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Inkblot Personality Test. Understanding the Unconscious Mind UNA RECENSIONE

8 Mag 22

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L’anno appena trascorso, il 2021, è da ricordare come l’anno del centenario della pubblicazione dell’unica e fondamentale opera di Hermann Rorschach, lo Psychodiagnostik, pubblicato nel 1921 in tedesco dall’editore Ernst Bircher (Bern, Leipzig). Per commemorare questo anniversario l’editore Hogrefe di Göttingen ha dato alle stampe una nuova ed elegante edizione, ritradotta sull’edizione originale tedesca del 1921 e arricchita da un imponente apparato di note, oltre che dalla Prefazione del presidente della International Society of the Rorschach and Projective Methods Fernando Silberstein. Si tratta del volume curato da Philip J. Keddy, Rita Signer, Philip Erdberg, e Arianna Schneider-Stocking, Hermann Rorschach’s Psychodiagnostics. Newly Translated and Annotated 100th Anniversary Edition. (Göttingen: Hogrefe, 2021).  

In lingua italiana, la prima traduzione del lavoro di Rorschach risale al 1981 (a cura di Carlo Rizzo, fondatore della Scuola Romana Rorschach, tradotta da Leonardo Luzzatto), ed è stata riproposta nel 2018 in una nuova edizione ampliata a cura di Roberto Cicioni e Tommaso Caravelli (sempre per lo stesso editore romano: Kappa), mentre credo che siano pochi a ricordare che la primissima edizione italiana delle dieci tavole del test fu pubblicata a cura dell’editore Astrolabio all’inizio degli anni cinquanta. 

Nel solco di questo rinnovato interesse per le macchie di inchiostro si colloca il volume di Bankey Lal Dubey, Padmakali Banerjee e Anand Dubey che gli autori dedicano alla memoria di Hermann Rorschach, e a Wayne H. Holtzman (16 gennaio, 1923 – 23 gennaio, 2019) e il neurologo Wilfred A. Cassell, due nomi che sono forse poco noti a chi non si occupa di tecniche proiettive (ma si tratta di due esponenti di spicco del campo, che firmano anche le due Prefazioni al testo). 

 



 

 

L’interesse che suscita questa opera sta nel fatto che non si limita a trattare il test di Hermann Rorschach (psichiatra per passione, fermamente convinto che il lavoro più importante sia studiare l’animo umano), ma espande la visione su due altre tecniche proiettive che sono poco conosciute in Italia e, senza dubbio, limitatamente applicate. Ma andiamo con ordine. Il libro apre con alcune liste di tabelle e codici, e con le due Prefazioni di cui si è sopra accennato che introducono il lettore alle tre grandi sezioni: la prima, composta da otto capitoli, tratta delle basi teoriche dei test delle macchie e rappresenta forse la sezione di maggiore interesse sia dal punto di vista della teoria, sia da quello della tecnica.  

La seconda sezione tratta di taluni risultati dell’applicazione del test di Rorschach, e la terza sezione, composta anch’essa da soli due capitoli, come la sezione precedente, presenta alcuni esempi di esperienze applicative in campo organizzativo e in campo clinico. L’undicesimo capitolo tratta appunto dell’applicazione dei test proiettivi nel mondo delle organizzazioni ma lo fa in pochissime pagine (in realtà sarebbe stato bello se questa sezione fosse stata più ricca di situazioni applicative), mentre il capitolo successivo, che si snoda per oltre 150 pagine, presenta una serie di esemplificazioni cliniche molto ben dettagliate e illustrate. 

Come si è detto, oltre alla tecnica di Hermann Rorschach – considerato nell’ottica dei tre sistemi di siglatura di Bruno Klopfer, Samuel Beck e John Exner – in questo libro sono ampiamente discusse altre due tecniche proiettive (ed è fatto qualche cenno al Thematic Apperception Test di Henry Murray): la tecnica proiettiva di Wayne Holtzman (Holtzman Inkblot Test – HIT) e le SIS – Somatic Inkblot Series, di Wilfred Cassell (queste ultime ancora oggi disponibili in Italia presso l’editore Giunti Psychometrics, di Firenze).  

Si tratta di due metodi proiettivi assai diversi, il primo apparentemente simile alla Tecnica Rorschach, in realtà se ne discosta per diversi elementi, dal numero delle tavole (che sono 45) alle caratteristiche delle stesse, fino alle modalità di somministrazione; in effetti, la tecnica ideata da Holtzam aspira ad una maggiore strutturazione degli stimoli e delle codifiche, e, in sostanza, ad una maggiore oggettività. Diverso è il caso delle Somatic Inkblot Series che, come indica la denominazione, puntano a valutare la rappresentazione somatica che il paziente ha di se stesso e l’eventuale disagio con cui è vissuto il proprio corpo. Dalle iniziali 20 tavole oggi le Somatic Inkblot Series si presentano applicabili anche in video e online, strutturate in due serie ciascuna di 31 immagini. 

Se è vero che la tecnica Rorschach, in tutte le sue attuali declinazioni teorico-metodologiche (che non sono poche, né semplici) è oggi scarsamente applicata in Italia, soprattutto nell’ambito dei servizi socio-sanitari, ancor meno conosciute ed utilizzate risultano essere le altre due tecniche proiettive che sono descritte e commentate nel libro di Bankey Lal Dubey, Padmakali Banerjee e Anand Dubey. Consultare questo testo può, dunque, consentire al lettore di gettare una rapida occhiata a queste tecniche proiettive e, eventualmente, far nascere la curiosità di approfondirne gli aspetti applicativi e di sperimentarne l’utilità. 

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