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20 LUGLIO: UN ALTRO SBARCO SU UN’ALTRA LUNA

20 Lug 19

A cura di FRANCESCO BOLLORINO

Venti Luglio, Laurea in Medicina: cen­to­dieci e lode con dodici punti per una tesi in psi­chia­tria, scritta sotto un ombrellone ad Aren­zano, un anno prima.
Ho la gola secca, la camicia di seta ma­dida sotto il ve­stito di lino bianco ghiac­cio, il tea­trino è fi­nito: ho avuto la stretta di mano del Preside, la finta di­s­cus­sione tra i Com­mis­sari, il distratto in­te­resse del Controrela­tore, l’este­nu­ante at­tesa del mio turno, nell’afa del pome­rig­gio che stri­scia, umido e ru­bro, verso una notte stel­lata; sono solo, non ho voluto nes­suna claque, adesso pren­derò un aperi­tivo col Rela­tore, quattro chi­ac­chiere di cir­co­stanza e poi una telefo­nata a casa per dare la no­tizia at­tesa e pre­vista.
Ripiego con cura la spifferosa capotte di tela leg­gera della Mor­gan 4 / 4  ca­noni­ca­mente british ra­c­ing green, smonto i trabal­lanti ve­tri late­rali, metto in ta­sca la cra­vatta e mi la­scio in­ghiottire dal traf­fico del­l’en­ne­sima serata in cui nessuno mi aspetta, qu­alcuno guarda la mac­china ec­cen­trica ed esclu­siva, nes­suno è in an­sia per me, nes­suno sta per cor­rere ad ab­bracciarmi: niente fe­ste di Lau­rea, niente di niente, solo io con un Dott. in più sul bi­glietto da visita, i miei giocat­toli co­stosi, la mia solitu­dine in­finita, coltivata con rab­biosa de­termi­na­zione.
 
Gli psichiatri curano ultimi che non sa­ranno mai primi, gli psi­chiatri rubano i sen­timenti dalla bocca della gente,  gli psichiatri, a una certa età, si fanno cre­scere la barba, vanno a congressi uggiosi por­tando pantaloni di fusta­gno o di vel­luto col ca­vallo troppo basso e la col­lega con cui in­trec­ciano ro­man­ti­cis­sime storie se­grete di sesso assa­ta­nato, gli psi­chia­tri fanno con­ti­nue riu­nioni di équipe e hanno lo sgu­ardo finto indaga­tore dietro occhiali da vero ar­chitetto, le psichia­tre col tempo mettono su un po’ di culo, vanno a con­gressi soporiferi por­tando, sotto il braccio, pac­chi di quoti­diani una volta ri­goro­sa­mente di sini­stra, ora dovero­samente ra­di­cal-chic e il collega col quale in­trec­ciano ses­suosis­sime sto­rie se­grete di amore ro­man­tico, le psi­chiatre si rea­liz­zano “ molto ” nel loro la­voro, gli psi­chiatri e le psi­chia­tre hanno al­meno un ma­trimonio fallito alle spalle, gli psi­chiatri e le psi­chia­tre cer­cano di par­lare con voce impostata o, forse, tentano di im­postare con voce par­lata e sem­brano sempre sul punto di dire qual­che grande ve­rità, in realtà pen­sano poco, come tutti, solo che hanno in grande spre­gio il darlo a ve­dere, spesso non sanno cosa fare e a volte vorreb­bero cambiare me­stiere, gli psi­chia­tri e le psi­chia­tre hanno la mente tri­ste, proba­bil­mente è per questo che in co­mune tra me, che ho il cuore tri­ste, e loro c’è solo una tristezza non con­divisi­bile.
 
L’analista mi ha fissato finalmente l’ap­pun­ta­mento per il primo collo­quio, sono ar­rivato in largo an­ticipo, più di sempre; mi sono messo il vestito buono come per an­dare a dar un esame .
Le racconto, in rapido sunto, con gli occhi bassi ma senza appa­rente imba­razzo, la mia vita con i suoi con­tre e sur­con­tre e gli ul­timi miei guai affet­tivi, che mi hanno con­vinto, de­finitivamente, a ri­sol­vermi a chie­dere una ana­li­si, ora che lo sti­pendio di as­si­stente mi dà una certa indi­pendenza eco­no­m­ica; adesso la gu­ardo in viso: no, non ho chiesto collo­qui ad altri ana­li­sti; non ho nes­suna in­ten­zione di di­ven­tare psi­co­anal­i­sta, di­mentichi che sono me­dico, di­menti­chi che sto specia­liz­zan­domi in psichia­tria, io de­sidero solo trovare un mi­gliore rap­porto con me stesso, perché, vede, io non mi voglio bene, so­prat­tutto non mi piaccio e que­sto suc­cede ogni volta che mi sento di nuovo ottanta chili.
« Ma lei mi sembra molto magro, ora.»
« Certo, è proprio per questo che sono qua.»
Con quale criterio si sceglie un’analista? Con quale criterio si viene scelti?

