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LA BLASFEMIA DELLA VERITA’ VELATA. RILEGGENDO “L’ISLAM E LA MODERNITA’ ” DI SLAVOJ ZIZEK

4 Dic 19

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Negli ultimi mesi – a partire dai mesi di fine estate – l'Europa e il mondo occidentalizzato hanno assistito all'esaltazione di un credo politico – religioso postosi all'attenzione dell'opinione pubblica e dei mass media per l'uso eccessivo e reiterato di violenza inaudita, tanto che si è rivissuto il clima di terrore riferito alle grandi pulizie etniche del secolo scorso, supportata da un sostrato ideologico figlio di una vita facente capo ad una condotta al limite di ogni regola. Il fenomeno si è auto-nominato Califfato Islamico: il rinnovamento del credo religioso islamico affermato nella dimensione di perdita dei valori della società occidentale. Alla base di una volontà distruttiva di matrice terroristica vi è – all'apparenza a mio avviso – l'instaurazione di nuovo “regime” di fede che vede nella pulizia morale del fedele la via attraverso cui operare il disvelamento delle aporie di società perse nell'economia e nei giochi afferenti al Risiko geopolitico. In realtà il gioco psicologico che viene messo in scena è ben più sottile. Partendo da queste premesse, Slavoj Zizek pone in essere un confronto aperto tra due culture che fondano il loro credo spirituale su basi analoghe e opposte nel contempo: l'affacciarsi della massa informe di europei divenuti foreign fighters e cittadini del Neo Califfato, e l'eccessivo permessivismo dell'Europa e del mondo occidentale nei confronti della religione islamica; i due aspetti finiscono con il creare il cortocircuito che, ad alto voltaggio, conduce alla perdita di controllo ove degli uomini al servizio dell'Occidente divengono gli stessi che operano crimini simili a quelli commessi dai cristiani nelle crociate. Le due istanze psicologiche di base – la tolleranza e l'esacerbazione della intolleranza – si risolvono nella genesi del conflitto perché esprimenti i due opposti della psiche dell'uomo occidentale. Esulando da una visione prettamente psicoanalitica aderendo alla psicologia junghiana, è evidente come – lo fa molto bene anche lo psicoanalista e filosofo sloveno Zizek – si scontrino l'immagine del Padre e della Madre. La religione dell'Occidente colonizzatore è la religione del Padre che si manifesta attraverso Gesù, sua incarnazione; la religione islamica è diretta emanazione di un profeta che non sarebbe stato se non attraverso l'operato di una donna, che pone il genere femminile sul piano del Non – dicibile e del proibito. Il potere dispotico del Super – Io – chi scrive ama definire il “moralista” questa istanza psichica presente in ogni individuo – si trasforma in una vera e propria bomba ad orologeria che delinea la reazione fondamentalista come unica via d'uscita dal potere oppressivo che il timore del non detto crea. Gli obblighi cui il Super – Io ci inchioda fa sì che anche i migliori subiscano una transvalutazione: gli europei che da tolleranti mostrano il lato distruttivo comportante la totale assenza di freni inibitori pari a quella del Califfato. Vi è un bellissimo passaggio del libro di Zizek, posto nell'introduzione, ove l'autore delinea bene quanto sia coercitivo il giudizio guidato dalle emozioni e quanto ancora più distruttiva sia una verità taciuta e detta nel momento opportuno: entrambe le modalità recano in sé la possibilità di lasciare riflettere su quanto in realtà l'estremismo ideologico sia figlio di una perdita di valori ove si ricerca il sensazionalismo del giudizio.a partire da ciò si arriva a sostenere Verità che si adempiono attraverso un fuoco incrociato di proiezioni: chi scrive ritiene – più dello Zizek – che sia chi risulta essere intollerante verso l'Islam, che chi si tinge del fondamentalismo religioso attraverso cui imporre scelte politiche, siamo entrambi figli di una adesione al senso di colpa che spinge a vivere ogni spinta al cambiamento – e quindi alla perdita di valori obsoleti – come adesione al peccato, per cui ogni tentazione va combattuta: i cristiani combattono gli eccessi; gli islamici combattono non soltanto la sfrenatezza della vita bensì anche la loro stessa tentazione: la mancanza di freni inibitori. Sostanzialmente – d'accordo con lo Sloveno – si potrebbe affermare che gli estremisti islamici sono come noi occidentali. A questo punto si azzarda una rilessione molto profonda. Partendo da una base cultura – apparentemente divergente – il convergere degli eccessi risalta come motore unificante la tendenza alla distruttività tipica del “Moralista” Super – Io. Gli islamici del Califfato e gli europei che inorridiscono, sono figli di una stessa Madre Culturale: la Vecchia Europa in declino, che ha “creato” i mostri islamici, rendendo atto di una tendenza esclusiva – del mondo occidentale – all'esclusione della diversità. Affermando ciò non si vuole giustificare quanto fatto a Parigi, Copenaghen e nei paesi mediorientali; si vuol mettere in evidenza quanto i mostri si autodeterminano qualora non vi sia una giusta base critica di chi ne usufruisce per propri scopi.
