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A SMENT-IA – Guaritori in Provincia di Cuneo

26 Mar 20

A cura di lelingue

Il presente articolo accenna ad un particolare aspetto connesso al tema dei guaritori così come presentato nel volume “Nelle corna del bue lunare” – Approcci verso la salute e la malattia, rimedi empirici, pratiche di cura e segnature nella tradizione popolare di una vallata alpina (Dutto L., 2016), sulla base di un’estesa indagine etnografica sul campo condotta attraverso interviste ad anziani informatori in una vallata alpina  del Piemonte meridionale, in provincia di Cuneo.

Qui, la presenza di guaritori che si occupano di svariate patologie è attestata da tutti gli informatori interpellati nel corso della ricerca e, in un passato nemmeno troppo lontano, essi costituivano fonte di aiuto a cui si faceva universalmente ricorso a compensare la carenza di cure e di medicine così come il non facile accesso al medico che sperimentavano le comunità dislocate sia a monte, sia a valle. L’aspetto a cui accenniamo in questo breve articolo è la cosiddetta “sment-ia” ovvero,  come viene definita in dialetto locale, l’operazione attraverso la quale il guaritore chiede l’intercessione della Vergine Maria, della Divina Provvidenza o di un Santo taumaturgo al fine di riportare in salute la persona.

Come già indicato in un precedente articolo, la richiesta di intercedere avviene recitando preghiere ed invocazioni  della religione cristiana  unite a formule e rituali specifici al sintomo che si presuppone curare. La stessa guarigione viene attribuita dalla maggioranza di coloro che segnano ed interpellati nel corso della ricerca,  alla propria fede in Dio, nella Madonna o nella Provvidenza divina. E mentre una fede profonda è il presupposto fondamentale attraverso il quale si esplica l’attività del guaritore, occorre ricordare che la pratica delle segnature viene da questi talvolta attivata anche in relazione alle fasi lunari: in particolare, è stato asserito che la segnatura praticata nella fase calante della luna predisponga ad una maggior efficacia nell’attivare una regressione della malattia.  Dall’indagine sul campo si evince che sintomi e patologie più comuni  di cui si occupano i guaritori tradizionali sono i seguenti: vermi, verruche, porri, colpi di sole, scottature e, conseguentemente, il fuoco di Sant’Antonio (Herpes zoster), colpi d’aria, erisipela, orzaiolo, mal di denti, mal di pancia,  dolori e sintomi di svariata natura.  Siano essi impegnati a fermare il veleno dei serpenti  o segnare i vermi, il sole, l’aria o il fuoco, coloro che “segnano”, tramite preghiere speciali associate a gesti e rituali specifici a seconda della malattia  da curare, sono deputati a fornire diagnosi e cura ai loro fruitori. 

E pur concentrando la nostra indagine etnografica sulla cultura tradizionale tipica del passato,  diverse testimonianze sono state raccolte presso soggetti che, oltre ad essere informatori di quella cultura, ancora all’epoca delle interviste incarnavano attivamente la funzione di “persona che segna”. 

Riportiamo dunque le parole di una di esse:

Io segno l’aria, i vermi, il sole, il fuoco di Sant’Antonio… per segnare faccio “a sment-ia”. La sment-ia la faccio anche per l’aria ad esempio. Per l’aria faccio bollire l’acqua, metto delle cose dentro e poi prego. Se consuma vuol dire che ce l’hai. Per il fuoco di Sant’Antonio, invece, dico delle preghiere e con l’anello benedetto faccio tutto il segno della croce attorno. Questa è la sment-ia. Anche per l’orzaiolo è così, si prende l’anello benedetto e si segna. La smenti-ia viene fatta anche per la sciatica” (Testimone S2).

E mentre la stessa informatrice ci racconta le modalità attraverso le quali ha acquisito il dono: 

Mia madre segnava i vermi quando aveva i bambini piccoli, ma è mia zia che mi ha insegnato perché si può insegnare a non più di tre persone, in caso contrario si dice che non vale più…”,

essa fornisce esempi attinenti il suo operato

“Con l’acetosi si segnano  i vermi, per far ciò si dicono tre preghiere e si guarisce” (…)   “Mi chiamano e mi dicono dove hanno male. Dopo stanno bene”,    come pure il ruolo di “ascolto” che queste figure incarnano: “Sono trent’anni che una persona mi chiama e mi tiene al telefono delle ore….. Io non faccio nulla, ma questa persona mi dice che quando mi chiama sta bene. Quindi è una fissazione. Mi chiede di segnare i vermi anche se non li ha” (Testimone S2).

