abolizione del tso

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Interessante dibattito.
Nella mia esperienza quasi trentennale ho usato molto raramente farmaci nei tso. Il paziente pur obbligato alla fine viene accompagnato - nei casi da me trattati - dalle forze dell'ordine senza che io debba somministrargli alcunchè.
Piuttosto è più importante l'uso che si fa del tso. I pazienti seguiti dalla mia equipe molto raramente arrivano al tso.
Infatti quasi sempre sono costretto ad effettuare tso perchè chiamato dal 118 per pazienti sconosciuti o seguiti in maniera saltuaria , senza visite domiciliari o senza adeguato coinvolgimento della famiglia.
Molto spesso se il paziente è seguito in maniera ravvicinata nel tempo , con visite frequenti , con contatti pregnanti con il contesto in cui vive e con sostegno psicologico anche il farmaco può essere dosato adeguatamente e ben scelto e usato anche a dosi "tossiche" ma per un tempo molto limitato

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Ormai anche io limito molto l'uso di farmaci durante l'esecuzione del tso. Noi accompagniamo il paziente in spdc con i vigili e stando a Ischia ci spostiamo sull'isola con una autoambulanza poi saliamo su una idroambulanz, traversata e infine nuova ambulanza all' arrivo in porto di pozzuoli o di napoli per raggiungere l'spdc campano dove abbiamo trovato il posto letto. I farmaci meglio utilizzarli in ospedale soprattutto se il paziente e'sconosciuto e da noi localita' turistica dove si passa da 60000 abitanti in inverno a punte di 400000 d' estate spesso si lavora con sconosciuti anche stranieri. Ma quello che mi domando e' quanti pazienti trattati in tso dopo 10 anni non stanno assumendo piu' farmaci e quanti aarvano alla conclusione che se non assumeranno piu' farmaci, potrebbero incorrere in un nuovo tso?

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condivido cio' che ha scritto Gaetano dal mio lato di psichiatra osperdaliero non posso che confeermare le sue parole e aggiungo: il tema del TSO rischia di divenire "ideologico" se decotestualizzato un po' come ikl tema della contenzione che e' "cattiva" a prescindere mentre l'aumento delle terapie serali per i pazienti che "rompono" e' "buona" .. suvvia.. Proviamo a vedere la realta'.
Un fatto e' certo i nostri farmaci fanno bene e non fanno bene al tempo stesso e il tema "etico" di uan terapia integrata che li riduca e' questo si' un tema importante su cui meditare

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Nella mia lunga esperienza, i TSO che ho effettuato per la maggior parte non sono stati mie iniziative, ma sovradeterminati da pressioni esterne, quali il 118, il medico di base, aurorita' locali, forze dell'ordine. Pressioni a cui spesso riesce difficile reggere, ma che soprattutto mettono a rischio la parte piu' fragile, il paziente (designato?) potendolo indurre a reazioni incontrollate e incontrollabili. Spesso mi e' stato possibile, lavorando sul contenimento delle ansie ambientali, riuscire a posporre l'intervento trasformando il TSO in ASO, nell'ottica di limitare il piu' possibile l'idea di urgenza in paichiatria trasformandola in prima battuta in emergenza. Questo mi ha portato a riflettere sulla idoneita' che il TSO venga assimilato ad atto clinico, perche' le situazioni non altrimenti gestibili erano sostanzialmente quelle in cui erano presenti acting di rilevanza penale. A questo punto, perche' lo psichiatra? Forse per una forma di buonismo, o meglio di soggezione ad una legge in cui esiste il doppio binario, dove chi compie reato, se in odore di patologia psichiatrica, va trattato diversamente da un comune cittadino? E' diverso nel bene e nel male, e per lui non valgono le leggi normali?

