Il monumentale volume curato da Giorgio Nespoli dell’Università di Torino, giustamente pensato per un pubblico di studenti universitari, dato il suo tono chiaro e divulgativo, si rivela al contempo massimamente preciso e puntuale nell’articolare le diverse formulazioni teoriche, prestandosi benissimo a rappresentare un “ripassone” per chiunque desideri tornare indietro e gli “inizi” dell’avventura psicoanalitica, ripercorrendo a grandi falcate gli avvicendamenti teorici e gli autori che ne hanno segnato i punti di svolta, e i maggiori apporti.
Il volume ha un impianto organizzato in senso cronologico, vuole ripercorrere la storia della psicoanalisi e lo fa estrapolando i paradigmi ad essa sottesi, promuovendo un’operazione mentale di sintesi che consente a chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la materia di ripercorrere con la mente i punti principali della teoria psicoanalitica, e trovare al contempo ulteriori spunti, idee dimenticate e centrali degli autori -magari studiati negli anni dell’università- e punti di convergenza tra teorie diverse.
A fine lettura si ha la sensazione di aver più chiaro, dentro la mente, il percorso originato “formalmente” dagli studi di Freud -con cui il volume si apre- ed evidenti i diversi contributi che dopo di lui hanno ingrossato il “fiume” della teoria psicoanalitica, il tutto espresso con una chiarezza veramente arricchente e molto lavoro fatto dall’autore “per noi”, di pre-masticamento e metabolizzazione dei contenuti psicoanalitici, distillati nei paradigmi fondamentali, che di fatto rappresentano il tema centrale del volume stesso.
Prima di entrare nei contenuti, una nota sulla forma: al di là della comoda strutturazione cronologica del testo, ideale per studenti universitari, il testo si articola alternando contenuti scritti da Nespoli che riassume e sintetizza la teoria, ad apporti di altri autori tratti sia da libri che -e qui il punto originale- da siti a tema, di assoluta attualità. Il testo è costellato da riquadri che riportano estratti da articoli letti su Spiweb, su Psychomedia, su Psychiatry on line e su altri siti minori -ma sempre di qualità. Si ha l’impressione in questo modo di un testo vivo e attuale, ampiamente moderno in questa ibridazione tra “classico” e “nuovo”, analogico e digitale. La lettura può dunque fermarsi al testo principale, e approfondirsi poi sui riquadri a tema, verticali su aspetti puntuali di teoria o di metodo, che rimangono “facoltativi”, per chi voglia approfondire una questione specifica.
A riguardo dei contenuto, osserviamo come Nespoli parta dalla teorizzazione freudiana -riassunta nei punti salienti, con spunti importanti anche per chi lavori già con pazienti e in ambito clinico-, per poi dirigersi speditamente al “mondo teorico” costruito da Klein, quindi al contributo fondamentale e attualissimo di Bion, a Lacan e al paradigma relazionale, verso una concettualizzazione sempre più “bipersonale” del lavoro psicoanalitico, passando per Winnicott, Mitchell, chiudendo su Kohut e su alcune riflessioni inerenti il metodo e la clinica.
Osserviamo, come da titolo, i diversi paradigmi alternarsi all’interno del lavoro di formulazione storica psicoanalitica, partendo dal paradigma pulsionale -con la pulsione a fare da “elemento organizzativo della mente” per Freud-, alla teoria sugli oggetti promossa da Melanie Klein, alla teoria sulla nascita del pensiero di Bion, per arrivare al paradigma relazionale, che permea la psicoanalisi più contemporanea.
A fine lettura si ha chiaramente la “visione” sui diversi apporti e sui segni da questi lasciati nel contesto della dottrina psicoanalitica, e chi volesse tentare un’integrazione -dentro di sé– dei diversi paradigmi, alla ricerca del “suo” modo di pensare al modello di mente, potrebbe con questo volume provare a lavorarci – attraverso una sorta di “ripassone”.
