L’individuazione di specifiche categorie diagnostiche di disturbi d’ansia è abbastanza recente e perciò gli strumenti per la valutazione dell’ansia in generale sono in numero nettamente superiore rispetto a quelli per la valutazione degli specifici disturbi d’ansia. Una delle prime scale (forse la più antica) è la Manifest Anxiety Scale – MAS di Taylor (1951, 1953). Concepita originariamente per uno studio sulla valutazione di risposte condizionate, comprendeva, nella prima versione, 200 item dicotomi (vero/falso) derivati dal Minnesota Multiphasic Personality Inventory – MMPI; in seguito, attraverso successive elaborazioni, gli item sono stati ridotti, prima a 50, scegliendo quelli che correlavano maggiormente con il punteggio totale dell’ansia, e quindi a 20, in una versione ulteriormente ridotta. La scala, di autovalutazione, esplora l’ansia-tratto (come si sente, cioè, di solito in rapporto a ciò che ciascun item indaga) ed ha dimostrato una buona affidabilità e validità, ma una scarsa sensibilità nella valutazione del cambiamento. Secondo l’opinione di molti autori, la MAS coglierebbe più una generale tendenza dei soggetti a rispondere emotivamente piuttosto che l’ansia manifesta.
Un’altra scala che potremmo definire storica è l’Anxiety Scale Questionnaire – ASQ, messa a punto da Cattel e Scheier (1963) nell’ambito dell’Institute for Personality and Ability Testing – IPAT. Nella costruzione della MAS, la scelta degli item, dicotomi (vero/falso), fu fatta in base al loro contenuto, mentre in quella dell’ASQ fu fatta sulla base dell’analisi fattoriale. Anche per l’ASQ, i cui item sono a scelta multipla, viene richiesto al soggetto di indicare come generalmente si sente o si comporta e quindi, in definitiva, la valutazione è rivolta all’ansia-tratto. In effetti la MAS e l’ASQ hanno tra loro un’elevata correlazione al punto da essere considerate equivalenti. Sempre fra gli strumenti "storici" possiamo collocare anche il Morbid Anxiety Inventory – MAI di Salkind (1969), composto da una serie di form parallele (tra cui un questionario a scelta multipla), in passato ampiamente usato per lo screening dei pazienti ansiosi. Limitato è stato il suo impiego nella valutazione dell’effetto del trattamento. Abbiamo già accennato allo State-Trait Anxiety Inventory – STAI, che può essere considerato come il primo strumento in cui l’ansia-tratto e l’ansia-stato vengono valutate separatamente. La costruzione dello STAI iniziò nel 1964 ed inizialmente fu concepito come un unico strumento, la Form A, per misurare tanto l’ansia-tratto che l’ansia-stato cambiando semplicemente le istruzioni per la valutazione. Le difficoltà incontrate nella misurazione dei due tipi di ansia mediante un unico insieme di item, suggerirono l’opportunità di selezionare set separati di item che misurassero, uno l’ansia-tratto ed uno l’ansia-stato. Nacquero così le due sub-scale STAI T-Anxiety Scale (o Forma X-2) e STAI S-Anxiety Scale (o Forma X-1) per la valutazione, rispettivamente, dell’ansia-tratto e dell’ansia-stato. Le due sub-scale sono composte ciascuna da 20 item, di cui soltanto 5 raggiungono i criteri di validità per entrambe. Gli item sono valutati in base ad una scala a 4 punti (da 1 a 4) corrispondenti, per la "Forma X-1", a Per nulla, Un po’, Abbastanza e Moltissimo, e, per la "Forma X-2", a Quasi mai, Qualche volta, Spesso e Quasi sempre. Sulla base dell’esperienza raccolta in oltre 10 anni di applicazione, la Form X fu sottoposta ad una radicale revisione, nel corso della quale circa il 30% degli item venne sostituito; la revisione ha portato ad un miglioramento delle capacità psicometriche dello strumento (adesso denominato Forma Y) e ad una più netta distinzione dei due tipi di ansia (Spielberger, 1983). Lo strumento ha avuto una vastissima diffusione, è stato tradotto in oltre 40 lingue e dialetti ed è stato ampiamente usato per studi transculturali. Dello STAI esiste anche una versione per bambini, lo STAIC (Spielberger, 1973), che ha dimostrato di possedere soddisfacenti caratteristiche psicometriche.
