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Il Centro Socrate

3 Dic 12

Di FRANCESCO BOLLORINO

 

R. Bosi, N. Bussolati, R. Cervi, S. Zelioli, B. Prampolini, F. Poziello (REGGIO EMILIA).

 

1.Il Centro Socrate: dal Centro Diurno al Centro polifunzionale.

 

La struttura è sorta nel 1993 dopo un lungo lavoro di elaborazione e di progettazione in seno al SERT di Reggio Emilia e di confronto con esperienze straniere (in particolare con l'esperienza del prof. Philippe Jeammet di Parigi) e grazie ad una collaborazione attivata col Comune di Reggio Emilia.

Il progetto venne presentato anche al Ministero Affari Sociali per la richiesta di finanziamenti (che ottenne) dal Fondo Nazionale di Lotta alla Droga, per la ristrutturazione dell'immobile di proprietà del Comune di Reggio Emilia, per l'acquisto di parte delle attrezzature e per la copertura parziale delle spese per l'effettuazione degli ateliers.

Il progetto si è caratterizzato, nei primi anni di attività, come Centro Diurno "Socrate" creato per effettuare trattamenti integrati psico-educativi, in assetto semiresidenziale, rivolti ad adolescenti e giovani adulti di età compresa tra i 16 e i 26 anni, con condotte e disturbi correlati all'uso di sostanze stupefacenti e con disturbi dell'alimentazione. Nasceva, in particolare, per l'esigenza di presidi e di politiche innovative di intervento nel campo dell'Adolescenza.

I trattamenti effettuati presso il Centro Diurno sono stati solitamente di durata compresa tra i 18 e i 24 mesi, cadenzati nelle fasi di inserimento, terapia/orientamento nelle diverse attività, reinserimento.

L'accesso al Centro è avvenuto, fino ad oggi, successivamente alla valutazione effettuata in Area Osservazione e Diagnosi del SERT di Reggio Emilia e dal Consultorio giovani "Open G", secondo un protocollo concordato.

La capacità ricettiva è stata fissata in 10 posti, mentre l'apertura è stata mediamente di 8 ore al giorno, dalle ore 9 alle 17, dal lunedì al venerdì; il centro effettuò, nel periodo iniziale, anche una chiusura estiva nei mesi di luglio ed agosto.

L'attività è sempre stata caratterizzata da due principali momenti:

– Formativo-espressivo (in gruppi e/o sottogruppi) che prevede ateliers di espressione corporea, danza terapeutica, rilassamento, animazione teatrale, espressività creativa, cultura, audiovisivi, musicoterapia.

– Educativo-terapeutico (in individuale e in piccolo gruppo) con l'utilizzazione della psicomotricità, psicoterapia di gruppo, gruppi terapeutici coi genitori, terapia familiare (in casi mirati);

Nella struttura hanno operato Educatori Professionali, Psicologi Medici, Atelieristi-Maestri d'arte. Attualmente sono presenti 2 Educatori Professionali a tempo pieno e 2 Educatori Professionali a tempo parziale (per un totale di 36 ore la settimana), affiancati da 1 Psicologo per 5 ore la settimana e da 1 Medico con formazione psicoterapeutica sistemico-relazionale, responsabile della struttura, per 7 ore la settimana. Questi operatori intervengono nella gestione delle attività quotidiane e di quelle più strettamente terapeutiche. Insieme a loro lavorano i conduttori dei 7 ateliers, che svolgono cicli tematici mirati ed individuati insieme all'equipe del Centro, per un totale di circa 900 ore di lavoro all'anno.

Per una descrizione più dettagliata del Centro Diurno si rimanda alle relazioni allegate, prodotte nell'agosto e nel settembre 1996 .

 

A partire dal 1996 si è valutata la possibilità di utilizzare in modo polifunzionale la struttura e così, dopo qualche mese dedicato alla riorganizzazione, il Centro Diurno "Socrate" ha iniziato un percorso di sviluppo che attualmente lo ha portato ad identificarsi come "Centro Socrate", deputato al trattamento di pazienti che, per casistica, livello di motivazione e tipo di problematiche, si differenzia in modo consistente dall'utenza che tradizionalmente afferisce ai Servizi per le Tossicodipendenze.

Sono stati identificati precisi spazi e percorsi all'interno della struttura, ben distinti dagli spazi dedicati al Centro Diurno. Questo ha permesso di dare inizio ad attività di consultazione ambulatoriale, rivolte a giovani consumatori di psicostimolanti, ai loro familiari e a membri del loro più vasto entourage, oltre che a giovani con problemi di alcoldipendenza. Una presentazione più approfondita delle diverse risorse e percorsi terapeutici si può trovare nel documento "Il Progetto Nuove Droghe (PND) del SERT di Reggio Emilia".

Si è dato avvio anche al "Progetto Prevenzione Ricadute", rivolto a persone con auto-percezione di rischio di ricaduta nell'uso di eroina, di alcool o di altri tipi di sostanze dopo un lungo periodo di tempo "drug-free". Questi pazienti, che avevano precedentemente concluso positivamente un progetto terapeutico strutturato, hanno accesso ad attività ambulatoriali di consultazione ed a terapie brevi, focalizzate su specifici problemi. Il Centro Socrate è anche sede di attività di formazione rivolta sia all'interno dell'Azienda USL che al mondo del Privato-Sociale e del Volontariato.