Nonostante la lunga militanza di paziente e la nu­me­rosa schiera di co­no­scenti e col­leghi che sono ri­corsi alla psi­coana­lisi, an­che limi­tan­domi al ver­sante orto­dos­sa­mente freu­diano della stessa, trala­s­ciando per scarsa co­no­scenza o per carità di pa­tria le correnti ad­le­riana, jun­ghia­na, la­ca­niana, reikiana, avven­tista, fon­da­mental­i­sta, neo­plato­nica, buddi­sta, ­spiriti­sta non sono riuscito a farmi un’idea uni­voca.
La psicoanalisi freudiana si trova per certi versi in una situazione pa­rados­sale: la mag­gior parte dei suoi pa­zienti è rap­presentata, infatti, da per­sone che deside­rano diven­tare ana­listi loro stessi e la mia con­fu­sione deriva dal fatto che la psi­coa­na­lisi è, o dovrebbe es­sere, prin­ci­pal­mente, uno stru­mento te­rapeu­tico ma al tempo stesso è, o dov­rebbe es­sere indispen­sabile che un ana­lista fosse, oltre che formato cul­tural­mente anche ana­liz­zato per­so­nalmen­te per meglio gestire le emo­zioni che dal suo la­voro, in­e­vitabil­mente, deri­vano. Il problema nasce nel momento in cui le aspetta­tive dell’a­naliz­zando sono volte più verso una car­riera che verso una cura e, per qu­anto bravo possa essere il ter­a­peuta a sma­sche­rare questi pro­blemi, il ri­schio che molte ana­lisi più che in­ter­minabili siano termi­nate prima ancora di ini­ziare è ele­vato; d’altra parte un ri­cambio gene­r­a­zio­nale deve pur es­serci e il cur­sus ho­no­rum pro­gram­ma­to dalla S.P.I.( Socie­tà Psi­coanalitica Ita­liana) , fatto di su­pervisi­oni, seminari, con­trolli se­veri, è in li­nea teorica sufficiente­mente selet­tivo per evitare grossi guai, anche se questa si­tuazione cir­colare di analisti che curano altri anali­sti che cu­rano altri ana­listi che curano altri ana­listi ha dei lati molto buffi, a ben pensarci. Procediamo con ordine: il primo ostacolo da su­per­a­re è rappre­sentato dalla ri­cerca di un posto in ana­lisi; i no­stri candi­dandi analisti, in ge­nere, si in­for­mano tra i col­le­ghi più for­tu­nati già in ana­lisi, chie­dono un po’ in giro, se non hanno al­tra solu­zione si procurano la li­sta che la S.P.I. pub­blica ogni anno: se sono pigri si limi­tano agli analisti della loro città , se sono molto eroici, molto moti­vati o con molto tempo li­bero si danno d’attorno an­che nelle città cir­convicine, pren­dendo su il te­le­fono e cer­cando un appunta­mento per es­sere messi al­meno in lista di at­tesa, e sì, perché, al­meno al mo­mento, la richi­e­sta è supe­riore al­l’of­ferta e può capi­tare, per giunta, che qual­che inge­gnere del catasto o im­piegato della S.I.P. ( Socie­tà per l’Eser­cizio Telefo­nico) nevro­tico, iste­rico, os­sessi­vo, de­presso, per­sino bor­der­line si in­trufoli au­men­tando la concor­renza e se uno vuole un anali­sta D.O.C. deve ri­sol­versi ad aspet­tare pazien­te­mente che si liberi un posto sul­l’ago­gnato let­tino per la conclu­sione di una pre­cedente te­ra­pia e l’at­tesa può du­rare anche anni, per as­pera ad astra. Trovato un tera­peuta, fi­nita la lunga attesa si è a buon punto, ma nuovi problemi at­tendono il no­stro valo­roso ur-analista: prima di tutto va sta­bilito se l’analista è o meno un di­datta, perché se l’analista non è di­datta, bensì al­lievo, as­sociato o ordinario della S.P.I., l’ana­lisi non “ vale ” e dopo un certo numero di ore,(di allena­mento?), va cer­cato co­mun­que un analista di­datta, col qua­le in­trapren­dere un’ana­lisi di­dattica appunto, l’unica che schiuda le porte della even­tuale car­riera; tutto ri­solto, di­rete, neanche per so­gno perché l’a­nalisi di­dat­tica va “omo­logata”, un po’ come fa il R.I.NA.( Registro Italiano NA­vale ) per le pompe di sen­tina, at­tra­verso appo­siti colloqui da fare per conto della S.P.I. da­vanti a una com­mis­sione di tre ana­listi che debbono, a pagamento si in­tende, dare pa­rere fa­vo­re­vole o sfavorevole a conside­rare il nostro amico un “candidato” a en­trare uffi­cial­mente nei ranghi della So­ci­età;  i più in­tra­pren­denti cer­cano di­ret­ta­mente un anali­sta di­datta, ma per la legge della do­manda e del­l’of­ferta, di cui sopra, spesso l’attesa è ancora più lunga e il ri­schio è quello di su­pe­rare i limiti di età im­posti per l’av­vio del faticoso tiro­ci­nio. A volte mi figuro il mondo psicoanalitico come un grande ca­stel­lo di carte al cui ver­tice sta il vec­chio Si­gis­mondo, che, povero, nes­suno mai ana­lizzò e sotto, via via, tutti gli altri inter­connessi tra loro da le­gami af­fet­tivi o narci­sistici, in equilibrio instabi­le visto che le ag­giunte di nuovi piani ven­gono sem­pre fatte dal basso e visto che in­torno al castello spira, im­perti­nente, il ven­ticello del Re Nudo della sof­ferenza del vi­vere.
La mia analista è un’eterna associata della S.P.I., come carrierista non vale un gran ché. Mi risolsi a chiede­re a lei un’analisi avendola vista due o tre volte a qualche convegno e avendo deciso, dentro di me, che a quella donna pic­colina, dal­l’aria dolce e paziente, a lei sol­tanto avrei po­tuto affi­dare la mia vita.
Dopo sei mesi mi arrivò una telefonata per co­min­ciare, se ne avevo ancora l’in­ten­zione la mia ana­lisi per­so­nale: quella donna pic­co­lina, dall’aria dolce aveva de­ciso di prendersi cura della mia vita e io accet­tai.

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