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LUIGI CANCRINI: UN LUNGO VIAGGIO NELLA CURA DELLA MENTE.. Una Recensione

21 Dic 23

Di Andrea Castiello D'Antonio
La pubblicazione di questo testo costituisce una novità nel panorama della letteratura psicologica italiana in quanto si dà voce a un esponente di spicco della psichiatria e della psicoterapia del nostro Paese che, con le proprie stesse parole e in modo narrativo, racconta il proprio percorso umano e professionale svolto nel corso di diversi decenni. È vero che esistono già altri testi in cui sono state raccolte le produzioni principali di alcuni nostri importanti esponenti della psicologia, della psichiatria e della psicoanalisi – ad esempio la raccolta di scritti di Euginio Gaddini Scritti. 1953-1985 (Raffaello Cortina, Milano, 1989) – ma una vera e propria autobiografia è rara. In questo caso, con la Premessa del regista Marco Bellocchio, l’editore Giunti offre la possibilità, soprattutto ai tanti che non hanno vissuto quei tempi, di ripercorrere una parte importante del percorso di sviluppo dell’area Psy nel nostro Paese.


Il libro si apre con il recupero delle radici della psicoterapia moderna e, quindi, con il Sigmund Freud incontrato da Cancrini nella versione di una raccolta di scritti freudiani che, a suo tempo, era parecchio diffusa: si tratta dei Casi clinici, pubblicato da Einaudi nella traduzione di Mauro Lucentini e con la prefazione di Cesare L. Musatti (riedita da Bollati Boringhieri), in cui sono raccolti i famosi quattro casi clinici narrati da Freud, dal piccolo Hans fino all’uomo dei Lupi, a cui si aggiunge l’impegnativo caso di Daniel Paul Schreber (Lipsia, 25 luglio 1842 – Lipsia, 14 aprile 1911), presidente della Corte d’Appello di Dresda; cinque casi clinici raccolti nella elegante edizione della collana Biblioteca di Cultura Scientifica di Einaudi.

Cancrini scrive in questo primo capitolo dell’esordio del suo interesse per l’area della psicologia come di una vocazione cosa che dà il senso dell’approccio dell’autore alla materia e del modo in cui ha evidentemente vissuto il suo impegno umano, scientifico e professionale. Non casualmente il testo si apre con i casi clinici (l’autore ritiene che soprattutto il caso di Dora sarebbe da studiare attentamente da parte di tutti i terapeuti) e con il richiamo all’importanza dei primi anni di vita dell’essere umano, un essere umano che è sempre inserito in un contesto sociale ed affettivo: da qui l’importanza della famiglia. Va, infatti, ricordato che Luigi Cancrini, specializzato in psichiatria e di formazione psicoanalitica e sistemica, è stato il fondatore del Centro Studi di Terapia Familiare e Relazionale, una delle più rinomate scuole di psicoterapia in Italia.

Tratteggiando rapidamente i casi di Rossana, Antonella e Fabio, Cancrini introduce il lettore al mondo delle nevrosi e, in specie, alla sofferenza del sentimento della depressione, con l’avvertenza che “sentirsi depressi non significa avere una depressione” (p. 19). È, questo, il capitolo dedicato al confronto con il dolore mentale, lì ove è sottolineata la forza interna che conduce il paziente alla guarigione e che, spesso, il terapeuta ha solo il compito di liberare e di rendere attiva. Dalla depressione a ciò che è denominato l’oceano borderline si attua il passaggio verso un capitolo, il terzo, in cui emergono con forza dei riferimenti teorici importanti, da Margaret Mahler a Otto Kernberg, sottolineando ancora una volta l’importanza del nucleo familiare e la condizione del bambino; una citazione inusuale ma importante è quella di un lavoro poco noto di Helm Stierlin sulla personalità di Adolf Hitler (un testo tradotto in italiano nel 2003 dall’editore Carocci ma ormai pressoché introvabile, purtroppo). Apprezzando l’attenzione nel differenziare idee e concetti – ad esempio le varie e differenti tipologie di regressione che possono svilupparsi in diverse fasi della terapia e/o di vita – l’autore introduce il quarto capitolo sulla terapia dei bambini gravemente sofferenti, rammentando di aver conosciuto a Roma John Bowlby e citando i classici studi che sono stati condotti da Anna Freud e da Dorothy Burlingham (e di Luigi Cancrini si deve ricordare il suo lavoro Ascoltare i bambini. Psicoterapia delle infanzie negate. Raffaello Cortina, Milano, 2017): “io penso che dobbiamo, guardandoci negli occhi, dirci con chiarezza che quello che la psicoterapia ci ha insegnato fino a oggi è che questi bambini possono essere curati con la psicoterapia e aiutati a crescere normalmente” (p. 65).

