Personalmente, manifestando il mio affetto e la mia vicinanza a Massimo Recalcati in questo momento difficile della sua vita personale, non posso esimermi dall’affermare che il rischio vero che si corre in affaires come questi è che a perderci sia la Psicoanalisi nel suo insieme in termini di credibilità e ciò credo debba dispiacere a molti dei lettori della nostra rivista.
BOLLORINO: Recentemente si è scatenata una feroce polemica all’interno del mondo Lacaniano con Jacques Miller che ha pubblicamente attaccato il suo ex allievo e analizzato Massimo Recalcati di fare uso della psicoanalisi per sostenere le tesi politiche del partito a cui è pubblicamente iscritto il PD. Che idee ti sei fatto dopo aver letto i documenti ampiamente pubblicati e diffusi in rete della questione?
THANOPULOS: Ho avuto l’impressione che nella lettera di Miller si mescolassero ragioni etico/politiche e fatti più inerenti al suo rapporto con Recalcati e anche a loro conflitti scientifici e istituzionali. Non entro tanto nel merito di questo secondo livello di comunicazione, non esplicitamente dichiarato, perché sono un osservatore esterno e non sono sufficientemente informato. Non saprei dire, ad esempio, come Recalcati abbia usato il discorso di Miller. Sicuramente le cose che scrive su Lacan sono interessanti e piuttosto chiare. Le ho lette con piacere. Lui e Di Ciaccia hanno contribuito molto a rendere comprensibile al vasto pubblico il discorso lacaniano. So anche quanto importante è stato in questa direzione il lavoro di Miller di cui entrambi hanno usufruito.
Per quanto riguarda l’aspetto etico/politico credo che sia legittimo che Miller possa considerare incongruo il sostegno a Renzi da parte di un’analista, se tale sostegno implica una torsione della teoria psicoanalitica a esigenze politiche contingenti. Se, in altre parole, l’analista piega il suo discorso, costitutivamente etico, a esigenze di partito, del momento. Il che è cosa diversa dalla sua adesione, scelta personale e libera, a un’organizzazione politica.
Il miglior modo per affrontare questa questione spinosa, e non facile da dirimere, è di limitare la propria critica nello spazio della discussione scientifica. In alcune circostanze ho espresso opinioni critiche nei confronti di Recalcati: sulla sua concezione del “complesso di Telemaco” e del “perdono” e anche sulle sue argomentazioni a favore al Sì, nell’ultimo referendum costituzionale. Erano critiche circostanziate, mirate a evidenziare limiti o incongruenze argomentative del suo discorso.
Penso che i limiti presenti nel lavoro di Recalcati, non derivino da un suo opportunismo politico, ma dal suo eccessivo coinvolgimento nella comunicazione mediatica, dotata di sue regole e di sue audience che al rigore del pensiero e della ricerca si interessano poco.
BOLLORINO: Miller nella sua presa di posizione pubblica contro Recalcati ha fatto riferimenti neanche tanto velati alla “psicopatologia” di Recalcati suo ex analizzato che ne pensi da analista di un comportamento di tal fatta?
THANOPULOS: Un’analista deve rispettare la privacy del suo analizzando e men che mai usare la conoscenza che ha di lui per criticarlo. Può criticare le sue posizioni analitiche anche severamente, ma lo deve proteggere come persona.
BOLLORINO: Recalcati nella sua replica pubblica dice in pratica che vi sono due Miller il primo che egli ha amato, quello della sua analisi personale, e il secondo quello che come Crono lo attacca. Che opinione ti sei fatto della cosa?
THANOPULOS: Ha detto, in sostanza, che Miller è scisso. Tuttavia, nel dirlo si è scisso anche lui. Mi sembra che nessuno dei due abbia fatto il lutto della loro rottura.
BOLLORINO: Centrale per me è il tema della neutralità analitica e del mestiere che sia Miller che Recalcati fanno quale è la tua opinione? Ovvero fatto salvo il fatto inoppugnabile che sia stato Miller ad attaccare Recalcati tu alla luce della neutralità anche in riferimento ai tuoi pazienti come ti saresti comportato?
THANOPULOS: L’analista non è neutrale se non nel senso della sospensione del giudizio. Tifa per il suo analizzando, si augura che trovi il proprio posto nella vita e ne tragga soddisfazione. Si astiene, tuttavia, da investirlo con le proprie aspettative e valutazioni e arriva fino a sospendere il proprio modo di desiderarlo e di inquadrarlo, a partire dalla propria storia/memoria, per consentirgli di emergere come soggetto desiderante. Meno invade lo spazio dell’analisi con la sua vita o i suoi conflitti privati, meglio è.
