di Matteo Ferrari
La politica svizzera delle tossicomanie ha ripreso vivacità e vi sono presagi d’un riavvio della discussione pubblica, anche se il tema oggi interessa poco, dopo un’innegabile normalizzazione che ha tolto il consumo di sostanze dalla ribalta della cronaca.
A cavallo tra gli anni ’80 e ’90, infatti, il dibattito era aspro anche perché l’epidemia d’eroina in corso aveva sullo sfondo l’Hiv, le morti per overdose e le scene aperte, con consumo in pubblico e forte degrado sociale. Sul campo nacque allora la politica dei quattro pilastri, che aggiungeva la riduzione del danno ai tre pilastri teorizzati negli anni ’70, quando s’introdusse la punibilità del consumo nella convinzione che avrebbe favorito la prevenzione, la terapia e la repressione. Si sperimentò anche il trattamento a base d’eroina, che si è rivelato efficace.
I quattro pilastri, riduzione del danno compresa, dal 2011 sono ancorati nella legge nazionale approvata con voto popolare nel 2008. È però stata una riforma parziale, che ha
consolidato quanto rivelatosi efficace nelle pratiche di presa in carico, ma che non ha osato affrontare il consumo ricreativo di canapa. L’unica innovazione, elaborata in un tortuoso iter legislativo, è la previsione per il consumo di canapa di una multa. Dal 2013, a determinate condizioni, in particolare la maggiore età e la detenzione d’un massimo di 10 grammi, il pagamento di 100 franchi (90 Euro) estingue il reato.
Gli sforzi delle tre commissioni su alcol, tabacco e droga sembrano essere stati recepiti dalle autorità della Confederazione. Andando con ordine, nel 2006 con psychoaktiv.ch la commissione droga ha tematizzato le modalità di consumo, indicando che la necessità d’intervento dipende dalla situazione, poiché le sostanze si consumano con modalità differenti: consumi non problematici, consumi problematici e dipendenze che richiedono una presa in carico. Si suggeriva d’andare oltre il paradigma legale/illegale nell’impostare le politiche e le pratiche sulle sostanze.
Nel 2010 le tre commissioni su alcol, tabacco e droga evocano unasfida alle dipendenze rammentando come vadano affrontate nel paradigma di una società liberale, che ricorre a mercati accessibili 24h su 24 e senza più riferimenti territoriali. Tale contesto non consente più obblighi e divieti, bisogna mirare ad alleanze con produttori e commercianti e al dialogo con i consumatori. Nel 2013 le tre commissioni esplicitano la loro visione: la regolamentazione di produzione, lavorazione, commercio e consumo con la creazione e il rafforzamento delle competenze al consumo saranno fattori strategici.
Su queste basi il governo svizzero a fine 2015 ha approvato una strategia nazionale dipendenze 2017-2024 che va oltre gli stupefacenti ed estende a tutte le sostanze (nonché al gioco d’azzardo) il modello dei quattro pilastri. È ragionevole attendersi che il governo segua anche le indicazioni UNGASS 2016 della sua commissione consultiva: maggiore attenzione ai diritti umani e alla riduzione del danno, con conseguente revisione delle convenzioni ONU. Il tema che però farà maggiormente discutere è la raccomandazione di promuovere modelli di regolamentazione basati sulla pericolosità delle sostanze e non sul loro statuto legale.
Non a caso l’ultimo lavoro della commissione droga, che con il 2016 è divenuta commissione dipendenze, s’intitola “Le droghe sono pericolose?”: un rapporto che esamina più studi e mostra quanto sia complesso classificare le sostanze. La commissione conclude che la legislazione basata sul divieto non è più sufficiente per far fronte alle sfide future: tutte le droghe sono pericolose e allo stesso tempo innocue.
Bisogna sviluppare modelli di regolamentazione per tutte le sostanze, legali o illegali, per renderle accessibili e controllate dallo Stato.
Matteo Ferrari scrive sulle politiche della Svizzera per la rubrica di Fuoriluogo su il
Manifesto del 13 gennaio 2016.
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