 

In sintesi il Centro Socrate viene utilizzato come struttura polifunzionale, in cui sono gestiti 4 progetti specifici di trattamento per gli adolescenti e i giovani adulti con condotte di dipendenza (il Centro Diurno, il Progetto Nuove Droghe, il Progetto Alcoldipendenza e il Progetto Prevenzione Ricadute), insieme ad attività di formazione.

 

Oggi il Centro Diurno mantiene ed ha sviluppato le caratteristiche prima descritte offrendo percorsi terapeutici mirati sull'individuo e, perciò, differenziati. In un contesto accogliente, creativo e contenitivo, la persona coinvolta in attività psico-educative individuali, gruppali ed ateliers espressivi, viene stimolata ad esplorarsi e conoscersi, fino a scoprire un proprio spazio mentale e mettere in atto strategie alternative che possano facilitare il suo stare con l'altro ed alleviare il proprio malessere.

È fondamentale il ruolo svolto dai genitori, che vengono coinvolti a partecipare ad un programma terapeutico progettato e realizzato specificamente per loro. Essi si avvalgono del sostegno offerto dal Centro, non solo per portare le loro difficoltà e i loro problemi legati alla relazione coi figli, ma anche per rivelare nuove risorse nella gestione della vita familiare e di coppia. In questo modo risulta evidente il duplice ruolo che i genitori hanno durante la realizzazione del progetto terapeutico: essi sono sia pazienti che alleati dell'equipe terapeutica; si può affermare che siano co-terapeuti .

La dimensione della quotidianità permette alle persone accolte nel Centro di sperimentarsi all'interno di un contenitore protettivo che potrà aiutarle a capire, gestire, valorizzare quanto accade e ad orientarsi nel proprio percorso di cambiamento. In tal modo la ricerca di una differente visione del mondo e di un nuovo modo di "essere nel mondo", non rimane un'ipotesi astratta o un fatto privato, ma diviene una sperimentazione reale che si sviluppa col concorso determinante degli altri.

Il ritmo di lavoro è concepito in funzione dei bisogni e delle esigenze personali dei pazienti. Questo luogo accogliente è sensibile ai "segnali" che mandano le persone e, al tempo stesso , è contenitivo e fermo, con regole chiare e definite, che consentono agli ospiti di trovare un loro spazio mentale. Si stimola in ogni singolo una volontà interna di mobilizzazione emotiva e si offre a tutti la possibilità di esprimere una propria creazione, di facilitare una scoperta che partendo dal proprio mondo interno possa fare individuare nuove risorse e strategie da attivare per il cambiamento. L'obiettivo che si persegue è la mobilizzazione degli investimenti bloccati per offrire la possibilità di trovare un modo alternativo di vedere e di stare nel mondo.

Gli strumenti disponibili sono le attività proposte che, pur essendo utilizzate in una dimensione di piccolo gruppo, sono molto attente e mirate al singolo paziente.

Il percorso inizia con la diagnosi e la definizione di un progetto terapeutico, fino ad oggi effettuati dal gruppo di lavoro "Osservazione e Diagnosi" del SERT. Per i pazienti con disturbo del comportamento alimentare sarà cura dell'equipe del "Punto unico di accesso" inquadrare i pazienti dal punto di vista diagnostico e individuare i principali obiettivi di lavoro e le eventuali verifiche in corso di trattamento. Dopo questo momento seguirà l'invio all'equipe del Centro diurno per l'inizio del progetto terapeutico.

La programmazione e la gestione della struttura è orientata a fare in modo di integrare e coordinare le differenti attività per mantenere coerenti e in unità gli interessi e gli impegni individuali, centrando il lavoro intorno all'idea della "cura" di sé e dell'ambiente in cui si vive. La riunione dell'équipe degli operatori e i gruppi di lavoro, sono i momenti privilegiati in cui si costruisce questa "sintesi".

È essenziale produrre tanti microprogetti, al fine di rispettare l'individualità delle persone che saranno accompagnate lungo il cammino di crescita: microprogetti, connessi tra loro, danno origine alla complessità ed alla totalità del lavoro del Centro diurno.

Gli operatori puntano essenzialmente a far "crescere" i giovani ospiti, favorendo la risoluzione dei conflitti che si oppongono al loro sviluppo, aiutandoli a sperimentare la loro creatività, utilizzando e favorendo l'interazione quotidiana espressa in gruppo durante i diversi momenti strutturati.

I laboratori-ateliers assumono, oltre che la valenza pedagogico-culturale, anche quella terapeutica e consentono di scaricare aggressività e tutelare i pazienti che ne usufruiscono.

 

L'idea centrale del lavoro clinico al Centro diurno è di utilizzare la modalità di espressione dell'agito in modo costruttivo anziché distruttivo. (6.9)

 

2. Adolescenti in difficoltà: le nuove dipendenze.

 

Per lavorare alla costruzione di una clinica dell'adolescenza occorre considerare gli adolescenti come persone portatrici di sofferenze che esprimono con condotte a volte difficilmente avvicinabili concettualmente eppure così vicine dal punto di vista pragmatico-esperienziale.

