Il rumore è stato fragoroso, tale perfino da oscurare la finalissima del campionato mondiale di calcio Argentina-Francia (18/1/2/2022) in Qatar, vinta ai rigori dai gaucho albiceleste di Lionel Messi e di Papa Bergoglio. Ha messo perfino in secondo piano la guerra in Ucraina, che si sta combattendo sempre più pericolosamente tra americani e russi per interposizione NATO, con grade sacrificio di vittime innocenti ucraine. Un paio di mesi fa, le notizie passate giornalmente nella TV italiana durante le ore canoniche dei tre telegiornali, mattina, mezzogiorno, sera, erano tre col seguente ordine di priorità: attacco (corruzione) al Parlamento Europeo, Campionato mondiale di calcio in Qatar, operazione speciale della Russia (guerra, alias “aggressori” contro “aggrediti”) in Ucraina. Quella alleanza obsoleta dell’immediato secondo dopoguerra mondiale chiamata NATO, un ferrovecchio del 4 aprile 1949, è stata rianimata, tirata a lucido con grasso di cannone senza rinculo e, quattro viscidi fabbricanti d’armi (che non si sa bene da chi prendano ordini), incitano quattro luridi prezzolati a strillare “ la NATO è viva e lotta insieme a noi”, come allo stadio. Ma sui luoghi della guerra la gente crepa per davvero, ignorando completamente chi diavolo siano i “noi” e i “loro”.
Per riprendere il filo di un ragionamento antichissimo su cosa sia lo “Stato”, non la nazione, vale a dire quella istituzione politica, culturale e sociale chiamata “Stato”, è necessario, almeno in via preliminare arrestare i ladri, sequestrare la refurtiva e istruire i processi. Non quelli ridicoli vagheggiati dall’attuale ministro della Destra, basati sulla denuncia del bastonato verso il bastonatore, nè, tanto meno, quelli “improcedibili” sanciti dalla precedente ministra, imbarcata nel “Governo italiano dei Migliori”, da poco cessato. Speriamo di non dover essere costretti a recarci fino a “Berlino”, per trovare un giudice giusto e imparziale. Tutti conoscono la storiella del mugnaio Arnold di Sans-souci e della sua fatica per ottenere giustizia contro i soprusi del padrone, di famiglia comitale che, per costruirsi una vasca di pesci (rossi?), aveva deviato l’acqua del fiume, per cui il mulino aveva smesso di macinare. Regnava a quel tempo Federico II di Hohenzollern, il Grande (1712-1786), e il bravo suddito ridotto in miseria dai capricci di un cretino, pensò bene di rivolgere un’istanza al suo Re esclamando “Ci sarà pure un giudice a Berlino!”. Speriamo che per l’UE basti Bruxelles.
Il territorio, la comunità che lo abita, come questa si faccia rappresentare nelle forme di governo che si è dato e quali siano gli elementi costitutivi in cui si articola, è lezione elementare. Come le varie popolazioni etniche che compongono quello “Stato”, obbediscano spontaneamente a quei principi, consociandosi in associazioni politiche rappresentative di legittimi interessi e votare liberamente in apposite tornate elettorali stabilite democraticamente è la lezione successiva, se così si può dire, fino a quella che una volta si chiamava “licenza media”. Questo, detto grossolanamente da chi non ha fatto particolari studi giuridici, ma ha ricoperto ruoli di responsabilità clinica in quello che fu il SSN pubblico e gratuito per tutti. Individuo antico, chi scrive, ma sufficientemente sveglio da saper distinguere a vista, tra una mancia, il pourboire che si lascia al cameriere a fine pranzo e la corruttela. Vale a dire utilità e/o vantaggi in proprio, per favorire il corruttore, ma anche sceverare tra il perdono religioso e la simonia. Infine, per restare in tema, separare tra parlamentari eletti dal popolo, al popolo fedeli e rappresentanti dell’elettorato che si fanno lobbisti, vergognosamente prezzolati dalle multinazionali, i primi a strillare come cornacchie (meglio gazze ladre, ove strillassero) per la tutela delle guarentigie.
