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OPERATOR – BALCON… Realtà romanzesca?

2 Lug 20

Di GiacintoBuscaglia e Franca-Pezzoni

Fedele alla consegna ricevuta, cioè studiare una categoria di umani particolarmente atipica, ho cercato con successo di infiltrarmi tra i BALCON. Assumere le sembianze di un HUMAN è stato semplicissimo, vista l'avanzata tecnologia che noi aldebariani possediamo da tempo   

Per prima cosa mi sono seduto nel recinto-stanzetta dove gli OPERATOR tengono ammassati anche per ore i BALCON, in attesa di essere ricevuti e, dopo aver teso l’orecchio, ho imparato i nomi di qualche OPERATOR. Quando veniva uno di loro a chiedermi con malagrazia cosa volessi, rispondevo sempre che dovevo parlare col dottor M.  

L’algoritmo delle risposte era prevedibile: stava visitando, era in riunione, era fuori per un’urgenza, era in ferie, era in malattia, era in riunione in un altro Servizio, era all’estero per uno stage. La sequenza si ripeteva identica.  

Per non destare sospetti, avendo imparato qualche parola del linguaggio dei BALCON. Dicevo:  

“Ma io sto male!” o “Mia madre, mia suocera, mio figlio, il mio vicino sta male!”  

Oppure: 

“Ma ieri mi avevate detto che il dottor M. c’era”.  

Al che mi rispondevano: “Stia qui e aspetti” e si dimenticavano di me, così potevo restare anche per tutta la giornata nel recinto-stanzetta fino a quando, arrivato l’orario di chiusura, non mi sbattevano fuori. Dovevo stare attento a non pronunciare una formula magica: “Allora io voglio parlare con il primario”, perché almeno per dieci minuti avrebbe attirato su di me un’attenzione molesta.  

Quanto a questa figura mitica, il primario, ho formulato varie ipotesi:  

1) non esiste anche se è ritenuta un’eresia e una bestemmia dubitare della sua esistenza, 

2) esiste ma è un fantoccio privo di alcun potere, tenuto in piedi da sacerdoti interessati a manipolare le masse con finte credenze;  

3) esiste e vive in un antro dove gli arrivano gli effluvi dei sacrifici umani di cui è particolarmente ghiotto.  

Comunque, a parte qualche invasato, nessuno dei BALCON poteva dire di averlo mai visto.  

Sono riuscito in questo modo a restare molto tempo nella sala d’aspetto, cioè nel luogo di stoccaggio da dove periodicamente i BALCON vengono estratti dagli OPERATOR, per essere introdotti dietro una porta  a vetri, che serve a mio parere a sancire anche architettonicamente la separazione netta tra le due popolazioni, o meglio caste o razze.  

I BALCON dopo un lasso di tempo molto variabile vengono poi rimessi nel recinto: uguali a prima  oppure un po’ scossi, oppure in preda a furore mistico-guerriero, attivato evidentemente da qualche rito tribale eseguito misteriosamente dietro la porta. 

Avendo così tutto l’agio necessario per condurre le mie osservazioni, sono arrivato a formulare alcune interessanti ipotesi sulla divisione tra BALCON e OPERATOR: 

 

PRIMA IPOTESI 

Nella preistoria gli antenati degli OPERATOR hanno vinto una guerra contro i BALCON, li hanno fatti schiavi e ora sono lo zimbello dei loro gusti più sadici e perversi. Essendo trascorse centinaia di anni, gli OPERATOR non sono più i forti guerrieri di una volta. Sono decaduti tra le mollezze, si perdono in attività stupide come: fare solitari al computer, limarsi le unghie, telefonare a casa, uscire a fare la spesa in orario di servizio, prendere il caffè, spettegolare e scrivere ricette e cartelle sempre al computer. Presto avverrà una sollevazione, o meglio una rivoluzione e i BALCON prenderanno il potere, sterminando l’intera casta/razza degli OPERATOR.  

 

SECONDA IPOTESI 

Esiste uno strano sport o gioco di società, simile alla dama, agli scacchi o a guardie e ladri, in cui le squadre prendono il nome di BALCON e OPERATOR e lo scopo è quello di segnare più punti possibili. I punti vengono chiamati ‘prestazioni’ da parte degli OPERATOR, mentre i BALCON possono vincere altri punti secondo un complicato sistema chiamato ICD-10 o DSM-5.  

