La tossicodipendenza
Il termine tossicodipendenza o farmacodipendenza deriva da discipline come la tossicologia o dalla farmacologia; queste discipline hanno come oggetto di studio i farmaci o i tossici e la loro interazione con l'essere umano. Se, da un lato, queste discipline, hanno contribuito a superare una visione moralistica del fenomeno droga, da un altro mettono l'accento sulle caratteristiche del farmaco, sulla sua composizione chimica e cioè sull'oggetto della relazione di dipendenza e contribuiscono ad occultare il soggetto di questa relazione: il dipendente. Del resto non possiamo certamente spiegare il senso dell'acqua santa nella religione cattolica, limitandoci alla composizione chimica. E' H2O ma non è solo questo.
Nella dimensione farmaco-tossicologica si considera la dipendenza fisica o la "intossicazione" e questo sembra essere il problema principale per cui si cercano le modalità tecniche per la detossicazione: ricoveri ospedalieri con farmaci appropriati ecc.
La situazione psicologica seguente alla disintossicazione viene definita, in questa concezione, ".desiderio impellente" o "craving" di ripetere l'esperienza piacevole dell'assunzione della sostanza di cui si è stati fisicamente dipendenti. Ciò porta alla inevitabile ricaduta. Questo fenomeno, la dipendenza psichica, viene spiegato come mancanza o deficit. Può essere una mancata regolazione, nel caso della dipendenza da oppiacei; del sistema endorfinico, o ci può essere una difficoltà col la dopamina nel caso della cocaina.
Queste disfunzioni confermerebbero parzialmente, sempre secondo queste discipline l'ipotesi dei primi anni 60 di Dole e Nyswander. Questa ipotesi considera la tossicodipendenza come una "malattia metabolica", forse di origine genetica: il futuro dipendente da oppiacei sarebbe carente di oppiati endogeni e per questo li andrebbe a cercare. Dole e Nyswander su questa base propongono la terapia sostitutiva con metadone che fornirebbe la sostanza che manca come l'insulina con il diabetico.
Questa impostazione è attualmente molto diffusa, forse per l'approccio pragmatico che l'accompagna e cioè la organizzazione di "cliniche al metadone", cliniche che ottengono l'effetto di diminuire i fenomeni antisociali (furti scippi e microcriminalità collegati alla dipendenza da oppiacei) e di ridurre il danno anche degli assuntori di oppiacei con un miglioramento del loro stato di salute.
L'impostazione farmaco tossicologica sta anche alla base della definizione di disturbo da dipendenza da sostanze che troviamo nel DSM IV e cioè "malattia cronica recidivante".
Questa concezione si ritrova anche nella strategia di intervento in questo campo, che viene chiamato riduzione del danno
La riduzione del danno
Questa strategia si sta diffondendo in Europa, dall'Olanda alla Svizzera ed anche in Italia. E' una strategia pragmatica, per me pragmatista che da per scontata l'impossibilità di combattere e contrastare la diffusione delle abitudini di dipendenza dalle sostanze e cerca di limitare i danni.
Credo si sappia che questa strategia si accompagna a politiche antiproibizionistiche e di depenalizzazione dell'uso di sostanze. La Svizzera, da circa tre anni ha avviato un esperimento di somministrazione controllato di eroina a dipendenti da oltre tre anni, il tutto in una logica di riduzione del danno ma anche all'interno di una visione farmaco tossicologica del problema.
Questa concezione ha indubbiamente il merito di proporre politiche di intervento che superano la posizione proibizionista e di controllo penale del problema che è assolutamente fallimentare. Le logiche punitive, il carcere per i consumatori di sostanze, le comunità terapeutiche coatte non hanno prodotto molti risultati. Non si può affrontare il fenomeno droga con una visione moralistica ed equiparare il consumatore di sostanze illegali ad un vizioso o peggio ad un "posseduto dal demone della droga" da esorcizzare con una ritualità post moderna.
Ma anche la concezione che troviamo nel termine tossicodipendenza è sbagliata da un punto di vista pratico e teorico e porta a politiche di intervento fortemente criticabili.
Per questo propongo di rovesciare i termini e di parlare di dipendente tossico perché questa definizione sottintende altre strategie di intervento che cercherò brevemente di descrivere.
