POSTER 1 – 30
S. Ammendola, A. Cervone, A. Calento, E. De Vivo,
C. Elce, S. Orlando, D. Galletta, M. Casiello
Dipartimento di Neuroscienze, Divisione di Psichiatria, Università di Napoli “Federico II”
I deficit cognitivi associati al disturbo bipolare (DB) coinvolgono differenti domini tra cui funzioni esecutive, memoria, attenzione e concentrazione, abilità logico-astrattive. Tali deficit sembrano caratterizzare non solo gli episodi acuti ma anche lo stato eutimico. Scopo dello studio è stato valutare le performance cognitive di pazienti affetti da DB-I e II in fase eutimica e depressiva. Sono stati arruolati 32 soggetti con diagnosi di DB secondo DSM-IV TR (20 DB-I e 12 DB-II) in fase depressiva e in eutimia, afferenti al Servizio di Psichiatria dell’AOU “Federico II” di Napoli. Le performance cognitive sono state confrontate con quelle di 8 controlli volontari sani. La batteria neuropsicologica comprendeva i seguenti test: MMSE, Span verbale, Corsi, Parole di Rey, Memoria logica, Prassia costruttiva di Milano, Raven, Frontal Assessment Battery (FAB) e Fluenza Verbale Fonologica (FVF). Il gruppo dei pazienti mostra, rispetto ai controlli, una ridotta performance nella memoria a breve termine spaziale (p = 0,012), nelle abilità logico-astrattive (p = 0,000) e nelle funzioni esecutive (p = 0,002 e p = 0,048). Questo dato non appare influenzato dallo stato clinico. Il profilo cognitivo dei pazienti affetti da DB-I e DB-II appare sovrapponibile tranne nelle prestazioni al test di memoria a lungo termine (p = 0,039). I risultati confermano la presenza di deficit in differenti domini cognitivi, indipendenti, nel nostro campione, dalla fase clinica e dal sottotipo di disturbo.
I. Andriola, G. Ursini, A. Di Giorgio, G. Todarello,
R. Masellis, A. Papazacharias, G. Miccolis, L. Fazio,
R. Romano, B. Gelao, A. Porcelli, M. Mancini, L. Lobianco,
P. Taurisano, G. Blasi, G. Caforio, M. Nardini, A. Bertolino.
Università di Bari, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche
Studi di associazione suggeriscono che il gene del recettore D3 (DRD3) della dopamina abbia un ruolo nella schizofrenia. Questo gene presenta varianti polimorfiche funzionali (SNP) responsabili di un’alterata affinità recettoriale per la dopamina. Lo scopo dello studio è valutare l’associazione tra gli SNP rs6280, rs226082, rs963468 e rs2134655 e i relativi aplotipi del gene DRD3 con la diagnosi di schizofrenia e le performance di working memory (WM). 313 soggetti, di cui 164 sani (93 femmine e 69 maschi, età media 32 anni ± 8,02) e 149 pazienti (37 femmine e 109 maschi, età media 27,8 anni ± 10,12), sono stati genotipizzati per i 4 SNP di DRD3. I soggetti sono stati sottoposti a valutazione della WM attraverso l’N-back task. Ai pazienti è stata somministrata la PANSS per la valutazione sintomatologica. Le analisi di regressione lineare dimostrano un’associazione dell’allele T di rs6280 sia con la diagnosi (p = 0,03) che con peggiori performance all’1-back (p = 0,032) e al 2-back (p = 0,007) nei sani. L’allele G dell’rs963468 è risultato associato alla diagnosi con un p = 0,044. Ancora, valori più alti della sottoscala positiva sono risultati associati all’allele T dell’rs6280 (p = 0,048), mentre valori più alti della PANSS totale sono risultati associati all’allele G dell’rs963468 (p = 0,047). Infine è stata trovata un’associazione dell’aplotipo TCGG (p < 0,001) con la malattia. Questi dati suggeriscono che variazioni polimorfiche di DRD3 potrebbero giocare un ruolo nelle performance di working memory e nella suscettibilità alla schizofrenia.
