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Occidentalisti e panslavisti nelle neuroscienze russe

25 Ott 12

Di Antonio-Augusto

E’ poco conosciuta l’influenza delle ideologie nazionali sull’orientamento filosofico e scientifico dei neuroscienziati russi. Eppure, come sempre, l’orientamento filosofico e politico ebbe un peso determinante nel far scegliere ad essi metodologie e campi di intervento.

Come noto nella metà del XIX secolo in Russia presero forza due movimenti antinomici, ispirati entrambi dalla filosofia romantica tedesca (Schelling ed Hegel) ed ambedue in opposizione alla rigida e lenta ( quando non nettamente reazionaria) gestione dello stato degli zar : il panslavismo e l’occidentalismo.

Il panslavismo era un movimento fondamentalista, integralista e religioso, tendente ad una sintesi libertaria, mentre l’occidentalismo voleva far proseguire alla Russia la strada già imboccata da Pietro il Grande, copiando i modelli occidentali.

Opposta ad ambedue fu anche la corrente del nichilismo, combattuta da Alessandro II, lo zar riformatore, ucciso in un attentato. Il nichilismo portò molti dei suoi adepti all’applicazione dei principi riduzionisti dai quali discese, generazioni più tardi , l’adesione alle dottrine ed agli schemi marxisti.

Le neuroscienze russe si fondarono sulla metodologia e sull'informazione scientifica (soprattutto tedesca), ma se ne distaccarono poi, sempre più accentuatamente, in una visione idiosincratica, ove largo spazio era dato alla speculazione intellettuale e meno alla verifica sperimentale, una situazione abbastanza anomala, forse solo e in parte attribuibile alla mancanza di aggiornate apparecchiature scientifiche, orientamento che si accentuò dopo la chiusura della Repubblica Sovietica agli scambi culturali con l’Occidente.

Ciò è riscontrabile anche all’esame della storiografia attuale, che si propone al lettore sempre in chiave celebrativa ed ortodossa, precludendo ogni sforzo di chiarificazione di vicende non sempre facili da elucidare. Così la storia della medicina russa, che dette importanti contributi, rimane in penombra ed a malapena si conoscono i nomi dei suoi più importanti protagonisti, di cui gli unici noti sono Pàvlov e Lurija.

Nel periodo più fertile dello sviluppo scientifico nel campo delle neuroscienze presero corpo quell’ impasto e quella mescolanza di caratteri importati e caratteri autoctoni che possiamo osservare anche nella letteratura e nella musica russe. Tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo questa fusione di ideologie diverse stimolò una crescita scientifica. Tale crescita se orientata sui principi dell’occidentalismo fu rapidamente inglobata nel corpus dottrinario delle scienze mondiali dove è ancora utilizzata, mentre se orientata verso i principi del panslavismo, dopo diverse originali intuizioni (si pensi alla reflessologia ed alla teoria dei riflessi condizionati) rimase a sé stante, il più delle volte come teoria isolata.

Il susseguente isolamento politico della Russia e la rigida ortodossia marxista attuatasi nel XXI° secolo crearono infatti non pochi problemi allo sviluppo delle ricerche e della medicina clinica.

Tra gli scienziati Occidentalisti vanno menzionati il lituano Alexander Stanislàvovich Dogiel (1852-1922) nativo di Paneveysz, nel distretto di Kaunas, professore di istologia a San Pietroburgo, autore di novantatré lavori scientifici e sistematizzatore e classificatore dei neuroni gangliari spinali. Amico ed ammiratore di Cajal, Golgi e Retzius (ai quali dedicò la sua monografia sui gangli spinali), era dotato di prodigiosa versatilità linguistica, dacché scrisse i suoi lavori in russo, francese e tedesco. Di grande importanza furono anche le sue pubblicazioni sull'istologia del sistema nervoso simpatico, la neuroglia della retina, i corpuscoli sensitivi in vari apparati ( muscoli scheletrici, genitali esterni, ghiandole salivari, congiuntiva e cornea).

