Prof. Ermanno Attanasio – Ing. Paola Di Giacomo
Università "La Sapienza" di Roma
Introduzione
Scopo del presente articolo è quello di analizzare e confrontare le diverse metodologie sulla misura della qualità – presenti in letteratura – al fine di individuare un criterio di stima che, permetta di valutare la qualità nell’erogazione delle cure sanitarie, con particolare riferimento in questa prima fase di analisi, al caso italiano. La progressiva affermazione dell’esigenza di migliorare il livello qualitativo dell’assistenza sanitaria, infatti, ha ricevuto in questi ultimi anni una legittimazione normativa – anche in Italia – attraverso il Decreto legislativo n° 502 del 30 dicembre 1992 e successive modificazioni. In tale decreto, negli articoli 10 e 14, vengono previste "la verifica e la revisione della qualità delle prestazioni come metodo adottato in via ordinaria".
Questa semplice previsione assume una valenza significativa nel più ampio contesto della logica innovativa introdotta dal processo di riordino del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Essa ha pertanto avuto una ripercussione, che seppur ancora incerta negli ultimi sviluppi normativi, al contrario, acquista maggiore ampiezza e rilievo in un "mercato" della sanità, per quanto particolare ed imperfetto, in cui il cittadino ha libertà di scelta tra una pluralità di soggetti erogatori delle prestazioni sanitarie e libero accesso alle stesse.
L’evoluzione dell’approccio alla qualità nel nostro Paese, fino al momento attuale, è tuttavia caratterizzato da fattori decisionali di non semplice lettura; la qualità è stata infatti introdotta ufficialmente nel nostro sistema sanitario, ma non senza approssimazioni e persistenti zone d’ombra in ambito applicativo.
Le indicazioni normative sono infatti poche, generiche ed in fieri, mentre le scuole di pensiero e i metodi di approccio alla qualità sono, invece, molteplici e talvolta contrastanti, o almeno non immediatamente applicabili. Si pensi, ad esempio, giusto per citare le più importanti metodologie di studio sulla qualità, alla certificazione ISO 9000, all’accreditamento di "eccellenza" statunitense (JCAHO), a quello inglese (CPA) o a quello olandese (CCKL), alle misure di "verifica e revisione della qualità" (VRQ) e di "miglioramento continuo della qualità" (MCQ), all’ "analisi partecipata della qualità" (APQ), al Total Quality Management (TQM), al modello europeo di qualità totale, sostenuto dalla European Foundation for Quality Management (EFQM) ([1, 2]).
In questo contesto, la reazione più diffusa da parte degli stessi responsabili ed operatori della sanità, sembra essere improntata ad un certo scetticismo in merito alla possibilità di applicare effettivamente tali metodiche nella prassi terapeutica ed assistenziale quotidiana, contraddistinte da un’inerzia non facilmente superabile, alle volte, a trasformare i modelli routinari di lavoro. D’altro canto, è da ritenersi segno di maturità imprenditoriale, sociale e politica, proporsi il traguardo ambizioso, ma non velleitario, di progredire oltre la stretta osservanza delle disposizioni vigenti, ponendosi l’obiettivo di una qualificazione destinata a rispondere in modo soddisfacente alle esigenze dei cittadini.
L’orientamento di fondo del processo di riordino del Sistema Sanitario Nazionale persegue il contenimento dei costi, senza abbassare la qualità delle prestazioni (il che implica la necessità di misurarla come enfatizzato nel presente articolo), sviluppando una migliore efficacia/efficienza. Ciò postula l’implementazione di un modello gestionale ed organizzativo tale da offrire precise garanzie di qualità e tale da soddisfare le esigenze degli utenti, costituendo la principale variabile strategica di successo.
Materiali e Metodi
Premessa: le dimensioni della qualità
I metodi di valutazione e di miglioramento della qualità tendono a svilupparsi secondo delle variabili o "dimensioni" misurabili. Secondo la classica tripartizione di Avedis Donabedian ([3]), gli assi di misura della qualità si riferiscono alla struttura (qualità organizzativa), al processo (qualità professionale) e all’esito (qualità percepita).
Quando si parla di struttura (qualità organizzativa) si fa riferimento alle risorse disponibili, al personale, alle attrezzature, agli edifici, etc., e alle modalità organizzative delle stesse. Quando si parla di processo si intende il prodotto, le prestazioni, la loro tempestività e la loro appropriatezza in merito alle decisioni di intervento, al livello di effettuazione e all’uso delle risorse. Quindi la dimensione della qualità di processo fa riferimento alla correttezza tecnica, al coordinamento e all’integrazione nonché alla continuità dell’assistenza (è l’asse che si riferisce al comportamento degli operatori). Quando si parla di esito ci si riferisce alle modificazioni delle condizioni di salute dovute agli interventi sanitari. In senso positivo, quest’ultimi sono da intendersi come il prolungamento della vita, la riduzione della sofferenza e della disabilità. In senso negativo, sono rappresentati invece dalle complicazioni e dagli effetti iatrogeni. Nel campo della prevenzione l’esito, ad esempio, è la riduzione dell’incidenza delle malattie. Un esito particolare è rappresentato dalla soddisfazione dei pazienti, dei familiari e della popolazione etc. E’ necessario distinguere l’esito dal risultato ed usare il risultato per indicare, invece, il grado di raggiungimento di un obiettivo.