BOLLORINO: Un altro aspetto della polemica risiede nell’uso del nome di Pier Paolo Pasolini. A lui è stata intitolata la Scuola di Partito. Che ne pensi?
THANOPULOS: Penso che Pasolini avrebbe detestato il modo di pensare e fare di Renzi. Recalcati dice che vuole aiutare Renzi contro il populismo. E, spinto dall’amicizia, ci mette la faccia. Molti, anche tra i miei amici, pensano che sostenere Renzi, come minor male, contro il populismo sia una necessità. Anche sostenere la Clinton contro Trump era una necessità, ma dobbiamo chiederci se queste scelte necessarie siano anche funzionali. Quando capita essere amici di in politico bisogna distinguere tra amicizia e scelta politica. Amicizia privata e amicizia politica non sono cose sovrapponibili.
Io non capisco davvero coloro che immaginano Renzi come argine contro Grillo. L’unica prospettiva realistica di un suo nuovo governo è un’alleanza con il berlusconismo. Che del populismo fu la prima interpretazione di successo nella nostra recente storia. Inoltre, non sono proprio queste soluzioni approssimative, che lasciano il tempo che trovano, quando non aggiungano guai ai guai, a fomentare il fenomeno delle Cinque stelle?
L’analista, come privato cittadino, può schierarsi come preferisce, ma può anche usare il suo sapere non per giustificare le sue scelte di partito, ma per capire e far capire perché siamo finiti in un’impasse così catastrofica. Accettando naturalmente di essere criticato da chi ha interpretazioni diverse dalle sue.
BOLLORINO: Di scissioni a volte “sanguinose” è costellata la storia della psicoanalisi che a me ricorda un po’ quella del Socialismo in cui non si contano i partiti nati da continue lotte e conflitti ideologici e di potere. Qual è la tua opinione al riguardo?
THANOPULOS: Assistiamo a uno smarrimento della passione per la ricerca psicoanalitica, anche gli analisti preferiscono assestarsi su modelli teorici di sicuro e consolidato successo, piuttosto che discuterli criticamente e interrogarli. Di conseguenza il dibattito scientifico stagna e si tende a ragionare per formule, a applicare griglie di lettura precostituite. Ciò favorisce il “vivere e lasciare vivere”, una politicizzazione e ideologizzazione delle istituzioni psicoanalitiche che non sviluppa conflitti vivi di carattere scientifico in grado di mettere in tensione le posizioni, ma porta a alleanze e contrapposizioni statiche, coesistenze di scompartimenti stagni.
Nelle associazioni lacaniane ho l’impressione di una loro difficoltà di costituirsi come “comunità di fratelli”, di una persistenza del padre dell’“orda primitiva” che rende difficile lo sviluppo di un confronto tra uguali.
BOLLORINO: Personalmente mi sono fatto l’idea che la Psicoanalisi come l’Islam si muova costantemente tra spinte Sunnitiche e spinte Sciitiche ovvero che da un lato come tra i Sunniti ognuno si senta in grado di proclamarsi Iman e di fondare la sua propria scuola coranica dall’altro che si costituiscano Chiese con Clero addestrato in contrapposizione alle spinte indipendentiste. Che ne pensi? La psicoanalisi non è il Corano in ogni caso anche se sembra a volte atteggiarsi a nuova religione laica.
THANOPULOS: Gli “imam” e i “cleri addestrati” sono espressione della difficoltà di vivere in assenza di dogmi. La psicoanalisi è il sapere per eccellenza laico, non avversa né sostituisce il divino. Opera in solitudine, estranea ai poteri forti.
BOLLORINO: Che considerazioni conclusive puoi trarre da questa dolorosa vicenda?
THANOPULOS: La distinzione, che non è dissociazione, tra pubblico e privato fonda la possibilità stessa della psicoanalisi.
Evviva dunque.
Fui il primo a
Evviva dunque.
Fui il primo a postare la questione, che venne derubricata a ‘ diatriba da pollaio’ dalla quale pol.it preferiva ‘stare fuori’. Oggi è diventato argomento che ‘non lascia indifferenti i lettori’. Ho fatto bene a postarla, due volte.
POl.it resta fuori dalla
POl.it resta fuori dalla polemica tu ci sei immerso e la questione non è di poco conto. Fermo restando il diritto che hai ad avere tue opinioni diverse da altri senz aalcuna unzione nel realm della verità rivelata
Per nulla.
E’ la natura
Per nulla.
E’ la natura stessa del carteggio ad essere colma di polemon.