Tra i due sistemi, come avviene nei campionati di boxe, vige una specie di antagonismo e non c’è riconoscimento reciproco. TSO, ASL, CIM, WWF sono strane sigle che rappresentano qualcosa di cui non sono ancora riuscito a capire il significato.  

I ruoli sono molto rigidi, appunto come negli scacchi: uno psicologo vale due educatori e si muove rarissimamente, restando di solito sempre nella stessa casella, mentre altre figure invece, come le assistenti asociali (o sociali, non mi è ancora chiaro)  si danno moltissimo da fare.  

Se devo dire la verità, il gioco mi sembra tutt’altro che avvincente rispetto ad altri che ho visto praticare dagli umani, come le bocce, il curling e il wrestling.  

 

TERZA IPOTESI 

Questa ipotesi mi sembra la più probabile. I BALCON sono un’associazione caritatevole, composta da Dame di San Vincenzo e altri filantropi e il loro scopo è tenere occupati gli OPERATOR, persone in genere disturbate, facendogli pietosamente credere di fare qualcosa di socialmente utile. Addirittura agli OPERATOR viene corrisposta una somma mensile o borsa lavoro che chiamano stipendio, di cui vanno infantilmente fieri. [Ritorno a capo del testo]Seguendo una loro religione, che prevede farsi maltrattare senza protesta alcuna e dare sempre ragione, i BALCON compiono enormi sacrifici a favore degli OPERATOR, a volte intrattengono le loro menti bacate con favole inverosimili che questi ultimi nel loro gergo puerile chiamano ‘deliri’, e arrivano al punto di svolgere attività grottesche e inutili per dare agli OPERATOR, tenuti in una specie di asilo infantile detto ‘centro diuturno’, l’illusione di impegnarli in occupazioni chiamate pomposamente  “attività riabilitative”.  

L’abnegazione dei BALCON desta il mio stupore, anche se a volte mi domando se non sia più dannosa che utile, perché tiene gli OPERATOR in uno stato perenne di abbrutimento, se non di rimbecillimento.  

Può anche darsi che la terza ipotesi in realtà si ricolleghi alla prima, nel senso che i BALCON, astutissimi, stanno sempre più rincretinendo gli OPERATOR, in vista della rivoluzione definitiva.  

La degenerazione degli OPERATOR si nota anche nella loro incapacità di riconoscere lo scorrere del tempo: ad esempio chiamano ‘ragazzi’ BALCON settantenni che con i criteri terrestri sarebbero invece molto vecchi. Inoltre sbagliano le persone verbali, rivolgendosi ai BALCON con il ‘tu’ invece che con il ‘lei’ di cortesia. 

In un primo tempo ho pensato di procurarmi delle perline, per dare inizio a degli scambi con gli OPERATOR e i BALCON e guadagnarmi la loro fiducia, ma mi sono presto reso conto che si trattava di merce per loro troppo evoluta che non avrebbero saputo come usare.  

Ho scoperto invece che si scambiano non scatolette vuote, come ho creduto in un primo tempo, ma in realtà piene di stagnola e di caramelle di varia grandezza, amarissime, con nomi tanto altisonanti quanto cervellotici. Mi sono anche accorto, frequentando quegli strani luoghi, che si aggirano nelle stanze dei mercanti malintenzionati che abbindolano i capi degli OPERATOR regalando oggetti di valore infimo, quali penne per scrivere, portachiavi, fermacarte e soprattutto intonando cantilene ipnotiche di cui ho colto qualche parola incomprensibile quale “neurotrasmettitore”, “reuptake della serotonina”, “viaggio in Ungheria completo di puttane”.  

E’ stata per me fonte di grossa meraviglia notare come i capi dei BALCON siano particolarmente ghiotti di questi oggetti, nonostante la loro pochezza. 