Esistono in letteratura anche altre possibili classificazioni sulle dimensioni per la misura della qualità. Quella proposta da Liva e Di Stanislao ([4]) fa riferimento alle seguenti variabili:
- qualità manageriale: direzione, strutture, attrezzature, informazione, formazione, valutazione e miglioramento;
- qualità tecnica: procedure tecniche per discipline cliniche e procedure di supporto quali la gestione dei farmaci, gli "aspetti alberghieri", la pulizia, l’igiene, etc.;
- qualità percepita: sicurezza e soddisfazione degli operatori, diritti e soddisfazione dei clienti.
La teoria, invece, proposta da Focarile ([5]) individua più analiticamente come contenuti della qualità dell’assistenza i seguenti:
- accessibilità: capacità di assicurare le cure appropriate a coloro che ne hanno bisogno;
- appropriatezza: grado di utilità dell’assistenza rispetto al problema clinico e alle conoscenze disponibili;
- competenza: livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle abilità professionali e delle tecnologie disponibili;
- continuità: grado di integrazione nel tempo tra i diversi operatori e le strutture sanitarie che hanno cura dello stesso soggetto o di un gruppo di soggetti;
- efficacia attesa: capacità potenziale di un intervento di modificare in modo favorevole le condizioni di salute dei soggetti ai quali è rivolto;
- efficacia pratica: risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento;
- efficienza: capacità di raggiungere risultati in termini di salute con il minor impegno di risorse possibile;
- sicurezza: grado in cui l’assistenza erogata pone il paziente e gli operatori nel minor rischio;
- tempestività: grado in cui l’intervento più efficace è offerto al paziente nel momento in cui gli è di massima utilità;
- umanizzazione: livello di rispetto della cultura e dei bisogni individuali del paziente anche per ciò che riguarda l’informazione e la qualità del servizio.
Queste diverse declinazioni del concetto di qualità in sanità ci consentono di rilevare che non è possibile definire univocamente il concetto di qualità in sanità esaminando il caso di un solo attore o, più in generale, di una categoria di attori coinvolti nel "processo salute". Crozier ([6]) nel suo contributo "Stato modesto, Stato moderno", di contro, afferma che non può esistere qualità se tale non è o come tale non è percepita da tutti i soggetti coinvolti nel processo di cura del paziente.
Sulla base dell’analisi delle diverse dimensioni della qualità presenti in letteratura, si può affermare – a nostro giudizio – che le metodologie di approccio alla qualità riguardano essenzialmente i seguenti aspetti determinanti:
- la qualità professionale,
- la qualità organizzativa,
- la qualità partecipata e/o percepita.
Entro i tre diversi campi di analisi sopra elencati, le motodologie maggiormente utilizzate e di cui abbiamo traccia in letteratura (di cui vengono illustrati a seguire i dettagli) sono le seguenti:
- approccio tecnico-professionale:
- medical e clinical audit,
- miglioramento continuo della qualità (quality assurance, VRQ),
- accreditamento professionale,
- linee guida ed evidence based medicine;
- approccio organizzativo-gestionale:
- total quality management,
- certificazione di qualità (ISO 9000),
- accreditamento autorizzativo e requisiti minimi di qualità,
- accreditamento all’eccellenza;
- approccio partecipativo:
- APQ.
Approccio tecnico-professionale
MEDICAL E CLINICAL AUDIT
Il "Medical e Clinical Audit" è un approccio sistematico, formalizzato e volontario di valutazione e miglioramento della qualità dell’assistenza, sviluppato soprattutto nei paesi anglosassoni a partire dagli anni settanta. Esso si basa sulla revisione retrospettiva della pratica professionale con l’obiettivo di individuare possibili cambiamenti.
Si può distinguere fra medical audit, limitato solo agli aspetti medici e clinical audit, quando si prendono in considerazione anche aspetti strutturali, di processo e di esito, relativi alle diverse componenti della pratica professionale, compresa quella infermieristica.
La valutazione si struttura come un processo ciclico, l’audit cycle, che può essere riassunto nei seguenti quattro punti:
- definizione dei criteri di buona qualità delle cure,
- raccolta dei dati di attività,
- confronto della performance con i criteri predefiniti ed individuazione degli scostamenti,
- introduzione dei cambiamenti clinici ed organizzativi necessari per migliorare la qualità.
Il medical audit non ha un approccio globale al servizio, ma focalizza l’attenzione su aspetti di volta in volta diversi dell’assistenza sanitaria, individuati sia a livello territoriale che ospedaliero.
Significativi esempi della varietà delle dimensioni che possono essere oggetto del medical audit sono proposti da Hughes e Humphrey ([7]) che hanno individuato, con riferimento all’attività dei medici di medicina generale (MMG), nove diverse aree all’interno delle quali si potrebbe esprimere un’attività di medical audit:
1. analisi dell’attività medica (practice activity analysis),
2. studio dei casi (case studies),
3. analisi dei protocolli (disease and process audit),
4. soddisfazione del paziente (seeking patients’ view),
5. sistema informativo (service indicators and use of routinaly available information),
6. lavoro di gruppo tra pari (working in peer groups),
7. visita di altre condotte mediche (practice visiting),
8. compilazione del rapporto annuale (practice annual reports),
9. attività di prevenzione e ruolo di facilitatore.
