COMUNICATO STAMPA
I dati diffusi in occasione del congresso dei giovani psichiatri in corso a Roma
Mencacci (Sip): “Questa condizione si è creata dopo anni di abbandono, da parte delle
Istituzioni, della salute mentale nelle carceri. Tra un anno chiuderanno anche gli OPG, quindi
l’assistenza sanitaria dei detenuti va affrontata immediatamente e con le giuste risorse”
Roma, 12 aprile 2013 – Un terzo dei detenuti soffre di una malattia mentale. Su quasi 70
mila persone oggi presenti nelle carceri italiane i conti sono presto fatti. Ventimila è un
numero calcolato per difetto: psicosi, depressione, disturbi bipolari e di ansia severi sono
la norma nel 40% dei casi, a cui vanno aggiunti poi i disturbi di personalità borderline e
antisociale. Persone a volte già ammalate, altre che si ammalano durante la detenzione
complici il sovraffollamento, i contesti sociali inimmaginabili, la popolazione straniera di
difficilissima gestione. In questa situazione i cosiddetti detenuti sani finiscono con
trovarsi in un inferno aggiuntivo che, nella peggiore delle ipotesi, può portare anche al
suicidio. In Italia, quelli compiuti in carcere, hanno numeri 9 volte superiori rispetto alla
popolazione generale con tassi aumentati negli ultimi anni di circa il 300% (dai 100 del
decennio 1960-1969 a più di 560 nel 2000-2009 con oltre il 36% di decessi). Crescita che
non si arresta: nel 2011 sono stati 63 i suicidi (0.9% per 1.000 detenuti), più di mille i
tentati suicidi (15%) e oltre 5.600 gli atti autolesivi (84%). A farne le spese anche
l’organizzazione interna alle carceri: tra il 2000 e il 2011, 68 suicidi solo a carico degli
operatori di Polizia Penitenziaria. Di questo si è parlato in occasione del congresso dei
Giovani Psichiatri in corso a Roma (“La psichiatria tra pratica clinica e responsabilità
professionale”).
“Tutto ciò accade dopo anni di abbandono, da parte delle Istituzioni, della salute mentale
italiana, fuori e dentro le carceri – spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana
di Psichiatria – e questo è il conto da pagare. Salatissimo e non finito perché la norma entrata
in vigore nel 2012 che avrebbe dovuto avere una Sezione di Osservazione Psichiatrica
funzionante e bastevole per ogni Regione è stata fortemente disattesa a causa di fondi specifici
carenti. Anche su questo aspetto chiediamo l’intervento del Ministero tanto più ora che
abbiamo prorogato la chiusura degli OPG, ma solo per un anno. Questa è quindi una cambiale
a breve scadenza, ma non sappiamo quando potremo pagarla”.
Il sovraffollamento, a livelli record (150 detenuti per 100 posti, rispetto ai 107 del resto
d’Europa), è già una condizione di grave disagio per il detenuto sano. Figuriamoci per un
paziente con malattia mentale. Appena chiuderanno gli OPG una parte di questi detenuti
tornerà in carcere. Se la situazione non sarà cambiata, e non vi sono le premesse perché lo sia,
potrebbe davvero diventare esplosiva.
“Il superamento degli OPG e il pieno passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al
sistema sanitario nazionale devono procedere parallelamente – spiega Mencacci – nell’ambito
della più ampia riorganizzazione della Sanità Penitenziaria e delle nuove competenze dei
Dipartimenti di Salute Mentale. A questi sono attribuite importanti responsabilità per la tutela
della salute mentale dei cittadini detenuti. Si tratta, infatti, delle uniche Istituzioni, nell’ambito
del servizio pubblico, in grado di garantire una visione d’insieme ed un approccio realmente
integrato al raggiungimento degli obiettivi sanitari ed assistenziali che vengono affidati dal
SSN alle proprie strutture”.
I Dipartimenti di salute mentale possono validamente interconnettersi con tutte le altre
Istituzioni operanti in ambito carcerario, risolvendo uno dei problemi più rilevanti ancora
aperti, cioè la frammentazione degli interventi sanitari in questo contesto, incluso le
Dipendenze. Infine dal punto di vista operativo i Dipartimenti offrono strutture e competenze
multiprofessionali in grado di coprire, dentro e fuori dal carcere, gli interventi opportuni, e la
continuità terapeutica.
“Tutto bene fino ad ora – conclude il presidente SIP – ma solo sulla carta, perché nessuno ha
ancora pensato e predisposto risorse per questa operazione. Si ritiene inderogabile, pertanto,
che i Dipartimenti di Salute Mentale, siano potenziati e dotati delle risorse necessarie e
sufficienti per garantire tale operatività in carcere, anche attraverso una dotazione di personale
rispondente ai compiti affidati, e di strutture sovranazionali, quali i Centri di Osservazione
Neuro Psichiatrica (CONP, nei fatti Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura intra carcerari,
finalizzati alla gestione dell’urgenza) e i Reparti di Osservazione Psichiatrica (ROP, nei fatti,
aree specialistiche di osservazione diagnostica qualificata a tempo definito)”.