Per approfondire la mia ricerca alla fine ho deciso di “farmi prendere in carico”, circonlocuzione tratta dal linguaggio della marineria, che non so bene cosa significhi ma che sembra alquanto altisonante. Qui ho scoperto la vera difficoltà, che rende così eroica l’impresa umanitaria dei volontari BALCON. Sempre con malagrazia mi è stato detto di andare prima dal medico di base e farmi fare una richiesta di visita psichiatrica. Si tratta evidentemente di una prova di iniziazione e sono fiero di averla quasi superata. Quasi, perché dopo quattro ore nel loculo-recinto del medico di base, tra altri BALCON che si scambiavano i sintomi di malattie più o meno immaginarie, ho dato in escandescenze. Così ho scoperto che era possibile saltare a piè pari tutto il rituale, perché con malagrazia estrema sono arrivati due OPERATOR che senza rivolgermi la parola mi hanno catturato, legato (vige ancora una forma di caccia preistorica, retaggio dei primi guerrieri OPERATOR, del tutto anacronistica) e portato nella loro tana. Ormai pensavo che mi avrebbero sacrificato al misterioso dio-primario e poi avrebbero mangiato le mie carni in un pasto tribale (intossicandosi, perché sono fatte prevalentemente di arsenico), ma si sono manifestati molto irresoluti, limitandosi a tenermi legato al letto per giorni. Forse discutevano tra loro l’appropriatezza, altra parola magica, del trattamento, e in effetti un trattamento lo era e dei più energici.  

Alla fine ho scoperto che la diatriba non riguardava il dio a cui sacrificarmi, ma l’ordine sacerdotale che avrebbe dovuto ‘prendermi in carico’, secondo la nota formula sacra.  

Tra gli OPERATOR non regna l’armonia, tutt’altro. Ci sono divisioni teologiche sottilissime che però per i BALCON hanno gravi conseguenze pratiche. Il Sert (sacerdozio religioso esoterico trimurtico?) mi rifiutava e potevo capirlo, dato l’alto concetto che doveva infondergli un nome così elevato, sostenendo che quando dicevo di vedere gli extraterrestri o meglio gli extramarziani davo segni di pazzia.  

Il duello doveva essere deciso da un braccio di ferro tra i due dei-primari, con eliminazione nell’arena tramite pollice verso del più debole e tutti aspettavano ansiosamente lo spettacolo.  

Ho capito che gli OPERATOR nutrono in genere scarsa affezione per tale figura più o meno carismatica, nonostante le apparenze che arrivano in alcuni casi alla prostrazione e al leccamento dei piedi (come minimo).  

Me ne stavo, come vi ho raccontato nella prima parte del mio rapporto, legato come un salame in vista di un sacrificio rituale, quando ho avuto una specie di visione beatifica, che si è materializzata accanto al mio letto. Voi tutti mi potete capire, condividendo con me i criteri estetici che sul nostro pianeta contraddistinguono la bellezza perfetta. Misure: 70 – 110 – 110, capelli radi e resi nero carbone da un’apposita tintura, trucco raffinatissimo (rossetto color fuoco sparso anche sui denti, mascara colato sulle guance e rosso carminio intenso sui pomelli delle stesse), abbigliamento da gran sera (pantofole o come dicono qui sciarbelle scalcagnate ai piedi numero 45, minigonna di maglia che lascia vedere vene varicose e una camicia con jabot rubata a un contenitore di un’associazione che gli umani chiamano Caritas).  

Il vestiario raccolto da tale associazione in appositi contenitori, riempiti da una categoria di umani detta ‘ricchi’, è di solito fuori moda da almeno trent’anni e i ‘poveri’ (altra categoria) sono così esigenti e poco grati da manifestare ritrosia nell’indossarlo. 

A ogni modo la divina creatura mi si para davanti agli occhi, camminando a piccoli passi e con le dita ingiallite contratte intorno a un mozzicone di sigaretta. Potete immaginare l’estasi, ancora più carnale che mistica, in cui entro alla vista di questo essere celestiale. Confesso che ho dimenticato all’istante la mia missione e mi sono votato al suo culto con tutto me stesso. In pratica è stato un colpo di meteorite cosmico!  

Grido per farmi notare da lei, ma la splendida donzella, presa in qualche meditazione interiore, non mi dà ascolto, mentre mi ascoltano bene due infermieri (BALCON nominalmente di rango inferiore, in realtà veri padroni e conduttori del reparto).  

Devo dire che, nonostante mi sia scervellato per capirlo, il fine vero del ricovero (così viene chiamato la mia carcerazione) mi è tuttora poco chiaro, a meno che non si tratti di dare sostegno all’attività della lavanderia industriale e dell’annessa produzione di detersivi. Infatti i BALCON vengono catturati spesso con grande pericolo e quanto meno con stress da parte degli OPERATOR, che riforniscono quotidianamente, di giorno e di notte, di carne fresca il reparto.  

