Nelle varie RS proposte si mescolano in diversa misura lo sforzo di prevedere la morte per suicidio, l’intenzione di morire, le motivazioni per l’atto autolesivo, la letalità del metodo e la valutazione del rischio di morte. Alcune, inoltre, affrontano il problema in maniera diretta, mentre altre lo affrontano in maniera indiretta. Risulta difficile, perciò, fare una classificazione degli strumenti di cui faremo cenno in questa sede, per cui ricorreremo ad un criterio puramente cronologico.
 

  VIDEO: IL SUICIDIO NELLA STORIA E NEL MITO    


 

Uno dei primi strumenti proposti (e ancora oggi in uso) è l’Hopelessness Scale – HS (Beck et al., 1974b). La perdita di speranza, che è stata definita come un insieme di aspettative negative per sé e per la propria vita futura, oltre ad essere un sintomo comune a molte condizioni psicopatologiche, è certamente un elemento fondamentale nella dinamica suicidaria. Per valutare quantitativamente le aspettative negative dei soggetti, Beck ed i suoi collaboratori misero a punto questo strumento di autovalutazione i cui 20 item riflettono diverse sfaccettature degli atteggiamenti negativi verso il futuro, così come sono generalmente verbalizzati dai pazienti. Gli item hanno una risposta dicotoma, Vero/Falso, cui corrisponde il punteggio 0/1, ma "1" corrisponde alla risposta "vero" per 11 item ed a quella "falso" per i rimanenti 11; il punteggio totale può variare da 0 a 20 ed i punteggi più elevati corrispondono ad una maggiore perdita di speranza. Gli studi effettuati hanno dimostrato che la "hopelessness" è altamente correlata con l’intenzionalità suicidaria e, in misura minore, con la depressione; è stato anche documentato un significativo parallelismo tra riduzione dell’intenzionalità suicidaria e della depressione e punteggio della scala. Gli Autori hanno isolato anche 3 fattori:

  • il primo, denominato Sentimenti, esprime gli aspetti affettivi, quali la speranza e l’entusiasmo, la fiducia, eccetera (item 1, 6, 13, 15 e 19);
  • il secondo, denominato Perdita della Motivazione, è caratterizzato dalla decisione di non desiderare nulla, di non perseguire quanto desiderato, dalla rinuncia (item 2, 3, 9, 11, 12, 16, 17 e 20);
  • il terzo, Aspettative Future, riguarda l’anticipazione (negativa) di ciò che ci si può aspettare dalla vita, un futuro nero, le cose che non vanno, un futuro vago ed incerto, eccetera (item 4, 7, 8, 14 e 18).

Nello stesso anno, il medesimo gruppo (Beck et al., 1974a) aveva pubblicato la Suicide Intent Scale – SIS, messa a punto per la valutazione di coloro che avevano messo in atto un tentativo di suicidio (ma con una sezione applicabile anche a coloro che avevano realizzato il suicidio). La SIS, che non ha avuto ampia diffusione, si articola su due fattori, il primo, Intento Letale, prende in considerazione il livello soggettivo della letalità del gesto ed il secondo, Pianificazione, la preparazione oggettiva del gesto.

Pochi anni più tardi, lo stesso gruppo ha messo a punto la Scale for Suicide Ideation – SSI (Beck et al., 1979), una scala più specificamente diretta alla valutazione dell’ideazione suicidaria.

Essendo l’ideazione suicidaria la premessa per l’atto suicidario, gli Autori ritengono essenziale evidenziare l’intensità e la pervasività dell’ideazione e le sue caratteristiche al fine di giungere ad una ragionevole predizione del rischio di suicidio in modo da mettere in atto, se del caso, gli interventi preventivi. La scala non prende in considerazione le variabili sociodemografiche che si usano, di solito, per caratterizzare i gruppi ad alto rischio di suicidio, poiché hanno scarso peso per la valutazione del singolo individuo. Mediante la SSI ci si propone di quantificare l’entità dell’intenzionalità suicidaria cosciente, attuale, dando un peso alle diverse dimensioni dei pensieri e dei desideri autolesivi. Nella valutazione sono compresi anche le minacce di suicidio espresse verbalmente o con il comportamento. I 19

item che compongono la SSI sono valutati dal clinico, sulla base di un’intervista semistrutturata, e si articolano su 3 livelli (0-2) in base alla gravità; il punteggio totale può variare, perciò, tra 0 e 38.