Può sembrare rischioso o preoccupante pensare alle affinità, ai legami che le condotte di dipendenza da sostanze hanno o possono avere coi disturbi del comportamento alimentare.

Il lavoro e la riflessione teorica dei più importanti clinici e studiosi francesi dell'adolescenza, da Jeammet a Bergeret, va in questa direzione. Philippe Jeammet, a proposito di "Addiction, dipendenza, adolescenza: riflessioni sui loro legami e conseguenze sui nostri atteggiamenti terapeutici" (6.10) afferma che "l'associazione di questi tre termini, sebbene sia così seduttiva, pone allo stesso tempo una certa quantità di problemi. È lecito considerare in modo unitario questi termini? Non è scegliere una soluzione facile, parlare in un modo così generale delle condotte di dipendenza in adolescenza, raggruppandole sotto la stessa categoria di patologie così diverse come la tossicomania, l'anoressia nervosa, le bulimie o l'alcolismo per citare solo le più evidenti? Questo approccio e la sua utilità pratica hanno una loro pertinenza teorica, che si vuole difendere. L'intento non è cancellare le differenze tra questi diversi tipi di condotte, volendo rendere l'anoressia mentale o l'alcolismo una semplice variante della tossicomania e valorizzando analogie superficiali, a svantaggio di ciò che le differenzia.

Occorre rendere conto di una certa comunione di destini degli adolescenti che si danno a questi comportamenti. Situiamo questa comunione di destini essenzialmente a tre livelli: 1. la relazione di dipendenza che l'adolescente consolida col suo comportamento; 2. l'effetto di imbrigliamento progressivo degli investimenti, sviluppato da questo comportamento a svantaggio, in particolare, degli investimenti relazionali; 3. l'auto-rinforzo di queste condotte.

Le conseguenze sono che gli adolescenti si chiudono su sé stessi, spezzano le loro fonti di interessi, restringendone progressivamente il campo, sviluppano delle condotte di auto-sabotaggio delle loro potenzialità e di rifiuto di tutto ciò che può riguardare i temi dell'interiorizzazione."

 

È a partire dalla vasta e profonda esperienza di Jeammet che occorre riconsiderare il lavoro con gli adolescenti che presentano disturbi correlati a condotte di dipendenza. Occorre valutare l'opportunità di offrire loro e ai loro genitori, un luogo terapeutico comune, ma con percorsi terapeutici differenziati, all'interno di programmi/progetti realizzati in piccoli gruppi.

 

3. Centro diurno e Disturbi del Comportamento Alimentare.

 

Nella storia del Centro diurno è stata realizzata, soprattutto nei primi anni di attività, un'esperienza di lavoro con ragazze che presentavano disturbi del comportamento alimentare. Se ne può leggere una breve rassegna nel paragrafo successivo. L'esperienza, purtroppo, non ha potuto avere una sua continuità a causa dei numerosi cambiamenti che si sono verificati negli anni 1995-96 legati alla instabilità del personale operante nella struttura ed all'impossibilità di mantenere solidi e fruttuosi collegamenti con i Servizi invianti, in particolare l'Open G.

 

L'esperienza ha comunque avuto un consistente valore clinico-sperimentale, sul versante delle adolescenti portatrici di disturbo alimentare e dei loro genitori, che è stato raccolto, analizzato ed utilizzato per la stesura di questo progetto.

 

Uno studio della letteratura nazionale ed internazionale ci ha permesso, inoltre, di mettere a fuoco i riferimenti teorici e di evidenziare come siano collegati, pur essendo ben distinti, i DCA e i disturbi da uso di sostanze. (6.1- 6.7)

 

Le stesse linee guida del Ministero della Sanità (6.11) sono state un prezioso riferimento e vengono perciò riprese e commentate sugli aspetti che seguono, permettendoci di chiarire ulteriormente le potenzialità presenti al Centro diurno:

1. "L'adolescenza – vi si legge – esige un complesso percorso di separazione/disidentificazione/identificazione rispetto alle figure parentali. Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa sono legate a blocchi di questo processo."

Da qui l'importanza dell'esperienza di lavoro coi gruppi terapeutici ed educativi che vengono tenuti al Centro diurno sia coi ragazzi che, separatamente e parallelamente, coi loro genitori.

 

2. "Nucleo del vissuto delle pazienti è la paura di perdere il controllo e la stima di sè. La reazione è una concentrazione sul corpo, sul peso e sulla dieta come campo privilegiato nel quale recuperare un sentimento di dominio e di valore."

Le attività atelieristiche in piccolo gruppo e il gruppo terapeutico tendono a migliorare la percezione del proprio valore, ad aumentare i livelli di autostima nel confronto con gli altri (ragazzi-pazienti ed adulti-terapeuti), a ricercare nuove modalità di controllo e di espressione dei propri vissuti ed emozioni, senza il vincolo o l'invischiamento con la relazione parentale, e nuove modalità di ascolto e di rapporto col proprio corpo.

