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CLINICAL HANDBOOK OF PSYCHOLOGICAL DISORDERS: SIXTH EDITION. A STEP-BY-STEP TREATMENT MANUAL

14 Nov 22

Di admin
La prima edizione di questo famoso manuale sulle psicoterapie basate sulle evidenze e, in generale, sulla EPB (Evidence-based Practice) risale al 1985. Si tratta di un testo che, fin dalla prima apparizione, ha avuto un notevole riscontro di interesse nell’ambiente nordamericano e nei contesti di lingua inglese, ma nel corso degli ultimi due decenni almeno sono intercorse così tante novità da richiedere continui aggiornamenti, integrazioni e nuove edizioni. Dunque, se la struttura del manuale appare sostanzialmente simile a quella delle edizioni precedenti – ma con inserimenti di alcuni nuovi capitoli – i contenuti sono stati completamente rivisitati sia per lo sviluppo della EPB, sia per la mole di ricerche che sono annualmente prodotte nel campo delle terapie basate sulle evidenze.

Naturalmente si tratta di un testo di consultazione e, da questo punto di vista, l’articolazione dei diciannove capitoli, scritti da cinquantun autori, rappresenta un ottimo schema di base per muoversi agevolmente nelle centinaia di pagine; così come appare utile il Subject Index redatto in modo molto accurato che chiude il testo e che segue l’indice degli autori citati.


 

Continuando nell’osservare la struttura del testo si deve notare che il curatore ha scelto di indicare agli autori la strada pragmaticamente più utile per il lettore, e cioè quella di uniformarsi ad uno standard nella redazione dei capitoli. Così, ogni capitolo presenta inizialmente la descrizione dell’argomento specifico e delle teorie, modelli o micro-modelli che ne spiegano genesi e dinamiche; segue la parte dedicata alla valutazione clinica dello stato mentale del soggetto e quella in cui si illustrano le strategie terapeutiche che sono, fondamentalmente, quelle cognitive-comportamentali (in numerose delle loro diverse fisionomie) e gli approcci sistemici, integrati da taluni contributi che provengono dagli orientamenti dinamici. In questa sezione gli autori riportano regolarmente un intero set di colloqui o sessioni terapeutiche, anche riferendo testualmente gli scambi verbali tra terapeuta e paziente.

I primi capitoli ruotano intorno al tema dell’angoscia – agorafobia, ansia sociale, i disturbi post-traumatici – quindi grande spazio è dato ai trattamenti finalizzati alla cura delle depressioni, concludendo con l’analisi di situazione particolari come i disordini alimentari e del sonno, la cura del dolore cronico e le dipendenze. All’interno di questo percorso un capitolo è dedicato alle condizioni bipolari e un altro alla personalità borderline, mentre le condizioni psicotiche sono tutte raccolte in un solo capitolo con enfasi sulla schizofrenia.

Facendo costante riferimento alle ricerche più recenti è sottolineato che i deficit nelle funzioni mentali di base sono collegati non solo a sindromi specifiche ma anche, appunto, a un fattore generale e omnicomprensivo: da qui le molteplici proposte terapeutiche, compreso l’Unified Protocol for Transdiagnostic Treatment, sulla base della considerazione che, a differenza di ciò che si pensava tempo addietro, il binomio temperamento & personalità appare strettamente collegato e collegabile alle forme di psicopatologia inerenti i disordini emotivi. E’ il sesto capitolo, a firma di quattro autori tra cui lo stesso Barlow, quello in cui si affronta la tecnologia (è così spesso denominata) proposta per affrontare i disturbi dell’umore, per mezzo del protocollo sviluppato presso il Center for Anxiety and Related Disorders della Boston University.

Un protocollo (utilizzabile in linea teorica ad ogni forma di disagio emotivo) che è stato applicato a livello internazionale e che, come scrivono gli autori del capitolo, rappresenta una sorta di distillato dei principi e delle tecniche terapeutiche che provengono da diversi orientamenti e che sono stati visualizzati essere alla base delle differenti opzioni di trattamento. Un approccio, questo, in cui è stato preso molto seriamente in esame il tema della comorbilità e delle basi comuni nella etiologia di diverse situazioni di sofferenza mentale riassunte anche nel concetto della triple vulnerability indicato da Barlow dagli inizi degli anni novanta: la vulnerabilità biologica di base, collegata al temperamento e ai fattori di grande impatto come l’estroversione o il nevroticismo; la vulnerabilità psicologica, intesa come il grado in cui la persona ritiene di possedere il controllo sugli eventi della vita, soprattutto sugli eventi stressanti o sugli stati emotivi post-traumatici; la vulnerabilità psicologica specifica, che caratterizza ogni singolo disordine emotivo.

Scorrendo il testo, tra i diversi punti interessanti ci si può soffermare sui seguenti aspetti: (1) le quattro tipologie di base di trattamento per la PTSD a cui si accompagnano altre sei tipologie le cui verifiche sono ancora in corso (p. 72); (2) l’intero capitolo ottavo – Interpersonal Psychotherapy for Depression – che descrive la Interpersonal PsychotherapyIPT, “un trattamento a tempo limitato, basato sulla diagnosi e manualizzato di dimostrata efficacia per i pazienti con depressione maggiore e altri disturbi dell’umore … che impiega il modello medico e si focalizza sugli eventi di vita correnti o recenti, sulle difficoltà interpersonali e sui sintomi, enfatizzando le interrelazioni tra stato dell’umore e eventi di vita” (p. 335); (3) il capitolo undicesimo – una nuova entrata in questa ultima edizione del manuale – dedicato ai pensieri e ai comportamenti autodistruttivi, fino al suicidio, tema su cui appare necessario accumulare maggiori e più ampie informazioni; (4) la trattazione della bipolarità in un capitolo in cui si descrive “un trattamento focalizzato e a tempo limitato di genere psicosociale per i pazienti ambulatoriali denominato FFT – Family Focused Treatment inerente tre moduli interconnessi: la psicoeducazione, il CET – Communication Enhancement Treatment, e il Problem Solving Skill Treatment” (p. 480); (5) e il capitolo finale dedicato alle situazioni di stress relazionale nella coppia in cui si illustra la IBCTIntegrative Behavioral Couple Therapy, contestualizzata nella cosiddetta terza ondata della terapia comportamentale secondo, l’espressione coniata da Steven C. Hayes nel 2004.

David H. Barlow è Professor Emeritus of Psychology and Psychiatry e Founder and Director Emeritus of the Center for Anxiety and Related Disorders presso la Boston University. Nel corso del tempo è stato insignito di numerosi riconoscimenti e premi, ad esempio da parte della American Psychological Association e della Association for Psychological Science. Ha pubblicato oltre seicentocinquanta articoli o capitoli in libri curati, mentre lui stesso ha dato alle stampe quasi un centinaio di manuali clinici o testi di base di cui è autore o curatore. In tale direzione può essere utile richiamare l’attenzione su due recenti testi: Neuroticism. A New Framework for Emotional Disorders and Their Treatment, a firma di Shannon Sauer-Zavala e David Barlow (2021), e l’Handbook of Assessment and Treatment Planning for Psychological Disorders: Third Edition, a cura di Martin M. Antony e David Barlow, del 2020, entrambi pubblicati da The Guilford Press.

Stranamente, della sua enorme produzione tradotta in diverse lingue, molto poco è finora arrivato in Italia.

 

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