Nel 1956 inizia l’insegnamento a Perugia dove dirige l’Istituto di etnologia e antropologia culturale facendone un luogo di incontri col mondo, in particolare, oltre all’Europa, l’America Centrale e Meridionale; qui continua a operare, ininterrottamente, anche dopo il pensionamento dal’Università.
Al centro dei suoi interessi di studioso i guaritori nella medicina popolare, i rapporti tra medico e paziente, tra strutture sanitarie ed utenti, tra pratiche sanitarie ed etnologia, le medicine “non convenzionali”, l’educazione sanitaria, i bisogni di salute dei migranti, i percorsi della de-istituzionalizzazione manicomiale. Qui, va citata la sua intensa, diretta partecipazione, a partire dalla metà degli anni ’60 del secolo scorso, alla importantissima “esemplare” vicenda della Provincia di Perugia, una terra nella quale si respirava l’egemonia (in senso propriamente gramsciano) del Partito Comunista umbro; qui danno il loro meglio una leva di grandi amministratori locali, un gruppo di psichiatri di straordinaria cultura e sensibilità (cito per tutti Carlo Manuali). Tullio ne è tra i protagonisti sia sul campo che come studioso, e fino all’ultimo, come mostra la progettazione di una serie di quaderni intitolata Per una storia della riforma psichiatrica in Umbria e l’impegno nella pubblicazione del libro, uscito postumo nel 2014, Nascita del movimento antimanicomiale umbro[1] dell’ amico carissimo Ferruccio Giacanelli, anch’egli fra i protagonisti di quella vicenda.
Presidente della Società Italiana di Antropologia Medica (SIAM) e della “Fondazione Angelo Celli per una Cultura della Salute” di Perugia, Tullio ha fatto parte della redazione delle riviste “Critica marxista” e “La questione criminale”; ha diretto “AM rivista di Antropologia Medica” e la collana “Biblioteca di antropologia Medica” dell’editore Argo di Lecce.
Tullio Seppilli, uomo di scienza, è stato convintamente schierato a sinistra nella vita politica e culturale italiana in campi dell’antropologia, dell’etnopsichiatria, della psichiatria, poco frequentati ma assai innovativi, aperti alle complessità del mondo abitato da persone e popoli diversi.
Tullio è stato per me un compagno sapiente, un grande amico, una figura di riferimento.
Parlava a bassa voce. Al riguardo amo ricordare un incontro di cui sono stato testimone oculare a Francavilla al Mare (Pe) fra Tullio, dalla figura esile e già allora alquanto curvo e Vincenzo Muccioli, fondatore di S. Patrignano, allora sulla cresta dell’onda, grande, robusto, sicuro di sé, dalla voce stentorea. Eravamo nella seconda metà degli anni ’80, ai margini di uno dei tanti eventi che si tenevano in quel tempo sulla questione di quali leggi sulle droghe (illegali). Tullio che teneva in mano un bastoncino si rivolse, a freddo, a Muccioli dicendogli:” Sa che lei mi sembra un po’ fascista!!”. Muccioli rimase del tutto sorpreso, incassò e non reagì, non disse niente.
L’ultima volta che l’ho incontrato di persona ho ricordato a Tullio l’episodio che commentò dicendomi che si trattava di un bastoncino di liquerizia che allora teneva con sé da succhiare perché “stava cercando di smettere di fumare”.
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Gli eredi di Tullio Seppilli. L’antropologia medica distillata dalle discipline demoetnoantropologiche.
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