Alcune osservazione estemporanee:
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Nespoli, nel riassumere i diversi paradigmi psicoanalitici, si pone delle domande fondamentali, funzionali a meglio divulgare le teorie stesse, come quando si chiede quale sia l’elemento “che organizza la psiche” nel paradigma freudiano (la pulsione) e nel paradigma kleiniano (la difesa dall’angoscia): domande di questo tipo sono spesso formulate nel testo, e ci raccontano di un lavoro di riflessione fatto dall’autore a proposito della teoria stessa, come un ripensamento critico (funzionale -forse- al lavoro clinico) che aiuta a meglio comprendere la teoria stessa
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la spiegazione del paradigma freudiano è magistrale, per chiarezza ed esaustività; si ha chiara l’evidenza di come la teoria del trauma in Freud contenesse in nuce alcuni dei concetti centrali della psicotraumatologia di oggi -120 anni dopo-, pur mancando un riferimento forte e una digressione, che forse sarebbe stata importante, su Pierre Janet e il suo lavoro sugli automatismi, sulle funzioni di sintesi mentale e sulla concezione gerarchica della mente. Janet viene definito da Nespoli autore “pre-psicoanalitico”, forse per una questione cronologica
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il capitolo su Lacan si rivela il più complesso: troppi i termini specifici, ai limiti del criptico, troppi i passaggi logici dati per scontati nel tentativo di divulgare la formulazione teorica promossa da Lacan; d’altronde la teorica lacaniana si rivela, a quanto sembra, non divulgabile -a tratti astrusa-, e complessa per chiunque vi si approcci dall’esterno. A fine capitolo si ha la sensazione di aver colto poco, e mi chiedo quanto possa aver tratto da una lattura del genere uno studente sui 20 anni; il problema della divulgazione della teoria di Lacan rimane tangibile, dato che le idee sviluppate dal filosofo francese sono geniali, ma sembra esserci carenza di capacità divulgativa anche da parte di chi quella teoria sostenga di padroneggiarla
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Fondamentale anche il capitolo su Bion: il suo lavoro sul campo bipersonale, e il rilancio alla teoria di Antonino Ferro (che cura l’introduzione), rappresentano l’aggancio al proseguo ideale del volume stesso, il lavoro (sempre di Nespoli) “Psicoanalisi contemporanea. La teoria del campo analitico post-bioniano”. Il costrutto di campo, l’interpretazione “insatura” (usando un termine di Antonino Ferro), l’idea di una co-costruzione dei significati (e dell’inconscio stesso) rappresentano concetti centrali -insieme alla visione relazionale- della psicoanalisi più attuale, come ben evidenziato dall’autore stesso
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Due capitoli interi vengono dedicati rispettivamente alla posizione schizo/paranoide di Klein e alla posizione depressiva, il che ci dice dell’importanza centrale del costrutto di Klein, fondamentale per chi lavori con pazienti (gravi o meno), utilissimo a leggere oscillazioni manifestate dal paziente (pensiamo per esempio al concetto di “trionfo sull’oggetto” nel paziente maniacale)
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Molteplici autori rappresentano, in questo “ripassone”, punti di aggancio ad altre scuole di pensiero inerenti la psicologia clinica, in particolare due: a) Ferenczi come padre della psicoanalisi bipersonale e, insieme a Pierre Janat, della teoria sul trauma, e b) Bowlby come promotore della teoria dell’attaccamento, citato per il suo contributo all’infant research, per i suoi studi sull’etologia e sulla psicologia evoluzionistica e per aver costruito un ponte tra la psicoanalisi più classica e l’attuale neuropsicoanalisi. Shore e Giovanni Liotti rappresentano autori che negli ultimi anni hanno incarnato questa possibile “integrazione”, a cavallo tra psicoanalisi classica, ricerca sull’infanzia, etologia e neuroscienza.
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Assenti nella trattazione: Jung, Bromberg e il già citato Janet. Janet e Bromberg sono fondamentali per chiunque, oggi, si occupi di trauma (vd. Aisted.it)
In conclusione, questo incredibile, meraviglioso libro si distingue per chiarezza cristallina e puntualità divulgativa, e invoglia alla lettura del successivo lavoro di Nespoli “Psicoanalisi contemporanea. La teoria del campo analitico post-bioniano”, incentrato sul concetto di campo bipersonale, introdotto anch’esso da Antonino Ferro.
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