A questo punto sembra svolgersi una specie di gara per vincere un primato, che consiste nel raggiungere il minor tempo possibile di permanenza nella struttura del BALCON appena pervenuto. Lo dico perché gli OPERATOR ospitalieri, in guerra senza esclusione di colpi con gli OPERATOR terratoriali, ricacciano fuori quasi immediatamente gli sballottati BALCON, prima che questi abbiano potuto capacitarsi di quello che gli sta succedendo, ma spesso facendogli trascorrere nel loro antro almeno una notte, con relativo, e qui sta il punto essenziale, cambio di lenzuola. Per inciso qui la notte non dura come da noi 856 ore, bensì solo 24, cosa che almeno in parte può spiegare il nervosismo sia degli OPERATOR che dei BALCON, che non possono avvalersi di un adeguato periodo di sonno. Forse è anche il sistema macchinoso e stancante usato per dare lavoro ai fabbricanti di biancheria e alle stirerie a renderli affaticati e scorbutici, e in effetti potrebbe a mio parere essere facilmente ottimizzato eliminando del tutto il pretesto costituito dal ricovero. 

Grido e gli infermieri non potendo legarmi perché sono già legato mi trafiggono con aghi e mi iniettano sostanze che credono sedative e che a me, com’è naturale per la mia costituzione, fanno un effetto ringalluzzente.  

La dama è ahimè scomparsa dalla mia vista ma in compenso si palesa presso il mio letto un BALCON particolarmente prestante: incisivi superiori assenti, peso sui 45 chilogrammi (notate come ho imparato bene il sistema metrico decimale, di cui non si sa perché gli HUMAN vanno particolarmente fieri). Questo BALCON preso da pietà (vocabolo sconosciuto agli OPERATOR sia ospitalieri che terratoriali) cerca di darmi da bere con una bottiglietta di plastica lurida e riusata più volte, cosa che se avessi una trachea mi farebbe soffocare. Non avendola, per mia fortuna, l’operazione non mi fa né tiepido, né gelido, come si dice nel nostro pianeta.   

Il pietoso BALCON si siede al mio capezzale e comincia a parlarmi. Sì, avete capito bene: parlarmi, altro vocabolo sconosciuto agli OPERATOR, che al massimo fanno un’altra cosa solo apparentemente simile, cioè redigere cartelle, costretti in questo modo a rivolgere sia pure brevissimamente la parola ai BALCON.  

Col suo comportamento amichevole e loquace il BALCON in questione dimostra chiaramente i sintomi della pazzia: non si dà arie di sufficienza, non è scostante, non deve correre subito a fare qualcosa di più fondamentale che occuparsi di me, come ad esempio inserire dati in un computer. 

Mi chiede come mai sono lì e sinceramente gli rispondo sotto l’effetto euforizzante dei farmaci che sono un extraterrestre in missione segreta per studiare i costumi e gli usi degli OPERATOR e dei BALCON.  

Queste brevi parole hanno su di lui un effetto sconvolgente. Piangendo mi abbraccia e mi racconta che da anni è perseguitato con raggi laser dai Marziani (quei mentecatti) ma che nessuno gli crede e che per questo lo perseguitano con TSO e long acting 

Mi domando come sia possibile che nella galassia esista ancora qualcuno così antiquato da usare i raggi laser e gli comunico che da tempo i laser sono stati soppiantati da altri raggi più potenti. Gli dico inoltre che io personalmente sono in possesso, nel mio equipaggiamento di base, al momento chiuso nella cassaforte del reparto con i miei documenti falsi, di una pistola a raggi ultrarossi e infravioletti capace senza alcuno sforzo di neutralizzarli. 

Lui mi abbraccia ancora e mi bacia, facendomi colare addosso la saliva attraverso la cesura dei denti, cosa piuttosto ripugnante che subisco non potendo divincolarmi. Poi, sussurrando, passa a darmi istruzioni di sopravvivenza fondamentali per poter uscire dal reparto-appendice della lavanderia. 

Il mio nuovo amico, che se ho ben capito si chiama Quello Del Letto Dieci (Quello Del nome e Letto Dieci cognome) estrae un’agenda del 1999 adattata a quaderno per appunti e mi spiega sottovoce le nozioni di base: 

1) Non contraddire mai gli OPERATOR, specie quando insistono su un loro dogma, denominato “coscienza di malattia”, per inculcare il quale sono disposti a tutto. Anche qui se ho ben compreso Malattia è un nome, forse di un’eroina vissuta nei tempi antichi, che per prima ha introdotto presso di loro questa convinzione sciamanica. Si tratta di una specie di slogan ripetuto fino allo sfinimento nei testi degli OPERATOR, apparentemente contro ogni logica.  