Innanzi tutto cercherò di dimostrare perché è sbagliata l'idea della tossicodipendenza intesa come malattia cronica recidivante. Vi sono per lo meno tre punti:
Critica alla tossicodipendenza
1) Considerare la dipendenza come malattia metabolica non ha fondamento scientifico. Si tratta di una ideologia mascherata. da scienza. Infatti in questa impostazione non c'è il mercato delle sostanze d'abuso e non si vede che l'epidemiologia di questa dipendenza è in relazione all'offerta delle sostanze e non ad una domanda dovuta ad un supposto deficit-genetico. E' possibile che nella Cina del secolo scorso ci fossero dai 25 ai 50 milioni di "deficienti genetici da oppiacei" che poi sono scomparsi ? La diffusione della cocaina in Argentina e la quasi assenza dell'eroina non è forse un problema di mercato ? E' stato Franco Basaglia ad insegnarci che l'offerta produce la domanda quando ha dimostrato che l'esistenza del manicomio crea la sua necessità. Ma prima di lui Karl Marx ha descritto questo fenomeno quando analizzava la guerra dell'oppio fra l'Inghilterra e la Cina. Quegli articoli sono ancora molto attuali. Quindi non possiamo dimenticarci che c'è un mercato di queste sostanze che vi sono profitti immensi in questo commercio e che chi manipola questi traffici è molto potente. Pino Arlacchi che è a capo dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga ha messo a punto una strategia contro la produzione e la diffusione delle sostanze stupefacenti che va conosciuta e sostenuta. Questa strategia mira a sostituire le colture di oppio e di cocaina con altre colture redditizie per i contadini ma non per i trafficanti.
2) La concezione della tossicodipendenza come "malattia cronica recidivante" si scontra con la constatazione clinica delle guarigioni. Io lavoro in questo campo da 20 anni ed ho visto qualche migliaio di tossicodipendenti da eroina. Ho visto anche molti guariti ed inseriti nella società, e non si trattava di forme semplici ma di dipendenze croniche consolidate da anni di abuso. Come me, molti altri operatori hanno visto guarigioni, vi sono numerosi studi sugli esiti delle dipendenze da sostanze. Quindi se si può guarire, cambiare l'abitudine da una dipendenza da sostanze entra in crisi l'idea che alla base vi sia un deficit genetico incolmabile. Certamente se queste persone vengono mantenute a metadone per tutta la vita non si potrà mai sapere se potevano "guarire" perché avremmo indotto una dipendenza da sostanze iatrogena. Credo sia noto che l'eroina venne proposta dalla Bayer alla fine del secolo scorso come il farmaco che guariva l'intossicazione da morfina. Certo guariva l'intossicazione da morfina perché la sostituiva con l'intossicazione da eroina. Vittorino Andreoli ha chiamato questo fenomeno il ciclo della droga.
3) L'esperienza clinica con gruppi di dipendenti da eroina disintossicati ci ha mostrato problematiche legate alla strutture della personalità che non possono essere ridotte a fattore genetico. Dobbiamo considerare anche un fattore derivante dalla storia infantile. Questi fattori, combinati tra loro costituiscono un fattore disposizionale che a sua volta necessita di un evento scatenante per produrre certi effetti. Come si vede questa è una causalità non lineare derivata dalle serie complementari di Freud. Questi fattori o elementi si organizzano in un struttura che possiede delle regole di trasformazione e che include il tossicodipendente come il sintomo di una malattia più vasta. Infatti noi pensiamo che la dipendenza da tossici non sia solo un problema limitato ai neurotrasmettitori del sistema limbico di un individuo ma che sia una struttura causale che include la coazione a ripetere del dipendente come un suo effetto. La struttura è più ampia dell'individuo perché comprende anche l'ambito gruppale e familiare quello istituzionale e territoriale.
La dipendenza tossica
Quindi nella nostra concezione la dipendenza tossica o da tossici è una forma particolare di dipendenza patologica. Ma ora devo cercare di definire cosa intendiamo per dipendenza.
L'essere umano nasce dipendente e lo rimane fino ad una età molto elevata, certamente superiore a qualsiasi altro animale dallo scimpanzé lacaniano all'oca lorenziana. Si parla anche di neotenia dell'essere umano e cioè della nostra incompiutezza.