Pensata inizialmente per la somministrazione da parte del clinico, la SSI è stata successivamente trasformata in scala di autovalutazione (Beck et al., 1988) senza che questo abbia comportato sostanziali variazioni psicometriche, se si eccettua una generica tendenza ad una maggiore gravità dell’ideazione suicidaria nell’autovalutazione.

Uno strumento che ha avuto larga diffusione è l’Intent Score Scale – ISS (Pierce, 1981), una scala utilizzata dal clinico per valutare, nei soggetti che hanno messo in atto un tentativo di suicidio, il livello di intenzionalità suicidaria mediante item che esplorano il grado di letalità del tentativo messo in atto. La ISS è composta da 12 item articolati in tre sezioni:

  • la prima, che esplora le circostanze relative al tentativo di suicidio, è composta dai primi 6 item;
  • la seconda, composta da 4 item, prende in considerazione le considerazioni personali del paziente;
  • la terza, composta da 2 item, valuta il rischio di morte connesso al gesto autolesivo.

Gli item sono valutati su di una scala a 3 punti, da 0 a 2 (con l’eccezione del terzo item della seconda sezione, che è valutato su una scala da 0 a 3), per cui il punteggio delle tre sezioni può oscillare, fra 0 e 12 per le circostanze del tentativo, fra 0 e 9 per le considerazioni personali e fra 0 e 4 per il rischio. Si può calcolare anche il punteggio totale che, secondo l’Autore, è indicativo di basso rischio per valori compresi tra 0 e 3, di rischio medio per valori tra 4 e 10, di rischio elevato per punteggi maggiori o uguali a 11. La scala si è dimostrata altamente affidabile e con buone caratteristiche predittive: i futuri suicidi tendono ad avere punteggi elevati nella ISS del primo episodio e punteggi ancora più elevati nell’episodio immediatamente precedente il suicidio.

La Suicide Probability Scale – SPS (Cull e Gill, 1982) si caratterizza per il fatto di non usare item che non fanno riferimento diretto al suicidio e che possono essere proposti, perciò, al soggetto senza metterlo sulla difensiva. Sulla base del punteggio si possono distinguere quattro livelli di rischio di letalità dell’atto autolesivo. La scala si articola su tre subscale, perdita di speranza, valutazione negativa di sé ed ostilità.

Un rilevante contributo alla valutazione standardizzata è stato fornito dal gruppo di Marsha Linehan della Washington University di Seattle. Oltre al Reasons for Living Inventory –

RFL (Linehan et al., 1983a), di cui diremo fra breve, possiamo ricordare altri strumenti interessanti, di cui alcuni non pubblicati.

Uno dei primi è il Suicidal Behaviors Questionnaire – SBQ (Linehan, 1981), un questionario breve che valuta i comportamenti suicidari dei soggetti, quali l’ideazione e le minacce di suicidio, i metodi usati nel corso dell’anno precedente ed una scala per il differenziale semantico relativo al vissuto connesso all’esito dei comportamenti suicidari e parasuicidari.

Interessante è anche la Parasuicide History Interview – PHI (Linehan et al. 1983b), che valuta l’intenzionalità, la gravità clinica, il contesto sociale, gli eventi precipitanti e concorrenti ed i risultati del comportamento parasuicidario in un determinato intervallo di tempo.

Ciascun episodio di parasuicidio è valutato separatamente ed i dettagli di ogni episodio vengono raccolti con accuratezza. Le principali informazioni che questo strumento fornisce sono rappresentate dalla frequenza dei comportamenti parasuicidari, tanto come singoli atti che come insiemi (cluster) di atti, i trattamenti effettuati, i rischi medici, l’intenzionalità suicidaria, l’impulsività, ed altro ancora.