C. Antonucci, B. Daniel, A Montali, M.L. Gerra,
A. Camerlengo, M. Amore
Università di Parma, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria
background: la persistenza di sintomi depressivi subsindromici nel disturbo bipolare si correla con bassi livelli di funzionamento psicosociale. obiettivi: individuare le correlazioni tra depressione subsindromica e livelli di funzionamento interepisodici nei pazienti con disturbo bipolare e disturbo depressivo maggiore ricorrente. Materiali e metodi: lo studio include 49 pazienti con disturbo bipolare (I e II), e 45 pazienti con disturbo depressivo maggiore ricorrente (secondo i criteri del DSM-IV-TR), esaminati durante le fasi di remissione clinica. La presenza di sintomatologia depressiva subsindromica è stata valutata tramite la Scala di Hamilton per la depressione (HAM-D), mentre per stabilire il grado di funzionamento interepisodico si è utilizzata la Scala di Valutazione del Funzionamento Globale (VGF). risultati: i punteggi della VGF e della HAM-D sono correlati negativamente ed in modo altamente significativo (r = -,700 e p < ,001) nei pazienti con disturbo bipolare e disturbo depressivo maggiore ricorrente, in assenza di differenze statisticamente significative tra i due gruppi. conclusioni: esiste una correlazione inversa tra sintomatologia depressiva subsindromica e funzionamento interepisodico nel
Giorn Ital Psicopat 2011;17:00-00
disturbo bipolare e nel disturbo depressivo maggiore ricorrente. I sintomi depressivi subsindromici contribuiscono dunque al deterioramento funzionale spesso riscontrato nel disturbo bipolare, con implicazioni riguardo alla sua gestione a lungo termine.
L. Antonucci*, P. Taurisano*, A. Papazacharias*, R. Romano*,
B. Gelao*, L. Fazio* **, L. Lo Bianco*, A. Di. Giorgio* ** ,
G. Caforio*, M. Nardini*, T. Popolizio**, G. Blasi*,
A. Bertolino*
*
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Dipartimento di Psichiatria e Neurologia, Università di Bari; ** IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, S. Giovanni Rotondo (FG)
Precedenti studi di neuroimaging hanno mostrato in pazienti affetti da schizofrenia e nei loro fratelli sani un’anomala attività a livello della corteccia prefrontale dorsolaterale e del cingolo anteriore durante compiti di elaborazione attentiva. Il presente studio ha investigato l’impatto del rischio genetico per schizofrenia sulla fisiologia associata a carichi crescenti di controllo attentivo misurata tramite fMRI. 31 pazienti affetti da schizofrenia, 23 fratelli non affetti e 49 controlli sani (N = 103) hanno svolto il compito Variable Attentional Control, che elicita carichi crescenti di controllo attentivo, durante fMRI. I gruppi erano comparabili per una serie di variabili socio-demografiche e per performance. I dati di fMRI (p < 0,005) hanno evidenziato un effetto significativo della diagnosi a livello del Giro Frontale Inferiore (BA45/46) e dell’interazione tra diagnosi e carichi crescenti di controllo attentivo a livello del cingolo anteriore e del giro frontale medio (BA32 e BA6). In particolare, i pazienti con schizofrenia e i loro fratelli non affetti evidenziavano una simile risposta corticale in queste aree cerebrali ad alti carichi di controllo attentivo. Inoltre, tale risposta era differente da quella riscontrata nei soggetti sani. Questi dati suggeriscono che il rischio genetico per schizofrenia è associato a modulazione della risposta corticale durante controllo attentivo. Tale modulazione è funzione del carico cognitivo richiesto e può essere considerata un utile fenotipo intermedio per lo studio della schizofrenia.