E' certo che necessitiamo di cure per alimentarci, pulirci, per crescere. Ci sono percorsi e tappe di questa crescita che vanno affrontati ed è certo che eventi traumatici precoci possono segnare gli stati più profondi dell'apparato psichico. Non solo eventi traumatici come la morte della madre o del padre o violenze subite, ma anche dipendenze mal vissute o male elaborate lasciano parti non sviluppate nell'apparato psichico, parti dissociate che esprimono una dipendenza non risolta J.Bowlby potrebbe parlare di difficoltà di attaccamento, I.Hermann parlerebbe di sindrome da aggrappamento.
J.Bleger indica la necessità che il nucleo indiscriminato simbiotico trovi un depositario per poter essere elaborato. Se questo nucleo non può depositarsi rimane non elaborato, rimarrà cioè nel gruppo interno un nucleo indiscriminato che potrà essere alla base del fallimento dello svincolo della famiglia durante l'adolescenza. Nella esperienza clinica con gruppi multi famigliari di genitori e figli si è potuto vedere che questa dipendenza dei figli e cioè il fallimento dello svincolo dalla famiglia, poteva essere in relazione con una certa infelicità della coppia, con una impossibilità a separarsi per l'ideologia della unità familiare come bene assoluto "stiamo assieme per i figli". Questa infelicità nella coppia produce facilmente un super investimento fra un genitore e il figlio del sesso opposto. Così queste famiglie si trasformano in macchine da dipendenza producendo una serie di vincoli che vengono internalizzati nel gruppo interno e sono vissuti come impossibili da cambiare e costringono il soggetto ad una dipendenza patologica. Devo dire che la dipendenza si trasforma in patologia in relazione a situazioni storicamente e culturalmente determinate. Ad esempio nei paesi del nord Europa la fase di svincolo dalla famiglia avviene attorno ai 20 anni. Non è così in Italia dove nell'anno 1998 è ormai normale che i figli rimangono in famiglia fino oltre i 30 anni. Non vi dico poi di Rimini che ha da tempo la tradizione dei vitelloni descritti da Fellini che rimangono in casa della mamma fin oltre i 40 anni.
La macchina terapeutica
Quindi il rovesciamento del termine, ci porta ad avere maggiore attenzione per il soggetto, il dipendente, per come si è prodotto e ci porta ad organizzare una macchina terapeutica (così abbiamo definito i nostri servizi in Emilia Romagna) capace di liberare il desiderio rinchiuso nella gabbia della coazione a ripetere.
Questa concezione ci ha portato a vedere nella dipendenza patologica un nucleo conflittuale che può manifestarsi in varie forme, e non solo nella dipendenza da sostanze tossiche illegali, ma nella dipendenza da alcol o nella dipendenza da modalità di assunzione del cibo come nella anoressia e bulimia o nella dipendenza da gioco d'azzardo e così via.
Questa concezione ci permette anche di capire che se non si risolve il nucleo conflittuale della dipendenza si può transitare da una forma all'altra. Ma non dobbiamo dimenticare la disperazione che ritrovano nella dipendenza patologica e questa disperazione potrebbe derivare da una mancanza che non è una mancanza biologica, un deficit genetico. E' la mancanza di futuro ad impedire un progetto di indipendenza. E' questo il deficit che riscontriamo. In fondo la stato dipendente ha dei vantaggi secondari che possono essere abbandonati solo se si intravede un orizzonte. Questa mancanza di futuro, come dice Armando Bauleo, funziona come una causalità inversa nella struttura della dipendenza tossica.
Produrre il futuro
In questo modo credo di avere chiarito che la nostra strategia è produzione del futuro e non riduzione del danno, la riduzione del danno può essere una tattica, un mezzo ma è sbagliato considerarla un fine. La macchina terapeutica per permettere l'elaborazione della dipendenza deve aprire delle vie di fuga, scavare tunnel aprire buchi nel muro da cui far vedere il cielo. La vecchia talpa scava così bene per produrre uno stato di coscienza dissociato dalla dipendenza la coscienza della necessità di una nuova politica.
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