Le parole di questa informatrice che racconta poi un episodio vissuto nella sua infanzia lasciano trapelare  quanto l’effetto suggestione sia imperante in questo tipo di pratiche:

E’ successo quando ero bambina. Avevo cinque anni e piangevo sempre… non riuscivano mai a calmarmi, finchè mia madre, poverina, mi ha portata a Torino da una guaritrice. Questa mi ha detto di mangiare un uovo sodo per la strada e mi ha dato una bottiglietta che avremmo dovuto aprire soltanto una volta a casa, senza dirci che cosa conteneva. E così è stato. Io ho mangiato l’uovo e arrivate a casa abbiamo finalmente aperto la bottiglietta: dentro non c’era nulla, era vuota!  Ma io avevo smesso di piangere e da quel giorno non ho pianto più” (Testimone S2). 

Alla richiesta di indicare come viene definita la persona che svolge la cosiddetta  “smenti-ia”, la stessa Testimone afferma che

non esiste un nome vero e proprio. Semplicemente, possono essere delle persone normalissime, che però devono avere il dono. Per esempio, io segno i vermi e un’amica mi dice che dopo che li ho segnati, comincia subito a stare bene.  Un’altra mi diceva che veniva da me perché stava subito bene, mentre quando li segnava una parente non aveva miglioramenti. Dipende da persona a persona, comunque bisogna avere un dono per segnare”.

Suggestione, credenza profonda in un potere sovraumano, in quel “dono” che pochi hanno e per i quali anche il luogo in cui vivono ha connotazioni particolari per colui che vi si avvicina. Il resoconto dell’intervista che segue costituisce un ulteriore breve esempio:

Avevo un “puret” (porro) da moltissimo tempo, non riuscivo più a tenere gli oggetti in mano, avevo messo delle creme apposite, mi era stato persino bruciato in ospedale ma dopo un paio di settimane era ricomparso, più bello di prima… allora sono andato da un’anziana che viveva in una cucina sottoterra sperando che potesse curarmi. Lei me lo ha guardato e mi ha detto di rivolgermi ogni mattina per quaranta giorni verso il sole, anche se non c’era, dicendo “tüt lo ke u serva u stugna, tüt lo ke u serva gnan u vugna” (“tutto ciò che serve resti, tutto ciò che non serve se ne vada via”). Sono andato a casa e per quaranta mattine, sia che ci fosse il sole, sia che non ci fosse, rivolgendomi a lui ripetevo queste parole. Dopo quindici giorni, mi stavo lavando le mani ed il “puret” con tutte le sue radici , perché è  uguale ad una pianta,  se n’è andato!  Tutto quello che avevo provato prima, non aveva avuto effetti”  (Testimone B3).

In modo del tutto interessante sia dal punto di vista linguistico sia antropologico ma non solo,  nel territorio oggetto della nostra indagine ed ancor più specificamente nelle zone a monte di quest’area alpina, mentre la figura del guaritore viene talvolta definita “smentioura”,  l’operazione eseguita per segnare svariate patologie viene universalmente definita col  termine “a sment-ia”, locuzione che trapela diffusamente nelle testimonianze raccolte in virtù del lavoro di intervista che, come abbiamo già accennato, è stato svolto unicamente in dialetto locale. 

Rincorrendo un’ipotesi

Se gli aspetti “pratici” della ritualità or ora menzionati si rilevano in modo interessante nelle descrizioni degli informatori, nel quadro delle modalità di ricerca etnografica che ci corrispondono  sono  parimenti gli aspetti che troviamo talvolta anche solo velatamente sullo sfondo a riscuotere interesse i quali attengono, una volta ancora, alla dimensione delle rappresentazioni culturali di una specifica società – in questo caso in merito  a salute e malattia – in un arco temporale prestabilito.  