Non a caso i commentatori , qua, a Pol.it, prendono posizione.
Si schierano.
Commentare ed estendere un carteggio che contiene una polemica, de facto porta ad una presa di posizione.
Il commento stesso la è.
Pro o contro, poco importa.
Non ne sono immerso, ne sono coinvolto, c’è una bella differenza.
La questione è l’oggetto della petizione, e su chi e come possa o meno torcere l’inappartenente ppp pro domo sua.
Prendo parte perchè si tratta di psicoanalisi, perchè si tratta di Lacan.Perchè sento mio PPP.
Perchè i tagli sul gruppone derivati dalla vecchia scissione, li ho sulla pelle, non ex libriis.
Ribadisco la bontà della mia azione. Ho portato una questione attuale, ( la prima volta ha ciccato) allargata, degna di pol.it, perchè tocca questioni alquanto contigenti del mondo psicoanalitico, nella fattispecie il rapporto con la politica. E se prima era’roba da pollaio’, ora vedo con piacere che diventa pietra d’angolo, non piu’ scartata. Qua poco vale il peso delle opinioni. Illustri, meno illustri. Opache, famose.
Una vale una. E ciascuno risponde della sua pratica. Nel mio caso analitica. Dunque piu’ che immerso, io sono coinvolto. Sono partecipe. Pasolinianamente, non me ne frego. Ma mi interessa. Su Pol.it ho per primo ( credo, ma posso sbagliarmi) portato la questione psicoanalisi-politica. Il dibattito, qua e sui media, è stato fecondo. Dunque esserci, ciascuno a suo modo, è piu’ che lecito. E’ eticamante doveroso. Non sono per nulla unto dalla verità, per questo mi batto perchè PPP , dagli scritti del quale l’inappartrenenza l’ho imparata, resti libero.
penso che il compito di un
penso che il compito di un intellettuale sia quello di disporsi con spirito critico nei confronti delle cose del mondo, soprattutto – come afferma Thanapulos, che però circoscrive il discorso alla psicoanalisi – “per capire e far capire perché siamo finiti in un’impasse così catastrofico”.
Secondo Adorno l’essenza di questo spirito critico è nel chiedersi sempre ‘le ragioni della cosa’. Mi pare che in Recalcati sia possibile distinguere due momenti: quello iniziale in cui lo spirito critico era preponderante; quello attuale in cui si assiste come ad una divaricazione fra ‘discorso analitico’ ancora improntato da spirito critico e ‘discorso politico’ caratterizzato da una adesione enfatica.
Detto questo rimane il fatto che – piacciano o non piacciano i due Recalcati, piaccia o non piaccia uno dei due -, come dice Fusaro ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06/04/in-difesa-di-massimo-recalcati-come-uomo-e-come-filosofo-ha-il-diritto-di-schierarsi-anche-con-renzi/3634931/ ), nessuno può negare il suo diritto di parola. Tantomeno Miller.
THANOPULOS: “La distinzione,
THANOPULOS: “La distinzione, che non è dissociazione, tra pubblico e privato fonda la possibilità stessa della psicoanalisi.” Sono d’accordo. Questo riguarda tanto Miller (che, a mio avviso, non avrebbe dovuto esprimere critiche, anche personali, in pubblico al suo ex-analizzando), quanto Recalcati: il presentarsi pubblicamente come militante di un partito, mi pare renda difficoltoso assumere un ruolo “super partes” di fronte ai problemi, emotivamente rilevanti, che stanno affliggendo la società attuale e che possono influenzare l’esperienza vissuta del paziente.
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La relazione tra
La relazione tra psicoanalisi e politica e’ profonda. Basta ricordare che la prima cattedra di psicoanalisi di Sandor Ferenczi fu istituita in Ungheria dal governo rivoluzionario di Bela Khun . Tutto il seminario psicoanalitico tenuto da Wileim Reich e il successivo movimento sexpol era una realizzazione del connubio fra psicanalisi e politica.
La “sinistra psicoanalitica” continuo’ a sostenere l’importanza della relazione con la politica anche quando l’istituzione proponeva la “neutralità ” con l’illusione che il nazismo rispettasse la ” neutralità della scienza”.
Questo atteggiamento fu altamente deleterio anche per l’analisi didattica. Marie Langer racconta nella sua autobiografia che una sua amica parlo’ al suo analista didatta del fatto che la Langer aveva partecipato ad una manifestazione del partito comunista. L’analista ne parlo’ all’istituzione. Questa violazione del segreto analitico avrebbe dovuto provocare l’espulsione della Langer, che fu difesa dal suo analista Richard Sterba.
