L’argomento risulta contrastante – forse sì, forse no – con il nucleo centrale di questo numero de La Psicoanalisi che riporta gli interventi del Convegno di Roma Jacques Lacan e il suo tempo per la celebrazione del trentennale della morte di Lacan. Una giornata di studi organizzata dall’Istituto freudiano in cui psicoanalisti, filosofi e studiosi di varie discipline hanno portato il proprio contributo, e di cui diremo tra breve. Prima si impone un rapido accenno al testo di Lacan.
In esergo, Jacques-Alain Miller mette i temi salienti del breve testo di Lacan. In questo caso sono tre: “Il sintomo è qualcosa di reale”, “La serie degli analisti”, “Etica e imbecillità”.
Del primo tema, brevissimo, veniamo a sapere che Lacan considera lo sciopero alla stregua di un qualunque sintomo. Se esprime delle riserve a riguardo è perché si tratta di un sintomo organizzato. A proposito del secondo tema Lacan si pone la questione se l’analista può considerarsi come un elemento di un insieme, non già per fare un sindacato, ma per fare serie. Anche questo sarebbe un argomento da riprendere.
Nel terzo tema Lacan accosta l’etica e l’imbecillità. Qui si impone una rosa di tre termini: oltre all’imbecillità, sono da prendere in considerazione l’ignoranza e la fesseria. L’analisi, dice, è un rimedio contro l’ignoranza. Per contro, non ha alcun effetto contro la fesseria. Quando invece l’analisi non riesce in qualcuno che ci si dedica, abbiamo come risultato che costui è reso imbecille proprio dall’esperienza analitica stessa.
Costui avrebbe fatto meglio a sviluppare i suoi doni altrove, e non nelle questioni che riguardano l’analisi. Altrove, dove? Ebbene, dove avrebbe potuto far furore attenendosi a un’etica che è relativa al discorso in cui egli si inscrive: dell’insegnante, per esempio, del letterato, dello scrittore, dell’uomo alla ricerca di fama.
L’etica, infatti, non è la stessa in ogni discorso. E Lacan arriva a ipotizzare che l’analisi non riesce proprio a coloro la cui etica farebbe furore altrove, ossia in un altro discorso. Insomma, non c’è altra etica se non quella di giocare il gioco secondo la struttura del discorso in cui uno si inscrive. E Lacan porta la sua prova del nove: quando uno è spiaggiato in un’etica che non è quella del discorso in cui si iscrive, allora ricorre all’ingiuria. È il caso di quell’analista che lo ingiuriò in un articolo pubblicato da Le Monde e a cui fa riferimento.
Come dicevo poc’anzi, questo numero riporta gli interventi della giornata di studi su alcune persone o movimenti con cui Lacan ha dialogato nella messa a punto di varie questioni cruciali del suo insegnamento. Come giustamente ricorda Sergio Sabbatini, che ha curato questa sezione della rivista, non è stato possibile riprenderli né tutti, né tutti i più importanti. È solo un florilegio, fiori colti soprattutto sullo stelo della filosofia.