Alexander Stanislàvovich Dogiel (1852- 1922)

Convinto germanista (poi divenne francofilo) ed antinichilista fu Ilia Tsion ( poi francesizzato in Élie de Cyon) (1842-1912) nato a Telsch (nel governatorato di Kowno, in Lituania), scopritore assieme a Karl Ludwig del nervo depressore cardiaco ovvero dell'azione inibitoria del n. vago, del nervo acceleratorio, delle funzioni vasomotorie dei nervi splancnici, della funzione di sintesi dei grassi del fegato, delle terminazioni nervose del peritoneo e della velocità di propagazione degli impulsi nervosi nel midollo spinale. Egli fu maestro di Pàvlov e successore di Séchenov alla cattedra di Fisiologia a San Pietroburgo, ma nominato da Alessandro II nobile e Consigliere di Stato, fu allontanato nel 1874 dall’insegnamento per un conflitto con gli studenti nichilisti (NOTA 1), che erano la maggioranza a San Pietroburgo, e finì la sua brillante ed inquieta carriera, nella quale fu anche giornalista ed editore, come Ministro delle Finanze in Francia, ove era stato chiamato da Claude Bernard. In Francia egli divenne convinto antitedesco : non ritornò mai in Russia (NOTA 2) .Va ricordato che nel 1901 egli teorizzò i video games tridimensionali!

Né va dimenticato tra gli scienziati occidentalisti Serghiei Petròvich Bòtkin (1832-1889), internista, figlio di un ricco mercante, che studiò medicina contro la dichiarata volontà paterna. Terminati gli studi a 23 anni si recò a Sebastopoli presso il reparto di Nicolài Ivànovich Pìrogov (1810-1881). Dapprima professore a Dorpat (ora Tartu) antica università estone, fu chiamato a 30 anni all'Istituto di Medicina Militare di San Pietroburgo. Si dimise a 46 anni, per il disgusto che gli causava l'Università di cui non comprendeva gli intricati sottoboschi amministrativi e, recatosi a Vvishnia, iniziò nuovamente una carriera come funzionario dell'educazione.

Questo impiego gli permise di viaggiare molto; ad Heidelberg, durante uno di questi viaggi, ebbe modo di consigliare Garibaldi ferito.

A Parigi divenne anche amico di Jean Martin Charcot (1825-1893). Nel 1860 fu rinominato professore di Medicina Clinica all'Accademia Militare di Medicina a San Pietroburgo.

Insegnante entusiasmante ed entusiasta, fu accurato diagnosta ed i numerosi suoi allievi lo riconobbero sempre come il fondatore della medicina clinica russa. Fu fondatore ed editore di un "Archivio delle Malattie Interne" in russo, simile all' "Archiv fűr innere Krankheiten".

Serghiei Petròvich Bòtkin (1832-1889)

 

Slavofilo convinto fu invece Ivàn Michàilovic Séchenov (1829-1905) di pionere e fondatore della reflessologia, un’ indagine neurofisiologica nuova, in cui si possono riscontrare elementi filosofici sull'unità essenziale dell'uomo, nel contempo soggetto ed oggetto di conoscenza, dovuti all'influsso di Cernycervskij (NOTA 3), che lo portò ad avere gravi scontri con il governo zarista dell'epoca che considerava la sua attitudine materialista "antireligiosa, immorale e, perciò, di danno alla società". L’ importanza dell' opera di Séchenov, che aprì la porta alle speculazioni pavloviane ed alla reflessologia di Béchterev, è tanto maggiore quando si pensi che all'epoca della pubblicazione della sua opera "I riflessi del cervello" Eduard Hitzig (1838-1907) e Gustav Theodor Fritsch (1838-1927) , non avevano ancora scoperto i centri motori corticali (1870) e Wilhelm Wundt (1832-1920) non aveva ancora sviluppato la psicologia sperimentale. Monismo materialistico e determinismo furono le direttive portanti del pensiero di Sechenov e vennero considerate dal governo zarista come antireligiose ed immorali e, pertanto, pericolose per la società. Per un certo periodo, infatti, il Governo considerò l'opportunità di far distruggere il libro di Séchenov sui riflessi del cervello e di perseguire l'autore penalmente. L'indipendenza e l'onestà intellettuale di Séchenov si possono misurare anche dalla sua disputa con Rudolph Virchow, che sosteneva che solo nella cellula – e non nell'ambiente circostante – era da ricercarsi la causa prima della malattia e nell'episodio che lo vide, nel 1861, a 32 anni, rifiutare l'invito di essere eletto all'Accademia delle Scienze. Quando vi fu eletto, venticinque anni dopo, il governo ne vietò la chiamata.