 

3. "Per quanto riguarda la terapia deve essere concepita in termini interdisciplinari e integrati, coinvolgendo figure professionali quali: psichiatri, psicanalisti, psicoterapeuti, nutrizionisti, internisti, privilegiando senza mai escludere il versante somatico o quello psichico a seconda delle fasi della malattia. […] La presa in carico di questo tipo di pazienti (AN) richiede una lettura globale che tenga conto, nello stesso momento, degli aspetti organici, metabolico-nutrizionali, endocrini e di quelli più specificamente intrapsichici-relazionali e socioculturali. In particolare c'è da considerare che la giovane età delle pazienti fa sì che siano concretamente dipendenti dai genitori e dalla famiglia e non si può pertanto non tenere conto, nell'intervento diagnostico e terapeutico, anche dei movimenti emotivi e comportamentali della famiglia."

L'esperienza maturata nei primi 5 anni di vita del Centro diurno è stata caratterizzata dalla interdisciplinarietà, dalla integrazione degli interventi attuati dalle diverse figure professionali, mirati sia ai giovani pazienti che ai loro genitori. La partecipazione al Sistema DCA aziendale ci permetterà di estendere la collaborazione a nuove figure professionali e di arricchire gli interventi integrati, attuati anche in sedi diversificate.

 

4. "Un capitolo importante e spesso trascurato, anche per mancanza di strutture specialistiche adeguate, è il trattamento residenziale e semiresidenziale (ospedale diurno) a medio termine (da un mese a un anno) dei casi gravi e resistenti. In questi interventi la rieducazione alimentare è obiettivo centrale, associata ad un trattamento psicoterapeutico sistematico da proseguire dopo la dimissione, ambulatoriamente. Sono utilizzate varie tecniche, individuali, familiari e di gruppo, da sole e associate fra loro."

La descrizione della casistica, nel paragrafo che segue, potrà in modo concreto esemplificare come si lavora coi progetti semiresidenziali presso il Centro diurno. Si dovrà certamente attivare un programma di assistenza alla preparazione dei cibi e del momento del pasto (il pasto assistito) con la diretta partecipazione della Dietista, in stretto rapporto con gli Educatori del Centro.

 

5. "A volte la paziente non accetta quanto le viene proposto [..}. Invece di entrare in una improduttiva conflittualità, se ne accetta inizialmente la sua volontà e si inverte la sequenza degli esami; è all'interno dell'incontro diagnostico familiare che si lavorerà per attivare nella paziente un interesse a completare tutti gli esami. Qualora invece la paziente rifiuti la valutazione psicologica, si dà in ogni caso inizio agli esami nel tentativo di rafforzare l'accordo terapeutico."

Centrale, nella nostra esperienza, è la definizione e il raggiungimento dell'accordo terapeutico tra il paziente, i suoi familiari e il terapeuta, affinché il sistema terapeutico possa funzionare. Molte sono le situazioni incontrate che hanno reso necessario un lungo e paziente lavoro sulla motivazione al cambiamento, sulle resistenze messe in atto e le paure legate alla definizione dell'accordo terapeutico. Da queste osservazioni si sono sviluppate le riflessioni teoriche sul pseudoaccordo, sull'approccio motivazionale al cambiamento e sulle attività propedeutiche e preliminari all'ingaggio terapeutico. L'esperienza sviluppata in questo campo nei SERT è enorme e può essere efficacemente utilizzata. Le abilità e le competenze relazionali maturate nella clinica delle dipendenze, tese a facilitare l'adesione del paziente al trattamento, ma anche sufficientemente flessibili per sostenere le ambivalenze del paziente ed affrontare le sue ricadute, realizzano un know-how terapeutico-strategico decisamente buono. L'isomorfismo dei modelli interpretativi (bio-psico-sociale), le medesime strategie relazionali messe in atto da pazienti di entrambe la patologie (DCA, disturbi da uso di sostanze), le caratteristiche cliniche in molti casi sovrapponibili, consentono di ipotizzare l'efficacia di approcci e strategie terapeutiche multimodali, caratteristiche della clinica delle dipendenze, nell'ambito dei DCA. (6.8)

 

6."Le modalità attraverso cui le singole terapie si possono combinare ed articolare tra loro, sono da adattare in modo flessibile alle caratteristiche specifiche dei singoli casi. Questa variabilità rispetto alle diverse configurazioni psicopatologiche, rende estremamente complessa una standardizzazione dell'intervento terapeutico."

La valutazione multiassiale, la definizione e l'effettuazione di programmi terapeutici personalizzati, con obiettivi specifici, per i pazienti con disturbo da uso di sostanze in trattamento al Centro diurno, potrebbero essere effettuate anche per i/le pazienti con DCA. Occorrerà definire e precisare, perciò, le modalità di effettuazione della valutazione e della programmazione degli interventi terapeutici all'interno del percorso di accesso al Sistema DCA aziendale.

 

7. Nel documento ministeriale vengono, infine, date indicazioni pratiche per l'organizzazione di una unità per la cura dei DCA, fornendo una ipotesi di organico da utilizzare. È evidente la grande sproporzione esistente tra le risorse indicate e quelle realmente messe in campo. Si rende perciò necessario uno stretto monitoraggio dell'efficacia ed efficienza nel tempo dell'esperienza, valutando sia i risultati che le risorse impiegate.