Anni dopo, durante la scissione della Internazionale psicoanalitica che avvenne a Roma nel 1969 sull tema della politica. Mariella Langer disse che non avrebbe mai più permesso di tenere separata questa relazione .
La politica era tornata prepotentemente nella psicoanalisi.
Ora, io sono in disaccordo con Massimo Recalcati su molti punti, sono in disaccordo con il Partito Democratico e con la sua politica, sono in disaccordo con Renzi e combatto la sua politica. Ma combatto risolutamente le affermazioni di Jaques Miilerr a proposito della legittimità che uno psicoanalista come Recalcati faccia politica con gli strumenti psicoanalitici. Miller si atteggia a papa di una inesistente chiesa della psicanalisi ed emette scomuniche odiose e ridicole. Le idee vanno contestate nel merito e non in nome di una immaginaria ortodossia. Per questo, e per quanto possa servire , do la mia totale solidarietà a Massimo Recalcati, che continuerò a criticare nel merito delle idee che non condivido ma che deve avere la totale libertà di potere esprimere.
Faccio delle piccole
Faccio delle piccole osservazioni:
– già da molto tempo il Professor Recalcati si è schierato politicamente, vado a memoria ma in più di un libro mi sembra ci sia una anamnesi patologica della politica ltaliana e dei suoi personaggi. Se non sbaglio mi sembra ci fossero anche nome e cognome (SB). Allora però si schierava contro qualcuno, ora a favore…ma le polemiche si fanno accese solo oggi. Prima no.
– utilizzo a fini politici della psicanalisi: non lo so non ho ancora un’idea precisa, la sto elaborando. Forse in democrazia tutti dovrebbero (non solo possono) concorrere al dibattitto sulla cosa pubblica con la propria ottica esperienza sensibilità strumenti di lettura. Solo dalla pluralità delle esperienze si arriva ad un precipitato frutto di una sintesi che va dal singolare all’universale, quale garanzia di giustizia e libertà. Quindi, forse, ben venga schierarsi. Sta a chi ascolta essere attento ad elaborare il pensiero altrui. Vagliarlo farlo proprio o a volte scartarlo.
– psicanalisi e ordinamento : se da un lato la psicanalisi quale pratica della parola può applicarsi alla vita politica cioè al modo con cui si discute e decide sulla vita pubblica, non penso possa essere estesa oltre. La politica oltre che di metodo si concretizza in leggi e provvedimenti concreti. Questi devono essere valutati con basi giuridiche ed in concreto e la psicoanalisi dei partiti a questo punto diventa meno calzante.
Quando sento parlare di cambiamento di rivoluzione di fare e decidere sono d’accordo siamo tutti d’accordo. Sono paradossalmente d’accordo tra loro anche le fazioni della politica. Però la situazione è da anni la stesaa. Pd come pdl. Il vento del cambiamento è da sempre calma piatta.
È inutile a mio avviso questo scontro di fazioni. Probabilmente anche la disputa Miller Recalcati non ha a che fare con la politica. Di certo non con il diritto.
Un modo corretto di schierarsi e fare politica diventa cosi a mio avviso quello che si basa sule norme sul diritto sui provvedimenti. Non sulle idee sulle fazioni e basta. La riforma costituzionale non era affatto buona la Costituzione attuale la invidiano tutti ma di fatto non ha impedito per tutta la storia repubblicana scandali corruzione e una gestione nel complesso non proprio idilliaca.
va recuperato il peso del diritto e della parola. Della legge o Legge o nome del padre. In questa direzione credo si debba andare e credo che in molti si possa essere d’accordo nel ritenere che tra l’essere ed il dover essere il divario da colmare sia ancora vasto.
Bé, definire “sanguinosa” una
Bé, definire “sanguinosa” una polemica fatta anche di qualche “colpo basso” e del vecchissimo vizio di stigmatizzare il dissenso ricorrendo a diagnosi psichiatriche (in Freud e nei pionieri questa fu la regola), mi sembra un po’ esagerato. Recalcati non è Tausk, né Ferenczi, e chi lo critica non è Freud.
Detto ciò aggiungo soltanto che non mi scandalizza particolarmente il sostegno pubblico che Recalcati dà al Partito Democratico. Lo stesso Thanopoulos, nella discussione, entra, del tutto legittimamente, nella diatriba politica esprimendo il proprio dissenso da Renzi; ma lo fa con minor clamore e minore esposizione di quanto non faccia Recalcati; e questa è una distinzione non certo “minore” se, come credo sia indispensabile, si tiene conto del contesto.
