Primavera del 1970, 50 anni fa.
Tre spie sovietiche compiono una delle missioni più segrete della storia. S'inoltrano nell'allora Germania Orientale, su ordine del capo del Kgb Jurij Andropov, a caccia dei cadaveri di Adolf Hitler, Eva Braun, Joseph e Magda Goebbels e dei loro sei figli. Corpi semi carbonizzati che, secondo i cartigli della Lubjanka, sono seppelliti in casse d'artiglieria dell'Armata Rossa a Magdeburgo.
Un'informazione che stride con la conoscenza collettiva, che chiude l'esperienza del nazismo in un grande rogo nel cortile del bunker di Berlino; ma che i sovietici custodivano dal 1945.
Una storia vera, documentata, che Giovanni Mari coniuga in un romanzo storico "Klausener Strasse" (Minerva editore, 240 pagine, 16,90 euro), che prende il nome dalla strada della sepoltura. Le spie devono muoversi perché l'Urss sta smobilitando dalla DDR e quelle salme vanno distrutte senza lasciare traccia. "Klausener Strasse" racconta i dettagli della missione: dalla sua preparazione (tra autopsie e mappe) alla composizione del piano (con coperture e travestimenti), dalla scelta degli uomini (che devono giurare massimo riserbo) alle sbavature operative. Luoghi, personaggi, oggetti, vestititi strappati e impronte dentarie s'intrecciano in un rapido sorvolo sul passaggio più delicato del Secolo Breve: il Vietnam e la Guerra Fredda, la fine dei Beatles e il primo Concorde. I protagonisti sono prigionieri del passato e della palude comunista, ma tornano al presente grazie ai loro vizi, alle loro leggerezze. Tutto si consuma su una gelida distesa tedesca, in un precipizio nella Storia senza possibilità di ritorno.
L'Unione sovietica vuole cancellare dal mondo Hitler, per preservare un alone di mistero sulla Vittoria nella Seconda guerra mondiale, per evitare rigurgiti nostalgici, per rafforzare il mito dei russi e per scacciare le nubi che già si addensano sul sistema. Ma la buona riuscita della missione è ostacolata da ostacoli, errori che mettono a dura prova anche il capo della cellula Kgb, Nikolaj Kovalenko. A mezzo secolo dai fatti, Mari tratta una storia vera con le sembianze di romanzo d'azione, ma si è basato sulla lettura dei documenti desecretati da Mosca. E affida la prefazione a Nicolai Lilin, che identifica nella morte terrena anche la morte del crimine totalitario.
(ANSA).
Tre spie sovietiche compiono una delle missioni più segrete della storia. S'inoltrano nell'allora Germania Orientale, su ordine del capo del Kgb Jurij Andropov, a caccia dei cadaveri di Adolf Hitler, Eva Braun, Joseph e Magda Goebbels e dei loro sei figli. Corpi semi carbonizzati che, secondo i cartigli della Lubjanka, sono seppelliti in casse d'artiglieria dell'Armata Rossa a Magdeburgo.
Un'informazione che stride con la conoscenza collettiva, che chiude l'esperienza del nazismo in un grande rogo nel cortile del bunker di Berlino; ma che i sovietici custodivano dal 1945.
Una storia vera, documentata, che Giovanni Mari coniuga in un romanzo storico "Klausener Strasse" (Minerva editore, 240 pagine, 16,90 euro), che prende il nome dalla strada della sepoltura. Le spie devono muoversi perché l'Urss sta smobilitando dalla DDR e quelle salme vanno distrutte senza lasciare traccia. "Klausener Strasse" racconta i dettagli della missione: dalla sua preparazione (tra autopsie e mappe) alla composizione del piano (con coperture e travestimenti), dalla scelta degli uomini (che devono giurare massimo riserbo) alle sbavature operative. Luoghi, personaggi, oggetti, vestititi strappati e impronte dentarie s'intrecciano in un rapido sorvolo sul passaggio più delicato del Secolo Breve: il Vietnam e la Guerra Fredda, la fine dei Beatles e il primo Concorde. I protagonisti sono prigionieri del passato e della palude comunista, ma tornano al presente grazie ai loro vizi, alle loro leggerezze. Tutto si consuma su una gelida distesa tedesca, in un precipizio nella Storia senza possibilità di ritorno.
L'Unione sovietica vuole cancellare dal mondo Hitler, per preservare un alone di mistero sulla Vittoria nella Seconda guerra mondiale, per evitare rigurgiti nostalgici, per rafforzare il mito dei russi e per scacciare le nubi che già si addensano sul sistema. Ma la buona riuscita della missione è ostacolata da ostacoli, errori che mettono a dura prova anche il capo della cellula Kgb, Nikolaj Kovalenko. A mezzo secolo dai fatti, Mari tratta una storia vera con le sembianze di romanzo d'azione, ma si è basato sulla lettura dei documenti desecretati da Mosca. E affida la prefazione a Nicolai Lilin, che identifica nella morte terrena anche la morte del crimine totalitario.
(ANSA).
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