Ciascuna delle nove aree cerca di dare una risposta ad uno dei seguenti problemi metodologici a nostro avviso che, il medical audit si trova ad affrontare:
– descrizione dell’attività clinica,
– misurazione dell’attività clinica,
– modalità per la raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione,
– esposizione dei risultati della valutazione,
– ruolo del valutatore.
QUALITY ASSURANCE, VERIFICA E REVISIONE DELLA QUALITA, MIGLIORAMENTO CONTINUO DELLA QUALITA’
L’audit cycle contiene elementi che vengono ripresi dalla teoria della "Quality Assurance" (QA) o "Verifica e Revisione della Qualità" (VRQ), come comunemente viene definita in Italia.
La QA si è sviluppata originariamente negli Stati Uniti. Consiste essenzialmente in un processo formalizzato e sistematico volto a misurare il livello qualitativo delle cure mediche, ad identificare gli eventuali problemi esistenti, a disegnare le attività capaci di risolverli, a verificare nel tempo che le azioni correttive siano efficaci.
In Italia il metodo viene introdotto nel 1984 dalla Società Italiana di VRQ. Il D.Lgs 502/92 agli articoli 8 e 10 stabilisce l’adozione di un sistema di VRQ per i requisisiti necessari al fine di diventare produttori del SSN.
Le principali fasi operative di un modello di VRQ sono riassumibili nella cosidetta "spirale della qualità":
– identificazione dei problemi da sottoporre a valutazione,
– selezione delle priorità,
– selezione della metodologia più appropriata per determinare le dimensioni di ogni problema,
– elaborazione di criteri e standard per misurare e comparare aspetti della realtà valutata,
– individuazione delle carenze confrontando la realtà esistente con ogni criterio e standard,
– individuazione delle azioni necessarie per eliminare le carenze,
– rivalutazione delle cure, dopo un adeguato intervallo di tempo per verificare se le carenze sono state effettivamente corrette.
Secondo Perrero ([8]), che è uno dei massimi esperti di QA, gli obiettivi devono essere verificabili, uniformi, specifici, pertinenti, accettabili, realistici e rispondere alle esigenze locali.
Nel tempo il Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ) ha sostituito i precedenti "Assicurazione della Qualità" e "Verifica e revisione della Qualità". Con MCQ si indica un insieme di attività dirette a tenere sotto controllo e a migliorare i processi e gli esiti. Fanno parte di un sistema MCQ l’effettuazione di progetti MCQ, il monitoraggio dei processi e dei relativi esiti significativi, mediante un sistema di indicatori, lo sviluppo o l’adattamento e l’aggiornamento di procedure organizzative e di linee guida professionali e la verifica della loro applicazione, la partecipazione a programmi di accreditamento o di certificazione.
Un progetto MCQ parte dall’identificazione di un problema di qualità ed arriva all’accertamento dei miglioramenti introdotti.
Le fasi di un progetto MCQ (Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations, 1999) ([9]) possono essere distinte in identificazione dei possibili problemi da affrontare, scelta del problema prioritario, definizione di criteri, indicatori e soglie di buona qualità, progettazione dello studio di individuazione delle possibili cause del problema, esecuzione ed analisi dello studio, progettazione dell’intervento migliorativo (chi fa cosa e quando e chi ricorda a chi si è preso l’impegno se lo ha svolto), applicazione dell’intervento migliorativo, valutazione dell’impatto a breve termine, a medio-lungo termine (6 mesi-1 anno) e alla fine dell’intervento, comunicazione dei risultati. Generalmente si parla di ciclo o spirale del MCQ perché se non si ottengono risultati soddisfacenti, si cambiano i criteri e gli indicatori e/o gli interventi, fino ad ottenere dei risultati consistenti (il processo si ripete ciclicamente per le diverse tipologie di problemi da analizzare).
ACCREDITAMENTO PROFESSIONALE
L’"accreditamento professionale" può essere sinteticamente definito come un meccanismo di valutazione esterna tra pari (peer review), per accertare il grado di corrispondenza in base a degli indicatori di qualità predefiniti ([9]).
L’accreditamento professionale ha un carattere fortemente partecipativo e si propone quasi come un’attività di autoregolazione. Criteri ed indicatori vengono definiti attraverso un lungo processo di confronto e di validazione tra pari e sono poi continuamente aggiornati, assumendo come punto di riferimento lo stato di eccellenza raggiunto ([10]).
La valutazione può essere effettuata tra pari o da un’agenzia indipendente, ma i valutatori devono essere sempre dei professionisti della sanità. L’accreditamento professionale si pone come obiettivo finale il miglioramento continuo, attraverso una logica di apprendimento organizzativo che coinvolge tutti i professionisti di una determinata struttura.
I sistemi di accreditamento professionale, pur perseguendo tutti una finalità di miglioramento continuo e di ricerca dell’eccellenza, si differenziano fra loro per le logiche di valutazione seguite, per la scelta delle dimensioni da tenere sotto osservazione, per la definizione di criteri ed indicatori, per il sistema di misurazione adottato.
I sistemi di accreditamento professionale sono strettamente correlati all’accreditamento all’eccellenza, di cui si parlerà più avanti.
I principali metodi sono:
– JCAHO, Sistema di accreditamento Statunitense: oggetto della valutazione sono il miglioramento della qualità e dell’efficienza del servizio, con lo scopo di individuare le aree di debolezza dell’organizzazione sanitaria, consentendo di porvi rimedio e di riallocare le risorse in modo efficiente.
– CCHFA, Sistema di accreditamento Canadese: l’unità di osservazione è il processo di cura sull’utente e non il funzionamento del reparto. Il metodo pone l’attenzione sull’integrazione e sulla continuità del processo di cura, dall’accesso alla dimissione.
– ACHS, Sistema di accreditamento Australiano: dà rilievo all’esperienza individuale complessiva del paziente all’interno dell’ospedale. I criteri e gli indicatori sono stati concepiti come supporto alle strutture sanitarie nel fornire al paziente una cura di qualità elevata in modo efficace ed efficiente.
LINEE GUIDA ED EVIDENCE BASED MEDICINE
Le linee guida e l’evidence based medicine (EMB) sono strumenti ideati, in primo luogo, per aiutare il medico nel prendere le decisioni e per migliorare gli esiti delle cure e sono, inoltre, strumenti per valutare la good practice ed il comportamento professionale nella pratica clinica.
Le linee guida e l’EMB hanno i loro presupposti teorici nella epidemiologia clinica, la quale si propone di riordinare i risultati della ricerca clinica e di definire gli effetti delle scelte cliniche sulla salute.
Le linee guida sono costituite da un insieme di indicatori riferiti a specifici problemi clinici, elaborati da un gruppo di pari, dopo attenta revisione della letteratura esistente, allo scopo di aiutare la decisione medica e di ridurre l’alta variabilità dei comportamenti.
La progettazione, lo sviluppo, l’implementazione di una linea guida devono rispettare i seguenti criteri:
– validità: le linee guida si basano sulla corretta interpretazione delle evidenze disponibili;
– costo-efficacia: le linee guida portano ad un miglioramento della salute a costi accettabili;
– riproducibilità: una linea guida è riproducibile quando, un’altra linea guida basandosi sulle stesse evidenze, conduce ad analoghe raccomandazioni;
– affidabilità: una linea guida è affidabile quando nelle stesse condizioni cliniche un altro gruppo di medici le applica in maniera simile;
– applicabilità clinica: lo sviluppo di una linea guida avviene con il contributo di tutte le discipline chiave e degli stessi utenti;
– flessibilità clinica: le linee guida specificano quali sono le eccezioni rispetto alle raccomandazioni ed indicano in quali circostanze le preferenze dei pazienti devono essere prese in considerazione;
– chiarezza: le linee guida usano un linguaggio chiaro, che ne facilita l’uso nella pratica clinica;
– documentazione meticolosa: le linee guida indicano chiaramente i partecipanti, gli obiettivi ed i metodi; collegano le raccomandazioni con le evidenze disponibili;
– tempi di revisione: le linee guida contengono i tempi e le modalità con cui esse devono essere sottoposte a revisione;
– monitoraggio di utilizzazione: le linee guida indicano il modo in cui viene verificata l’adesione alle raccomandazioni.
Nel 1997 è stata prodotta la prima raccolta di linee guida derivate dalla letteratura internazionale. La banca dati, in corso di continua implementazione, è suddivisa in quattro sezioni:
– linee guida prodotte da società scientifiche e mediche,
– linee guida prodotte da organismi internazionali,
– linee guida prodotte da agenzie,
– linee guida prodotte da altri organismi che operano nel settore.
In Italia, le recenti disposizioni legislative fanno esplicito riferimento all’opportunità di elaborare linee guida e protocolli. In particolare, in Italia opera un gruppo della Cochrane Collaboration, organizzazione fondata ad Oxford nel 1993, allo scopo di individuare metodi di revisione uniformi, evitare la duplicazione delle ricerche, fornire supporto informativo agli esperti. Il tema delle linee guida è oggetto di ampio dibattito. Attualmente in Italia c’è la tendenza a favorire una produzione a livello nazionale, puttosto che in ambito locale.
I critici delle linee guida sostengono l’inapplicabilità delle stesse nella pratica clinica, in quanto il malato è un unicum e di conseguenza il comportamento medico non può che essere altamente variabile.
Il tema delle linee guida come strumento per la gestione ottimale e la qualità dell’assistenza si scontra con un nodo culturale critico: il ruolo professionale del medico ([10]).
Secondo uno dei massimi esperti di linee guida, Liberati ([11]), queste ultime fanno riferimento al fatto che la buona pratica clinica è fondata sulla consapevolezza dell’incertezza decisionale, sulle conoscenze di fisiopatologia disponibili, sull’istinto clinico e la sistemazione delle conoscenze mediche personali, sulla sistemazione della pratica clinica individuale e sull’approccio critico alla letteratura medica.