Pertanto, il  ricorso al guaritore è da intendere all’interno di specifiche concezioni riguardo la salute e la malattia in cui, pur inconsapevolmente, traspaiono le ombre di possibili collegamenti con una dimensione altra, alla base dei quali risiede la credenza di presunte azioni da parte di forze esterne potenti ed incomprensibili. In linea con quanto asserito nel volume che tratta del pensiero magico (Dutto, 2011), ovvero “traspare  evidente che se l’origine del male è ritenuta  di natura sovra-umana e, quindi, extra-soggettiva, anche la cura presuppone necessariamente elementi, riti e azioni specifiche di questa dimensione sovra-umana, extra-soggettiva, connessa ad un mondo altro” (pag.  99), si inserisce e può essere compreso il ricorso al guaritore tradizionale, inteso quale  tramite e intermediario tra due mondi. Le sue pratiche, i suoi gesti e formule danno un senso  a ciò che un senso non ha. Agendo in modo suggestivo sulla sfera emotiva del paziente, il suo tramite è ritenuto seppur inconsapevolmente lambire quel mondo di forze invisibili affinchè, con l’intercessione della divinità in cui il guaritore crede, si possa venirne a patti, calmandole e riportando quell’equilibrio la cui rottura ha determinato sofferenza.

Il filo dell’ipotesi appena riportata parrebbe evincersi operando ancora alcune riflessioni sulla base delle testimonianze raccolte. Partiremo dunque dalla sfera linguistica per aprire una possibile interpretazione sullo scenario a fondamento di azioni e parole. Seguendo questo pensiero, è utile soffermarsi sulle singolari testimonianze raccolte nel territorio della nostra indagine riguardo le tematiche connesse al pensiero magico ma ancor più diffusamente sulla credenza nelle “masche”, una sorta di strega secondo la definizione che ritroviamo peraltro in molte aree del Piemonte. In modo del tutto interessante, nel territorio alpino di cui mi sono occupata e ancor più specificamente nelle zone più a monte, alcune delle preziose  testimonianze raccolte  indicano la “masca” come “a traditura”, ovvero “colei che tradisce”. 

Ora, il termine utilizzato per indicare l’operazione di segnatura eseguita per scongiurare svariate patologie, come abbiamo appurato,  è “a sment-ia”.  Giacchè  si dice vi siano persone “traditrici”, ed identificate nell’area dell’alta vallata come “traditure”,  in grado di comminare ogni sorta di maleficio e di metamorfosi,  potremmo ipotizzare che  “a sment-ia” sia l’operazione attraverso cui si verrebbe ad agire contro questo potere, delegittimando e “smentendo” così la traditrice e le azioni da essa perpetrate per compiere “quel” male. Seguendo questa interpretazione,  a “sment-ia”  avrebbe ragione di essere intesa come contro-azione, richiesta dalla vittima o da un parente ed eseguita dal cosiddetto guaritore, al fine di  venire a patti senonché “annullare” un potere malefico esercitato da chi sa/sapeva compiere il male, impadronirsi del corpo e del funzionamento psichico di una persona, operando una sorta di possessione che in alcuni casi, si dice, potesse addirittura condurre alla morte.

In questo universo di credenze, il guaritore, attraverso le formule ed i rituali posti in atto e la recitazione di preghiere specifiche per ogni male che “lui solo conosce”, può essere inteso quale  intermediario tra due mondi antitetici, quello delle forze del bene e quello delle forze del male, al quale viene legittimato il ruolo di “smentire” il potere ed il tradimento  di queste ultime e far vincere il bene, ristabilendo così l’equilibrio interrotto dalla malattia.

 

Tratto e riassunto dai volumi:  

“Nelle corna del bue lunare” – Approcci verso la salute e la malattia, rimedi empirici, pratiche di cura e segnature nella tradizione popolare di una vallata alpina (Dutto Lidia, 2016)

“Incantesimi di masche e di lupi” –   Sortilegi, metamorfosi in animali       e malefici stregonici nell’immaginario popolare di una vallata alpina   (Dutto Lidia, 2011).

Le pubblicazioni di Lidia Dutto possono essere acquisite  inviando richiesta via mail a:   lelingue@gem.it  oppure telefonicamente ai numeri:  cell. 335-6772553  –  0171-735130
 

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