I BALCON, come in una specie di catechismo, alla domanda: “Ma tu hai Coscienza di Malattia?” devono rispondere: “Sì, ce l’ho” e questa affermazione mette tranquilli gli OPERATOR almeno per un po’. 

2) Non lamentare mai alcun effetto negativo derivante dalle pozioni che vengono propinate dagli OPERATOR, i quali per parte loro hanno una specie di idolatria incrollabile, una fede puerile, resistente a qualsiasi evidenza contraria, sulla loro efficacia magica. Credono fermamente che tolgano il dolore del lutto, cancellino ogni disgrazia subita nel passato facendola dimenticare, calmino la giusta ira dovuta a maltrattamenti in famiglia di ogni tipo e in pratica facciano resuscitare i morti. Aumento di peso, tremori, impotenza, impaccio nei movimenti, diabete e altre piccolezze passano in secondo piano (specie se affliggono i BALCON) rispetto alla necessità di proseguire la somministrazione sine die, cioè a vita. 

Per quanto riguarda le pozioni oggetto dell’adorazione degli OPERATOR, i BALCON devono assumere, se non vogliono altre grane, un atteggiamento altrettanto idolatra almeno all’apparenza, detto nei testi sacri dagli OPERATOR con termine aramaico ‘compliance’, vale a dire totale asservimento tipico di una religione monoteista nei confronti della deità. Orari rituali, disegni o meglio graffiti primitivi che raffigurano incontri mitologici tra recettori e farmaci, vivacemente colorati, e nomi delle droghe tratti dai fumetti per ragazzini fanno tutti parte del culto. 

3) Per comune e tacito accordo non parlare mai di cose veramente importanti, quali sofferenze, preoccupazioni, idee che effettivamente diano da pensare ai BALCON. Scherzare d’altra parte è poco consigliabile, suggerisce lo stato maniacale, l’ordine l’ossessività, la calma la bella indifferenza, (non so perché non si dice brutta indifferenza). La cordialità è attribuita al falso sé, la scontrosità al disturbo personale (interpreto così il termine ‘borderline’ sempre tratto dall’aramaico). In pratica è una battaglia persa, come alla fine ammette Quello Del: qualsiasi atteggiamento pensabile e anche non pensabile può essere tradotto nel linguaggio DSM-5. 

4) Partecipare con apparente entusiasmo ad attività insulse che un bambino di cinque anni rifiuterebbe perché infantilizzanti, quali arte-terapia, conversazione-terapia, teatro-terapia, musico-terapia, danza-terapia, cucino-terapia, respiro-terapia, cammino-terapia, far-compere-terapia, libro-terapia, spiaggia-terapia, montagna-terapia, campagna-terapia e, massimo dei massimi, terapia-terapia. 

Sempre con un’arcaica ma efficace bacchetta magica, qualsiasi attività mai concepita dagli esseri umani viene toccata dagli OPERATOR, snaturata rispetto al suo vero scopo, staccata dal contesto e proposta in modo che risulti umiliante, assurda e inutile. 

Dopo questo corso accelerato mi sento piuttosto giù di corda ma il pensiero della divina creatura mi sostiene nell’affrontare qualsiasi difficoltà. Quello Del mi dice che si chiama Samanthah Sciaccaluga del Campasso e il dolce nome conferisce ulteriore fascino alla sua beltà. Purtroppo si trova rinchiusa in una fortezza dai crudeli OPERATOR, evidentemente invaghiti di lei, e tenuta occupata a infilare perline per distoglierla, almeno così credo, dal pensiero della libertà.  

Entrare nella fortezza (Servizio di Salute Mentale, ma gli astuti OPERATOR cambiano continuamente nome e sigla per disorientare il nemico: CIM, SSM, CPS) è difficilissimo, e ancora più difficile una volta varcata la soglia è farsi ammettere nei locali interni, riservati a pochi eletti dopo una strenua insistenza. Però Quello Del mi garantisce che  con il suo consiglio e il suo aiuto riuscirò nell’impresa. Mi spiega nei dettagli il suo piano.  

Lo devo accompagnare e a quel punto mi presenterà come un suo amico e dovrò fare tutto quello che mi dice. 

Con la dolce immagine di Samanthah impressa nella centralina ultraelettronica a darmi coraggio, mi accingo in compagnia del fido Quello Del a superare la porta del fortilizio. 

“Ha appuntamento?” mi urla nelle orecchie un mostro mitico particolarmente aggressivo, deputato a spaventare gli audaci che intendono turbare la quiete e il riposo degli OPERATOR. 

Faccio un balzo indietro ma Quello Del pronuncia alcune parole esoteriche (“Dobbiamo fare un colloquio di accoglienza”) e l’essere si ammansisce. Tutto è diverso rispetto al manuale di geografia che ho studiato prima di partire, la Divina Commedia, nel senso che qui è difficile entrare mentre nell’inferno descritto dalla guida è difficile piuttosto uscire.  

Dalle ultime informazioni che ho raccolto sembra che il testo sia considerato piuttosto obsoleto (non vecchio, altra influenza dell’aramaico), che nessuno più comunque sappia leggerlo, e leggere in generale, e che sia scartato dai programmi scolastici perché politicamente scorretto (in effetti scorrettissimo, ma ingenuamente avrei detto che è proprio questo il suo pregio). 

Sempre incoraggiato da Quello Del entro in un locale che ospita due OPERATOR, evidentemente contrariati nel vedermi, che fissano lo schermo di un computer in stato ipnotico invece di guardarmi in faccia. Per quello che ne sanno loro potrei volermi suicidare oppure uccidere cinquanta persone appena uscito, ma a loro importa poco o niente. 

Chiedono un lasciapassare capace di qualsiasi sortilegio, detto impegnativa. Ne ho stampato uno falso e lo porgo con mano tremante, aspettando il responso e loro benignamente lo accettano. 

“Indirizzo.” 

“Scusi?” balbetto. 

Quello Del mi dà una gomitata dove in teoria dovrei avere le costole. “Digli dove abiti.” 

“Ah sì, Aldebaran.” 

Uno degli OPERATOR sfoglia un vecchio stradario della città e scuote il capo, gettandomi nella disperazione. 

“Non c’è nessuna strada Aldebaran.” 

“Ha voluto dire via Adamoli” interviene Quello Del. 

“Ah.” L’altro mi scruta speranzoso. “Sarà mica demente?”  

Lo dice a voce alta – cosa che se fossi un essere umano mi offenderebbe o mi preoccuperebbe da morire. Dopo ho saputo che l’OPERATOR sperava di rifilarmi al Servizio Geriatrico. 

“Proviamo a fare qualche test.” 

Mi porge un foglio e io devo copiare un disegno. Ammetto di essermi sentito punto dall’insinuazione di poter essere demente e perciò aggiungo al disegno, che riproduco un stereometricamente in tre proiezioni, anche alcuni esercizi di calcolo integrale. 

I due si guardano allibiti, Quello Del mi dà un’altra gomitata e  disgraziatamente preme senza volerlo il tasto di emergenza che tengo nascosto sotto la giacca, con l’effetto di rivelare il mio vero colorito, un bel verde brillante.  

I due deglutiscono a vuoto, stanno bene attenti a non guardarsi tra loro e a mantenere un atteggiamento naturale. È evidente che ciascuno crede di avere delle allucinazioni e non vuole assolutamente che l’altro lo sappia, per paura di essere preso per BALCON, eventualità temutissima dagli OPERATOR.  

Mentre il primo si sfrega gli occhi, l’altro sbatte le palpebre. Quello Del, che non è scemo, ha capito tutto e gode silenziosamente della loro ambascia, ma tace, fedele alla consegna di accompagnarmi nella mia missione nell’antro. 

“Ti è mai capitato” dice un OPERATOR all’altro dopo essersi schiarito la voce “di avere delle discromatopsie?” 

“Qualche volta.”  

Naturalmente parlano tra loro ignorando la mia presenza e continuando a fare finta di nulla. Poi ho capito che ‘discromatopsia vuol dire vedere i colori diversi da quello che sono.  

Il più autorevole senza farsi notare si alza, prende un flacone da uno scaffale e beve metà del contenuto, poi torna a guardarmi. Il suo sguardo sconsolato mi fa capire che continua a vedermi verde. A questo punto entra con malagrazia senza bussare (potrei in quel momento raccontare piangendo i fatti peggiori della mia vita ma fa lo stesso), il Cerbero di poco prima che mi vede all’improvviso, fa cadere un faldone ed esce urlando, avendo perso molta della sua baldanza.   

