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Befana ortodossa 2023: Putin, Nato e il salto nel buio

24 Gen 23

Di Sergio-Mellina
Un’ANSA di Mosca del 19 gennaio 2023 ci ha informato che Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ripreso oggi la tradizione del bagno nell'acqua gelata all'aperto, in occasione dell'Epifania ortodossa, contrariamente all’anno precedente ché, dato l’imperversare del Covid-19. il metropolita di Mosca Kiril lo aveva sconsigliato. A dare la notizia è stato il suo portavoce Dmitrij Sergeevič Peskov il quale ha annunciato che "Il presidente ha preso parte al bagno dell'Epifania nella regione di Mosca" aggiungendo che non verranno diffuse immagini dell’evento senza fornire ulteriori dettagli. Il video della triplice immersione di Putin – il bagno gelato per le celebrazioni del «Kreshenie» l'Epifania ortodossa – che ha inondato le TV occidentali pare un po’ farlocco per diversi motivi. Intanto perchè di Putin esistono più di un sosia e poi perché nella superficie di acqua ghiacciata, manca il foro a croce con cui tradizionalmente in questo giorno dell’anno la Chiesa Ortodossa commemora il Battesimo di Cristo, nel Giordano. Qualunque specchio d’acqua va bene, per il cimento invernale ortodosso, stagni, laghi, sponde, anse di fiume, purché ghiacciati.

 

Sul campo opposto, gli atlantisti di Stoltemberg e gli europeisti di Josep Borrell l’ispano argentino delegato agli esteri e sicurezza della UE, non hanno perso tempo per escogitare il modo migliore di mandare armi e soldi ai poveri Ucraini che ne hanno piene le tasche. Naturalmente, al fianco di tutti, vigilava il grande fratello a stelle e strisce, pistolero inguaribile, che non si è lasciato sfuggire la grande festa cinese dell’anno del coniglio, per fare 10 morti sparati al Parco di Monterey in California, con un 72enne asiatico che odiava le feste asiatiche, gli asiatici e se stesso, tanto che alla fine si è tolta la vita. Non si è saputo nulla di funzioni religiose dell’Occidente religioso, democratico, antiabortista feroce e timorato di Dio, tranne che per Papa Bergoglio, che viene inquadrato sempre circonfuso di bandiere ucraine e del sonoro viene trasmesso solo il pezzo in cui dice … «preghiamo per la martoriata Ucraina». Si è saputo moltissimo, invece, sulle martellanti richieste di armi di Zelenski e si sono tenute riunioni preparatorie di altre riunioni preparatorie prima di quella tedesca. A Tallin, in Estonia, per esempio, il 20 gennaio, si sono riuniti ben 9 paesi europei (Regno Unito, Polonia, Estonia Lettonia, Lituania, Danimarca, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Slovacchia) «per armi all’Ucraina subito! Ma la Germania si sfila» (ilmanifesto.it). Va bene che la Germania di Scholz è recalcitrante, ma nove più i trenta paesi nato più l’America in totale quaranta contro uno non sarà poi un’esagerazione? Qualche dubbio potrebbe sorgere.

 