Séchenov fu il primo fisiologo che spostò la sede dei riflessi dal midollo spinale all'encefalo e nell'attività di questo pose il primo fenomeno dell'associazione come un prodotto di continui incontri tra l'organismo e l'ambiente e non come una serie di fenomeni dentro la coscienza, ma come una serie di riflessi successivi, uno fuso dentro l'altro. Poco conosciuti in Occidente sono i suoi principali allievi e successori nella cattedra di San Pietroburgo Nicolài Evghènii Vvediènskij (1852-1922) e, soprattutto, il principeAleksiéi Aleksiévic Uchtòmskij (principe di Suzdal) (1875-1942) che con il suo libro "Il principio del dominante" (1925) [non tradotto in italiano] spiegò che la possibilità di concentrare l'attenzione su determinati oggetti e la selettività dell'apprendimento sono fisiologicamente determinate dalle caratteristiche del dominante, una struttura fondamentale del comportamento umano. (NOTA 4)Uchtòmskij, sia per l’epoca in cui visse, che per i suoi frequenti richiami letterari (soprattutto a Dostoevskij) incarna al meglio la figura del neuroscienziato russo slavofilo.

Ivàn Michàilovic Séchenov

Aleksiéi Aleksiévic Uchtòmskij

Slavofilo fu anche Ivàn Petròvich Pàvlov (1849-1936) , il più noto dei neuroscienziati russi, vincitore di un Premio Nobel nel 1904 per i suoi studi sulla fisiologia della digestione : brani della sua opera, tradotti in italiano nel 1941 da Margherita Silvestri Lapenna, sono stati accessibili a gran parte dei lettori italiani, così come lo è stata la sua ampia biografia scritta dal suo allievo Borìs P. Bàbkin nel 1950 e pubblicata in italiano da "l'Astrolabio ". Pàvlov che morì a 87 anni, ancora ludico, lucido e vigoroso, attraversò, assieme ai neuroscienziati Dògiel, Béchterev, Dàrkschevitsch, Rossòlimo e Blùmenau la Rivoluzione d'Ottobre e visse non solo il breve periodo leninista, ma anche il più lungo ed oscuro tempo legato a J. V. Stalin. Dapprima non favorevole agli eccessi della rivoluzione bolscevica, Pàvlov (simile in questo allo scrittore Maksìm Gòrkij ) divenne preda del sistema perché il Governo Sovietico non solo gli fornì ogni possibile mezzo per continuare la sua opera, ma anche lo tenne sempre in grande stima ed ammirazione venendogli costantemente tributate lodi ed omaggi (fu, tra l'altro, inviato due volte negli Stati Uniti). Ma egli, per il suo carattere semplice e schietto (era figlio di un pope) cercò sempre di evitare ogni favoritismo.

Ivàn Petròvich Pavlov

Vladìmir Michàilovich Béchterev (1857-1927), che fu anche psichiatra di Stalin (NOTA 5), professò anch’egli un’ardente slavofilia : fu professore all'Università di Kazan e in seguito all’Accademia di Medicina Militare di San Pietroburgo, terminando la sua carriera alla cattedra di Psichiatria nell’Istituto di Medicina Femminile di San Pietroburgo.

L’anatomia funzionale del cervello, la psicologia sperimentale e la neurologia clinica furono i campi in cui egli lasciò maggiormente l'impronta della sua personalità. Egli propugnò una teoria reflessologica ampliata che largamente sostenuta dal Governo dopo la rivoluzione.

Béchterev scrisse i primi lavori su un gruppo cellulare del corno posteriore, conosciuto con il suo nome, e su tre nuovi fasci nel midollo spinale e dette anche l’eponimico alla spondiloartrite anchilosante: alla sua penna sono ascritti più di 600 lavori.

I suoi interessi, eccezionalmente vasti e versatili, lo portarono anche a scontrarsi con Ivàn Petròvich Pàvlov , suo collega di Università, in una famosa contesa sull'utilizzazione dei "riflessi condizionati" che egli chiamava "riflessi associativi": in tale disputa Béchterev com'è noto, perse, anche perché, da buon panslavista, amava più elaborare teorie che trovare metodi sperimentali e, spesso, lasciava che a condurre gli esperimenti fosse un collaboratore.