Prima di passare all’RFL, segnaliamo ancora il Lifetime Parasuicide Count – LPC (Linehan e Comtois, 1996), uno strumento che fornisce un quadro generale delle condotte parasuicidarie (con l’esclusione dell’ideazione e delle minacce), a partire dal primo tentativo per giungere al più recente e prestando particolare attenzione al più grave, con l’indicazione dei metodi usati, del grado di intenzionalità suicidaria, della massima gravità medica, eccetera.

Lo strumento più noto ed importante messo a punto da questo gruppo è, come abbiamo accennato, il Reasons for Living Inventory – RFL, che è stato pensato come misura di un certo numero di convinzioni e di aspettative ritenute capaci di distinguere i soggetti a maggiore rischio di suicidio. A differenza della maggior parte degli altri strumenti proposti per la valutazione della suicidalità, l’RFL pone l’accento sugli aspetti adattivi, che possono essere carenti nei soggetti più predisposti al suicidio, piuttosto che su quelli disadattivi, che possono essere presenti. L’RFL si basa su una concezione cognitivo-comportamentale del suicidio che ipotizza che il pattern cognitivo, cioè le convinzioni, le aspettative, lo stile di vita, le capacità personali, eccetera, rappresenti un importante mediatore del comportamento suicidario. La valutazione di questi aspetti è importante, non solo perché consente di distinguere i soggetti a rischio di suicidio da quelli non a rischio, ma anche perché consente anche di evidenziare gli aspetti cognitivo-comportamentali sui quali è necessario focalizzare l’intervento terapeutico.

L’RFL, nella versione di base, è composto da 48 item e si articola in sei subscale identificate mediante l’analisi fattoriale:

  • SCB – survival and coping belief (fiducia nella sopravvivenza e nell’adattamento): p.es., "Penso di poter trovare altre soluzioni ai miei problemi"; "Ho il coraggio di affrontare la vita";
  • RF – responsability to family (responsabilità verso la famiglia): p.es., "La mia famiglia dipende da me ed ha bisogno di me";
  • CC – child-related concerns (preoccupazioni per i figli): p.es., "Sui miei figli avrebbe un effetto dannoso";
  • FS – fear of suicide (paura del suicidio): p.es., "Mi fa paura il "gesto" di suicidarsi di per sé (il dolore, il sangue, la violenza)";
  • FSD – fear of social disapproval (paura della disapprovazione sociale): p.es., "Gli altri potrebbero pensare che sono un debole e un egoista";
  • MO – moral objections (obiezioni morali verso il suicidio): p.es., "Le mie convinzioni religiose me lo impediscono".

Si può calcolare il punteggio totale, ma è molto più utile, ai fini del trattamento, calcolare il punteggio nelle sei subscale. Il punteggio nelle subscale consente, inoltre, di delineare un profilo dei soggetti e di classificarli variamente in base al punteggio relativo nelle scale stesse.

La scala ha dimostrato di possedere delle buone caratteristiche psicometriche. Ha, tuttavia, una scarsa validità predittiva; la subscala con maggiore validità concorrente è risultata la prima (SCB) che correla con l’ideazione suicidaria e con la probabilità di suicidio nei controlli e con l’ideazione suicidaria, la probabilità di suicidio, le minacce di suicidio e gli atti suicidari nei pazienti psichiatrici.

L’RFL rappresenta un approccio positivo alla valutazione dell’intenzionalità suicidaria in quanto è probabilmente la perdita delle motivazioni per vivere l’indice più affidabile dell’imminenza del gesto di suicidio, mentre la loro presenza rappresenta un ostacolo al comportamento autolesivo.

Nonostante le sue caratteristiche positive, l’RFL appare più adatto per la ricerca che non per l’impiego clinico perché richiede un certo tempo per la sua applicazione e per il calcolo dei punteggi. Ne è stata proposta, perciò, dagli stessi Autori, una versione ab-

breviata, di 24 item, composta da tutti quelli che compongono la subscala SCB, ad eccezione del 19º che è stato aggiunto ex novo. Ivanoff e collaboratori, sempre del gruppo della Linehan, hanno messo a punto la Brief Reasons for Living Inventory – BRFL (Ivanoff et al.,1994), composta da soli 12 item, due per ogni subscala, che ha dimostrato di possedere buone capacità di discriminare i soggetti con ideazione suicidaria rispetto a quelli che non hanno tale ideazione.

