La schizofrenia è certamente il nucleo centrale della patologia psichiatrica e, in certo modo, ne rappresenta l’aspetto più caratteristico. Eppure, nonostante il suo ruolo centrale, le RS costruite specificamente per la sua valutazione sono in numero limitato. Questo, in realtà, è vero solo in parte, dato che le scale di valutazione della psicopatologia generale, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente, sono state costruite tutte (o quasi) per la valutazione dei "pazienti psicotici" e quindi, di fatto, anche se non specificamente, per i pazienti schizofrenici o appartenenti, comunque, allo spettro schizofrenico. La sintomatologia che caratterizza questi disturbi, infatti, è talmente vasta ed eterogenea da comprendere la psicopatologia nella sua globalità e, pertanto, le scale più adatte alla sua valutazione finiscono per essere quelle che valutano la psicopatologia generale. D’altro canto l’esperienza ci insegna che i diversi aspetti sintomatologici della schizofrenia (e dei disturbi psicotici in genere), dai disturbi del comportamento a quelli del pensiero, dalle alterazioni psicosensoriali a quelle dell’affettività, dalla perdita della progettualità all’impoverimento ideativo, siano abbastanza autonomi e indipendenti l'uno dall’altro nell’evoluzione spontanea, tanto da caratterizzare diversi sottotipi del disturbo, e rispondano in misura e tempi diversi ai vari trattamenti. È per questo che le scale di valutazione generale meglio si prestano alla valutazione della sintomatologia psicotica e delle sue modificazioni sotto trattamento. Per contro, le scale costruite specificamente per la valutazione della schizofrenia sono in numero limitato e sono generalmente scale studiate per la valutazione di aspetti specifici, limitati, del quadro clinico, come, ad esempio, i sintomi positivi o quelli negativi. Certamente, come opportunamente rileva Pancheri (1995), la valutazione quantitativa della schizofrenia è oggettivamente difficile per tre ragioni principali:
• in primo luogo perché la schizofrenia è il disturbo psichiatrico meno facilmente definibile ed identificabile in termini operativi, e la misurazione della psicopatologia è tanto più facile quanto più definita e delimitata è l’entità che vogliamo misurare;
• in secondo luogo perché nella schizofrenia non esistono, in sostanza, sintomi patognomonici, ma un polimorfismo sintomatologico con variabilità di sintomi da un soggetto ad un altro e nello stesso soggetto nei vari momenti della malattia; • infine, perché la schizofrenia è un disturbo caratterizzato da sintomi di stato e da sintomi di decorso e quelli di stato, ai quali è prevalentemente rivolta la valutazione psicometrica, variano notevolmente nelle varie fasi della malattia.