Vladìmir Michàilovich Béchterev

E, tuttavia, tutti questi scienziati, sia occidentalisti che slavofili, usufruirono di un insegnamento ed ebbero un’ influenza europea, sia tedesca che francese. L’unico a non avere avuto un’educazione europea (seguì brevemente le lezioni di Theodor Meynert a Vienna solo nel 1892, quando era già stato nominato Direttore della Clinica Psichiatrica di Mosca e Professore Straordinario) fu lo psichiatraSerghièi Serghievic Kòrsakov (1853-1900) morto prematuramente a 47 anni, ma il cui genio individuò non solo la sindrome che porta il suo nome (che fu dato da Jolly (NOTA 6) perché, generosamente, lo stesso Korsakov aveva riconosciuto che questa condizione era stata descritta da Magnus Huss (1807-1890) che aveva studiato approfonditamente i problemi dell’alcoolismo cronico) , ma anche i fondamenti clinici della paranoia.

Serghièi Serghievic Kòrsakov (1853-1900)

Ilja Tsion o Élie de Cyon alla francese ( di cui non possediamo un ritratto, ma di cui è stata recentemente pubblicata in italiano una bella biografia a cura di Luigi Traetta) (NOTA 7) studiò medicina a Varsavia (1858), all'Università di Kiev (1859-1862), a Berlino (1862-1864). Si laureò a Berlino (1864), a San Pietroburgo (1865) ed a Parigi (1875).

Sergei Petròvich Bòtkin, dopo aver sentito le lezioni di Pikulin, fu a Berlino da Virchov ed a Vienna da Traube.

Ivàn Michàilovic Séchenov lavorò, appena laureato, con Helmholtz , du Bois-Reymond, Hoppe-Seyler, Carl Ludwig e, in una fase successiva, con Claude Bernard; Ivàn Petròvich Pàvlov lavorò con Carl Ludwig a Leipzig e con Heidenhain a Breslau; Vladìmir Mikhàilovich Béchterev a sua volta, lavorò con Flechsig a Lipsia e, oltre che discepolo di Meynert, fu in fecondo contatto con du Bois-Reymond, Westphal, Charcot.

I concetti fondamentali del funzionamento del S.N.C. affrontati dai neuroscienziati russi sono stati:

– la funzione dell'arco riflesso, come modello di funzionamento che si estendeva a tutti i segmenti del S.N.C.

– l'organizzazione integrata del funzionamento cognitivo cerebrale e, più tardi, la sua organizzazione modulare

– lo studio dell'attività elettrica del sistema nervoso centrale e periferico

Il punto di partenza di Séchenov, che come ricordiamo, spostò l'interpretazione dei riflessi dal midollo spinale al cervello in una visione meccanicista e deterministica, agevolava quella che sarebbe stata l'interpretazione e l'opera di Pàvlov in senso integrativo. All'interno del nichilismo stesso – come esemplificato proprio da Cernycervskij che portò avanti la tesi dell'unità essenziale dell'uomo – si facevano infatti strada correnti integraliste che facilitavano il passaggio dall'interpretazione riduzionista del singolo fenomeno ai sistemi interpretativi (ad esempio Béchterev tenterà un approccio reflessologico sociale).

Soprattutto la costruzione del "modello concettuale" dell'attività nervosa superiore costituì elemento di grande spinta per le neuroscienze russe , ma, trascorso il periodo dell’ affermazione pavloviana, questo modello fu rinchiuso non solo all'interno della gabbia ideologica marxista, ma anche nella seclusione scientifica dell'Unione Sovietica, e nonostante i considerevoli apporti di Vygoskji e Lurija stentò molto ad avere l’affermazione ed il riconoscimento che meritava ( il libro di Vygotskji "Pensiero e linguaggio" del 1934 fu pubblicato in Occidente solo alla fine degli anni Sessanta).

Dal 1930 in poi, infatti, si affermò in Russia, oramai distaccata dalle principali correnti scientifiche mondiali, un nuovo orientamento con Lev Semiònovic Vygòskji (1896-1934) che sostenne come la psiche fosse connessa allo sviluppo socioeconomico ed i processi psichici, legati al linguaggio, avessero un’origine sociale. Aleksandr Romanovic Lurjia (1902-1977), suo allievo e collaboratore, fondò a sua volta un’ originale scuola di neuropsicologia in antitesi a quella di Pàvlov (per cui egli fu anche sottoposto, nel 1950, ad un allontanamento dall’Istituto ove lavorava) sostenendo che il cervello lavorava attraverso sistemi funzionali e che il sintomo clinico era connesso alla distruzione dell’area integrativa di questi sistemi.