Il contesto, infatti, è quello di una società ormai dominata dalla comunicazione pubblica in costante e ininterrotta interconnessione: un “villaggio globale” (mi si perdoni l’ovvietà) in continua intercomunicazione, a causa del quale il tradizionale riserbo degli psicoanalisti più affezionati al modello canonico è messo a dura prova, per la presenza di mezzi quali WhatsApp, Facebook, e simili.
Una delle conseguenze della situazione è l’ormai costante osmosi fra mondo politico e mondo dello spettacolo, una dinamica nella quale i ruoli si scambiano continuamente.
Dire quindi a Recalcati che fa male a sostenere una parte politica, quando è continuamente oggetto di una smisurata sovraesposizione mediatica, mi pare sia una considerazione che lascia esattamente il tempo che trova. Forse Miller non legge Repubblica, non partecipa ai Festival, non segue Che Tempo Che Fa. Altrimenti saprebbe che Recalcati è già in casa nostra tutti i giorni, e che il fatto che sia dalla parte di Renzi piuttosto che da un’altra parte, cambia poco la musica.
il sangue scorre
il sangue scorre indipendentemente dai quarti di nobiltà e da qunato sia blu….
“La distinzione, che non è
“La distinzione, che non è dissociazione, tra pubblico e privato fonda la possibilità stessa della psicoanalisi.”
Personalmente credo che questa ultima affermazione di Sarantis sia il punto nodale dell’intera vicenda su cui meditare eticamente e clinicamente. La neutralità è il centro del setting e in questa vicenda mi pare sia stata violata e questo mi pare il tema forte su cui ragionare magari dal “lato paziente” ovvero per essere come sempre chiari ci sono domande su cui meditare: 1) Cosa penseranno gli analizzati di Miller al netto dell’idealizzazione? 2) cosa penseranno gli analizzati di Recalcati al netto dell’idealizzazione?
Caro Francesco
Ho letto con
Caro Francesco
Ho letto con attenzione e interesse tutti gli interventi di commento alla nostra intervista e, oltre a trovarli stimolanti e arricchenti, li trovo del tutto condivisibili nella sostanza e nella forma.
Tu poni una questione precisa: quale sarà stato l’effetto sugli analizzandi dei due analisti di questo conflitto che è uscito dai confini del dissenso scientifico andando a toccare aspetti privati?
Penso in generale che le passioni civili, culturali e politiche degli analisti non intacchino la riservatezza del loro ruolo, non più di quanto non lo facciano le loro posizioni scientifiche e i resoconti del loro lavoro analitico, quando vengono pubblicati. Li restituiscono all’analizzando come figura umana, viva e li allontanano dallo stereotipo di una figura asettica, misteriosa, sacrale.
C’è da dire che chi fa analisi coglie, inconsciamente e consciamente, molti aspetti del modo personale di essere del proprio analista. Non gli interessa l’analista come persona in sè, quanto piuttosto l’uso che di questi aspetti può fare per dare espressione al proprio modo di essere e di desiderare (prevalentemente sul piano onirico e transferale).
È importante che questi aspetti più personali e privati non glieli fornisca l’analista stesso: questo bloccherebbe il lavoro creativo della loro scoperta e immaginazione e impedirebbe la libertà del loro uso. La discrezione è sempre d’obbligo anche perché, notoriamente, gran parte della curiosità (inconscia e conscia) degli analizzandi è rivolta alla “camera da letto” dell’analista (che cattura tutta la fantasmatizzazione relativa alla “scena primaria”). Pontalis scrisse che tra la camera dei bambini e la camera dei genitori ci deve essere un corridoio sufficientemente lungo. Intendeva dire che I bambini possono immaginare, sognare cosa accade nella stanza coniugale ma non devono ascoltare e sentire. Soprattutto, mi sentirei di aggiungere, non devono essere i genitori a aprire loro la porta.
Bisogna essere attenti a non mettere troppa carne sul fuoco, resistere alla fantasia di poter gestire qualsiasi cosa a favore del lavoro analitico. Più variabili introduce, più l’analista rischia di vedere sfuggirgli di mano il proprio lavoro e scivolare, senza volerlo, nella dimensione della seduzione persuasiva.
È un pericolo che si corre, ma meno lo si corre meglio è.
Sarantis Thanopulos
Sul tema rimando a due
Sul tema rimando a due ulteriori contributi pubblicati sulla rivista:
MILITANZA POLITICA E PSICOANALISI, IL CASO MASSIMO RECALCATI
http://www.psychiatryonline.it/node/6884
RECALCATI, JOYCE E ALAIN MILLER
http://www.psychiatryonline.it/node/6878
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