 

 

Dalla esperienza realizzata sono emerse altre importanti osservazioni, specifiche per le ragazze con DCA:

 

1. Si è visto che gli ateliers dedicati al massaggio corporeo ed alla cura estetica (parrucchiera-estetista), sono risultati più idonei per le persone con disturbi alimentari, rispetto alle persone con disturbi da uso di sostanze, per un maggiore bisogno di conferme positive dagli adulti (terapeuti) rispetto ai cambiamenti corporei ed alla percezione di sé.

2. Gli operatori del Centro diurno si sono attivati affinché in dispensa fossero presenti alimenti adeguati. Le ragazze venivano aiutate a preparare il loro pranzo e durante la sua consumazione l'educatore sedeva vicino alle pazienti, per contenere, sostenere, controllare e stimolare la curiosità di assaporare alimenti nuovi.

3. Si è valutato e scelto di lavorare presso il Centro diurno con pazienti di area nevrotica o borderline, escludendo la possibilità di accogliere pazienti psicotici.

 

4. DCA: Analisi di una casistica trattata presso il Centro Diurno dal marzo 1993 al maggio 1995. Follow-up effettuato nel giugno 1998.

 

1. Susanna, 1973.

Diagnosi: disturbo alimentare.

Susanna entra al Centro diurno nel marzo del 1993 all'età di 20 anni. È inviata dal Consultorio Giovani di Reggio Emilia, che rimane il suo riferimento esterno, durante il trattamento presso il Centro. Susanna fa un programma di 6 mesi e viene dimessa nel mese settembre.

Durante la sua permanenza, attraverso il confronto e lo sforzo del gruppo educativo e degli altri pazienti, riesce a controllare il sintomo: segue una dieta preparata dall'internista del SERT e non vomita.

Gli ateliers, soprattutto quelli di teatro e di attività espressiva corporea, le permettono di ricontattare il suo corpo, le sensazioni e le emozioni che le procura.

La data di dimissione coincide con l'inizio di una attività lavorativa stabile e coerente con le sue aspettative. Susanna continua ad essere seguita a livello ambulatoriale per un monitoraggio del controllo del sintomo che, attualmente, è in parte compensato. Susanna riesce ad andare al ristorante con gli amici e frequenta le mense aziendali. Usufruisce di consulenze occasionali di sostegno, 1-2 volte l'anno.

 

 

2. Valeria, 1974.

 

Diagnosi : bulimia nervosa.

Valeria fin dalla prima adolescenza ha vissuto un forte disagio familiare. Venne segnalata al Consultorio Giovani di Reggio Emilia dal Telefono Azzurro nel 1990. Nel 1991 il padre si presenta spontaneamente all'Open G chiedendo un aiuto per la figlia che, da circa un anno, è chiusa in camera e comunica con l'esterno solamente attraverso la richiesta di abbondanti quantità di cibo. Nel 1993 una terapeuta del Consultorio Giovani invia la paziente al Centro diurno.

Valeria ha pochissime competenze relazionali e pratiche rispetto alla gestione della vita quotidiana. Per comunicare utilizza il sintomo, facendo abbuffate e ingerendo i cibi anche in modo e in sequenze disgustose.

Al Centro diurno il confronto con adulti significativi (i terapeuti) e i coetanei (gli altri ragazzi presenti) le consentono di lavorare per l'accettazione e la comprensione di ciò che stava vivendo e di finalizzate sia alla crescita di una fiducia negli altri e in sé stessa che al controllo del sintomo "abbuffata".

Nell'ottobre 1993 interrompe il programma, mantenendo sempre i contatti con gli educatori e il terapeuta di riferimento all'Open G. Riprende il programma al Centro diurno pochi mesi dopo, nel febbraio del 1994, accettando l'aiuto dell'internista del SERT che le predispone una dieta personalizzata e le offre un counselling alimentare. Questo intervento permette a Valeria di dare continuità al percorso terapeutico iniziato, di ritrovare un ambito di appartenenza significativo e di trarre giovamento dalle relazioni con le persone al Centro diurno.

Durante la terapia di Valeria i genitori, che partecipavano settimanalmente ad un gruppo mantenendo anche uno stretto contatto telefonico con gli educatori, si separano. La ragazza inizia a progettare la ripresa degli studi e la possibilità di andare a vivere da sola. Sceglie di rimanere a vivere col padre. Il suo rapporto coi genitori diviene meno conflittuale. Nel maggio 1995 si decidono le sue dimissioni dal Centro.

Valeria trova un impiego in una azienda che assembla materiali e va a vivere da sola in un appartamento nei pressi dell'abitazione della madre. Mantiene con gli educatori del Centro un rapporto stabile che permette di accogliere le sue richieste di aiuto più mature e di indirizzarla al servizio di Psicologia Clinica, dove inizia un trattamento, oggi ancora in corso.

Nel 1996 si iscrive ad una scuola secondaria ed inizia ad intrattenere amicizie stabili.