Agli inizi degli anni Ottanta risale anche la SAD PERSONS scale (Patterson et al., 1983), una scala messa a punto per valutare la probabilità di rischio di suicidio imminente. La scala, che deriva il suo nome dalle iniziali dei 10 fattori di rischio presi in considerazione, (Tab. 18.II) ed ha, in questo senso, anche lo scopo di fornire un riferimento mnemonico al clinico chiamato a fornire una rapida ed accurata valutazione del rischio. La scala, infatti, è stata messa a punto per aiutare lo psichiatra che, in ambito di psichiatria di consultazione, è chiamato a fornire una valutazione, il più possibile attendibile, dei fattori connessi al potenziale rischio di suicidio.

TAB. 18.II – SAD PERSONS SCALE

INGLESE

ITALIANO

Sex

Age

Depression

Previous attempt

Ethanol abuse

Rational thinking loss

Social support laking

Organized plan

No spouse

Sickness

Sesso

Età

Depressione

Tentativi precedenti

Abuso di alcolici

Perdita del ragionamento razionale

Mancanza di supporto sociale

Presenza di uno specifico progetto di suicidio

Mancanza del partner

Malattie fisiche

 

Secondo gli Autori, il punteggio della scala (cioè il numero dei fattori di rischio presenti)

può fornire indicazioni per i provvedimenti da prendere:

  • da 0 a 2 il paziente può essere dimesso con successivi controlli;
  • da 3 a 4 il controllo deve essere più stretto e la dimissione può essere rimandata;
  • da 5 a 6 il ricovero è necessario soprattutto se non c’è la sicurezza di un adeguato controllo;
  • da 7 a 10 il ricovero è tassativo e la sorveglianza deve essere stretta.

Lo strumento si è dimostrato, oltre che semplice e pratico, molto utile nell’ambito della psichiatria di consultazione dove spesso le condizioni della valutazione, il tempo e le informazioni disponibili non sono ottimali.

Di fronte alla aleatorietà della predittività del comportamento suicidario sulla base delle RS basate su fattori di tipo demografico, anamnestico, sociale, psicopatologico, eccetera, alcuni Autori hanno cercato di affrontare il problema sul versante personologico andando a studiare l’atteggiamento del soggetto nei confronti del problema, ritenendo che possa essere questo l’elemento di fondo, quello che, a parità di condizioni, determina il passaggio per alcuni ma non per altri. Coloro che si sono occupati del problema ritengono che coloro che riconoscono il maggior numero di segnali di suicidio ed hanno una maggiore conoscenza della caratteristiche di letalità sono portati a considerare il suicidio come più accettabile, come una reazione agli eventi esterni piuttosto che una tendenza autodistruttiva intrinseca, e di conseguenza sono più predisposti a sceglierlo come possibile soluzione. Fra gli strumenti di valutazione di questo tipo, quello più interessante è il Suicide Attitude Questionnaire – SUIATT (Diekstra e Kerkhof, 1985). Il questionario, che è composto da 63 item variamente valutati, si articola in due assi principali:

  • il primo differenzia il totale degli item nei sottogruppi riguardanti:

    • la persona rispondente (il potenziale protagonista dell’atto suicidario)
    • il suicidio in riferimento alla persona più vicina e più cara al rispondente, c. il problema del suicidio in termini generali;
  • il secondo si riferisce, in maniera più specifica, agli aspetti attitudinali affettivi, cognitivi e strumentali; alle risposte che denotano un atteggiamento favorevole al suicidio vengono attribuiti i punteggi più bassi, per cui un punteggio totale elevato è indice di bassa attitudine suicidaria e viceversa.

Il questionario si articola, inoltre, su 16 subscale che vanno a costituire 5 fattori che esplorano:

  • Fattore I: Conseguenze per il singolo e per la società;
  • Fattore II: razionalità/alterazione mentale in rapporto al suicidio;
  • Fattore III: diritto di suicidarsi;
  • Fattore IV: danneggiamento psicologico e rottura sociale come circostanze per mettere in atto il suicidio;
  • Fattore V: ideazione suicidaria presente e passata.