Ufficio stampa SIP
CB-Com
Carlo Buffoli
Tel. 349.6355598
PROPOSTE OPERATIVE IL SUPERAMENTO
DEGLI OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI (OPG)
AI SENSI DELLA L. 17.02.2012, N. 9 E SUCCESSIVO DPCM DI PROROGA
In riferimento al processo di superamento degli OPG successivo al D.P.C.M. 1 aprile 2008
oggetto di numerose azioni concordate nella conferenza delle regioni e delle province
autonome ed infine confermato dai contenuti della legge 9/2012, si ricorda come il percorso si
dovrebbe concretizzato in tre azioni a cui la Società Italiana di Psichiatria ne propone una 4
indispensabile per la buona riuscita di tutti i percorsi:
1. Recupero delle persone internate negli OPG: questa azione è in corso in tutte le regioni
sebbene incontri due principali difficoltà; da un lato le risorse ridotte ai DSM per la presa in
carico dei soggetti dimissibili, dall’altra la presenza negli OPG di internati non per motivi
sanitari o terapeutici ma per motivazioni giuridiche o decisioni di opportunità detentiva da
parte dell’Amministrazione Penitenziaria;
2. Potenziamento della tutela della salute mentale negli Istituti di Pena in accordo al DAP
(Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e alla completa realizzazione del passaggio
della Medicina Penitenziaria al Servizio Sanitario Regionale. Vi è un notevole ritardo in molte
regioni di questa azione che è indispensabile per poter effettuare le osservazioni nelle sezioni
speciali e per poter gestire i detenuti con disturbi mentali sopraggiunti durante la pena. In
quest’anno di rinvio si dovrebbe costituire la rete regionale della salute mentale negli istituti di
pena che possa avere in ciascuna regione la sezione speciale di osservazione, gestita in
convenzione con il servizio sanitario regionale, di dimensioni sufficienti alle esigenze di
ciascuna regione.
3. Realizzazione delle strutture residenziali alternative agli OPG per accogliere i malati di
mente autori di reato, pericolosi socialmente, a partire dal 1 aprile 2014, nel rispetto dei
requisiti stabiliti dal Decreto del Ministero della Salute del 1 ottobre 2012. Affinché tali
comunità non diventino dei mini OPG, bisogna riconsiderare le misure di sicurezza come dei
percorsi diagnostico terapeutici sanitari, il cui periodo di permanenza all’interno della struttura
comunitaria venga stabilito dalle esigenze di cura. Ovverosia bisogna uscire dall’automatismo
che i 2-5 o 10 anni di misura di sicurezza, decisi dal Giudice sulla base della gravità del fatto
reato, diventino la prescrizione di altrettanto tempo di permanenza all’interno della singola
comunità; al massimo potrebbero essere tempi del percorso di cura che inizia in carcere passa
attraverso le strutture comunitarie e termina nelle strutture del DSM o dell’ASL a seconda
delle esigenze sanitarie del paziente. Un percorso riabilitativo residenziale, secondo quanto
sostenuto dalla letteratura internazionale viene considerato riabilitativo se ha una durata
massima di due/tre anni.
4. Potenziamento dei Dipartimenti di Salute Mentale (DSM) delle ASL regionali: I DSM
in tutte le regioni si trovano in gravi difficoltà perché sono dotati di una serie di servizi previsti
dal Progetto Obiettivo Tutela della Salute Mentale, che devono gestire con sempre minor
numero di personale. Il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione ha penalizzato
maggiormente quelle professioni sanitarie ove la relazione interpersonale è alla base del
trattamento come appunto la salute mentale. Inoltre la crisi economica e le difficoltà sociali
che ne derivano hanno di molto incrementato la richiesta di interventi in quest’ambito. Una
minore disponibilità di risorse dei servizi sociali inoltre si riversa su quella parte di
popolazione più debole come il malato di mente che per sua definizione sovente ha di per sé
una deriva sociale.
E’ auspicabile pertanto che le regioni siano stimolate a lavorare per completare la presa in
carico dei soggetti internati e incrementare l’assistenza negli istituti di pena, fornendo alle
ASL le risorse atte a permettere ai DSM di avere le risorse umane ed economiche necessarie a
tale scopo.
E’ necessario che a livello regionale si aprano dei tavoli di discussione tra Magistrati Ordinari
e di Sorveglianza, DAP e Direzioni dei DSM sia per un migliore coordinamento della rete
della Salute Mentale negli Istituti di Pena e l’ottimizzazione della Sezione speciale di
osservazione psichiatrica regionale, sia per dare un interpretazione corretta della esecuzione
della Misura di Sicurezza allorquando non vi saranno più gli OPG e tale incombenza dovrà
divenire un percorso sanitario da effettuarsi sia nelle strutture previste che a livello territoriale
così come già avviene attraverso provvedimenti giuridici quali gli arresti domiciliari o la
libertà vigilata. Quest’ultimo passaggio dovrebbe portare ad un protocollo regionale di
operatività concordato tra personale sanitario e personale del Ministero di Giustizia le cui
esigenza possono essere differenti e concordanti ma non sovrapposte. Le finalità e l’operatività
delle due appartenenze devono essere concordate per poter essere di aiuto al malato di mente
autore di reato.
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