Cosa si aspetta che la SIP faccia per il privato sociale in Italia nei prossimi tre anni?
Sostanzialmente mi aspetto che continui con la SIP un percorso che abbiamo iniziato in questo congresso, vale a dire l'opportunita' di discutere progetti in comune,quali l'organizzazione di convegni, e la possibilita' di diversificare i mercati con un servizio privato in concorrenza con il servizio pubblico, a completare le esigenze di strutture all'interno dell'intervento psichiatrico.
Direi che il dialogo e' gia' iniziato con l'istituzione di un tavolo che vede riunirsi l'associazione di societa' private che raggruppano tutte strutture psichiatriche extra ospedaliere che fanno riabilitazione.
Il prossimo triennio vedra' sicuramente una revisione, non una riforma, dell'attuale normativa in ambito della legge psichiatrica. Aguglia che Munizza, presidenti della SIP hanno affermato che la societa' deve essere modificata: come pensa che potra' cambiare il ruolo del privato sociale?
Il privato sociale e' importante,ma al suo interno e' importante anche il privato imprenditoriale di capitale l'Srl, Spa, Sas. Queste cose nel loro insieme, possono concorrere come dicevo prima, a definire il quadro dell'assistenza psichiatrica. In questa dimensione si inserisce anche il discorso della legge che ritengo una legge validissima,ma che, dopo venticinque anni, richiede di essere modificata opportunamente. Per quanto ci riguarda, le strutture intermedie,devono rimanere tali e non possono essere confuse con altre. Siamo contrari all'ipotesi di inserire il trattamento sanitario obbligatorio nelle strutture intermedie, perche' non ha senso .La comunita' terapeutica basa la sua essenza sul consenso di chi vi e' inserito, non si puo' obbligare nessuno.
Un altro tema trattato dal presidente Aguglia, che tocca le strutture intermedie, e che costituisce il "buco nero2 della legge, e' quello della cronicita', che appartiene ad alcune patologie mentali .L'attuale normativa e l'attuale organizzazione delle strutture intermedie, immaginano invece un processo che funziona benissimo per gli acuti o per i nuovi , ma che non ha un razionale per i cronici, con tutta una serie di situazioni "borderline" con la legge, in barba a quella che e' la norma ufficiale. Sia il pubblico che il privato dovranno affrontare.la cronicita' tentando di dare degli strumenti terapeutici validi a questo riguardo. Cosa ne pensa?
Sono molto contento che lei mi faccia questa domanda. Io voglio dire una cosa: la cronicita' non appartiene solo ai pazienti, ma appartiene a tutti noi, cosi' come la residenzialita' appartiene a tutti noi: e' naturale vivere in un luogo ed e' naturale ad un certo punto risiedervi cronicamente, attiene alla naturalita' dell'essere umano. Questo problema si complica nel momento in cui, presi dal furore terapeutico,ci aspettiamo il cambiamento come qualcosa di necessariamente consequenziale; ma noi dobbiamo considerare che il paziente non e' in grado, dal punto di vista psicopatologico, di provvedere a se stesso e quindi di scegliere in maniera autonoma il posto dove risiedere cronicamente. La situazione in Italia e' diversa da regione a regione,non c'e' una normativa unica.
Ad esempio in Liguria e' stato coniato il termine di "RSA psichiatrica", istituti con al massimo 40 persone, che consentono la lunga degenza. Personalmente ho sempre sostenuto che, dove possibile, la lunga degenza debba essere garantita in situazioni molto piu' simili alla naturalita' dell'abitare, questo anche per evitare il drop out.
Come conciliare questo discorso con la disponibilita' economica? E' evidente che siamo in un momento di crisi dal punto di vista delle risorse e bisogna vedere in prospettiva di un momento storico dove ci possiamo collocare. Questo cosa vuol dire, vuol dire che il ridimensionare l'abitare non cronicamente in piccoli appartamenti, ci portera' a dover combattere la nuova istituzionalizzazione che riguarda i lungodegenti.
Lei ha anche un importante ruolo manageriale con cui deve fare i conti lavorando nel privato. Come far capire a livello nazionale che strutture come le casa-famiglia hanno un costo iniziale elevato, ma che poi possono rappresentare un risparmio,perche' evitano il ricovero in ospedale dove i costi sono proibitivi?
Qualunque manager deve vedere la spesa come un investimento, non deve fare i "conti della serva". La strategia deve essere a medio e lungo termine, e portare ad un risparmio che, nel campo della salute, non e' soltanto risparmio economico, ma anche guadagno rispetto alla disabilita' che si verrebbe a creare e ai ricoveri che cosi' non saranno riproposti. Questo mi permette di introdurre il concetto della riabilitazione. Come membro della Commissione Regionale Ligure che ha come obiettivo la salute mentale, ho presentato una proposta riguardante la riabilitazione precoce, riabilitazione che riduce i tempi di degenza e la possibilita' di nuovi ricoveri .Abbiamo effettuato uno studio di follow up sul risultato dei ricoveri in comunita' e i dati confermano che la degenza in comunita' riduce i ricoveri in SPDC, con un abbattimento , di fatto, dei costi. Se non si ha una visione prospettica complessiva si rischia di fallire.
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