La versione italiana del SUIATT è stata effettuata da D. De Leo dell’Università di Padova.

Nella sua applicazione in Italia ha mostrato la sua aderenza ad un modello culturale nord-europeo, ancora lontano da quello italiano (vedi la parte dedicata all’eutanasia ed al diritto al suicidio).

La scoperta di una stretta correlazione tra deficit biochimico cerebrale di serotonina e suicidio ha fornito le basi per ipotizzare che un trattamento psicofarmacologico potesse modificare il comportamento suicidario. Per valutare l’efficacia dei trattamenti era necessario disporre di strumenti di valutazione adatti a documentare le eventuali modificazioni indotte dal trattamento e quelli allora disponibili non rispondevano, per ragioni diverse (valutazione della sola ideazione, o del rischio di suicidio, o del sintomo "suicidio" nel contesto di un più ampio contesto psicopatologico, eccetera). Per ovviare a questi problemi è stata messa a punto la Suicide Assessment Scale – SAS (Stanley et al., 1986), una scala in grado di valutare la suicidalità ed i fattori ad essa correlati secondo specifici criteri:

  1. la possibilità di valutare sia i comportamenti osservati che i sintomi riferiti;
  2. l’indipendenza della scala da qualsiasi diagnosi specifica, anche nei termini di conferire agli item pesi diversi in rapporto ad una diagnosi;
  3. la valutazione dell’attuale grado di "suicidalità" e la sensibilità al cambiamento dei sintomi correlati al suicidio.

TAB. 18.III – GLI ITEM DELLA SUICIDE ASSESSMENT SCALE — SAS

Item

Sintomi

Item

Sintomi

1. TRISTEZZA E ABBATTIMENTO

Umore depresso; giù di corda; si sente miserabile

11. IMPULSIVITÀ

Azioni impulsive, azioni senza pianificazione o senza considerare le conseguenze; ha spinte irresistibili; agisce sotto l’impulso del momento

2. OSTILITÀ

Ostile; arrabbiato; bellicoso; in antagonismo; pronto all’ira; facilmente irritabile

12. BASSA AUTOSTIMA

Bassa autostima; sentimenti di indegnità e d’inferiorità; si sente un fallito

3. ANERGIA

Mancanza di energia; stancabilità; stanchezza; spossatezza; logorato affaticato; senso di debolezza

13. PERDITA DI SPERANZA

Si sente senza speranza, disperato; aspetto abbattuto; pessimista; sente che verrà il peggio; pensieri nihilistici

4. IPERSENSITIVITÀ

Sensibile alle critiche; facilmente ferito; si sente facilmente rifiutato; si offende facilmente; permaloso; mette tutto sul sospettoso; diffidente piano personale;

14. PERDITA DEI SENTIMENTI

Depersonalizzazione; mancanza di sentimenti; incapace di provare emozioni (non mancanza di empatia

5. RITIRO AFFETTIVO

Mancanza di contatto emotivo; isolamento sociale; ritiro; isolamento; diffidenza

15. SCARSA TOLLERANZA ALLE FRUSTRAZIONI

Facilmente frustrato o irritato; prontamente scoraggiato

6. PERDITA DI RISORSE

Incapace di risolvere i problemi con efficacia; mancanza di flessibilità nell’affrontare i problemi; vede poche scelte e alternative

16. IDEE DI SUICIDIO

Assillato da idee di suicidio; pensa alla possibilità di essere morto; pensa alle reazioni degli altri al suicidio; ha difficoltà a pensare a qualcosa che non sia il suicidio

7. SENSAZIONE DI PERDITA DEL CONTROLLO

Si sente senza controllo su di sé o sul proprio destino; si sente in balia degli eventi esterni; sensazione di mancanza di influenza sull’ambiente

17. PROPOSITI DI SUICIDIO

Il suicidio è una soluzione ai problemi; il suicidio è la sola alternativa ai problemi; vuole sollevare gli altri dai problemi; ricongiungimento con qualcuno che è morto (in contrapposizione ai tentativi fatti per attrarre l’attenzione o a fini manipolativi)

