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CHAT GTP E PENSIERO UNICO?

27 Ago 23

A cura di Sarantis Thanopulos

Il “NY Times” potrebbe fare causa a Chat Gpt per avere usato dei suoi articoli a scopo di sperimentazione e di collaudo dei propri sistemi. Gli inventori dell’Intelligenza Artificiale ne denunciano l’enorme potenziale distruttivo, ma tra le figure mondiali politicamente autorevoli solo il Papa ha denunciato la dittatura degli algoritmi davanti a centinaia di migliaia di giovani in Portogallo. Per il resto agghiacciante silenzio, ennesima testimonianza dell’assenza di una leadership politica in tutte le aree del mondo. L’ideale anarchico di una società senza stato lo sta realizzando, in tutt’altro senso, il neoliberismo, la concezione mortifera dell’essere che sta dietro la vita artificiale. Andando avanti di questo passo le istituzioni e le strutture statali diventeranno sempre di più un meccanismo totalitario di organizzazione repressiva (squisitamente psichica) della società, il quale nel tentativo di ordinare e dare coerenza a un sistema impersonale incontrollabile nella sua crescita, dal momento che distrugge le relazioni umane, non farà altro che accelerare la sua deriva distruttiva.  

Molti, incantati dal serpente della conoscenza totalitaria, senza limiti (qualcosa di molto diverso dalle vie infinite del sapere), decantano le straordinarie possibilità di pensiero che attraverso la Chat Gpt si possono produrre. Anelano un pensiero senza scoperte e senza poesia. Sostituiscono la confortevolezza con la comodità (il nostro nemico più pericoloso) e interiorizzano un’idea del pensare prossima all’autoerotismo dell’essere. Il “dolce far nulla” (la sospensione del fare che rende possibile la sedimentazione dell’esperienza) diventa nella loro percezione, senza che ne accorgano, vivere per il nulla.  

Il “divino” in noi è il sentimento/desiderio di eccedere il limite della conoscenza che ci rende mortali e umani. Questo sentimento sa che il limite è insuperabile, ma ama la tensione vitale che il movimento asintotico verso il suo superamento crea, l’espansione dell’essere che esso promuove. È il presentimento di ciò che è al di qua e al di là della ristretta temporalità della nostra esistenza concreta, l’intuizione che allarga la sua spazialità, l’immaginazione che le consente di attraversare, senza perdere la strada del ritorno (e smarrirsi), i suoi orizzonti. Il “divino” ci permette di essere più e meglio di quello che siamo senza mai smettere di abitarlo.   

C’ è una legge inviolabile che ha la sua origine nel nostro “divino”: più il nostro rapporto con la realtà si costruisce sulla precisione del calcolo probabilistico e sulla prevedibilità, più lo spazio della nostra relazione con la realtà si restringe. La nuova I.A si prefigge di includere nel suo sistema l’incertezza, la contraddizione per eccellenza alla sua autoreferenzialità. Diventerà più cieca e disumanizzante. Che cosa è la condizione umana senza la sua componente irriducibile di incertezza?  

La Chat Gpt produce un pensiero imitativo che offre infinite possibilità di variazioni del già pensato. Strettamente associato a un virtuale slegato dal sogno, che invece di ampliare il nostro rapporto con la realtà lo sostituisce, crea la falsa impressione di poter inventare nuove prospettive conoscitive, ma tolta la sua monumentale capacità di archivio e di combinazione di dati, gira sempre, come i trenini elettrici dei bambini, sullo stesso binario circolare. Può trasformare le giostre della nostra infanzia in un girone infernale.   

Tende inesorabilmente al pensiero unico e non aspira a umanizzare i computer (missione impossibile) ma a computerizzare gli esseri umani (disastro che la nostra fascinazione per i giochi di prestigio le può consentire). È un’hubris gravissima che non si può e non si deve tollerare. Non ha nulla a che fare con la libertà del pensiero e della ricerca e deve diventare oggetto di una battaglia culturale e politica che miri a fermarla. Non è al di sopra della Polis e delle sue leggi.  

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