Negli ateliers, nonostante le grandi difficoltà espresse, ha avuto modo di riappropriarsi del piacere del corpo in movimento, tanto da riuscire a partecipare attivamente ad una coreografia di danza. L'atelier di arti figurative è stato utilizzato in funzione del controllo del sintomo: quando sentiva l'approssimarsi di un attacco bulimico, dipingeva intere pareti.

L'esito della terapia è stato positivo.

 

3. Roberta , 1969.

 

Inviata dal SIMAP di Correggio nel giugno 1993 con diagnosi di "Psicosi compensata associata a disturbi alimentari a prevalente impronta bulimica."

L'esperienza al CD è servita a Roberta per contenere in qualche momento il sintomo bulimico, soprattutto con l'aiuto del gruppo e della terapia farmacologica neurolettica praticata e controllata presso il SIMAP. Attraverso la dieta e i controlli dietologici effettuati dall'internista del SERT per un periodo di circa 3 mesi si è riusciti ad aumentare il suo peso corporeo di 3-4 Kg. Negli ateliers Roberta richiedeva molto contenimento perché tendeva a sovraeccitarsi e a trasferire l'esperienza di lavoro in una dimensione irreale e quasi delirante. Gli operatori del CD hanno mantenuto un costante contatto con gli invianti per la valutazione clinica e la definizione degli obiettivi di lavoro nel breve periodo.

Nel marzo 1994 il terapeuta esterno lascia il lavoro per il pensionamento e la paziente si scompensa e necessita di un ricovero presso una Clinica privata per circa 2 mesi. Successivamente, al momento della dimissione ha ripreso i contatti col SIMAP e interrotto il trattamento in CD.

Non disponiamo di notizie aggiornate della paziente.

 

 

 

 

4. Elisabetta , 1970.

 

Elisabetta viene inviata al Centro diurno dal SIMAP con diagnosi "Anoressia nervosa" all'inizio del novembre 1993 e abbandona il 31 dicembre 1993. I genitori non hanno accettato di entrare nel gruppo terapeutico, boicottando il progetto terapeutico della figlia. Non hanno mai collaborato con gli operatori del CD e del SIMAP.

La sua permanenza al CD è stata talmente breve che non si è riusciti a valutare l'efficacia del trattamento effettuato.

Nel febbraio 1994 inizia privatamente una terapia a Milano, presso il Centro di Terapia della famiglia, diretto dalla prof.ssa Palazzoli-Selvini. Ha ripreso la frequenza all'Università di Milano.

 

5. Beatrice, 1970.

 

Beatrice ha 22 anni alla data di ingresso al CD; è stata inviata dal SIMAP di Reggio Emilia nel 1994 con la diagnosi di "Nevrosi di angoscia di tipo fobico con caratteristiche asteniche di personalità e condotta bulimica".

È figlia unica di genitori molto giovani ed è una ragazza molto bella. Dopo il diploma di maturità scientifica, conseguito a pieni voti, si iscrive alla Facoltà di Scienze Biologiche e contemporaneamente iniziano i suoi problemi alimentari. Si sente grassa e non mangia quasi più nulla sino ad arrivare a pesare 38 Kg. Segue il percorso istituzionale per il trattamento dell'anoressia: ricovero in Ospedale, alimentazione forzata e inizio di un percorso psicoterapeutico al SIMAP. I genitori sono disorientati e con un enorme senso di colpa. Uscita dal momento critico, alterna periodi di anoressia con violente crisi bulimiche seguite da vomito, durante le quali per procurarsi il cibo ruba i soldi in casa, ruba nei supermercati, utilizza assegni falsificando la firma del padre. I genitori chiudono il frigorifero col lucchetto e consegnano a Beatrice piccole somme di danaro. La condotta compulsiva non si discosta molto da quella dei ragazzi con problemi di tossicodipendenza.

Presso il Centro Diurno effettua un programma di 12 mesi. L'obiettivo fissato tra il servizio inviante e l'équipe del CD è un sostegno psico-educativo centrato sul recupero dell'importanza delle relazioni per controllare il sintomo bulimico.

Nel percorso psicoterapico che ha mantenuto per circa 8 mesi anche durante la sua permanenza al CD, ha consapevolizzato la sua sofferenza ed il bisogno di aiuto; questo è un vantaggio per lei, rispetto alla situazione di altri ragazzi ospitati al CD con problemi di tossicodipendenza che non traggono giovamento o non richiedono un trattamento psicoterapico. Beatrice inoltre ha strumenti di comprensione che non utilizza mai banalmente, anche se lo studio è diventato un modo per rifugiarsi e per scappare dal mondo. Non conosce l'importanza dell'autenticità della relazione, non conosce e non sa riconoscere le sensazioni e le emozioni che il corpo le invia. Una grande rabbia soffoca tutto: la sua vita relazionale non viene percepita come un problema: non ha amicizie, ha un fidanzato che diviene uno strumento nelle sue mani da "ingurgitare e vomitare", da allontanare senza appello, esattamente come il cibo nei periodi di anoressia. Il suo corpo è solamente una macchina per produrre sempre di più: ore ed ore di palestra, eseguendo sempre gli stessi esercizi e non guardando nessuno; chilometri di corsa, in solitudine, per smaltire "il grasso superfluo". Il piacere sembra escluso definitivamente dalla sua vita. Al suo ingresso al CD soffre di insonnia nonostante sia supportata da una terapia farmacologica ad hoc.