8. TENSIONE

Fisicamente teso; nervoso; a disagio; incapace di rilassarsi; eccitato (escludere i sintomi autonomi)

18. DESIDERIO DI MORIRE

Forte desiderio di morire; sente di non meritare di vivere; sente che la vita non vale la pena di essere vissuta

9. ANSIA

Preoccupato; preoccupazione eccessiva per il presente o per il fu turo; paura; terrore; disagio (escludere i sintomi autonomi)

19. MANCANZA DI RAGIONI PER VIVERE

Sente che non c’è una ragione per vivere; sente che non interessa a nessuno; sente che la vita non ha scopo

10. PREOCCUPAZIONI SOMATICHE

Preoccupazione per la salute fisica; preoccupazione per sintomi fisici(compreso dolori e sofferenze; insonnia; sintomi gastrointestinali e cardiovascolari); preoccupazioni generalizzate o allucinazioni somatiche

20. ATTI SUICIDARI

Concretamente progetta metodi per suicidarsi; ha preparato degli scritti o ha informato qualcuno; necessita di stretto controllo per prevenire tentativi

La SAS è composta da 20 item (Tab. 18.III), valutati su di una scala a 5 punti, che possono essere raggruppati in 5 cluster.

  • ideazione e comportamento suicidario (item da 16 a 20);
  • affettività/umore (item 1, 2, 9, 12 e 13);
  • condizioni somatiche (item 3, 8 e 10);
  • reattività emotiva (item 4, 5 e 14);
  • controllo e adattamento (item 6, 7, 11 e 15).

La scala, la cui somministrazione prevede un’intervista clinica semistrutturata, ha dimostrato di essere valida, affidabile e sensibile al cambiamento.

Non possiamo chiudere questo argomento senza far menzione del fatto che, in rapporto alla costante crescita del suicidio giovanile, numerosi strumenti di valutazione del rischio e/

o dell’ideazione suicidaria sono stati messi a punto specificamente per questa popolazione di soggetti ed alcuni di essi sono stati successivamente adattati anche alla valutazione degli adulti. Non ci addentreremo in questo argomento se non per citare alcuni degli strumenti di maggiore diffusione, primo fra tutti il Suicidal Ideation Questionnaire – SIQ (Reynolds, 1987) ed il suo omologo per gli adulti, l’Adult Suicidal Ideation Questionnaire – ASIQ (Reynolds, 1991). Il SIQ è proposto in due versioni, una di 30 item per gli adolescenti ed una di 15 per i soggetti fra 7 e 9 anni, mentre l’ASIQ è composto da 25 item. L’Autore ritiene che le idee di suicidio negli adolescenti siano da considerarsi come un elemento precursore di comportamenti autolesivi e suicidari, ma non, comunque, nel senso di predirli, quanto piuttosto come richiesta di aiuto.

Un altro strumento interessante è l’Inventory of Suicide Orientation-30 – ISO-30 (King e Kowalchuk, 1994), ideato per identificare gli adolescenti a rischio di suicidio, per documentare un potenziale rischio di suicidio e per fornire suggerimenti per la gestione del caso in base al grado di rischio e per facilitare la comunicazione con la famiglia.

Per la valutazione delle tendenze suicidarie nei giovani, è interessante anche la Multi-Attitude Suicide Tendency Scale – MAST (Osman et al., 1993), una scala di 30 item che esplorano quattro tipi di atteggiamenti: attrazione e repulsione per la vita e attrazione e repulsione per la morte. Lo stesso gruppo ha messo a punto una versione abbreviata per adolescenti della RFL, la Brief Reasons for Living Inventory for Adolescents – BRFL-A (Osman et al., 1996). A quest’ultima scala si avvicina concettualmente la Life Attitude Schedule – LAS (Lewinsohn et al., 1995) che valuta i comportamenti a rischio (non solo di suicidio) degli adolescenti attraverso l’identificazione di comportamenti che minacciano o che migliorano la vita.

Loading

Autore

sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici