Con il convegno odierno la Sezione Ligure della Società Italiana di Psichiatria ha voluto offrire un momento di confronto e di riflessione su un tema di notevole importanza per la psichiatria di comunità, specie alla luce di un recente testo di legge (D. Lgs230/99) che, riconoscendo al DSM la responsabilità della tutela della salute mentale nelle carceri, mostra di prendere in considerazione le istanze di uguaglianza e continuità tra il trattamento psichiatrico intracarcerario e quello esterno, adeguando la situazione italiana a modelli già sperimentati in altri paesi come la Francia, la Svizzera ed il Canada.
Durante la prima sessione della mattinata, moderata dal dott. Pirfo (Direttore DSM ASL 3, Torino) e dalla dott.ssa Ferroni (DSM ASL 3, Genova) sono intervenuti due esperti stranieri, il dott. Bruno Gravier (responsabile del Sérvice de Médecine et de Psichiatrie Pénitentiaires del Cantone di Vau, Svizzera) ed il dott. Jean Louis Sénon (responsabile del Sérvice Hospitalo-Universitaire de Psichiatrie et de Psichologie Médicale di Poitiers, Francia).
Nell’introduzione il dott. Pirfo ha ricordato che nelle carceri, oltre all’amplificazione di quadri psicopatologici preesistenti alla reclusione, si osservano spesso anche disturbi mentali di nuova insorgenza. Il carcere, insieme al Pronto Soccorso ed alle sale di attesa delle stazioni ferroviarie, si propone quale "luogo a bassa soglia" destinato ad accogliere le persone i cui disturbi comportamentali, specie se aggressivi, risultano di più difficile gestione da parte dei servizi territoriali.
Nella sua relazione il dott. Gravier ha dapprima esposto alcune informazioni riguardanti l’organizzazione del sistema giudiziario svizzero, le procedure alternative alla detenzione in caso di disturbi psichici ed il tipo di cure psichiatriche prestate in carcere. Riguardo ai soggetti autori di reato dichiarati pericolosi e affetti da patologia psichiatrica, l’articolo 43 del Codice Civile Svizzero prevede l’internamento in strutture appropriate, da rinnovarsi anno per anno; a tale proposito il relatore ha sottolineato che, di fatto, queste persone vengono ospitate in strutture detentive poiché in Svizzera non esistono luoghi di cura e custodia analoghi ai nostri OPG. Il dott. Gravier si è quindi soffermato a descrivere il modello operativo adottato nella realtà svizzera ed il ruolo della CIC (Commissione Interdisciplinare Consultativa), quale intermediario tra l’autorità giudiziaria, il personale carcerario e quello sanitario.
Nel cantone di Vaud si trovano 5 istituti penitenziari: su 1940 detenuti circa la meta’ sono stranieri; si contano 492 tossicodipendenti e 118 "delinquenti sessuali", per un totale di circa 600 pazienti di cui si occupa il SMPP (Servizio Medico Psichiatrico Penitenziario), indipendente dalla struttura penitenziaria e collegato all’ospedale di riferimento. Il SMPP e’ stato aperto nel 1995 ed attualmente circa un quarto dei detenuti vi fa capo; e’ prevista la presa in carico anche dopo la conclusione del periodo di detenzione. Si ispira alle direttive europee sui principi medici, accettate pienamente dall’Accademia Medica Svizzera, il cui principio fondamentale consta nel rifiuto di esercitare misure di controllo sui pazienti.
Dopo una breve panoramica sui quadri clinici osservati (casi di violenza, esplosività, difficoltà di mentalizzare ed incapacità a pensare, presenza di "esperienze psichiche indigeribili" quali, ad esempio, ricordi di guerra), il dott. Gravier ha parlato dell’uso della psicoterapia nel contesto carcerario (con opportune modificazioni del settino e l’uso di tecniche piu’ attive), della necessarietà del rispetto del segreto professionale, del "Traitment sous contrainte", equivalente al nostro TSO.
Da ultimo ha evidenziato che una buona riuscita della presa in carico medica e psichiatrica del paziente recluso non può prescindere dalla formazione del personale di sorveglianza e dalla collaborazione tra le diverse figure professionali che operano nel carcere, con momenti di conflittualità definita "preziosa" poiché confrontativa e costruttiva.