APPROCCIO ORGANIZZATIVO GESTIONALE
TOTAL QUALITY MANAGEMENT (TQM)
La "qualità totale" è nata e si è sviluppata in Giappone, dove è considerata un elemento fondamentale per il successo di ogni attività produttiva e di una qualsiasi organizzazione produttiva.
I canoni del TQM prevedono il superamento dei concetti di qualità del servizio (efficacia terapeutica) e di qualità del sistema (certificazione e accreditamento), per giungere al controllo degli aspetti organizzativi (qualità programmata e qualità erogata), dei rapporti con l’utente (qualità prevista e qualità percepita), ma anche per una valutazione di competitività operata attraverso tecniche di "benchmarking" (qualità paragonata) ([12, 13]).
Un importante contributo di promozione della qualità totale, in Europa, è fornito dalla European Foundation for Quality Management (EFQM). La European Foundation for Quality Management (EFQM) è nata da una fondazione con sede a Bruxelles, istituita dalle principali ditte industriali europee. Questo organismo annovera attualmente più di 500 membri (aziende) e si propone di stimolare la diffusione dei progetti di qualità soprattutto attraverso l’assegnazione annuale dei premi europei: European Quality Prizes, European Quality Award. I premi sono divisi in 4 categorie: imprese private, unità operative di imprese private, organizzazioni del settore pubblico, piccola e media impresa privata. L’EFQM si occupa principalmente dell’assistenza alle organizzazioni che operano nella logica del miglioramento continuo della qualità e del supporto ai dirigenti di tali organizzazioni per accelerare la diffusione del Total Quality Management.
Il modello EFQM (European Foundation for Quality Management), a differenza dell’attuale sistema ISO 9000, dà peso ai risultati conseguiti e non solo in termini di soddisfazione dei clienti. La logica su cui si basa il modello EFQM è riassumibile in Risultati, Approccio, Dispiegamento, Accertamento,Revisione (RADAR).
Si intende per risultati che un’organizzazione deve determinare i risultati raggiunti, in termini sia di prodotti che di esiti, sia finanziari, sia di percezione da parte dei cittadini e dei dipendenti. Approccio indica che si deve pianificare e sviluppare un insieme integrato di approcci validi per raggiungere i risultati attesi. Dispiegamento significa che si devono mettere in atto gli approcci suddetti in modo sistematico e completo.
Accertamento e revisione indicano il monitoraggio, la verifica e l’analisi dei risultati ottenuti, in un atteggiamento di apprendimento continuo. La sigla RADAR rappresenta un ciclo simile a quello del MCQ. La valutazione dei progetti qualità, per l’assegnazione dei premi, viene fatta secondo un modello che assegna un massimo di 1000 punti, di cui un massimo di 500 punti per i fattori produttivi ed un massimo di 500 punti per i risultati.
A loro volta i fattori produttivi sono suddivisi in leadership (il modo in cui l’alta direzione ed i leader dei livelli inferiori supportano e promuovono la cultura del TQM), politiche e strategie (il modo in cui l’organizzazione predispone, sviluppa, corregge e realizza le proprie politiche strategie), gestione delle risorse umane (il modo in cui l’organizzazione riesce a far esprimere compiutamente le potenzialità del proprio personale), pianificazione, gestione delle risorse materiali (il modo in cui l’organizzazione gestisce le risorse finanziarie, le risorse informative, le dotazioni, i materiali, la proprietà intellettuale etc.), controllo dei processi (il modo in cui l’organizzazione identifica i processi chiave, come li rivede e li migliora).
I risultati sono suddivisi in soddisfazione del personale (il modo in cui si riesce a stabilire il grado di percezione che il personale ha dell’organizzazione), soddisfazione dei clienti (come si riesce ad individuare la percezione che il cliente ha del servizio ricevuto e dei suoi rapporti con l’organizzazione), impatto sulla società (il modo in cui l’organizzazione è riuscita a soddisfare i bisogni e le aspettative della comunità in termini di miglioramento della qualità della vita), risultati finanziari (individua il raggiungimento degli obiettivi di budget ed il soddisfacimento dei bisogni di quanti hanno interessi finanziari a partecipare nell’organizzazione).
Nelle applicazioni in sanità, l’area di gestione dei processi è stata suddivisa in gestione dei processi clinici e gestione dei processi manageriali. L’area dei risultati è stata suddivisa in esiti di salute e risultati finanziari.
CERTIFICAZIONE UNI EN ISO 9000
Le Normative Iso 9000 (International Standards for Organizations) sono norme di applicazione generale che possono essere adattate a tutti i settori produttivi di beni e servizi e sono utilizzate quando esiste la necessità di dimostrare la propria capacità di progettazione e fornitura di un prodotto conforme a degli standard predefiniti e universalmente condivisi.
I requisiti di tali norme sono costruiti per fornire una garanzia al cliente non attraverso un controllo sul risultato ma, piuttosto, sul rispetto di procedure predefinite, così da poter ridurre drasticamente i rischi di non conformità.
I sistemi qualità ispirati alla norma ISO sono molto diffusi nelle aziende di produzione dei beni. Le norme ISO hanno il pregio di consentire una definizione precisa dei ruoli e delle relative modalità di comunicazione ed integrazione, riducendo i costi della "non qualità" e migliorando il servizio reso ([14]).