Beatrice ha trovato al CD un aiuto importante, per il suo duro e difficile percorso di crescita (durato solamente un anno) nelle attività espressive e corporee : il fare, il muoversi, non è mai stato un problema per Beatrice; il lavoro importante è consistito nella verbalizzazione conclusiva dopo ogni incontro di ateliers fatta in gruppo perché le ha permesso di non scappare dal suo corpo attraverso il racconto e la condivisione di emozioni, sensazioni, blocchi corporei sentiti nel lavorare con gli altri (importanza dei momenti di feed-back gruppali). Durante l'atelier di espressione corporea ha sperimentato l'emozione che può procurare il corpo liberato, ha pianto ed è riuscita a gridare tutta la rabbia che provava contro la madre; un corpo meno teso, più disponibile, più capace di percepire il piacere del movimento spontaneo ed autentico, la preziosità del rilassamento.

Dopo 6 mesi di frequenza ha smesso l'uso degli psicofarmaci e nei successivi 3 mesi conclude il suo rapporto terapeutico al SIMAP. Vuole provare a camminare da sola. I suoi genitori non sono più oggetto di rabbia non espressa; sono tenuti ad una distanza giusta. Lei stessa propone la data delle sue dimissioni: vuole riprendere gli studi interrotti ( si laurea nel novembre 1996) e poi sperimentarsi in una propria casa e un proprio lavoro.

Attualmente ha un controllo buono del sintomo, si è laureata e frequenta un corso di specialità presso la Facoltà. Al momento dell'ingresso al CD aveva instaurato una relazione sentimentale che nel tempo si è stabilizzata in una convivenza.

La partecipazione di entrambi i genitori al gruppo terapeutico ha permesso loro una conoscenza ed una consapevolezza maggiore del problema della figlia e di conseguenza essi hanno potuto affrontare la loro impotenza-depressione ed utilizzare meglio le loro funzioni educative genitoriali per il controllo del sintomo a casa.

 

5. Conclusioni.

Il Centro Diurno si avvia al suo sesto anno di attività avendo dato prova di buone capacità terapeutiche, con un ricco bagaglio di risorse tecniche e professionali.

L'esperienza maturata ci permette di riorientare, oggi più stabilmente, il lavoro e di aprire il Centro al trattamento delle diverse e, in certi casi, nuove forme di sofferenza degli adolescenti e dei giovani adulti.

Lo stile e la competenza professionale permetteranno di mantenere e di valorizzare una profonda collaborazione tra i professionisti dei Servizi coinvolti nel lavoro di rete, di effettuare il monitoraggio e la valutazione dei risultati, nell'ottica del costante miglioramento della qualità.

 

6. Bibliografia

 

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7. Holdeness CC et al.: Comorbidity of eating disorders and substance abuse review of the literature. [Review]. International Journal of Eating Disorders 1994; 16(1):1-34.

 

8. Bonfà F et al. : I disturbi del comportamento alimentare e la clinica delle dipendenze: l'esperienza di un servizio per le tossicodipendenze nel trattamento dei disturbi dell'alimentazione. Conferenza regionale tossicodipendenze, "Agire sulle tossicodipendenze. La prevenzione. La cura. Il prendersi cura". L'esperienza dell'Emilia-Romagna a confronto. Rimini, 14-17 aprile 1997. Regione Emilia-Romagna.

 

9. Nizzoli U. "Prendersi cura dei tossicodipendenti", Masson, Milano, 1996.

 

10. Jeammet Ph. : "Addiction, dependance, adolescence: reflexions sur leurs liens, consequences sur nos attitudes therapeutiques", in "Les nouvelles addictions", J.L.Venisse, Masson, Paris, 1991.

 

11. Ministero della Sanità, Servizio Studi e Documentazione, "Relazione della commissione di studio per l'assistenza ai pazienti affetti da anoressia e bulimia nervosa", Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1996.

 

12. American Psichiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition DSM IV, Washington, D.C.: American Psichiatric Association; 1994.

 

13. WHO, Decima revisione della classificazione internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali. Descrizioni cliniche e direttive diagnostiche, ICD-10, Masson,1994.

 

14. Centro Diurno "Socrate", SERT di Reggio Emilia, 1996.

15. Il Progetto Nuove Droghe – PND – del SERT di Reggio Emilia, 1997

 

7. Riassunti Bibliografia Internazionale

 

7. 1. Krahn DD, The relationship of eating disorders and substance abuse. [Review]. Journal of Substance Abuse, 1991; 3(2):239-253.

Ci fu un iniziale interesse a studiare la relazione tra i disturbi alimentari (che sono presenti prevalentemente nelle donne) e l'abuso di sostanze (che è più frequente tra i maschi rispetto alle femmine) a partire da Crisp (1968) che notò tra le anoressiche croniche che sviluppavano comportamenti bulimici un frequente abuso di alcool. Più recentemente si è notato che le donne con disturbi alimentari presentano abuso di alcool e di altre sostanze, molto più alto rispetto alla popolazione femminile generale. Ugualmente, donne con disturbi da abuso di sostanze avevano disturbi alimentari più frequentemente rispetto alla popolazione femminile generale.