Nel secondo intervento della mattinata il dott. Sénon ha dapprima presentato una ricostruzione storica delle tappe significative dello sviluppo della psichiatria carceraria francese a partire da Pinel, in pieno clima rivoluzionario e democratico, sino ai nostri giorni ed alla legge di riforma del 1994, che prevede l’applicazione del modello dei CMPR (Centres Médico Psycchologiques Régionaux) a tutto il territorio nazionale, garantendo la presenza di due centri per ogni regione penitenziaria. In questo modo "è l’ospedale che entra in carcere e cura tutti i detenuti", nel rispetto del principio repubblicano, che si scontra, però, con la scarsa disponibilità di mezzi e di personale motivato a lavorare in ambito carcerario. Nel corso del suo intervento ha preso in esame gli aspetti clinici di questa realtà con il supporto di alcuni recenti studi pubblicati. I dati recenti (in Francia il 4% della popolazione carceraria è affetta da disturbi psicotici) confermano le statistiche internazionali e non paiono discostarsi da quelli rilevati in tempi più remoti (1903: 3% di pazienti psicotici tra i carcerati). Un altro dato rilevante è l’elevata percentuale di diagnosi di disturbi di personalità (45% dei detenuti soddisfano i criteri per la diagnosi di Disturbo Antisociale di Personalità), quadri di difficile gestione perché spesso complicati da autolesionismo, aggressività eterodiretta, tentativi di suicidio. Il relatore ha precisato che l’aumentato tasso dei T.S. tra la popolazione carceraria, dato enfatizzato in tempi recenti dalla stampa francese, è imputabile più alla tipologia dei soggetti ospitati in carcere (si tratta spesso di persone che vivono in condizioni precarie, affette prevalentemente da gravi disturbi di personalità) che alla loro condizione di reclusione.
Nella realtà psichiatrica francese i soggetti autori di reato riconosciuti responsabili (nel senso di imputabili) e disponibili ad intraprendere le cure vengono inviati ai Servizi Medici Psichiatrici di riferimento che il relatore riferisce essere ormai saturi. Quelli non collaborativi vengono inviati alle strutture ospedaliere civili, non senza difficoltà, poiché gli ospedali sono "a porte aperte". I detenuti non disponibili alle cure e giudicati pericolosi sono indirizzati a strutture di ricovero specializzate presenti sul territorio francese in numero molto ridotto (sono solo 4 in tutta la Francia) e pertanto al momento già complete e dotate di lista di attesa di circa sei mesi. Il relatore a tale proposito auspica la creazione di unità di ricovero adeguate all’interno dell’ospedale per gli autori di reato affetti da disturbi psichici.
Durante la seconda parte della mattinata due interventi non previsti nel programma hanno consentito ai partecipanti di confrontarsi con l’opinione di chi interagisce con il "mondo-carcere" da un punto di vista "altro" rispetto agli operatori psichiatrici. Il dott. Mazzeo, direttore del carcere di Marassi, ha tratteggiato l’attuale situazione nella struttura penitenziaria genovese sottolineando le differenze rispetto alle realtà straniere presentate nella sessione precedente. Don Andrea Gallo da parte sua ha rivolto la sua attenzione al "fattore uomo", proponendo l’alleanza con la "parte buona" presente in ogni persona e ricordando che "nella Bibbia non c’è l’emarginazione del colpevole, ma neppure il permissivismo".
La sessione della mattinata è stata conclusa dagli interventi del dott. Clerici (che ha descritto l’attività di consulenza psichiatrica nel carcere di Opera in convenzione con l’Ospedale San Paolo, sottolineando la diversa disponibilità di mezzi ed operatori rispetto alla realtà svizzera descritta in precedenza), del dott. Scapati (che ha presentato alcuni dati relativi alla situazione di Taranto, precisando che l’esperienza di ingresso della psichiatria nel carcere ha comportato l’aumento del numero dei ricoveri in SPDC), del dott. Iannucci (Modulo Operativo Multiprofessionale Salute Mentale, Firenze) e del dott.Pellegrino (DSM ASL 3, Torino).
Il prof. Bandini (Professore Ordinario di Psicopatologia Forense, Università degli Studi di Genova) ha introdotto i lavori del pomeriggio con una riflessione sulla necessità di aggiornare le norme del codice penale in materia di imputabilità e sulla difficoltà, per il perito, di rispondere ai quesiti in tema di pericolosità sociale dell’autore di reato affetto da malattia psichica, in quanto fattispecie che non rimanda alla clinica. Il dott. Ferrannini (Direttore DSM ASL 3, Genova) ha esposto alcune riflessioni sulla necessità di confrontarsi con una realtà in evoluzione e sviluppo.
