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QuickSCID-5. INTERVISTA CLINICA STRUTTURATA PER I DISTURBI DI PERSONALITA’ DEL DSM-5. Una recensione

16 Feb 22

Di admin
Dal momento in cui è comparsa la nuova versione del DSM sono stati proposti numerosi strumenti di supporto alla formulazione della diagnosi; tra questi, all’inizio del 2017 è stata proposta la SCID-5-PD orientata ad indagare i disturbi di personalità, affiancata dalla SCID-5-CV – Intervista clinica strutturata per i disturbi di personalità. Versione per il clinico, la cui edizione italiana è stata curata dagli stessi autori che hanno curato la SCID-5-PD (Raffaello Cortina, 2017) – per entrambe le forme di intervista strutturata sono disponibili i Refill, cioè i raccoglitori che contengono i materiali di consumo (i moduli di intervista e i questionari da compilare). 

A completare il quadro è stata sviluppata la SCID-5-AMPD, cioè la Intervista clinica strutturata per il Modello Alternativo dei disturbi di Personalità (l’edizione italiana è del 2018, sempre per i tipi di Raffaello Cortina) che contiene i tre moduli. Il primo, utilizzando la Scala del livello di funzionamento della personalità, permette la valutazione dimensionale del funzionamento del sé e del funzionamento interpersonale; il secondo fornisce una valutazione dimensionale dei cinque domini patologici di personalità (e dei venticinque tratti corrispondenti); e il terzo modulo che copre i sei disturbi di personalità del Modello alternativo (schizotipico, narcisista, borderline, antisociale, evitante, e ossessivo-compulsivo) e il disturbo di personalità tratto-specifico. 

 



 

 

In questo panorama, ecco dunque emergere la QuickSCID-5. 

Il vantaggio di questo strumento è, naturalmente, la rapidità d’uso.  

Può sembrare cosa di poco conto, ma per coloro che vivono nel caos quotidiano e/o nelle urgenze del servizio sanitario la possibilità di ottenere almeno una prima idea-valutazione del paziente con il supporto di uno strumento di facile impiego non è da poco. In effetti, volendo ampliare il discorso, fin troppe possibilità di impiego di tecniche valide e sofisticate è di fatto inibito dalle modalità di operare nei servizi, dalla pressione del tempo e degli impegni, dalla scarsità del personale e – per taluni aspetti – dalla non ottimale preparazione scientifico-professionale del personale stesso. Un esempio attinente mi sembra essere quello dell’impiego delle tecniche proiettive, tra tutte il test di Rorschach, di cui peraltro nel 2021 si è celebrato il centenario – il libro di Hermann Rorschach, Psychodiagnostik, e le famose dieci tavole furono pubblicate nel 1921 dall’editore Ernst Bircher (Bern, Leipzig). Una prova, questa di Rorschach, che (per coloro che hanno fiducia nei metodi proiettivi) può offrire numerosi indici di interesse al clinico-diagnosta, ma che di fatto non è quasi mai impiegata, sia per il tempo che richiede tra somministrazione, decodifica e interpretazione, sia perché per utilizzarla è necessario essere specializzati sull’uso specifico del test e, più in generale, sulle tecniche proiettive. 

Tornando dunque alla SCID-5 versione Quick questo strumento permette di effettuare un’intervista altamente strutturata, articolata in settori, o moduli, che sono indipendenti tra loro, e fondata, com’è generalmente in format di questo genere, soprattutto da domande chiuse.  

L’indipendenza dei diversi settori consente al clinico di puntare secondo il suo parere sull’analisi dei settori più importanti e di proseguire dando una propria scansione all’indagine, eventualmente non applicando alcune aree di domanda, oppure tornando successivamente (o segnalando ai colleghi) le aree in cui appare necessario approfondire l’indagine. Da quest’ultimo punto di vista lo strumento si presta anche ad essere utilizzato da professionisti alle prime armi o da soggetti in formazione proprio per la sua semplicità di impiego e anche in virtù delle prime quattro-cinque pagine del fascicolo, tutte dedicate a fornire delle chiare istruzioni sulle modalità di applicazione.  

Superate queste pagine iniziali, e prima di addentrarsi nei diversi moduli che compongono il Kit, vi è una pagina dedicata a riassumere la situazione generale del paziente, denominata Quadro generale, in cui oltre alle notizie di base (come la storia della malattia e l’anamnesi psichiatrica) è presente un settore indirizzato al tema delle ideazioni e del comportamento suicidari.  

A valle di queste prime pagine si apre il vero e proprio cuore dello strumento, vale a dire i  dieci moduli che sono (nell’ordine di presentazione): il Modulo A (episodi e disturbi dell’umore), il Modulo B (screening per i sintomi psicotici), il Modulo C (disturbi da uso di alcol e altre sostanze), il Modulo D e il Modulo E, dedicati rispettivamente ai disturbi di ansia e al disturbo ossessivo-compulsivo, il Modulo F (disturbo da deficit di attenzione e iperattività nell’adulto), il Modulo G, sul PTDS, il disturbo da stress post-traumatico, il Modulo H (disturbi alimentari), e i due moduli conclusivi: il Modulo I, che presenta le domande di screening per altri disturbi, e il Modulo J (domande per l’esclusione di disturbi mentali dovuti a altra condizione medica e/o disturbi indotti da sostanze/farmaci). 

Come detto, trattandosi di moduli indipendenti possono essere applicati a discrezione dell’intervistatore. 

Nel complesso si apprezza il carattere pragmatico dell’iniziativa, la possibilità di uso da parte di personale non del tutto esperto e l’impiego in contesti di formazione, in questo caso preferibilmente integrato dallo studio di testi come quello a cura di Laura Weiss Roberts (docente al dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali della Stanford University School of Medicine, e direttrice del servizio psichiatrico dello Stanford Hospital and Clinics di Stanford) e di Alan K. Louie (direttore didattico del dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali della Stanford University School of Medicine), DSM-5. Istruzioni per l’uso (Raffaello Cortina, 2017). 

La possibilità di utilizzare nel modo più libero possibile i 10 fascicoli che sono presenti nel Kit permette all’intervistatore di annotare su di essi osservazioni aggiuntive nelle pagine che corrispondono all’oggetto di analisi, di segnalare richiami e connessioni, e così via. In sostanza, si tratta di uno strumento altamente strutturato che, però, può essere impiegato in modo sufficientemente flessibile.  

Certamente chi conduce l’intervista non dovrebbe sentirsi “imprigionato” dallo strumento, continuando a porre domande e richiedere esempi, ad esempio lì ove potrebbe verificarsi il classico evento problematico del falso positivo. 

Direi, inoltre, che il Kit può anche essere utilizzato (almeno in talune delle sue aree) come una base per poi vagliare con domande aperte e in modo più ampio determinati argomenti. Quindi è così offerta la possibilità di orientarsi nella direzione di partire sulla base di un’intervista strutturata e di una codifica altrettanto strutturata delle risposte del soggetto, per dirigersi verso un ampliamento e approfondimento finalizzati di specifiche aree di indagine.  

 

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