Me lo ricordo bene Leonardo Bertulazzi, siamo stati ragazzi insieme nel Ponente Genovese.
Abitavamo nello stesso quartiere a Palmaro: io di fronte al mare di una riviera bellissima, dove ti potevi immaginare Luigia Pallavicini cavalcare, che ora non c’è più sostituita da un muro di containers, lui due strade sopra casa mia, in Via San Remo nell’ultimo palazzo verso Voltri con vista sull’autostrada.
Suo padre faceva il brigadiere non ricordo se della Finanza o dei Carabinieri, ricordo la sua casa nella penombra, una madre magra, silenziosa e gentile.
Facevamo scuole diverse, la nostra era una conoscenza essenzialmente estiva, frequentavamo gli stessi bagni , i bagni Punny; per un po’ di anni ha giocato con noi con le onde, poi è cresciuto in fretta ed è passato ai bagni accanto, i più trasgressivi (si fa per dire) Lella, al seguito della sua ragazza, l’eterea e bellissima Lauretta, ai nostri occhi la quintessenza della femminilità irraggiungibile, con la mamma straniera, con quegli abiti in stile hippy e una sessualità sfrontata, ai nostri occhi di born in the fifties, nella sua naturalezza.
Non ci siamo persi di vista, abbiamo semplicemente fatto vite diverse noi a continuare a giocare con le onde, loro ad amoreggiare in spiaggia, cinquanta metri che erano in realtà miglia di differenza.
Nel giro di pochi anni ho cambiato abitudini, luoghi e amicizie e non l’ho più visto da allora.
Laura sì molti anni dopo in reparto in Clinica Psichiatrica devastata dall’alcool e dall’eroina, senza denti, sbiadito ricordo della bellezza eterea che era stata, non mi ha riconosciuto ed io non mi son fatto riconoscere e allora come ora mi è venuto in mente lui, già al tempo fresco latitante e ora come allora mi sono domandato e mi domando cosa ci ha portato a fare vite differenti, a scegliere io una confort zone borghese, a scegliere lui la lotta armata la guerriglia la latitanza la fuga.
Vedendo le sue foto mi hanno colpito gli occhi che sorridono come me li ricordo allora, non me lo riesco ad immaginare nella parte del Villain che però ha recitato fino all’ultimo, pare.
Ripensando a Leonardo Bertulazzi oggi non posso non pensare al destino divergente della mia generazione e alle scelte radicali che alcuni di noi hanno fatto, pur vivendo, apparentemente, vite simili.
Esiste forse una Jihād interiore a cui alcuni rispondono tragicamente e che altri non avvertono o convertono in un impegno civile non violento?
Vi è forse un demone nel fondo del nostro cuore con cui fare i conti e che determina, se non domato, il corso degli eventi delle nostra vite?
O è solo il caso a guidare le nostre scelte nella misura in cui incontri e relazioni possono condizionare pesantemente le nostre scelte e i nostri destini?
Non si nasce né buoni né cattivi lo si diventa.
Mi piacerebbe un giorno fare queste domande a Leonardo non tanto per capire lui ma per capire me stesso.
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