Nel primo degli interventi della tavola rotonda dal titolo "Oltre il muro: la gestione del paziente autore di reato nella comunità" il direttore sanitario e responsabile dell’OPG di Montelupo Fiorentino, dott. Scarpa, ha presentato una relazione sul tema dell’osservazione psichiatrica in OPG (come e perché è richiesta, quanti detenuti vengono inviati in OPG dal carcere) e sugli "eventi critici" che si verificano in tale struttura (autolesionismo, TS, aggressioni, distruzione di oggetti). Da uno studio effettuato in collaborazione con l’Università di Firenze emerge che il quadro psicopatologico riscontrato più di frequente tra gli internati è il Disturbo Antisociale di Personalità (circa il 50% dei soggetti) e che il rischio di suicidio si attesta intorno al 6-7% ed è influenzato dall’eventuale comorbidità. Alla fine del suo intervento due educatrici che lavorano nell’OPG di Montelupo Fiorentino ed un paziente che vi è internato hanno animato il convegno proponendo un’esperienza realizzata "oltre il muro".
Il dott. Fioritti (Direttore Programma Salute Mentale e Dipendenze Patologiche, Rimini) ha quindi proposto un lavoro di confronto tra un campione di pazienti autori di reato internati in OPG ed un campione di pazienti psichiatrici (in carico al Centro di Salute Mentale) omogeneo al precedente per diagnosi psichiatrica, età ed altri parametri di riferimento. Scopo della ricerca era verificare il valore dei fattori predittivi di tipo criminologico e valutare le possibilità terapeutiche che i Servizi di Salute Mentale sono in grado di offrire agli utenti, tenuto conto del fatto che la presa in carico dei pazienti a più alto funzionamento sociale (come quelli affetti da disturbi deliranti o da disturbi di personalità) risulta spesso più difficile e meno continuativa rispetto a quella di pazienti che manifestano un maggiore grado di disabilità.
Nel suo intervento il dott. Di Marco (DSM ASL 3, Genova) ha affrontato il tema della gestione del paziente autore di reato nell’ospedale civile. Dopo una carrellata di presentazione dei principali testi di legge di riferimento, il relatore ha esposto i dati relativi all’esperienza del SPDC dell’Ospedale San Martino sia per quanto concerne i pazienti detenuti ivi ricoverati, sia per l‘attività di consulenza nel reparto per detenuti presente in tale ospedale. Oltre che dal carcere gli accessi al SPDC avvengono anche da questo stesso reparto (6 posti letto, una sola stanza) o direttamente dal territorio (subito dopo che è stato commesso il reato). Sono state evidenziati i limiti che la presenza del personale di sorveglianza e l’impossibilità di decidere autonomamente rispetto alla dimissione impongono alla relazione medico-paziente e all’alleanza terapeutica.
Il dott. Pisseri (Consulente Scientifico strutture residenziali gruppo Redancia, Genova) ha presentato i dati relativi ai pazienti autori di reato ospitati presso la Comunità Terapeutica "Agriellera" nel periodo 1997-2003, la maggior parte dei quali oggetto di misura di sicurezza. I dati sono stati confrontati con quelli dei pazienti internati in OPG e con quelli relativi ai pazienti ospitati nelle diverse strutture residenziali del gruppo Redancia di cui la comunità "Agriellera" fa parte.
Il convegno si è concluso con la discussione generale. La dott.ssa Barlocco (DSM ASL 2, Savona) ha sottolineato il ruolo centrale dell’intermediarietà quale caratteristica specifica della psichiatria e spazio di relazione che rende possibile lo scambio. La dott.ssa Cardinale (Dipartimento di Scienze Psichiatriche, Università degli Studi di Genova) ha affrontato il tema della compatibilità dei pazienti autori di reato con l’ambiente carcerario e del loro trasferimento in ambito psichiatrico (sia in SPDC sia in Clinica Psichiatrica) anche a causa del rischio di gesti autolesivi. Ha infine sottolineato l’esistenza di una sindrome da ospedalizzazione (con quadri del tipo sindrome di Ganser o comportamenti autolesivi motivati anche dal guadagno secondario) e la peculiarità del rapporto medico-paziente in questi contesti.
Sono un romantico ma penso
Sono un romantico ma penso che DIAGNOSI e REATO non siano correlati, in nessuna delle suddette relazioni e che la definisione di PERSONALITA’ antisociale sia autoreferenziale…. Come dovrebbe essere una persona condannata per crimini all’OPG ?? Non esiste una descrizione possibile, anche perché non si parla MAI di reati nè di diagnosi.
Esiste un percorso di cura?? Nessuno ha risposto a questa domanda!
Esiste la certezza della pena?? Nessuno si pone il problema!
Metti delle persone in CELLA e cosa ti aspetti… elevati tassi suicidari, comportamenti violenti, comportamenti manipolatori… SCUSATE ma in CARCERE tra chi non è considerato psicotico cosa SUCCEDE?? Esattamente la stessa cosa !