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21 SETTEMBRE 2012: MADALINA PAVLOV PERDE LA VITA, IL DRAMMA DEI “SURVIVORS”

21 Set 16

A cura di Rossana Putignano

4 anni fa Madalina Pavlov, ragazza rumena di 21 anni perse la vita cadendo, presumibilmente da uno dei piani dello stabile in Via Bruno Buozzi 5F a Reggio Calabria. La madre Agafia Cutulencu non ha pace. Il giorno del compleanno della sua bellissima figlia, il 9 Agosto, Agafia ha manifestato, come ogni anno, in piazza e ha gridato verità e giustizia per la sua bambina, strappata precocemente alla vita. Non è dato sapere ancora se si è trattato di un omicidio o un incidente; inizialmente il caso è stato catalogato come “suicidio” e successivamente rubricato come “istigazione al suicido”; oggi è aperto un  fascicolo per “omicidio” e ad indagare è la Procura di Reggio Calabria capitanata da Federico Cafiero de Raho. Io e i mei colleghi del CRIME ANALYSTS TEAM, nominati dalla Sig. Cutulencu, abbiamo lavorato per tutto questo tempo, in maniera silente e, finalmente, sono state depositate le prime istanze in merito al caso.  Non possiamo pronunciarci ancora perché si tratta di indagini delicate e persistono ancora molti dubbi in merito ai momenti immediatamente successivi al decesso. Al contempo, io ho dovuto confrontarmi con il dolore dei fratelli, una ferita insanabile e quello dei genitori, in particolar modo quello della Sig. Cutulencu. I “survivors” sono tutti i familiari della vittima suicida che devono far fronte a una, non facile,  ristrutturazione cognitiva e accettare il peso della decisione del proprio congiunto. Benchè la famiglia di Madalina sia fortemente convinta che non si sia trattato di suicidio, lo stress di una perdita così grande, così improvvisa, potrebbe produrre la stessa sintomatologia di chi vive l’esperienza luttuosa del suicidio in famiglia. Infatti, in queste famiglie, il rischio di depressione, di disturbi d’ansia, disturbo post traumatico da stress e anche un numero elevato di suicidi nella stessa famiglia e di ideazione suicidaria, può essere molto elevato. Tuttavia, la capacità di resistenza dei survivors dipende da fattori come il tipo di relazione, la conflittualità con la vittima, dalla prevedibilità del gesto e la presenza di supporto sociale fornito ai survivors. Ogni individuo è diverso e reagisce in maniera diversa; è possibile che dopo la tragedia subentrino dei conflitti molto forti in famiglia proprio perché si possono dare significati diversi al gesto. Ad esempio dalle ricerche è emerso che i coniugi hanno un livello di depressione più alto rispetto agli altri familiari ma i disturbi d’ansia sono molto più frequenti nei fratelli della vittima. L’alterazione della qualità della vita è uguale in entrambi i casi, sia tra i coniugi, sia tra i fratelli. Subentrano in famiglia difficoltà come quella di condividere il dolore con gli altri membri o l’incapacità stessa di parlarne. Sono molto frequenti sentimenti come:
  • vergogna: esperienza centrale alimentata dal silenzio
  •  isolamento sociale: è molto frequente, le persone non escono di casa, non trovano interessanti gli incontri sociali
  •   colpa: ha a che fare con la fiducia. Ad es. un familiare potrebbe tormentarsi sul perché il familiare deceduto non si è confidato
  •  necessità di capire il perché: è l’esperienza più devastante per un survivor, ovvero quella di pensare di non aver fatto nulla per evitare la tragedia; è un processo interminabile che non da pace; i familiari formulano diverse spiegazioni e questo contribuisce a creare tensioni in famiglia.
Uno dei problemi più difficili da superare è, soprattutto, lo “stigma” che la stessa famiglia di Madalina ha dovuto subire. Purtroppo, le fonti di supporto non sono in grado di fornire assistenza, di prendersi cura di queste famiglie. Lo stigma è sottile e spesso non è facile da rilevare. I survivors si sentono, infatti, abbandonati perché le persone vicino vorrebbero parlarne ma trovano notevole difficoltà; gli amici si recano in visita ma non sono in grado di discutere dell’evento luttuoso, con il rischio di formulare frasi inutili che fanno ancora più male. Per questa ragione andrebbe incrementata la formazione degli operatori in questo senso. Al XIV Convegno sul suicidio tenutosi lo scorso 13-14 Settembre presso l’Aula Magna della Sapienza a Roma, i relatori hanno denunciato la scarsità degli studi sul tema e dei pochi finanziamenti, finora, stanziati alle famiglie. Ci sarebbero degli interventi di “postevention” ma non sono molto diffusi. Poiché i survivors sono, essi stessi, ad alto rischio suicidario, occorre una risposta chiara da parte delle istituzioni affinché queste persone siano aiutate a ristabilire i ruoli all’interno della famiglia e ad utilizzare tecniche di coping per la loro sopravvivenza. Un concetto molto importante è quello di CONNECTEDNESS, di associazione tra le persone. Oggi esiste il supporto di internet che spesso non è in grado di salvare vite umane, tuttavia le famiglie possono trovare sollievo nei legami, sebbene virtuali con le persone nei social media. Oggi la famiglia di Madalina, superate tutte le difficoltà, sta bene e non intende arrendersi, nonostante i tempi lunghi e duri della magistratura. 

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