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A mio avviso dovrebbero valere le leggi normali e non prevedere" un trattamento buonista differenziato"come a volta sembra accadere. Mi capita ancora di sentire forze dell'ordine che dicono e' pazzo non lo possiamo toccare dovete provvedere voi. Siamo sicuri che tutti i barboni che dormono per strada hanno tutti le rotelle a posto e non solo problemi economici, perche' non facciamo loro un tso per ripulirli se non vogliono accettare le cure?

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la logica della legge del 1904 era quella della pericolosita' quella della 833 e' invece basata sulla cura delal malattia mentale in quanto malattia ma con delle specificita' che "possono" portare alal necessita' CLINICA di attiavre un TSO . Non mi sono MAI sentito ne' in colpa ne' spinto a fare un TSO e ho molto spesso eviato di convalidare la proposta agendo sul Paziente in Pronto Soccorso.
Non posso ovviamente generalizzare ma non mi risultano pressioni esterne per istaurare il procedimento da parte di alcuno visto che in buona sostanza e' lo spichiatra che con la CONVALIDA attiva il processo e ripeto nella mia vita lunga di psichiatra di Pronto soccorso sono piu' i TSO NON CONVALIDATI che quelli convalidati.
Le domande per me sono altre e riguardano le buone pratiche con o senza TSO

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Sono convinto che, se volessimo realmente parlare in termini di buona pratica, dovremmo sforzarci di non burocratizzare la salute mentale seguendo logiche legislative, e ritrovare la capacita' di leggere con occhi attenti ai codici affettivi. Il TSO comunque lo si voglia intendere e giustificare oggi, e sottolineo oggi non quando fu legiferato, sottintende un rapporto asimmetrico, di violazione dell'altro: un intervento comunque drammatico. Si tratta allora di negoziare, di non porre avanti il proprio narcisismo giustificato da necessita' non necessariamente obbiettivabili, e spesso forzatamente inquadrabili come necessita' terapeutica. Porsi come obbiettivo il primum non nocere, inteso come evitare di creare ulteriore sofferenza non accettando che il fine giustifichi i mezzi. E per piacere, non ripetere che quanto e' ideologia.

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Questo commento a mio avviso centra perfettamente i problemi nei quali ci troviamo spesso nell' esercizio delle pratiche quotidiane. Mi trova d'accordo in ogni sua parte.
Puo' essere un ottimo punto di partenza per una discussione ancora piu' interessante.
Grazie

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io non sono un "appasionato" di TSO li sempre cercati spesso con successo di evitare cio' che non capisco e' al di la' della teoria cosa fare per evitare di arrivarci nekl mondo reale intendo non nell'arcadia psichiatrica che forse non e' mai essistita.
Mi preme ribadire che se partiamo dal TSO come fallimento terapeutico (senza generalizzazioni) assolute mi pare un giusto punto di partenza a cui dare gambe operative e linee guida condivisibile, elsewhere il rischio dell'ideologia deafferentata dalal realta' e' grande e concreto

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l'asserto di un' assimilazione automatica del TSO all'assunzione coatta di farmaci, anche se ha una sua giustificazione in qualche modo statistica e perfino epidemiologica e comunque empirica, non è così ovvio e scontato da autorizzare una naturalizzazione di quel nesso e delle procedure che lo alimentano e lo riproducono
Piuttosto l'osservazione dellla fatalità presunta di quel nesso nelle pratiche consolidate dei Servizi deve interrogarci sulla inversione permanente in esse del rapporto fini/mezzi (ti faccio il TSO percheè tu non assumi i farmaci prescritti che non sono più tra i possibili mezzi, ma la cui somminitrazione è diventata l'obiettivo centrale e strategico dell'azione di cura) e nella trascuratezza i quelle pratiche di una ragione fondante, epistemica e euristica, del lavoro di salute mentale che è la costruzione delle altenative, come antidoto alla standardizzazione dell'offerta e alla serialità degli interventi
Altro ci sarebbe poi da dire sull'uso contentivo del farmaco ('camicia di forza farmacologica') anche in termini etici e non solo di governo del rischio
Discussione aperta, magari

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