Una misura può essere considerata "buona" se è affidabile, sensibile e valida; l'affidabilità (reliability) dipende dalla consistenza dello strumento (i cui item devono misurare sempre ed allo stesso modo la stessa entità), la sensibilità è la sua capacità di discriminare fra fenomeni diversi, la validità (validity) dipende dall'accuratezza con cui misura ciò che si presume debba misurare. La mancanza di affidabilità e di validità è responsabile, rispettivamente, di errori casuali e di errori sistematici.
Il termine "sensibilità" (sensitivity) può essere inteso, in psicometria, sia come la capacità di uno strumento di distinguere i pazienti dai non pazienti, sia come la capacità di cogliere variazioni quantitative della sintomatologia esplorata.

Nella prima accezione, quindi, la sensibilità di una scala è la sua capacità di discriminare tra fenomeni diversi ed ha due significati: uno, di derivazione epidemiologica, che indica la percentuale dei casi reali di una malattia individuati, ed uno, che può essere più correttamente definito come "specificità", che indica la percentuale di persone normali che risulta negativa alla scala. Una terza componente della sensibilità è il tasso di errore (o misclassification rate), cioè la somma dei falsi negativi e dei falsi positivi, cioè la percentuale di soggetti normali classificati come pazienti più quella dei pazienti classificati come normali. La valutazione della sensibilità e della specificità di una scala è una procedura lunga e complessa in rapporto alle caratteristiche dello strumento, alla prevalenza della malattia o del disturbo che si propone di studiare ed alla metodologia di studio impiegata. È certamente più semplice discriminare i casi estremi piuttosto che quelli più lievi, che sono di più comune riscontro nella popolazione generale. Una scala sarà tanto più sensibile quanto più basso sarà il misclassification rate.

La seconda accezione del termine è di più recente introduzione ed è in rapporto alla valutazione dell'efficacia dei trattamenti e, in particolare, alla capacità di discriminare fra gli effetti di un farmaco e quelli di un placebo. La definizione generalmente accettata è: la sensibilità è la caratteristica di una scala di discriminare a livello significativo fra gli effetti di uno psicofarmaco e di un placebo (o fra gli effetti di due farmaci o di due o più livelli di dose dello stesso farmaco) in una ricerca psicofarmacologica clinica in doppia cecità.

Si può dire che una scala è tanto più sensibile quanto più piccole sono le differenze che riesce a discriminare. La sensibilità di una scala varia anche in rapporto a fattori esterni e, tra questi, importante è il range dei punteggi possibili per ciascun item: in linea di massima si può dire che l'ampiezza del range è correlata alla sua sensibilità. Una scala SI/NO è meno sensibile di una a 5 punti e questa, a sua volta, è meno sensibile di una a 10 punti. Non sempre è necessaria una sensibilità elevata: nelle scale di valutazione diagnostica, ad esempio, è sufficiente la presenza/assenza del sintomo; quando si debbano cogliere, invece, variazioni anche modeste del fenomeno che vogliamo misurare, come nel caso della valutazione dell'effetto terapeutico dei farmaci, è necessaria una più elevata sensibilità. Un giudizio sulla sensibilità può derivare dall'esame della distribuzione dei punteggi: se il campione è sufficientemente ampio, si osserva, di solito, che una scala poco sensibile tende ad utilizzare prevalentemente alcuni valori (di solito quelli centrali) mentre una sensibile utilizza più omogeneamente tutti i valori. È da tener presente, però, che un'eccessiva sensibilità tende a ridurre la riproducibilità della scala ed a limitarne così le possibilità di impiego.

In psichiatria è necessaria molta cautela nella scelta delle scale da usare negli studi di psicofarmacologia clinica poiché scale altamente correlate tra loro possono avere sensibilità molto diversa; se, ad esempio, una scala misura un "tratto" ed una il corrispondente "stato", la correlazione fra le due sarà molto elevata, ma la sensibilità al cambiamento sarà quasi nulla nella prima ed elevata nella seconda. Per essere sensibile una scala deve essere anche affidabile: se non è affidabile, se contiene, cioè, molti errori ed è soggetta a fluttuazioni casuali, non potrà essere considerata sensibile perché non sarà possibile stabilire se le variazioni eventualmente registrate sono imputabili al caso o all'effetto del trattamento. Il grado di sensibilità di una RS ha un'importanza che è inversamente proporzionale all'ampiezza del campione in esame; in una ricerca multicentrica mirata al confronto tra un farmaco attivo ed il placebo e che coinvolga numerosi pazienti, non è necessaria una scala particolarmente sensibile per discriminare significativamente tra i due trattamenti. Se invece il campione è piccolo, o se il confronto è tra farmaci attivi, o tra livelli diversi di dose dello stesso farmaco, è necessario ricorrere a scale più sensibili per poter cogliere le eventuali differenze.

Loading

Autore

sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici