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LA PARTECIPAZIONE IN INTERNET: UN’OCCASIONE PERDUTA? di ROSSELLA VALDRE’ (SPI Genova)

30 Nov 12

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L'esperienza di owner di mailing list , moderazione di forum e redazione in una rivista on-line. Ipotesi di un bilancio e riflessioni.

L'oggetto di questa mia riflessione di oggi consiste nel tentativo di dare spiegazioni ad un fenomeno che abbiamo osservato sul Web, e cioe' quanto e' intensa, in realta', la partecipazione in Internet.
Bisogna intanto distinguere l'accesso al Web – quale puo' essere quello che l'utente fa verso una rivista elettronica, per esempio, una rivista nel nostro caso scientifica – dall'uso della posta elettronica in se' e della frequentazione di comunita' virtuali come le mailing list, i forum, le chat, eccetera. 
Dal punto di vista psicologico e motivazionale si tratta di due situazioni molto diverse: le comunita' virtuali e le mailing list sono interattive per definizione, e lo scopo della loro esistenza consiste proprio nel consentire la conoscenza reciproca e l'interscambio tra persone che non lo avrebbero altrimenti (dalle conversazioni tra colleghi ai rapporti piu' intimi); l'interattiva nel Web invece, cioe' la possibilita' che noi abbiamo di interagire attivamente e creativamente con il redattore di una rivista on line, per esempio, di porgli domande o sottoporlo a proposte o a critiche, prende l'avvio da un desiderio di informazione in primis, e non da un desiderio di reciprocita' e mutualita'.
Questo, pertanto, e' un primo punto che puo' indicarsi perche' l'interattivita' via Web e' minore che in altre forme Internet. Gia'Nicholas Negroponte (1995), riteneva che la funzione in assoluto piu' usata nella rete fosse la posta elettronica, e che in rete e' maggiore il desiderio di socializzazione piuttosto che di informazione.

In questi ultimi 4 anni, ho preso parte come conduttrice sia a forum di discussione con gli utenti, sia a mailing list professionali come owner e come partecipante, sia alla redazione di una rivista psichiatrica on line, curando una rubrica mensile. Posso avanzare pertanto qualche riflessione intorno a questo punto su cui ci stiamo interrogando: perche' gli accessi alla rivista on line sono elevati – e questo ci prova che la rivista e' letta, o almeno che e' visionata dagli utenti – mentre resta basso l'indice di interattivita'? I lettori leggono gli articoli ma non colgono l'occasione, quanto potrebbero e quanto ci si sarebbe forse aspettati, per intergire con chi li ha scritti e quindi poi interagire fra loro, aprendo a loro volta piccole nicchie di discussione virtuale ed entrando dentro la rivista come se fosse una cosa viva. Abbiamo ragione di ritenere che, sulla carta stampata, una tale possibilita' sarebbe molto piu' appetita.
Quello che Patricia Wallace chiama “il potere degli utenti” (1999) e' rimasto e resta un sogno, un'ipotesi ingenua e sbagliata? Il “potere degli utenti” fa riferimento al fatto, anche rilevato da Carlini (1999), che nell'ipertesto viene meno il potere e l'autorevolezza dello scrittore, poiche' anche i lettori entrano in un rapporto meno asimmetrico con gli autori, diventano parte attiva e paritaria.Il lettore puo' decidere da che punto partire, che giro fare, andare avanti e indietro, girovagare, nel complesso “ci sono maggiori gradi di liberta'”.
La stessa Wallace, con molti altri studiosi di Internet, ribadisce tuttavia come le potenzialita' del mezzo non siano ancora state comprese appieno, e come ancora sottovalutiamo quanto possiamo apprendere da Internet. Lo usiamo, in altri termini, piuttosto poco e piuttosto male.

Una breve premessa sulle riviste on line, per chi non le conoscesse a fondo. 
Nascono nel 1994, e se ne riconoscono 3 tipi principali: 1) versioni elettroniche delle loro corrispondenti cartacee 2) creazioni nuove che nascono sulla rete ma con struttura e formato tradizionali 3) creazioni in rete che sfruttano i punti forti del Web per ottenere effetti che non sarebbero possibili coi mezzi cartacei. Cioe', sfruttano la possibilita' di fare link e quindi l'ipertestualita'. Definiamo ipertestuale il fattore per cui” Qualunque elemento di un documento Web puo' essere collegato ad un altro documento. Questa possibilita' di collegamento e' l'essenza dell'ipertesto, ed e' cio' che rende il Web significativo …” (Bynom e Moor,1998) Il prefisso iper vuole appunto indicare una dimensione multipla rispetto alla lettura lineare. Secondo questi autori, i vantaggi delle riviste on line sono: i bassi costi, la distribuzione piu' rapida, l'ipertestualita', la possibilita' che agli articoli si colleghino tra loro e che legge aggiunga gruppi di discussione, la possibilita' di conservare e reperire facilmente gli articoli in formato elettronico, la possibilita' di link con gli autori.
Ci si domanda quindi perche' queste potenzialita', almeno dai nostri dati, siano tuttora poco sfruttate. 

Occorre intanto dire che conosciamo ancora poco sulle motivazioni profonde e le radici antropologiche e sociali che muovono l'utente (che e'ancora, come scrive sempre la Wallace, un “giovane utente” ) ad entrare nelle intricate maglie di Internet, nelle comunita' virtuali e nei gruppi, ma conosciamo ancora meno il cosiddetto Web user, l'utente Web che cerca nella virtualita' informazioni e conoscenza, piu' che contatti e relazionalita'. 
Un ampio studio di Jakob Nielsen individua alcune caratteristiche del Web user, che sono:
Gli utenti non leggono il Web
Gli utenti tendono a cercare siti di personalita' e siti noti
Gli utenti sono impazienti
Gli utenti spesso stampano le pagine
Gli utenti sono sempre meno tolleranti ai tempi lunghi e alle attese
Gli utenti sono spinti soprattutto al Search, la ricerca

L'uomo cosi' descritto e' quello che McLuhan, (1992) uno dei piu' noti sociologhi americani delle comunicazioni, ha definito il quarto uomo, cioe' noi, l'uomo post-moderno, post-alfabetico, nato dalla rivoluzione informatica “plasmato dai media elettrici, dalla radio, dalla televisione, dal bancoma…e' l'uomo della temporaneita' e del consumo, che si realizza nella comunicazione e nel consumo” .Secondo la suggestiva lettura di McLuhan si sono succeduti in Occidente 4 tipi di uomo: i primi due sono l'uomo delle civilta' greca e romana, dove la comunicazione e' orale; il terzo e' l'uomo della carta stampata, dove la comunicazione e' scritta; il quarto e' l'uomo dei multimedia, dove la comunicazione e' post-alfabetica. 
Nielsen ha trovato invariate queste caratteristiche nel '94 (anno in cui le delineo' per la prima volta) e nel '97. E' da supporre pertanto che le cose stiano ancora cosi', in quanto le capacita' umane e i nostri bisogni non cambiano con i tempi rapidi della tecnologia.

Il Web user avrebbe come pricipale caratteristica l'impazienza: desidera ottenere in fretta le informazioni che cerca (la maggior parte degli utenti sono search-dominant users, cioe' finalizzati alla ricerca e non all'esplorazione, a differenza dei link dominant , piu' motivati invece ad entrare nei link), non tollera crash ed errori (“se per due volte non riesco a collegarmi, cambio sito”, scrive un utente a Nielsen), e desidera la gratificazione immediata. 
La scarsa interattivita' puo' quindi derivare anche dall'esigenza di rapidita' e di risposta immediata che il Web user si aspetta, e che sono piu' proprie della chat.
Anche le altre caratteristiche delineate da Nielsen possono venirci almeno in parte in aiuto nella nostra domanda: il 79% degli users non legge, ma scannerizza, va per parole chiave, parte dalle conclusioni per arrivare all'inizio della pagina – cosidetto fenomeno della piramide invertitia – , stampa le pagine perche' si calcola che la lettura su monitor, oltre che piu' faticosa, sia piu' lenta del 25% rispetto a quella su carta, ed infine il proliferare dei siti e dell'offerta ha reso il Web user sempre meno tollerante alle lunghe ricerche e alle lunghe attese.
Il “potere” dell'interattivita' sul Web, cosi' come lo intende la Wallace e come lo abbiamo auspicato, richiede capacita' di formulare quesiti e di attendere la risposta, richiede una lettura a volte approfondita del materiale, tutte quelle caratteristiche che siamo abituati a dare per scontate nella carta stampata.

Va considerata anche la generale attitudine ad assimilare l'informazione passivamente, potremmo dire a subirla, mediata dal mondo della televisione. Come scrive Favaretto a questo proposito: “ ….pure con le nuove innovazioni, usare il Web per certi punti di vista puo' fornire una esperienza psicologica molto determinata dalla organizzazione ipertestuale e dalla interattivita' permessa dall'organizzazione e dalle nuove tecnologie, ma che conserva alcuni aspetti sostanzialòente sovrapponibili alle modalita' dell'utenza televisiva”. Esiste, peraltro, un “conservatorismo” e un “conformismo” anche all'interno del Web ( Wallace).
In linea con questo- la tendenza, cioe', a percepire anche il web secondo l'atmosfera della televisione – Nielsen sottolinea come sia importante, per il Web user, il fatto che i siti, oltre che noti, siano semplici e facilmente leggibili e visitabili ( e cio' vale per l'user esperto come per il neofita anche perche', per il paradoxe of the active user, l'utente Web tende ad attivarsi da solo e ad apprendere per conto suo, senza consultare manuali ed esigendo cosi' alto livello di semplificazione).

L'ipertestualita' che, come si e' detto, e'la principale ricchezza di uno scritto sul Web e l'elemento davvero rivoluzionario, puo' anche tradursi in un fattore di dispersivita' che rende difficile, come scrivono Bynum e Moor “…predeterminare il cammino del lettore”. E quindi, forse, il suo grado di connetivita'. Scrivono questi autori a proposito della lettura sul Web (gli AA sono filosofi che hanno curato tutto l'insegnamento e le prime biblioteche elettroniche di fiolosofia) “Il collegamento e la connessione sono i problemi primari dello scrittore ipertestuale, perche' all'interno del documento si trovano scritti il mezzo e il motivo per lasciare il documento stesso. Un modo di scrivere serio spesso si concentra nell'attirare l'attenzione dei lettori. Un ipertesto deve saper catturare l'attenzione e distrarla allo stesso tempo.” Non credo sia stato ancora abbastanza studiato questo fenomeno, ma certo diventa difficile predeterminare come si comportera' il lettore di una rivista Web, molto piu' che predire comportamenti sui media tradizionali. Tutti gli AA che hanno studiato il Web sono d'accordo sul fatto che la lettura dell'ipertesto e' una lettura anarchica e per frammnenti, a volte associativa e girovagante.

Questi chiarimenti, seppur suggestivi, non esauriscono tuttavia la questione.
Un ulteriore possibile ostacolo all'interattivita' via Web puo' consistere, a mio parere, nel non sapere chi si ha di fronte e nella sensazione di lanciare il proprio messaggio “nel vuoto” (dove andra'? chi lo leggera'?). Carlini chiama questo fenomeno “smarrimento granulare: nell'ipertesto e' facile, con la lettura non lineare, smarrirsi sia praticamnte che concettualmente. Fattore, questo, sia positivo – il girovagare – sia fonte di perplessita', che lascia insoddisfazione (sono partito per cercare suna cosa, e ne ho trovata un'altra). Non si sono ancora stabiliti in rete quelli che Goffman chiama “rituali di interazione”, quelle modalita' consolidate di percezione dell'altro che ci consentono di sapere chi abbiamo di fronte e con chi stiamo parlando, rassicurandoci. Se questo ha certo piu' pregnanza per le altre forme gia' mezionate di rapporti on line, non possiamo escludere possa incidere anche in questa.

Un'altra ragione puo' ritrovarsi nel fatto che mentre nelle comunita' virtuali, nei forum o nelle ML esiste in genere un forte spirito di appartenenza ( “mi iscrivo a un ML di psichiatri perche'sono uno psichiatra”, “entro in un forum di bulimici perche' sono bulimico”, e cosi' via…), lo stesso non puo' dire per l'interattivita', ad es., con una rivista o con un sito Web. Io cerco li' informazioni di cui ho bisogno, non appartenenze.
. Il vero valore di una rete riguarda meno l'informazione e piu' la socializzazione.(Negroponte,1995)
Il frequentissimo fenomeno delle “metadiscussioni” (Wallace) in cui “le persone si allontanano dall'argomento specifico e si preoccupano piuttosto di analizzare la natura della discussione in se'” sarebbe quasi impossibile nell'interattivita' via Web, mentre e' la coloritura potremmo dire emozionale piu' importante, a mio avviso, dei gruppi di discussione virtuale. Sembra che gran parte dei partecipanti ad un qualunque tipo di gruppo on line abbia bisogno di sperimentare la metadiscussione, aiutati come si e' in rete dall'assenza di corpo e dall'anonimato (sui quali, in questa sede, non entriamo); venendo meno questa possibilita', come avverrebbe nell'interagire con una rivista, e' possibile che a livello preconsapevole venga meno la spinta stessa all'interazione.
In altri termini, accade spesso che, su Internet, quello che si cerca non e' comunicare per informarsi, ma comunicare per metacomunicare, comunicare con il pretesto di un oggetto realistico ma in realta', a livello profondo, cercare attraverso il contatto virtuale con l'altro una possibilita' di definizione di Se' e di esplorazione di Se'.
Abbiamo fatto solo alcune ipotesi, e si tratta di un fenomeno ancora quasi interamente da sottoporre ad indagine.
Vorrei concludere con questa frase, raccolta appunto girovagando qua e la' in Internet, di una Webmaster italiana, Linda Scotti “….come viandanti, cerchiamo anche in rete quello che, senza sosta, andiamo inseguendo anche nelle comuni relazioni quotidiane, ovvero uno specchio per vedere come siamo fatti”.

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