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RECENSIONE A: Sulla mia pelle. La mia vita senza bavaglio

10 Set 20

Di Manlio Converti
Sulla Mia Pelle, è la biografia di Martina Castellana, Dermatologa di Salerno, persona straordinaria, con un’energia ed una vitalità tale, da essere, parole sue, rinata tre volte. Leggere il suo libro è anche un’esperienza estetica, che parte con una prosa che ricorda il mondo dorato di Hemingway, ma ambientata a Salerno, sua città d’origine e di elezione. Leggere il suo libro è soprattutto una rivelazione, per tutti quanti soffrano di pregiudizi, ma anche per gli psicologi, psicoterapeuti e psichiatri che lavorino in modo diretto o indiretto con le persone Transgender.
Martina è nato Michele, e come una farfalla, è passata attraverso lo stato di Micha per diventare Martina.
La dottoressa Castellana, ha lavorato e vissuto con gioia ed energia, impegno e professionalità, attraversando le sue identità, ma restando sempre sé stessa.
 
Il libro ci racconta soprattutto quanto sia falso il costrutto che attualmente è in vigore sul transgenderismo reificato dalla legge 164 del lontanissimo 1982 e che dovrebbe essere invece aggiornato alle linee guida WPA 2016/SIP 2018 e naturalmente al ICD 11, in modo da garantire la dignità invece dei pregiudizi.


La condizione transgender è un fatto, che oggi si chiama incongruità di genere, ma in Italia è ancora citata come Disforia di Genere causa burocrazia legata ad ICD 9. È stata dimostrata la diversità di genere del cervello, soprattutto della materia bianca, che nelle persone Transgender è intermedio rispetto alle differenze maschile/femminile. È stata dimostrata la normalità del comportamento sociale, lavorativo, familiare, relazionale, perfino genitoriale, quando le condizioni sociali non siano estremamente ostili. 
È tuttavia un fatto che attiene al campo dell’ontologia. “Io dico di essere chi sono” non è una frase dimostrabile per nessuno di noi, eppure ci racconta la nostra verità. Questa verità trova poi l’ostacolo della burocrazia, nel cambio dei documenti, e nel campo sanitario dove, superati gli ostacoli impropri di una psicologia e psichiatria che pretendono di sapere chi siamo e chi non siamo, rende ancora difficile ottenere Ormoni e Operazioni chirurgiche su base volontaria, solo perché sono Cross Gender.
Nessuno impedisce ad una donna di rifare il seno o togliere i propri peli, né ad un uomo di migliorare i propri genitali e pettorali. Ma solo se questa donna e questo uomo sono nati tali all’anagrafe. Se invece una persona (donna o uomo) è transgender, per loro e solo per loro (tecnicamente anche per le persone intersessuali) l’assioma dato nella prima frase “Nessuno impedisce…” diventa al contrario “Chiunque ostacola…”.
Il campo sanitario diventa un ostacolo, che produce anche induzione alla prostituzione o al malaffare, quando alle spalle non ci sia una famiglia ed una società accogliente a garantire le spese non irrilevanti per tutte le operazioni. L’unica operazione gratuita è quella ai genitali, non richiesta da tutte le persone transgender (alcune delle quali non ne richiedono nessuna). Trovare gli ormoni ed averli gratuitamente a vita in Italia è ancora un’utopia che dipende dalla fortuna di nascere nella Regione meno transfobica.
Io sono chi dico di essere è un fatto, una ontologia indimostrabile.
Il campo sanitario ha quindi inventato una nuova ontologia, basata stavolta sulla sofferenza di essere come si è nati. Questa sofferenza non solo è a sua volta indimostrabile, ma simulabile.
La autobiografia di Martina Castellana dimostra finalmente quanto sia falsa e perversa l’ipotesi patogenetica che pretende una sofferenza rispetto alla propria condizione transgender. 
Ovviamente ci sono condizioni culturali e sociali diverse da quelle della collega dermatologa, già ottima negli studi liceali e con una famiglia e degli amici fondamentalmente accoglienti. Tuttavia sono le condizioni esterne alle persone transgender, generalmente, a causare sofferenza, mentre la propria condizione ontologica è semplicemente un fatto. 
Io sono chi dico di essere. Non c’è nessuna sofferenza, se non gli ostacoli burocratici e sanitari per diventare chi dico di essere. 
Oggi viviamo ancora nell’ipocrisia di un sistema sanitario che impone la simulazione di tale sofferenza per ottenere i propri diritti sanitari basati sulla propria condizione ontologica. 
Io sono chi dico di essere, sempre Sulla Mia pelle.
Io sono stata Michele, Micha e oggi sono Martina Castellana.
 

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