La scala di valutazione dell’ansia più conosciuta e più ampiamente utilizzata, soprattutto nelle ricerche di psicofarmacologia clinica, è però la Hamilton Rating Scale for Anxiety – HRSA o HAM-A (Hamilton, 1959). La scala non ha finalità diagnostiche, ma serve solo a quantificare l’ansia nei pazienti già diagnosticati come sofferenti di disturbi ansiosi. Può essere considerata il prototipo delle scale costituite da categorie di sintomi: essa esplora, infatti, 14 categorie di sintomi, tra cui ansia, tensione, sintomi neurovegetativi, sintomi somatici e comportamento durante l’intervista. La valutazione richiede un’intervista libera ed è riferita, per la sintomatologia riportata dal paziente, alla settimana precedente ed è completata dall’osservazione del comportamento; l’enfasi maggiore è posta, comunque, su quanto riferito dal paziente. L’HAM-A, creata prima che l’ansia fosse considerata dagli studiosi come un fenomeno multidimensionale, è la scala più usata nello studio dell’ansia e delle sue modificazioni sotto trattamento e, anche se non è in grado di distinguere i diversi disturbi d’ansia specifici, si è dimostrata quella probabilmente più sensibile, capace di discriminare efficacemente gli effetti del trattamento nei pazienti ansiosi ed ha mostrato un elevato coefficiente di correlazione negli studi di inter-rater reliability. Fra le diverse critiche che sono state mosse a questa scala, una delle principali è che quasi tutti gli item raccolgono sotto una medesima denominazione elementi diversi (p.es., nella denominazione "sintomi gastrointestinali" entrano la difficoltà di deglutizione e la costipazione, la flatulenza e la perdita di peso, ed in quella di "sintomi genito-urinari" entrano la pollachiuria e l’impotenza, l’amenorrea e l’eiaculazione precoce, e così via): se un paziente presenta uno solo dei sintomi, anche al massimo grado di gravità, ma non gli altri, come deve essere valutato l’item? Nella valutazione del trattamento, inoltre, è difficile stabilire l’impatto del trattamento stesso sui diversi sintomi che compongono ciascun item e, con la crescente specificità dei farmaci che vengono oggi proposti, distinguere gli effetti sui singoli sintomi è sempre più importante. Un altro limite che viene imputato all’HAM-A è il fatto di contenere anche sintomi di più specifica pertinenza della sfera depressiva e questo renderebbe più difficile, talvolta, distinguere gli effetti del trattamento sui due ambiti psicopatologici. L’area di sovrapposizione fra ansia e depressione è comunque tale da indurre diversi Autori a proporre RS che esplorano entrambe le condizioni (cosa che, del resto fa anche la HAM-D che è, come abbiamo più volte sottolineato, il prototipo delle scale di valutazione per la depressione). Sul versante dell’autovalutazione, la Self-rating Anxiety State – SAS di Zung (1971) può essere considerata l’equivalente di ciò che è l’HAM-A per le scale di eterovalutazione. La SAS è composta da 20 item; il paziente deve valutare, su di una scala da 1 a 4, la frequenza con cui i sintomi descritti negli item si manifestano ("raramente", "qualche volta", "spesso", "quasi sempre"); per 5 item (nº 5, 9, 13, 17 e 19), che esplorano il benessere, il punteggio è opposto rispetto agli atri 15 che esplorano la sintomatologia ansiosa. Quest’accorgimento, secondo l’Autore, consente di ridurre il rischio che il paziente dia meccanicamente lo stesso punteggio a tutti gli item; c’è però il rischio, sottolineato da Sheehan ed Harnett-Sheehan (1990), che alcuni pazienti, per problemi culturali, o per effetto dello stato ansioso, o per abitudine (tendenza a rispondere allo stesso modo a tutti gli item), non prestino sufficiente attenzione a questo dettaglio o non lo comprendano, ed anche questo può essere causa di errore, il che riduce la validità della scala. Come la SDS, messa a punto dallo stesso Autore per l’autovalutazione della depressione, aveva un suo corrispettivo di eterovalutazione nel DSI, così anche la SAS ha un corrispettivo di eterovalutazione nell’Anxiety Status Inventory – ASI, anch’essa composta da 20 item di cui il clinico deve valutare la gravità su di una scala a 4 punti (da 1 = assente a 4 = grave). Interessante è il Cognitive-Somatic Anxiety Questionnaire – CSAQ (Schwartz et al., 1978) che indaga separatamente le componenti cognitive e somatiche dell’ansia. Il CSAQ, che si basa sull'assunto che esistano due tipi di ansia, una cognitiva ed una