In ogni estremismo – a mio avviso – è ravvisabile il Complesso d'Inferiorità d'organo di matrice adleriana: il movente che muove l'individuo sottomesso è la pulsione distruttiva; ancor meglio in ottica junghiana si può affermare che del Fenomeno dell'Ombra prevale l'aspetto distruttivo, che non si eleva a costituente come avviene come nell'ottica adleriana; non v'è rovesciamento, non v'è riflessione: soltanto un vittimismo cronico che genera la tendenza al sacrificio, convinzione di poter affrontare il proprio limite di fede. Questo limite di fede è la modernità, la paura della libertà derivante dalle conquiste tecnologiche e finanziarie. Presa come pretesto l'ideologia politica, similmente a quanto fatto dai regimi totalitari del passato, lo Stato islamico persegue una perdurante decostruzione dei valori che egli stesso glorifica. Come mostra compiutamente Zizek, se si volesse azzardare un paragone tra il passato e il futuro che si dipanano tra le pieghe della Storia contemporanea, le analogie si rintraccerebbero nello sfaldamento della sinistra radicale, intesa come parte politica afferente ad un credo ideologico o religioso. Quando la realtà si delinea attraverso giochi di contrapposizione, gli estremismi hanno il sopravvento generando conflitti intergenerazionali e inter-religiosi. Si scontrano due idee differenti di vita, di relazioni interpersonali e valutazione dei parametri entro cui lasciare fluire il mondo di sotto del non detto e non vissuto.
Il rimosso – a mio avviso – è foriero di distruzione nella misura in cui non viene detto dato ascolto a  segnali inviati come prodromi di imminente crollo.
La crescente “islamizzazione” del continente europeo si può spiegare avendo presente i flussi migratori che negli ultimi sessant'anni hanno riguardato vaste zone dell'Africa sub-sariana, riversando in Europa – nello specifico Francia e Inghilterra – una massa di individui che, cercando asilo, hanno posto le prime pietre per l'edificazione di un società multiculturale, capace di sovvertire  le consuete gerarchie vigenti. Utilizzando la metafora principale della pubblicazione di Slavoj Zizek, il ritorno ad una società matriarcale, ove il principio femminile è il motore che genera cambiamento generando egli stesso, afferma la necessità di sedare compiutamente la propria paura attraverso una mistificazione delle idee stesse a fondamento di un credo. Ad esempio il ruolo della donna – il concetto stesso di seduzione, la tecnica della seduzione e il velare il corpo del “peccato” –  affondano le loro radici su convinzioni dogmatiche che rendono il fedele convinto di poter garantirsi la libertà personale attraverso l'adesione incondizionata ad una fede e a i suoi estremismi. Come spiega Zizek, Dio (Allah) diviene per i fedeli l garanzia di uno stato duraturo di libertà personale che combatte il dispotismo occidentale, reo di aver tralasciato la conservazione della tradizione. Il paradosso che compiutamente si mostra è la volontà distruttiva che l'IS ha nei confronti di seé medesimo: si combatte la modernità, quella modernità ove gli stessi reclutatori si muovono, crescendo, per trovare nuovi combattenti; questi a loro volta, indottrinati, rivolgo le loro frustrazioni di esclusi nell'alveo di un fiume di sensazioni, istinti ed emozioni cui non sempre si riesce a dare una definizione certa. All'interno di un quadro di transvalutazione dei valori, il tentativo messo in opera dai supposti califfi, niente altro è che il controllo indomito dei freni inibitori che loro stessi non hanno conosciuto all'interno del loro processo educativo nella società iper moderna. Chi meglio di una organizzazione fondamentalista? Il fondamentalismo vuole la disciplina religiosa, la tendenza alla pulizia etnica in nome del mancato rispetto delle regole coraniche, o comunque di precetti religiosi, idee politiche o semplici orpelli di natura ideologica. In uno scritto dell'analista junghiano Luigi Zoja, “Centauri”, la dinamica svolgente oggi dai sudditi del califfato, è riscontrabile nell'operato dei militari occupanti la città di Berlino dopo la caduta del regime Nazista: stupri di gruppo, volti a rendere sottomesse individualità femminili ree, soltanto, di appartenere alla razza germanica. Esulando dal mero propagandistico affermare la differenza tra due regimi diversi – seppur mossi da medesime follie deliranti, quanto è stato perpetrato dagli Alleati nel 1945 è analogo a quanto oggi viene fatto dalle orde di assassini dell'Is nei paesi occupati. Le donne tedesche sono state usate come semplici oggetti cui riversare la propria ira