Lev Semiònovic Vygòskji

Aleksandr Romanovic Lurjia

Fu grande merito di questi scienziati proporre – in tempi oltremodo difficili – non solo una nuova organizzazione della ricerca, ma anche nuove linee teoriche che andassero al di là degli orientamenti di regime.

L’attuale – e complessa – situazione delle neuroscienze russe sembra ora evolvere, senza alcun tipo di resipiscenza, verso un integrato occidentalismo, sulla scia di quanto avviene nel campo economico e civile.

Attualmente , peraltro, le neuroscienze russe, attardate da un peso politico ed ideologico che non lasciò sviluppare neppure il pensiero di Lurjia, si trovano in una condizione di evidente svantaggio rispetto alle neuroscienze occidentali, svantaggio vistoso non solo per la neurologia, ma addirittura abissale per la psichiatria che non riesce a far fronte ai molteplici e numerosi problemi di una società in cui la crescente differenza tra classi abbienti e classi povere ricorda vistosamente quella dei tempi degli zar.

NOTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  1. Il nichilismo, movimento così nominato dalla definizione data del protagonista del romanzo di Ivàn Turghènev "Padri e figli" (1861), Evghènij Bazàrov, fu influenzato dal positivismo occidentale e riteneva che ogni progresso si sarebbe verificato solo sulla base di uno studio scientifico del mondo. Il nome, infatti, ha il significato del rifiuto delle idee tradizionali ("Un nichilista è un uomo che si rifiuta di accettare dei principi come se questi fossero dogmi, qualsiasi sia il rispetto che egli ha di questi principi"). La dizione di nichilista fu utilizzata principalmente dagli avversari del movimento, fondato dai giornalisti Nikolaj Dobroljubov (1836-1861) e Dmitrij Pisarev (1840-68), Il nichilismo non fu tanto un appannaggio di classe, quanto di età e di cultura, un poco come accadrà alla generazione del 68 nel Novecento.Questa attitudine dell’intellighentsia russa sarà criticata da Nikolaj Berdjaev (1874-1948) nei libri del 1909 [scritto assieme a Peter Struve (1870-1944) e Sergej Bulgàkov (1871-1944 )] e in quello del del 1931 "La rivoluzione russa: marxismo-leninismo e religione" ove egli tracciò le linee dello sviluppo marxista-leninista del nichilismo.
  2. E’ diffuso il sospetto egli sia stato l’autore del famoso protocollo dei Savi di Sion, che egli usò per contrastare il Ministro Russo della finanze Serghiei Witte . Se aggiungiamo che egli fu sostenitore della vivisezione e combattè i movimenti femministi (sempre in nome della Ragione!) ne esce un ritratto sconcertante.
  3. Nikolai Gavrilovic Cernycervskij (1828-1889), giornalista e filosofo, scrisse il romanzo "Che fare", il cui titolo fu ripreso da Vladìmir Uliànov Lenin, si oppose alle riforme di Alessandro II, ritenendole, come si dimostrò, insufficienti. Per questo scontò un’ avvilente degradazione pubblica ("esecuzione civile", antesignana dei processi maoisti) e fu deportato in Siberia per diciannove anni. Fu uomo di vastissima cultura e di molteplici interessi, che collaborò con Nikolaj Dobroljubov nella diffusione delle idee socialiste (che egli riteneva, però, dovessero trionfare prima in Europa)
  4. Il dominante è " una concentrazione unilaterale di eccitazione in un determinato gruppo di centri, concentrazione che si realizza a spese di altri centri. Si tratta, per così dire, della distruzione in via di principio dell’equilibrio di questi centri". Come si vede il linguaggio è del tutto speculativo e filosofico.
  5. Viene riferito che egli fosse chiamato a visitare Jòsif Vissariònovic Stalin e che avesse emesso un’ipotesi diagnostica di paranoia. Pochi giorni dopo morì, nonostante si trovasse in buona salute.
  6. Jolly, psichiatra a Berlino (1844-1904), dette questo nome nel 1897 a quella che veniva chiamata per l’innanzi "cerebropatia toxaemica"..
  7. Luigi Traetta "Élie de Cyon : un fisiologo dimenticato" pag. 144, Pensa editore, Lecce, 2003.

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