Un’altra caratteristica importante delle norme ISO riguarda la possibilità di integrazione con altri sistemi quale ad esempio il MCQ. In questo senso il sistema qualità ispirato alle ISO 9000 può essere considerato una prima importante tappa di avvicinamento al più complesso sistema della qualità totale.
La predisposizione di un sistema qualità ispirato alle norme ISO 9000 richiede un periodo di addestramento lungo ed anche in funzione del livello di qualità iniziale dell’organizzazione e della complessità della struttura.
Il sistema descrive le procedure adottate e ne verifica l’applicazione, la certificazione è il riconoscimento ufficiale operato da un ente terzo di ciò che è stato codificato.
Gli elementi da prendere in considerazione per progettare tale sistema sono le norme UNI EN ISO 9001, ovvero dei requisiti richiesti per la predisposizione del sistema. Tali requisiti forniscono al cliente una garanzia sui rischi di non conformità del prodotto offerto, attraverso un controllo sul rispetto delle procedure e non sulle caratteristiche degli esiti.
La certificazione viene richiesta ad un organismo indipendente accreditato dall’ente nazionale che regolamenta e controlla tale attività, il Sincert.
L’Azienda richiedente deve predisporre il "Manuale della Qualità" nel quale vengono esplicitate le modalità di adeguamento alle norme ISO, modalità che vengono poi verificate sul campo dal valutatore della società di certificazione che compila una lista di riscontro. Dall’elaborazione dei dati della lista scaturisce un rapporto finale sui cui contenuti avviene una discussione nell’ambito dell’organismo di certificazione, che può deliberare favorevolmente, oppure invitare l’azienda ad eliminare le non conformità. Il rilascio del certificato non conclude l’iter di valutazione, poiché sono previste visite di sorveglianza con cadenza annuale. E’ facile immaginare come l’applicazione delle norme ISO in ambiente sanitario comporti difficili, anche se non impossibili, problemi di adattamento. Alle norme ISO 9000 è stato inoltre rimproverato di concentrarsi sul controllo di processo e di prendere poco in considerazione il miglioramento di qualità e la valutazione dei risultati. I recenti documenti della serie 9004 ed in particolare il 9004-4 danno però molto più peso al miglioramento di qualità (vedi normative UNI, 1995). Le norme destinate ad entrare in vigore alla fine dell’anno 2000, conosciute come Vision 2000, renderanno il modello molto simile a quello della Total Quality Management, con una generale convergenza di tutti i modelli per la qualità.
ACCREDITAMENTO AUTORIZZATIVO E REQUISITI MINIMI
Il concetto di accreditamento è stato introdotto per la prima volta in Italia con il D.Lgs n. 502/92. L’accreditamento va inteso come la volontà di garantire una verifica ed un monitoraggio delle strutture che forniscono prestazioni nell’ambito del SSN. Fino al 1996 l’accreditamento è stato automaticamente riconosciuto per le strutture pubbliche o private con un precedente rapporto di convenzione con il SSN. Con la pubblicazione del DPR 14.01.1997, che definisce i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi, le strutture di nuova realizzazione devono da subito attenersi ai requisiti specificati, così pure quelle che attuano ampliamenti o modifiche. Le altre strutture devono adeguarsi entro un massimo di cinque anni. Sono interessate tutte le strutture sanitarie, da quelle che erogano prestazioni in regime di ricovero, a ciclo continuativo e/o diurno, a quelle di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, che erogano prestazioni riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio, a quelle che operano in regime residenziale.
Con il DPR 14.01.1997 sono state fissate due fasi:
– l’autorizzazione obbligatoria che implica il possesso dei requisiti minimi,
– l’accreditamento, volontario, che riconosce i fornitori, cioè coloro che possono erogare prestazioni per conto del SSN, e che implica il possesso di requisiti ulteriori, definiti dalle Regioni.
ACCREDITAMENTO ALL’ECCELLENZA
L’"accreditamento all’eccellenza" ha pochissimi punti in comune con l’accreditamento di tipo istituzionale immaginato dal legislatore italiano.
Il modello nasce negli Stati Uniti nel 1917 e si impone definitivamente negli anni ’50 grazie all’attività di quella che attualmente si chiama Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizazion (JCAHO). Definito come "modello di autoregolamentazione dell’industria sanitaria", esso è inteso come l’abilitazione ad operare per conto dei sistemi di assistenza pubblica (per esempio Medicare), ed ha come elementi caratteristici la fissazione ed il controllo degli standard e la partecipazione di tipo volontaristico da parte degli ospedali. Negli ultimi tempi la Joint Commission ha spostato l’attenzione sui processi utilizzati per fornire assistenza di qualità, avendo già in previsione la definizione di indicatori di risultato. In ambito europeo il modello JCAHO si è diffuso principalmento in Inghilterra ed è stato applicato dal Clinical Pathology Accreditation (CPA), per il programma di accreditamento dei laboratori clinici, nel quale il miglioramento della qualità nelle fasi pre e post-analitiche è fondamentale.