 Tutti corrono fuori dalle stanze dove stavano rinchiusi. I più coraggiosi entrano negli studi e liberarono altri colleghi dalle catene che li tenevano inchiodati mani e piedi a inserire dati dentro i computer. 

Anch’io, non sapendo che fare, nell’agitazione collettiva esco dal loculo-ambulatorio, ricavato con tramezzi trasparenti e soprattutto permeabili al suono, cosicché chiunque può sentire le vicende più personali di chi parla, estorte ovviamente dopo aver ottenuto la firma per l’autorizzazione a raccogliere i dati personali sensibili (vedi legge sulla privacy). 

Gli OPERATOR mi guardano: alcuni gridano, altri restano impietriti, altri come si dice nel dialetto locale si toccano se ci sono. Dall’ultimo piano dove si trova il Centro diuturno, tenendo ancora le perline, scendono i BALCON e tra loro – vista celestiale – anche Samanthah Sciaccaluga del Campasso. 

Perdo completamente la testa, in senso figurato essendone a rigore privo, e premo un altro bottone che invece non dovrei mai usare se non per urgenze gravissime. 

È il richiamo per l’astronave che con fragore si materializza sul tetto, facendo fuggire decine di piccioni che nelle crepe avevano fatto il nido e finendo di atterrire gli OPERATOR. Uno dei meno terrorizzati prende il telefono e chiama il numero di emergenza: “Aiuto, siamo invasi dagli extraterrestri, venite a salvarci.”  

All’altro capo sento una voce con forte cadenza locale: 

“Mia, quei meghi sun vegnui matti. Anemmu a vedde.”  

Segue una frenetica mobilitazione generale, perché per ricoverare con la forza più di venti OPERATOR ci vogliono quasi altrettanti psichiatri e pattuglie su pattuglie di vigili. Il Dipartimento delle emergenze della Regione, creato ad hoc per dare delle posizioni apicali (leggi careghe), deve intervenire e giustificare la propria esistenza. 

Avendo raccolto abbastanza materiale etnografico, prendo per mano Samanthah seguito da Quello Del, molto fiero e divertito. Saliamo sul tetto e in un risucchio di antimateria entriamo nell’astronave, sparendo alla vista degli OPERATOR ormai al delirio.  

Il dottor M. per una sfortunata casualità è presente in Servizio proprio oggi per l’unica volta nella sua vita, si trova sulla terrazza a prendere il sole e rimane incenerito dai gas di scarico. 

A bordo cerco di ricompormi e riprendere il mio aspetto normale, con una proboscide, tre orecchie e circa dieci mani,  aspetto che Samanthah mostra di gradire moltissimo. 

Mentre i colleghi dell’astronave mettono ordine tra brandelli di cartelle e blister vuoti aspirati a caso, si scopre che è stato portato via anche un armadietto di ferro. Lo aprono e rivelano uno dei misteri dell’universo: il primario esiste e non si è mai mosso di lì. 

 

 

ADDENDUM 

 

“Scusa figliola se ti ho chiesto di venire a parlarmi.” 

Il vecchio guarda Samanthah con espressione benevola. Ha dieci anni, molti se si considera che sul pianeta ogni anno vale come 795 di quelli terrestri. È grinzoso, ma sul pianeta tutti lo sono: l’unico segno dell’età sono i capelli, che col tempo tendono a crescere e a diventare più folti. 

Samanthah lo osserva e si sente rassicurata. Ha una voce dolce e un atteggiamento comprensivo. 

“Ho letto il rapporto del nostro agente, molto preciso e brillante, e penso che dica la verità sull’assistenza psichiatrica nel vostro strano mondo umano.” 

“Certo, 3,14 Periodico dice sempre la verità.” Come tutte le persone innamorate da poco, Samanthah vede 3 e 14 Periodico sotto una luce celestiale, in questo caso anche alla lettera. 

“Eppure, cara figliola, ho l’impressione che non sia tutta la verità. Ti sembrerà bizzarro, ma presso di noi i vecchi sono stimati e cercati perché hanno equilibrio, saggezza e senso di giustizia. Perciò, prima che il suo rapporto venga pubblicato sull’Annuario Etnografico Intergalattico, mi hanno chiesto di dargli un’occhiata. Mi chiamo 6 col resto di 2, ma puoi chiamarmi semplicemente 6.” 

Samanthah legge il rapporto poi alza gli occhi su 6 col resto di 2, perplessa. 

