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A ferro e fuoco quel che non potè il digiuno

4 Ago 13

A cura di Gian Maria Formenti

Leggo su diverse agenzie di stampa dell'incendio che qualche giorno fà ha interessato alcune celle della casa circondariale di Genova Marassi: attribuito ad un detenuto con problemi psichiatrici forse acuiti dal gran caldo che affligge la città in questi giorni. Episodio non certo raro, così come frequente è l'addebito ad una patologia psichiatrica.
Ferro e fuoco, ovvero autolesionismi ed incendi appiccati ai materassi e alle coperte, con esiti più o meno drammatici sono elementi costanti della realtà carceraria: conseguenti ad una paradossale risoluzione delle dinamiche di conflittualità.
Nelle modaltà stereotipate di espressione di obbiettive condizioni di disagio se ne salva in realtà una sola dal pregiudiziale stigma psichiatrico. E' il digiuno, da sottoporre all'amministrazone carceraria attraverso formale domandina in cui il detenuto avvisa che inizierà tale pratica per motivi giudiziari: comunicazione da  cui si mette in atto un più che giustificato stato di allerta con attivazione del personale sanitario per il monitoraggio delle condizioni psico fisiche del detenuto.
Che dire? Tutto il mondo è paese, carcere compreso: se non vuoi passare per pazzo non andare contro le regole.

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