Il programma CPA prende in esame sei sezioni: organizzazione e amministrazione, personale e direzione, spazi ed attrezzature, procedure, aggiornamento del personale, valutazione. Alle sei sezioni corrispondono 44 standard.
La struttura richiedente compila la documentazione prevista che dovrà essere visionata da un comitato di consulenza. In caso di giudizio positivo, viene rilasciato un accreditamento provvisorio al quale segue, dopo una visita ispettiva per la verifica del raggiungimento degli standard, un accreditamento di durata annuale.
Nella maggior parte dei Paesi europei si è ancora in una fase di dibattito sulla definizione degli standard e dei programmi.
APPROCCIO PARTECIPATIVO
ANALISI PARTECIPATA DELLA QUALITA’
E’ una procedura di valutazione dei servizi pubblici e sociali, in particolare di quelli sanitari, caratterizzata dalla sua impostazione partecipativa, che prevede il coinvolgimento di cittadini ed operatori non solo come fonte di informazione, ma anche come soggetti attivi nella realizzazione dell’indagine e come utilizzatori dei risultati.
Questo metodo di valutazione dei servizi sanitari è stato messo a punto dal Laboratorio di Scienze della Cittadinanza e riguarda essenzialmente la qualità percepita, in particolare le relazioni interpersonali, il comfort, la disponibilità di servizi e la soddisfazione degli operatori.
Sotto il profilo teorico, esso si basa su una matrice che consente di misurare la qualità, scomposta in nove dimensioni o aree teoriche, per la cui identificazione si parte da due ordini di distinzioni:
1. Qualità tecnica, qualità della dimensione interpersonale e comfort dell’ambiente;
2. Processi, strutture ed esiti.
Combinando queste due categorie, rispettivamente riferite alle dimensioni della qualità ed agli aspetti costitutivi dell’erogazione dei servizi, si è pervenuti all’individuazione delle nove aree teoriche:
– Qualità tecnica per strutture
– Qualità tecnica per processi
– Qualità tecnica per esiti
– Qualità della dimensione interpersonale per struttura
– Qualità della dimensione interpersonale per processi
– Qualità della dimensione interpersonale per esiti
– Comfort per struttura
– Comfort per processi
– Comfort per esiti
Le aree teoriche vengono valutate da sei tipi di fenomeni indicatori: il rispetto o la violazione di standard, le disfunzioni, gli eventi sentinella, le situazioni di particolare qualità, le opinioni di operatori e le opinioni degli utenti.
I primi quattro parametri individuano la dimensione oggettiva della qualità, mentre gli ultimi due, relativi a giudizi ed opinioni, si riferiscono alla dimensione soggettiva della qualità stessa.
Questo tentativo di attuare un doppio approccio alla qualità è ritenuto un altro carattere saliente del metodo APQ che pur restando orientato alla percezione della qualità da parte degli utenti ed alla loro soddisfazione per evitare i rischi di un sistema autoreferenziale, introduce strumenti volti a valutare fatti, dati strutturali ed eventi oggettivi.
Nel DPCM 19.5.1995 concernente lo "Schema generale di riferimento della Carta dei servizi pubblici sanitari", al punto 1.3 dell’allegato, il modello dell’analisi partecipata della qualità APQ è stato indicato come strumento per la verifica del rispetto degli standard promossa periodicamente dalle ASL e realizzata in collaborazione dei cittadini e delle loro organizzazioni.
RISULTATI dell’ANALISI e CONCLUSIONI
CONFRONTO TRA LE PRINCIPALI METODOLOGIE
I metodi di valutazione e di miglioramento della qualità, già applicati operativamente in alcune realtà isolate, tendono a svilupparsi secondo diverse variabili in riferimento a quanto precedentemente illustrato: diversità delle prospettive dei soggetti interessati, carattere multidimensionale della qualità, peculiarità delle aziende sanitarie ([15]).
Da un’analisi delle diverse metodologie, si evince che ciascuna di esse, dalla MCQ all’APQ, dalle norme ISO 9000 ai sistemi di qualità totale TQM etc., focalizza in misura prevalente l’attenzione su una dimensione ritenuta prioritaria, ma nessuna delle metodologie presenti in letteratura analizza la complessità globale e più generale del problema, individuando di conseguenza un insieme di variabili strategiche (di successo) che ottimizzino il processo di controllo e miglioramento della qualità in sanità. Del resto, come abbiamo ampiamente evidenziato nel presente contributo, come non può essere considerata univoca la misura della qualità, parimenti non può essere considerato univocamente definito il concetto stesso di qualità in sanità, soprattutto, in relazione alla valutazione delle qualità delle prestazioni sanitarie e delle cure erogate nei diversi regimi assistenziali previsti dal SSN.
Le metodologie appartenenti al gruppo MCQ e TQM considerano proritario l’accreditamento all’eccellenza, in quanto tendono ad implementare un sistema dinamico ed un conseguente miglioramento continuo della qualità, sia pure con metodologie e livelli in parte diversificati.
Una necessaria distinzione deve essere operata, a nostro giudizio, tra "accreditamento istituzionale" ed "accreditamento all’eccellenza", evidenziando innanzitutto che il primo è un adempimento obbligatorio fondato sulle norme vigenti (DPR 14 gennaio 1997) mentre, il secondo si basa su un procedimento volontario.