somatica, è composto da 14 item, per metà cognitivi e per metà somatici, presentati in ordine casuale, ai quali il soggetto deve rispondere, su di una scala da 1 a 5, in che misura egli sperimenta generalmente i sintomi in essi descritti. La scala fornisce separatamente, oltre al totale generale, i totali delle due componenti, che possono guidare nella scelta del trattamento. Sulla linea della CSQA è il Somatic, Cognitive, Behavioral Anxiety Inventory – SCBAI, una scala di autovalutazione che Lehrer e Woolfolk (1982) hanno messo a punto per valutare quelle che loro considerano le componenti principali dell’ansia e che sono, non solo quella somatica e quella cognitiva come per Schwartz e collaboratori, ma anche quella com- portamentale. Gli Autori, partendo dai risultati di ricerche precedenti, che mostravano come queste tre componenti dell’ansia potevano non essere altamente correlate tra loro, isolarono 112 sintomi che, attraverso una serie di ricerche, furono ridotti agli attuali 36, selezionati in maniera tale che ciascuno di essi avesse un peso di almeno .50 nel fattore di appartenenza. Gli item sono valutati su di una scala a 9 punti (da 0 = mai a 8 = estremamente frequente); date le caratteristiche della scala, sono più importanti i punteggi delle 3 subscale (che sono composte ciascuna da un numero diverso di item: 16 la somatica, 9 la comportamentale e 11 la cognitiva). Buone si sono dimostrate le caratteristiche psicometriche dello strumento. Anche la Covi Anxiety Rating Scale – CARS (Covi e Lipman, 1984) si colloca, tutto sommato, sulla linea delle due precedenti; è una scala estremamente semplice, composta da tre soli item che valutano, con un punteggio che va da 0 a 5, ciò che riferisce verbalmente il paziente (come le paure, la sensazione di tremore interno, di nervosismo, eccetera), il comportamento obiettivo (come il sobbalzare, il mostrare un atteggiamento di apprensione o di paura, eccetera) ed i sintomi somatici dell’ansia (come palpitazioni, sudorazione, vampate di calore, arrossire, polipnea, eccetera). Data la larga area di sovrapposizione tra ansia e depressione, la CARS è generalmente usata assieme alla Raskin Depression Rating Scale – RDRS per lo screening dei pazienti ansiosi rispetto a quelli depressi. Snaith e collaboratori (1982) hanno messo a punto, a partire dall’HAM-A, la Clinical Anxiety Scale – CAS, che valuta sei dimensioni dell’ansia (Tensione psichica, Capacità di rilassarsi, Sobbalzare, Preoccupazione, Apprensione, Irrequietezza) su di una scala a 5 punti (da 0 a 4) e che appare adatta per la valutazione dell’ansia generalizzata. Della scala fa parte anche un settimo item, relativo agli attacchi di panico, che deve essere valutato soltanto se necessario e che comunque non entra a far parte del punteggio totale. Particolarmente interessanti sono la Sheehan Patient Rated Anxiety Scale – SPRAS e la Sheehan Clinician Rated Anxiety Scale – SCRAS (Sheehan, 1983), due versioni, di auto e di eterosomministrazione, della stessa scala. L’impiego congiunto delle due versioni consente di cogliere le eventuali differenze di valutazione degli stessi sintomi da parte del paziente e dello psichiatra. Entrambe le scale sono composte da 35 item che esplorano i sintomi soggettivi di ansia che possono presentarsi spontaneamente, durante un attacco di panico o come conseguenza di esso. Il tempo di riferimento è per entrambe le scale la settimana precedente. La SPRAS contiene una seconda parte, composta da 11 item, che indaga i sintomi di ansia che si manifestano in risposta ad un pericolo, ad uno stress o ad uno stimolo fobico; secondo l’Autore, i 35 sintomi della prima parte sono generalmente associati a disturbi d’ansia patologici, mentre gli 11 della seconda parte della SPRAS rientrano, più probabilmente, nell’ambito della risposta fisiologica allo stress. Nella valutazione della SCRAS, scritta in termini medici, lo psichiatra deve tener conto della frequenza dei sintomi, della loro gravità media e di come si sono presentati l’ultima volta, facendo riferimento alla settimana precedente. Nella forma di autovalutazione (SPRAS) è stato impiegato un linguaggio non tecnico, più comprensibile al profano, ed il paziente è invitato a dire in che misura ha sofferto dei disturbi descritti nei singoli item. Punteggi superiori a 30 sono considerati patologici e superiori a 80, gravi; in condizioni normali il punteggio non dovrebbe superare i 10 punti.
