. Non va dimenticata, ad esempio, la consulenza di Ronald D. Laing al film di Ken Loach Family Life, tenendo presente che “i registi di Hollywood collaborarono con gli psichiatri e con altri professionisti della salute mentale per produrre film che non solo raffigurassero ma che anche mettessero in discussione la diagnosi e il trattamento di persone classificate come malati mentali” (p. 63). Ma osservando le vicende di Hollywood non poteva mancare un ampio commento sul lavoro di John Huston per il film Freud: the Secret Passion (del 1962), una complessa vicenda che vide la consultazione di numerosi psichiatri, psicoanalisti, creativi, teologi e censori, ed anche una battaglia legale tra la famiglia Freud e la produzione del film.
Con l’emergere del Women’s Liberation Movement (WLM), la fine del secondo conflitto mondiale e i grandi mutamenti che tutto ciò innescò nella società nordamericana, gli autori si concentrano sull’analisi delle vicende che hanno coinvolto la creazione di un notissimo film del regista Nunnally Johnson, The Three Faces of Eva (La donna dai tre volti, del 1957), passando poi sull’altra sponda dell’oceano per discutere del ruolo di consulenti degli antipsichiatri Ronald Laing, Aaron Esterson e David Cooper – questi due ultimi sono stati spesso oscurati nel loro lavoro di consulenza dalla presenza ben più visibile di Laing, non a caso soprannominato the Mick Jagger of psychiatrists.
Con questo quinto capitolo, da titolo Radical collaborations: ‘anti-psychiatry’ on-screen, si passa infine a considerare un ulteriore aspetto dell’intreccio tra psichiatria e cinema tradotto in chiave criminologica e di psichiatria forense. Anche in questo caso troviamo il coinvolgimento degli esperti – ad esempio, gli psichiatri della Menninger Clinic’s Division of Law and Psychiatry – e l’analisi di film famosi come è An Anatomy of Murder (1959), di Otto Preminger (in italiano: Anatomia di un omicidio), un film che suscitò non poche battaglie censorie.
Molti altri film sono discussi nelle pagine di questo libro, da Psycho a Family Life, fino al film-documentario Asylum, passando attraverso tematiche che spaziano dalle droghe psichedeliche alla diffusione della pop-psychology e che ben rappresentano la progressiva diffusione dell’oggetto terapia della psiche nel corso di quegli anni nelle due grandi realtà socioculturali di lingua inglese.
Nel testo sono spesso richiamate due opere che vale la pena citare per la loro importanza. La prima è rilevante nell’ottica della storia della scienza psicologica e del suo sviluppo: si tratta del saggio di Eli Zaretsky, I misteri dell’anima. Una storia sociale e culturale della psicoanalisi (l’edizione originale ha come titolo Secrets of the Soul. A Social and Cultural History of Psychoanalysis ed è stata pubblicata da Alfred A. Knopf, di New York, nel 2004, tradotta in italiano da Feltrinelli nel 2006). La seconda è un classico degli studi che indagano il campo specifico e cioè il volume a firma dei Gabbard, Glen e Krin, Cinema e psichiatria, disponibile nella traduzione italiana curata da Paolo Pancheri fin dal 2000 (Raffaello Cortina, Milano).
I tre autori, come si è accennato sopra, hanno storie e competenze diverse che possono essere declinate nei tre ambiti seguenti: lo studio della cinematografia, la storia della scienza (e, in specie, della medicina), e la comunicazione-divulgazione scientifica. È da qui che scaturisce questo lavoro interdisciplinare che, peraltro, presenta un confronto attento tra le culture britanniche e nordamericane, sia per quanto riguarda la psichiatria, sia per ciò che concerne la cinematografia.
Ecco i tre autori: Tim Snelson è Associate Professor in Media History presso la University of East Anglia; William R. Macauley è Lecturer alla University of Manchester e Senior Research Associate presso lo Science Museum di Londra; David A. Kirby è Chair of the Department of Interdisciplinary Studies in the Liberal Arts e Professor in Science and Technology Studies al California Polytechnic State University.
POST-SCRIPTUM
Per una rassegna di film di interesse psichiatrico, vedere il progetto “CINEMA E PSICHIATRIA CON MATTEO BALESTRIERI”
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