Le differenze tra i diversi possibili percorsi sono riportarti nella Tabella 1 e nella Tabella 2. L’accreditamento istituzionale si limita essenzialmente ad eliminare le strutture inaffidabili e non promuove necessariamente la qualità, come avviene invece nell’accreditamento volontario o di eccellenza. L’accreditamento all’eccellenza, a sua volta si differenzia dall’attività a carattere volontario nota come certificazione strettamente correlata alle norme ISO.
Se, infatti, l’accreditamento volontario è un’attività di valutazione professionale, sistemica e periodica, volta a garantire che la qualità dell’assistenza sia appropriata ed in continuo miglioramento, la certificazione è l’atto mediante il quale un ente terzo, indipendente, dichiara ad una struttura che la sua organizzazione (personale, attività, controlli, etc.) e i suoi prodotti, processi, servizi etc., sono conformi ad una data norma di riferimento. Nell’accreditamento all’eccellenza prevalgono i caratteri dell’autoregolazione, con la partecipazione attiva dei professionisti e delle istituzioni controllate. Nella certificazione prevale il controllo esterno ad opera di un organismo indipendente che certifica la conformità a determinati standard e costituisce la fase finale di un processo di riorganizzazione aziendale realizzato in conformità alle norme ISO. Tali norme sono incentrate sull’implementazione di un sistema qualità nel quale l’azienda assicura che un prodotto, processo, servizio etc. sia conforme agli obiettivi prefissati e agli scopi per cui deve essere impiegato.
In altre parole, il controllo del processo secondo le norme ISO 9000 consiste essenzialmente in:
– dire quello che si fa,
– fare quello che si è detto,
– dimostrare quello che si è fatto (audit interno ed audit esterno),
– pensare a come migliorarlo.
In ambito sanitario, l’applicazione della norma ISO 9000 presenta il vantaggio di offrire una garanzia di qualità del sistema aziendale nel suo complesso, costituendo una sorta di paradigma, in cui possono essere inglobati altri aspetti e altre metodologie scientifiche, come ad esempio il MCQ e il TQM.
Gli esperti del TQM ritengono che l’applicazione delle norme ISO sia compatibile ed addirittura propedeutica alla gestione manageriale della qualità realizzata nei sistemi di qualità totale. Ponendo a confronto le due diverse metodologie si evidenzia, a nostro avviso, che rispetto alla politica della leadership, nonché all’analisi dei processi e dei risultati, le norme ISO analizzino solo una parte dell’attività di valutazione e miglioramento, trascurando la soddisfazione dei dipendenti, la soddisfazione dei clienti e soprattutto l’impatto sociale, elementi che invece fanno parte e sono determinanti nel caso del TQM.
In sintesi potremmo dire che il MCQ – VRQ analizza essenzialmente i comportamenti professionali, secondo un’ottica orientata agli esiti; le norme ISO controllano gli aspetti organizzativi e manageriali; la TQM prende in esame le varie dimensione della qualità, con una prospettiva orientata al cliente; l’APQ rivolge l’attenzione al cittadino, di cui vuole rappresentare, forse forzatamente, il punto di vista.
Da queste indicazioni, sia pure molto sintetiche, si evidenzia che nessuna metodologia è di per sé esaustiva, pur notando tuttavia tra le varie metodologie tentativi di convergenza ed inglobamento dei vari sistemi di analisi.
Orientarsi in questo contesto in rapida evoluzione non è facile, ma attraverso la politica della gradualità e l’attenzione ai riferimenti normativi, con l’auspicio che questi ultimi siano universalmente condivisi, è possibile intraprendere il percorso della qualità aziendale, con la consapevolezza che in fondo migliorare il servizio vuol dire de facto raggiungere un solo obiettivo apparentemente banale: fare bene le cose giuste. Ma quello che potrebbe sembrare un’affermazione ovvia, comporta sul piano operativo una vera e propria sfida alla cultura imprenditoriale, all’organizzazione gestionale ed al patrimonio delle professionalità nel loro complesso.
Tabella 1: Differenza tra accreditamento istituzionale ed accreditamento all’eccellenza
|
Accreditamento istituzionale |
Accreditamento all’eccellenza |
Obiettivo |
Accesso al mercato |
Promozione alla qualità |
Opzione |
Obbligatoria |
Volontaria |
Ricaduta |
Economica |
Educativa e di immagine |
Qualità |
Minima |
Eccellente |
Gestione |
Istituzionale |
Ad opera di professionisti |
Modalità |
Ispezione |
Consulenza |
Contenuti |
Prevalentemente istituzionale |
Professionali |
Riferimenti |
Normativa |
Stato dell’arte ed evidenza scientifica |
Tabella 2 Differenza tra ISO 9000 e Total Quality Management
ISO 9000 |
TOTAL QUALITY MANAGEMENT |
Modello di assicurazione qualità |
Modello di eccellenza aziendale |
Prassi strutturate |
Efficacia della prassi |
Standard |
Strumenti di autovalutazione |
Certificazione |
Trasformazione aziendale e MCQ |
0 commenti