Dobbiamo ricordare anche il Beck Anxiety Inventory – BAI (Beck et al., 1988), una scala di autovalutazione per l’ansia in generale composta da 21 item che indagano in che misura il paziente è stato disturbato, nell’ultima settimana, dai sintomi tipici dell’ansia (nervosismo, incapacità a rilassarsi, palpitazioni, senso di svenimento, eccetera). Gli item sono valutati su una scala a 4 punti (0 = per niente – 3 = gravemente): punteggi 9 indicano assenza di ansia, fra 10 e 18 ansia lieve/moderata, da 19 e 29 ansia moderato/grave e 39 ansia grave. Generalmente non occorrono più di 5 minuti per compilarla. La BAI è una scala affidabile e ben validata per la valutazione dei sintomi ansiosi (soprattutto somatici) che caratterizzano i disturbi d’ansia (ma anche quelli depressivi) e del loro cambiamento in corso di terapia. Il BAI non indaga la preoccupazione ed altri sintomi dell’ansia generalizzata e non è adatta, perciò, a valutare questo disturbo; la scala non discrimina, inoltre, fra i diversi disturbi d’ansia e tra i disturbi d’ansia e la depressione ansiosa. La BAI è una scala affidabile e ben validata. Possiamo citare ancora la Wang Anxiety Scale – WAS (Wang et al., 1976), una scala di 12 item studiata per eliminare (o quanto meno ridurre) l’influenza degli effetti indesiderati, conseguenti al trattamento con ansiolitici, dalla quantificazione della sintomatologia ansiosa. Piuttosto recente è la Clinical Anxiety Scale – CAS di Thyer (Hudson, 1992), una scala di autovalutazione di 25 item che ha come obiettivo la misurazione della quantità, del grado o della gravità dell’ansia. La CAS, che è particolarmente adatta alla valutazione dell’ansia generalizzata nella pratica clinica, è formulata con un linguaggio semplice, è di facile somministrazione ed interpretazione, e gli item che la compongono riflettono i criteri per i disturbi d’ansia del DSM-III-R. Sette item (1, 6, 7, 9, 13, 15 e 16) valutano il benessere ed hanno perciò un punteggio diametralmente opposto a quello degli altri 18, punteggio che è articolato su di una scala a 5 punti (da 1 a 5, dove 1 corrisponde a "raramente o mai" e 5 a "la maggior parte o tutto il tempo"). La CAS ha mostrato un’eccellente consistenza interna ed una buona stabilità al test-retest; si è dimostrata inoltre capace di discriminare fra pazienti ansiosi e non pazienti (un punteggio di 30 è considerato discriminante). Già prima di questa scala, il Symptom Questionnaire – SQ di Kellner (1987) aveva preso in considerazione, non soltanto i sintomi ansiosi, ma anche il benessere; questa scala, impiegata nella valutazione degli effetti del trattamento, si era dimostrata valida, sensibile e capace di distinguere il farmaco attivo dal placebo. Il SQ può essere considerato un’evoluzione del Symptom Rating Test – SRT, uno strumento messo a punto da Kellner e Sheffield nel 1973 per la valutazione dell’ansia e della depressione ed oggetto di numerose revisioni.