Vengono considerati pazienti affetti da DOC resistente coloro che sono stati correttamente trattati con un farmaco dotato di proprietà antiossessive (ciomipramina e SSRI), ad un dosaggio adeguato e per un periodo di tempo di almeno 12 settimane. Una quota compresa tra il 40 e il 50% dei pazienti con DOC risponde solo parzialmente o non risponde affatto ad un primo trial con tali farmaci.
Tra le opzioni che si offrono al clinico in caso di resistenza, una delle prime, anche storicamente, é la terapia per via endovenosa con clomipramina (qualora questo sia il farmaco impiegato in prima battuta). da primi studi in aperto ad esperienze di utilizzo e.v. a bolo si é arrivati a studi in doppio cieco controllati che confermano l'utilità di tale via di somministrazione. PiCi recentemente inoltre é stata proposta la via endovenosa anche per il citalopram, con promettenti dati su pazienti resistenti.
Un'altra strategia da applicarsi ove possibile in prima battuta e costituita dalla associazione della terapia cognitivo~comportamentale (esposizione e prevenzione della risposta e ristrutturazione cognitiva). Un unico studio éstato condotto in pazienti non responsivi alla sola terapia farmacologica; verranno riportati i risultati di uno studio condotto presso il nostro servizio su 16 pazienti con DOC grave in cui l'associazione dì terapia cognitivocomportamentale alla terapia in atto con SSRI ha determinato una riduzione del punteggio YBOCS statisticamente e clinicamente significativa.
Ulteriori strategie in pazienti resistenti sono rappresentate da terapie di potenziamento, sia per quanto riguarda il sistema serotoninergico (combinazione ad esempio di clomipramina con altri SSRIs o agonisti parziali quali il buspirone) che dopaminergico (basse dosi di antipsicotici) Sono stati tentati altri farmaci come potenziamento (litio, clonidina, clonazepam, triptofano, gabapentin), ma gli studi cImici controllati condotti in doppio cieco non hanno rilevato differenze significative rispetto all'aggiunta di placebo lì potenziamento con tali farmaci va quindi considerato come una alternativa
possibile ma a cui efficacia non e, al momento attuale, sufficientemente dimostrata.
Gli unici farmaci la cui efficacia sia dimostrata in studi in doppio cieco sono gli antipsicotici. 1 primi studi sono stati condotti con aloperidolo e pimozide, risultati entrambi efficaci soprattutto nei casi in cui era presente una comorbidità per disturbi da tic o per disturbo schizotipico di personalità. L'impiego dei neurolettici classici é stato recentemente soppiantato dall'introduzione sui mercato degli antipsicotici atipici. Numerosi case reports sono stati descritti in letteratura sull'impiego di risperidone e olanzapina, a basso dosaggio. Alcuni studi in aperto hanno riportato anche per risperidone e olanzapina che ~a presenza di un disturbo schizotipico in comorbidità rappresenta un fattore prognostico di risposta. li fatto che, in tali studi, i pazienti con tali condizioni in comorbidità avessero risposto preferenzialmente all'aggiunta dell'antipsicotico consente di ipotizzare che una opportuna strategia terapeutica di prima scelta potrebbe consistere nell'associazione di un SSRI e di un antipsicotico a basso dosaggio ogni qual volta vi sia un disturbo schizotipico o un disturbo da tic in comorbidità, senza aspettare la mancata risposta al solo SSRI. Risperidone e olanzapina sono risultati efficaci in due recenti studi (uno non ancora pubblicato) condotti in doppio-cieco verso placebo. In tali studi, tuttavia, non sono stati identificati fattori prognostici di risposta. Risperidone é stato impiegato a dosaggi compresi tra i e 4 mgldie (dose media 2.2 mg) e olanzapina a dosaggi compresi tra 5 e 20 mgldie (dose media 11.2 mgldie). Una questione ancora aperta riguarda la durata delle terapie di potenziamento; gli studi di letteratura hanno impiegato associazioni per un periodo non superiore alle 12 settimane. Verranno presentati i risultati di uno studio retrospettivo condotto su 26 pazienti risultati responders ad un potenziamento con antipsicotici atipici (olanzapina e risperidone) a basso dosaggio che hanno sospeso per varie ragioni l'antipsicotico dopo una media di 3.8 mesi. 20 pazienti (76.9%) hanno presentato una ricaduta della sintomatologia ossessivo-compulsiva dopo la sospensione dell'antipsicotico e solo 6 soggetti risultavano ancora responders a sei mesi dalla sospensione. Non e stata rilevata alcuna associazione tra mantenimento della risposta dopo sospensione e caratteristiche cliniche dei pazienti. Al momento attuale non é dunque possibile identificare quali pazienti possono sospendere l'antipsicotico dopo l'avvenuta risposta e quali devono invece continuare ad assumere la terapia.
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