Ai tempi del “mariuolo” di Bettino Craxi (1992), c’era un tariffario, credo, del 5%, per il malaffare. Poi vennero “manipulite” e un comico genovese pronunciò la fatidica frase «Se son tutti socialisti a chi rubano?», che lo fece cacciare dalla Rai. Certamente era politicamente molto scorretto ma il giochetto è rimasto incistato in ogni parlamento democratico e totalitario di tutto il mondo. Semmai resta curioso il fatto che quando salta fuori un fatto scandaloso di corruzione si tira in ballo la fastidiosa locuzione “italian job”, non tanto per il nobile pedigree del “lavoretto all’italiana”, ma semmai per un filmetto inglese, tradotto “Un colpo all’italiana” (1969) molto british ma di poco conto, per rapinare il carro portavalori della FIAT a Torino con tre “Morris Mini-Cooper” cinghiate. Cosi è successo anche a Bruxelles il ruvido giudice belga Michel Claise a seguito di una inchiesta penale per corruzione, ha fatto arrestare, dove che fossero, l’avvenente vicepresidente dell'Eurocamera con tanto di fidanzato, 9 anni di meno e ritenuto "il meglio fico del bigoncio” del “Palazzo Europa”. Un europarlamentare italiano con tanto di moglie, figlia e commercialista. Il responsabile di una ONG radicale il quale ha fatto sapere che la prigione “è un luogo orribile”. Il suddetto giudice Michel Claise, ha sentito e costretto ad autosospendersi un altro europarlamentare italiano e la situazione è in piena evoluzione. La situazione imbarazzante è che molti di questi protagonisti sembrerebbero essere italiani e di area socialista. L’ipotesi accusatoria è seria e ravvisa l'esistenza di una "organizzazione criminale" guidata da un eurodeputato italiano, finanziata da un "paese straniero", in fattispecie il Qatar, ed è volta ad orientare – in virtù dell’operato di lobbie e centrali di comunicazione internazionale – le decisioni europee a proprio vantaggio!
Certamente non è stata nè una bella, nè una piccola cosa, codesta rapina, che ha funestato la pigra fine d’anno della UE, tutta intenta a mandare il carri "Leopard" a Zelenski per difendersi dai russi, come doni di Gesù Bambino. Ma i botti del Capodanno in tutti i Paesi cosiddetti democratici, sono stati ancor più micidiali! Altro che i Cinesi!
Si è fatto vivo Jair Bolsonaro seppure ufficialmente in Florida a prendere il solo d’inverno. Svegliatosi dal suo pseudo-letargo negazionista, avendo deciso che ra venuto il momento di dare l’assalto a «La Praça dos Três Poderes», le tre istituzioni dello Stato brasiliano che giacciono sulla spianata di Brasilia, ha fatto avvertire i bolsonaristi di mettersi in marcia. Era la domenica dell’8 gennaio 2023 e migliaia di disperati con la maglietta verde-oro della loro nazionale di calcio (sul tipo collaudato di Forza italia) si mettevano in marcia per profanare, saccheggiare, lordare, rosicchiare, come un nugolo di termiti, il Palazzo del Congresso Brasiliano, sede del potere legislativo federale, il Palazzo del Tribunale supremo, sacro luogo dell’alta corte della magistratura e, contemporaneamente el “Palácio do Planalto”, sede dell'esecutivo federale brasiliano. Tal quale a Donald Trump due anni prima, il 6 gennaio 2021, che ordinò di assaltare Capitol Hill per impedire che il parlamento riunito per decretare la vittoria elettorale di Biden e la sconfitta di Trump, dunque il passaggio delle consegne da un presidente all’altro, avesse seguito, anche mediante l’uccisione di Mike Pence e Nancy Pelosi. Un vero e proprio colpo di stato, ma sinché resta libero Steve Bannon, il faccendiere di Trump, quello dell’Abbazia di Trisulti, per intenderci, c’è poco da ridere. Un golpe alla sudamericana. un atto ben più sordido e immorale di qualunque alzamiento franchista, di una rigida dittatura teocratica komeinista conforme alla sharia, retta da una “guida suprema”, di un dispotismo reazionario putiniano basato sull’unicità del popolo russo, simile a quello dello Zar Nicola I, suggerito da Alexander Dugin.
L’ultimo botto è di tre giorni fa, e non siamo ancora arrivati a febbraio! Preso il famoso latitante della porta accanto, Matteo Messina Denaro. Latitava, nel senso che nessuno voleva cercarlo da trent’anni esatti. Era il 1993 quando sparì inghiottito da una nuvola nera che puzza di complicità gravissime ad ogni livello dello Stato. Allora c’era il governo Ciampi che restò in carica dal 29 aprile 1993 all'11 maggio 1994. L'ultimo governo della Prima Repubblica. Poi vennero i fuochi artificiali, la calciomania, la tifoseria delle squadre vincenti, l’impero della televisione commerciale e dei magnati/intraprenditori che a quelli che salgono la mattina presto sulla metropolitana per andare a lavorare (o smontano da lavoro notturno) fa più effetto se leggono “tycoon”. Tutti assistemmo al messaggio preregistrato, preconfezionato, infiocchettato col tricolore italiano del nuovo leader con pochi capelli: "L'Italia è il Paese che amo … “ era il 26 gennaio 1994. Di anni ne sono passati ventinove e il meccanismo non si è mai rotto!
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