repressa nel corso degli anni di guerra. L'Autore del testo, rifacendosi al mito dei Centauri, enucleando le caratteristiche precipue della natura ambivalente (oserei dire anche ambigua) delle creature mitologiche, descrive come la natura dell'individuo poggia, oggi come ieri, su una destrutturazione di valori che lascia evincere l'indebolimento progressivo di un maschile, in termini junghiani (in termini strettamente freudiani si parla di Padre), che risente di un processo involutivo che confluisce nella perdita di freni comportanti lo sfaldamento delle regole preesistenti generanti comportamenti distruttivi. L'aspetto duplice della dinamica involutiva dell'immagine del maschile (moderno) non permette il ripiegamento permettente la riflessione, quindi l'autocoscienza, bensì favorisce la coazione a ripetere comportamenti offensivi e svalutanti la controparte sessuale quale è il Femminile: questa diviene puro oggetto di desiderio, provocato da ella medesima come causa concausata. Causa con – causata: il mito della seduzione. Tanto l'Occidente, quanto il l'Islam ruotano intorno al “problema” della seduzione. In parte d'accordo con quanto affermato da Zizek, ritenere la seduzione come elemento elicitante violenza, rappresenta la conferma a quanto detto in precedenza in riferimento agli alleati appena entrati a Berlino: è coercizione e non svelamento di idee politico – religiose deviate ideologicamente. L'occidente paventa ritrosia nell'accettare le donne con il velo nell'Europa Moderna (a tal punto dall'essere ritornata all' '800!!), gli islamici non hanno intenzione di resistere agli attacchi che vengono mossi al loro credo. La blasfemia va combattuta. Come? Attraverso un moto di liberazione che null'altro è se non un atto violento teso a ripristinare un ordine dettato dal dogma che vede l'uomo come l'unico a poter esprimere potere fallico, usurpato nell'epoca moderna dalla donna. La blasfemia dei corpi mercificati, del mercato del sesso vengono ritenute peccati capitali cui dover dare pegno. Per l'islamico – si può anche concordare con quanto detto da Zizek – la seduzione è manipolazione, a maggior ragione se attraverso questa si pone in dubbio l'intero sistema mitologico su cui è stata edificata la religione dell'Islam. Infatti la religione islamica attua un costante rinnovamento della fede attraverso il ricorso al mito, rinnovandosi come Dogma. Data l'importanza che la religione ha inerentemente alla coesione sociale, l'attentato all'intero impianto ideologico – religioso diviene la minaccia principale cui porre l'argine. Nel contempo la mancanza di una remissione degli istinti, viene vissuta dagli occidentali come uguale forza seduttiva. Questo dice Slavoj Zizek. Si concorda con quanto appena descritto, aggiungendo che un mero e semplice flusso incontrollato bidirezionale di proiezioni, non giustifica né legittima la pretesa coercitiva di ambo i pensieri “perversi”. Confermando quanto detto in relazione alla coercizione, che conseguentemente conduce alla perdita di autocontrollo, è fuorviante ritenere la donna – in entrambi i casi – responsabile di quanto viene accusata. Dall'ottica preminentemente islamica, essendo tentazione, la donna è causa del suo stesso “martirio”: lo stupro. La modalità di pensiero occidentale iper moderno, definisce la donna post – patriarcale e quindi, seppur marginalmente, causa del casus belli dello stupro. A chi scrive pare inaudito il processamento automatico delle informazioni per cui la donna è responsabile più di chi commette il fatto. Ben lungi dall'essere un pensiero occidentale, tale asserzione, come ben evidenzia Zizek, è deantata da un imam australiano – di cui non val la pena neanche citare le iniziali – sostenitore dell'impossibilità dell'uomo di resistere ad un atto di seduzione portato in auge dalla donna: la donna velata cela sotto le vesti il potere sessuale (inviso alla cultura araba fondamentalista) della propria generatività. Il timore di vedere in trasparenza la donna è il semplice valore sessualizzante della potenza della religione islamica, che si può definire una religione femminile, del Femminile. Si spiega in questo modo la vocazione al sacrificio dei jihadisti, il cui obiettivo è poter ricevere in dono, al momento del trapasso, sette vergini con cui finalmente vivere il potere trasformante dell'Eros. Ritenere la donna totalmente responsabile del suo status di sottoposta a schiavitù, è un assurdo logico, che fonda le sue ragioni su aspetti conducenti tanto alla realtà islamica (mutata), quanto al mondo occidentale, ormai diretto all'islamizzazione.
L'adesione al credo di una religione, divenendone fedele, si raggiunge – dice Zizek – quando il sostrato storico vien scisso dall'apparato mitico -religioso, posto alla base del dogma. Elemento di cerniera tra i due mondi scissi, il rimosso opera l'azione involutiva che genera la spirale violenta che sembra ricalcare le orde dei Centauri nel rito della centauromachia: lasciarsi andare agli istinti animaleschi, lasciare fluire la propria parte animale spingendosi fino ad arrivare alla soppressione degli individui, donne e bambini. Furia cieca di Centauri, di Euritione, reo di aver ferito Ceneo (Ceni), si riversa sui Lapiti. La ninfa Ceni riesce a divenire immortale, e il popolo dei lapiti grazie all'intervento di un guerriero, un eroe si salva: Teseo. Ancora una volta, il potere del femminile, nello specifico di Ceni, rende possibile il superamento dell'orda assassina dei centauri. Oggi, allo stesso modo, gli uomini del Califfato si comportano come nel passato mitico solevano fare i centauri. Ancora una volta, l'opposizione tra Storia e Simbolo differisce nel ricorso al rimosso: ieri erano i Lapiti, oggi sono gli Sciiti iraniani. Il principio femminile si pone come moderatore della storia e come attivante e dis -attivante il processo di integrazione i dis – integrazione dell'ordine mondiale. Il paradosso che si vive nell'epoca dell'esasperata modernizzazione è che i regimi paventati d'essere totalitari e non rispettanti i diritti umani, sono i soli a combattere compiutamente il fondamentalismo radicale, con basi ideologiche deviate. Si pensi che da fenomeno da eliminare, sua il regime di Bashar Al Hassad, sia il regime iraniano divengono strumenti di liberazione, atti a confermare il potere indiscusso del femminile nella genesi, nella conservazione e nella costanza nel tempo di idee religiose, più o meno tolleranti.
L'essere fedeli comporta un gesto violento che rompe con il passato remoto delle origini: gli ebrei, ad esempio, sono legati ancora al grande trauma della diaspora.
Gli islamici vedono Dio nell'impossibile come scrive Zizek: timore di un Dio che non può e non deve entrare in contatto con il fedele, se non attraverso la mediazione della donna, quale redentore dell'intero popolo islamico. Lo stesso Maometto, per essere convinto della bontà delle sue visioni, e della non attinenza a idee deliranti, chiede conferma alla donna, il quale lo rende divino, dando lui le effigi del ruolo Patriarcale nell'Islam. La donna progenitrice dell'uomo; l'Uomo, profeta e rinnovatore di una cultura figlia di intromissioni che ne sviliscono le origini. Basti ricordare la base della cultura occidentale come direttamente correlata al Grande Califfato del passato, non il califfato che distrugge l'estetica, l'arte e ogni petalo di cultura umanista.
Come affermato da Zizek nelle ultime pagine del suo scritto, le donne hanno capacità di credere, al contrario degli uomini che prestano ascolto e supposta fede soltanto a chi crede in loro. Chi è la causa del desiderio? La donna, o l'uomo? Chi scrive ritiene che il desiderio è mosso dall'impossibilità d'accettare parte di ogni individuo invise al soggetto medesimo. Poiché il desiderio di possedere la donna, quindi la verità, nell'uomo islamico ha radici profonde, l'impossibilità di conoscerla – se non attraverso atti deliberati di violenza – viene preclusa poiché si ritiene che questa sia menzogna. Non si può essere d'accordo con questa lettura: la donna è Verità; essendo verità non è menzogna bensì paradosso; racchiude – la donna – poteri coercitivi e trasformanti nel contempo. La Natura è donna. In un universo dove la donna diviene espressione potenziale del genere plasmante e creativo, l'uomo non riconosce sé medesimo e neanche l'Altro da sé. Si configura così il cortocircuito generante il black out che scatena il fuoco delle proiezioni, figlie illegittime di una deriva desiderante impaurita della propria Storia.
Tanto la tolleranza che l'intolleranza mostrano un poblema: il velo della Verità, non la Verità.
La Verità è sintesi di Opposti: è anche Menzogna e – conseguentemente – Paradosso.


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