Biden. ha perfino spedito in Europa il suo Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Mark Milley, che era a capotavola tra i ministri delle difese dei paesi democratici riuniti alla base aerea di Ramstein. Luogo tristemente famoso per noi italiani, a causa dell’incidente delle “Frecce Tricolori” del 1988 che si esibivano sul suolo tedesco (70 morti e 346 feriti, per lo più tra gli spettatori). Non si è capito bene, data l’intensità dei lavori, delle riunioni, dei vertici, dei capannelli e dei pourparler quali fossero i temi anti-Putin, quelli pro-USA e quelli NATO. Se ne sono visti in giro parecchi, in questi ultimi dieci giorni, da quelle parti che nel 1939 Hitler strapazzò parecchio, soprattutto ministri della guerra, pardon, della difesa. C’era Mariusz Blaszczak, ministro della difesa polacco, Pal Jonson, della Svezia, Trine Bramsen, della Danimarca, Sven Mikser, dell’Estonia, Arvydas Anušauskas della Lituania, non poteva mancare Guido Crosetto felice di poter piazzare i suoi pezzi pregiati “Leonardo S.p.A” per collette, donazioni, aiuti, dollari, armi a Kiev oppressa dalla Russia. Chi prometteva veicoli da combattimento cingolati “CV90”, chi “Caesar semoventi”, chi cannoni antiaerei, munizioni a bizzeffe, “aeromobili ad ala rotante” e altre efferatezze di mercato della morte da restare stecchiti, un offertorio da non dirsi. Insomma una fiera della morte, che non era quella dell’Est di Branduardi dove «per due soldi. Un topolino mio padre comprò», ma quella dell’Ovest libero e democratico.

 

A fare da maggiordomo, in qualità di proconsole NATO degli interessi statunitensi, c’era il signor Jan Stoltemberg. Politico norvegese di lungo corso, abituato alle stragi suprematiste come quella del “mostro di Oslo” un odiatore seriale che fece fuori sull’Isola di Utøya (2011) ben settantasette giovani socialisti. Sicuramente riceverà un encomio speciale del Congresso degli Stati Uniti d’America per essersi prodigato alacremente soffiando sulla terza guerra mondiale. C’erano proprio tutti, sia come Occidentali, sia come Unionisti d’Europa, sia come atlantisti che come abitanti del mondo libero e giusto protetto dalla “cortina di ferro” (copyright Winston Churchill, 1946). L’Ucraina, che si considera già parte della NATO, anche se viene tenuta, accuratamente, ma a fatica fuori dalla porta, per ora e per prudenza, era onnipresente. Volodymyr Zelensky, che nel frattempo aveva inviato la sua “gentile signora” (così sentivo dire da bambino, quand’ero sfollato a Brisighella) in visita a Davos, non faceva mistero di aspettarsi “decisioni forti”, soprattutto da Americani (dollari) e Tedeschi (Tank). I “Leopard 2”, Quei bestioni tedeschi da combattimento della Bundeswehr, che già circolano presso altri eserciti importanti. Chi scrive, che vide in azione le “Panzer-Division” del führer Adolf Hitler, anche se erano le nonnine di codesti sputafuoco in grado di correre a 72 km/ora con un cannone e due mitragliatrici, lanciafumogeni e corazza imperforabile, ancora rabbrividisce al solo pensiero.

 

Questa dei “Leopard 2” è la cosa più invereconda che si sia sentita in questo scorcio di gennaio 2023 nella politica internazionale del cosiddetto “Occidente”. Tutti i personaggi politici sopra richiamati non hanno fatto altro che tendere trappole e imboscate al cancelliere tedesco Olaf Scholz e alla sua ministra della difesa Christine Lambrecht perchè firmassero un documento ufficiale con cui la Germania s’impegnava a vendere all’Ucraina 2-300 carri “Leopard 2”, per ridurre a più miti consigli Vladimir Putin. La pretesa più inverosimile è che Zelenski schifava sia gli M1 Abrams dei marines, quanto i Bradley da combattimento, che i Chieftain britannici. Per battere i T-35 russi, ci volevano i "Leopard 2" e niente altro. Naturalmente c’era chi aveva memoria storica e chi no. Il cancelliere tedesco si ricordava dei carri sovietici di Žukov che arrivarono a Berlino prima degli inglesi e degli americani, ha tentato di resistere, invano. Prima è stato costretto a sostituire la sua ministra della difesa con Boris Pistorius (della Spd), infine a cedere con la gherminella di non ostacolare la cessione dei "Leopard 2" della Polonia all’Ucraina. La notizia come una clamorosa vittoria della democrazia e della liberazione dalla schiavitù russa dei fratelli ucraini, campeggia a titoli cubitali sui media di tutto il mondo.

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