6: “Sto tirando a indovinare, ma credo che tu ti trovi in quello stato che voi terrestri chiamate ‘conflitto intrapsichico’.” 

Samanthah: “Dagliene dei nomi. Da un lato ammiro 3 e 14 Periodico per la sua intelligenza, dall’altro penso che tu abbia ragione. Povero caro, si può anche capire, vuole fare bella figura mostrandosi critico e anche cinico, ma ha torto. Nota tutti i difetti dell’organizzazione, degli operatori e dell’assistenza, ma non vede il punto principale. Senza le cure, sbagliate, dannose o controproducenti, che mi hanno prodigato io sarei morta. O suicida, o abbandonata in mezzo a una strada, come succede nelle nazioni progredite dove l’assistenza sanitaria è a pagamento e soprattutto è inumana. Tra qualche anno, come è sempre successo nella storia della medicina, i farmaci e i trattamenti che mi hanno inflitto saranno giudicati con aria di sufficienza assolutamente erronei e buttati via, senza vedere se non troppo tardi i loro lati positivi.” 

6: “Mi lasci interdetto. Vuoi forse dire che voi terrestri non apprezzate la tradizione e date per scontato che sia da scartare in blocco, senza tener conto dei suoi lati utili e vantaggiosi?” 

Samanthah: “Esattamente. Un altro punto che non quadra nel rapporto di 3 e 14 Periodico è la visione unilaterale: tutto è raccontato dal punto di vista dello psichiatra, e non dell’assistente sociale (non asociale, correggete l’errore), dell’infermiere, dell’educatore o anche dello psicologo. Per non parlare poi dei veri protagonisti, i pazienti.” 

6: “Scusa, ma a te cosa te ne importa? A parte il fatto che una visione veramente completa è scientificamente impossibile, che siano le altre figure professionali a darsi una mossa e, se proprio vogliono, a raccontare le cose dal loro punto di vista.” 

Samanthah con un sorriso: “Non ti facevo così sbrigativo.” 

6: “Mi sembra piuttosto che 3 e 14 Periodico non capisca l’aspetto fondamentale: ottimo o pessimo, litigioso o mieloso, è il rapporto umano in senso stretto il centro e il fulcro di tutta l’assistenza e quello che impedisce a tutti, operatori e pazienti, di morire se non fisicamente almeno moralmente. Operatori che tutti i giorni, volenti o nolenti, stanno a contatto con gente spesso difficile, faticosa e pesante e che però tirano avanti. 

Ho letto un loro studio su un Centro Diurno. Si stupivano, povere stelle, che i pazienti non volessero partecipare alle attività ma allo stesso tempo  tenessero molto a frequentarlo ugualmente, tutti i giorni.” 

Samanthah: “Brava gente, non vedevano che agli utenti (non ti stupire, è un eufemismo) piaceva proprio il fatto di andare là, di vedersi in faccia, di parlare, come fa chiunque in un circolo del bridge o in una società scientifica. Ma forse è un bene che gli operatori si cullino nelle loro statistiche e nelle loro teorie: anche questo è un metodo che li aiuta a tirare avanti.” 

6, ridendo: “Non ti facevo così cinica.” 

Samanthah: “Non capisci, lo dicevo in tono materno, per il loro bene.” 

6: “Non afferro la differenza.” 

Samanthah: “Lascia perdere, è troppo difficile da spiegare.” 

I due restano per un poco in silenzio, un silenzio tranquillo, caldo, confortevole. 

6 col resto di 2: “Adesso il problema sarà far accettare le modifiche del suo rapporto a 3 e 14 Periodico senza che si offenda. Frequentando voi umani è diventato suscettibile, sembra che sia una cosa contagiosa.” 

Samanthah, in tono pratico e nello stesso tempo superiore: “Non ti preoccupare, ci penso io a fargli accettare le modifiche. Da me in questo momento accetterebbe qualsiasi cosa.” 

6 col resto di 2: “Voi donne siete sempre uguali.” Parla con l’esperienza di anni luce nella galassia. 

Smanthah: “Sono contenta di averti conosciuto, e sono contenta che 3 e 14 Periodico possa contare su di te e sulla tua saggezza.” 

6 col resto di 2, dimostrando il suo senso di giustizia: “Sono io che sono contento di aver conosciuto te. Devo confessare che anche un po’ ti invidio, deve essere un altro sentimento contagioso. Voi umani avete visto e vedete cose che noi aldebariani non possiamo neppure immaginare.

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