È molto interessante il capitolo dedicato alle psicosi che si apre richiamando alcuni grandi nomi dello studio della schizofrenia per poi avvicinarsi ai giorni nostri attraverso i risultati di alcune ricerche svolte tra il Sessanta e il Settanta, e attraverso il lavoro di Franco Basaglia, “conosciuto… negli anni in cui preparava la sua ipotesi di riforma dell’assistenza psichiatrica” (p. 75). Qui Cancrini trova il modo di dichiarare esplicitamente l’assoluta necessità della formazione personale per lo psicoterapeuta e introduce il tema della terapia familiare considerata come il punto di arrivo per la cura dei disturbi mentali maggiori. E di terapia familiare si parlerà diffusamente nelle pagine che seguono, non prima di aver ripreso il filo della narrazione personale che parte con l’esperienza maturata dall’autore presso la Clinica delle Malattie Nervose e mentali di Roma diretta, al tempo, da Giancarlo Reda (la Neuro, come si diceva, in sintesi).

I capisaldi teorici della terapia familiare è il titolo del settimo capitolo che conduce il lettore ad aprirsi verso gli orizzonti internazionali popolati da persone come Harry Stack Sullivan, Gregory Bateson, Nathan W. Ackerman e Salvador Minuchin, tra gli altri. Ed è opportuno dire che, nel leggere queste pagine, ci si trova costantemente di fronte non solo l’esperienza personale dell’autore ma anche un’ampia serie di consigli e suggerimenti, di warning e di sollecitazioni, tutte utili ed applicabili sicuramente nelle attività professionali.

Ogni capitolo termina con una “finestra” editoriale dal titolo Insight in cui l’autore sintetizza i punti principali trattati. Ecco tre esempi di queste note-flash: “i disturbi psichici originano nell’infanzia e sono in gran parte determinati da situazioni ambientali sfavorevoli” (p. 17); “ai bambini bisogna presentare la realtà così com’è, perché essa è molto meno spaventosa di quella che viene loro in mente quando vengono lasciati soli con le loro angosce” (p. 66); “la vaccinazione per chi deve lavorare come terapeuta con i disturbi psichiatrici gravi è la formazione psicoterapeutica personale” (p. 84).

Gli ultimi capitoli si snodano con il resoconto di un’importante esperienza di ricerca-intervento svolta a Palermo (il progetto W Palermo viva) sulle tossicodipendenze e con intense riflessioni sull’origine dei disturbi mentali e la loro prevenzione – su questo ultimo tema v. anche l’Appendice in cui sono formulate alcune proposte di legge per la tutela della salute psicologica e la prevenzione di gravi disturbi mentali.

Alcune pagine dedicate a discutere i temi di attualità completano il testo e conducono il lettore a riflettere su taluni argomenti caldi come l’isolamento degli adolescenti e la caduta nei mondi virtuali, le bande giovanili e la questione degli affidi.

Chi ha i capelli bianchi, o almeno un poco innevati, ritroverà in queste pagine luoghi, persone e situazioni che ha vissuto in prima persona, e devo dire che fa piacere veder nominata una persona per molti indimenticabile come lo psichiatra Massimo Marà, e ricordata una figura poco nota nel panorama psicoanalitica italiano come quella di Armando Bianchi Ferrari (di cui è stata recentemente pubblicata una raccolta di scritti). Si avrà così la possibilità di fare un vero e proprio tuffo nel passato e anche confrontare quei lontani inizi di tante pratiche, riflessioni e intuizioni con il panorama di oggi. Insomma: un buon esercizio di integrazione tra passato e presente.

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