L'articolo riporta la frequenza di co-prevalenza di disturbi alimentari e abuso di sostanze, oltre che gli aspetti clinici simili di questi disturbi.

7. 2. Bulik CM: Abuse of drugs associated with eating disorders. {Review], Journal of Substance Abuse, 1992; 4(1):69-90.

È comune trovare concomitanza tra bulimia nervosa e abuso di farmaci-sostanze, nelle donne. I farmaci-sostanze utilizzate da questo gruppo di persone comprendono: diuretici, emetici, lassativi, ma anche alcool, fumo e droghe da strada.

 

7. 3. Hudson JI et al.: Eating disorders in hospitalized substance abusers. American Journal of Drug and Alcohol Abuse, 1992; 18(1):75-85.

Tra 386 pazienti ospedalizzati per abuso di sostanze, il 15% di 143 donne avevano avuto durante la loro vita una diagnosi di anoressia o bulimia nervosa, rispetto al solo 1% dei 243 maschi. Le donne con disturbi alimentari presentavano un tasso significativamente più elevato di abuso di stimolanti e bassa frequenza di abuso di oppiacei, rispetto alle donne che non presentavano disturbi alimentari.

7. 4. Striegel-Moore RH, Huydic ES: Problem drinking and symptoms of disordered eating in female high schools students. International Journal of Eating Disorders, 1993; 14(4):417-425.

La ricerca sulla relazione tra l'uso di alcoolici e i disturbi alimentari in ragazze adolescenti ha prodotto risultati discordanti. L'articolo esamina questa relazione utilizzando un questionario per misurare i sintomi da disturbo alimentare e un questionario standardizzato per la rilevazione dell'uso di alcoolici tra gli adolescenti. 234 ragazze studentesse di scuole superiori (età media di 15.5 anni) hanno completato l'ADI (Adolescent Drinking Index) e l'EDEQ (Eating Disorder Examination Questionnaire).

Le ragazze che presentavano un disturbo alimentare erano il doppio tra quelle che bevevano, rispetto alle ragazze che non presentavano un disturbo alimentare. Il confronto tra chi beveva e chi non beveva ha condotto all'osservazione del ruolo centrale dell'immagine corporea e della dieta, in associazione con l'alcolismo e i disturbi alimentari tra le adolescenti. Occorrerà studiare in prospettiva i legami tra le magrezze e l'abuso di alcoolici.

 

7. 5. Goldbloom DS: Alcohol misuse and eating disorders: aspects of an association. {Review]. Alcohol and Alcoholism 1993; 28(4):375-381.

Nella evoluzione clinica e nella letteratura scientifica sulla ricerca rispetto ai disturbi alimentari è emersa una evidente associazione tra anoressia nervosa e bulimia nervosa con l'abuso di alcool. Questa review esamina i modelli teorici e l'evidenza empirica di questa associazione; considera inoltre anche le conseguenze rispetto al trattamento.

 

7. 6. Higuchi S et al.: Alcoholics with eating disorders: prevalence and clinical course. A study from Japan. British Journal of Psichiatry 1993; 162:403-406.

Un'indagine sulla prevalenza di disturbi alimentari tra un ampio campione di alcolisti giapponesi ricoverati per un trattamento ospedaliero, ha rivelato una stretta associazione tra i disturbi alimentari e l'abuso di alcoolici e alcoldipendenza tra giovani donne. Questa associazione non era presente in giovani maschi. I risultati di questo studio indicano che le donne con disturbi alimentari, specialmente con bulimia nervosa, sono ad alto rischio di alcolismo.

 

7. 7. Holdeness CC et al.: Comorbidity of eating disorders and substance abuse review of the literature. [Review]. International Journal of Eating Disorders 1994; 16(1):1-34.

Negli ultimi 15 anni è stata riportata frequentemente la associazione tra disturbi alimentari e disturbi da uso ed abuso di sostanze. In questo articolo sono riportati 51 studi su questa comorbilità. Si trovano studi sull'uso e l'abuso di sostanze tra donne con disturbi alimentari, studi su disturbi alimentari tra donne con disturbi da uso di sostanze. Sono riportate anche le frequenze di abuso di sostanze tra le donne con disturbi alimentari. Questa review rivela che la comorbilità vede più frequentemente l'associazioni tra uso/abuso di sostanze e la bulimia nervosa o le condotte bulimiche, rispetto all'anoressia nervosa. Analogamente le pazienti anoressiche con abbuffate bulimiche usano ed abusano più frequentemente di sostanze rispetto alle anoressiche con condotte restrittive. La prevalenza dell'abuso di droghe-farmaci si dimostra uguale, tra i genitori delle pazienti bulimiche e anoressiche. Vengono infine descritti molti meccanismi per spiegare il legame tra i disturbi alimentari e l'uso/abuso di sostanze e vengono indicate delle piste di ricerca per il futuro.

 

 

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