M. Bassi*, F.L. Lopes** M.G. Giustra**
*
UOC Psichiatria, DSM Azienda Ospedaliera “Niguarda Ca’ Granda”, Milano; ** Medical Affairs, Janssen-Cilag SpA, Cologno Monzese (MI)
introduzione: i pazienti con schizofrenia presentano un’elevata percentuale di parziale/mancata aderenza (fino al 72%) 1.Materiali e metodi: survey condotta in 35 paesi EMEA che ha coinvolto più di 4000 psichiatri che visitano regolarmente pazienti con schizofrenia. L’Italia ha partecipato con 194 psichiatri. Il questionario utilizzato prevedeva 20 domande per indagare: 1) il metodo preferito dagli psichiatri per valutare l’aderenza; 2) la loro percezione del grado di aderenza alla terapia dei loro pazienti; 3) la loro opinione relativamente alle ragioni di una parziale/mancata aderenza al trattamento e alle strategie per migliorarla. risultati:quasi la metà dei pazienti con schizofrenia in Italia sono considerati come non/parzialmente aderenti (48% e 54% per l’Italia ed EMEA, rispettivamente) e la mancanza di insight è la ragione principale di mancata aderenza (39% e 35%). In Italia il metodo più utilizzato per valutare l’aderenza è la raccolta di informazioni direttamente dal paziente (82% e 76%). Le formulazioni iniettabili a rilascio prolungato costituiscono la strategia preferibile dagli psichiatri per il trattamento farmacologico in pazienti schizofrenici con scarsa aderenza (44% in Italia ed EMEA). conclusioni: questa survey illustra che, mentre gli intervistati hanno riconosciuto l’importanza di una mancata/parziale aderenza, rimane tuttora la necessità di una gestione più attiva del-la scarsa aderenza al trattamento per ridurre la frequenza e le conseguenze delle ricadute.
1 Lacro JP, Dunn LB, Dolder CR, et al. Prevalence of and risk factors for
medication non-adherence in patients with schizophrenia: a compre
hensive review of recent literature. J Clin Psychiatry 2002;63:892-909.
p6. progetto orientato alla recovery nel contesto di vita di soggetti con disturbo mentale severo: una collaborazione tra il dipartimento di salute Mentale dell’alto friuli ed il Mulino cocconi-ecomuseo delle acque
F. Bertossi*, C. Bertossi*, M. Asquini**, T. Gon**
*
Dipartimento di Salute Mentale, ASS 4 “Medio Friuli”; ** Dipartimento di Salute Mentale, ASS 3 “Alto Friuli”
L’alto Friuli presenta un territorio di 2355 kmq, prevalentemente montuoso, ove vivono 76500 abitanti. Sul territorio è presente un Dipartimento di Salute Mentale ed i soggetti che risultano in carico al servizio sono 1300. Uno degli obiettivi del DSM è quello di supportare l’integrazione degli utenti nella comunità attraverso la realizzazione di progetti e la collaborazione con associazioni già presenti sul territorio, con il fine di per promuovere l’inclusione sociale e contrastare lo stigma. Il Mulino Cocconi-Ecomuseo recupera, promuove e diffonde la cultura rurale ed ecologia locale. Nel 2008 è stato realizzato un progetto in collaborazione tra DSM e l’associazione Mulino Cocconi-Ecomuseo con i seguenti obiettivi: valorizzazione del territorio, recupero dei saperi tradizionali, qualificazione di lavoratori inoccupati, disoccupati e personale in mobilità, opportunità riabilitative per inserimento lavorativo di persone con fragilità. Beneficiari del progetto sono stati 16 utenti con disturbo mentale severo, che hanno lavorato in stretta collaborazione con il personale dell’associazione. Gli utenti sono stati coinvolti in un percorso duraturo di formazione ed work-esperience: 2 utenti sono diventati guide per scolaresche presso il museo all’aperto, 4 hanno trovato impiego nel settore del restauro e catalogazione, 10 utenti hanno imparato a coltivare secondo i dettami dell’agricoltura biologica, il “cinquantin”, una qualità autoctona di mais in un campo messo a
disposizione e la farina è stata utilizzata per la realizzazione di un pane tradizionale biologico. Gli utenti coinvolti nel progetto hanno implementato il proprio percorso di recovery e l’integrazione in comunità. Il progetto è attualmente in atto e verrà ulteriormente implementato.
Craig P, Dieppe P, Macintyre S, et al. Developing and evaluating complex interventions: the new Medical Research Council guidance. BMJ 2008;337:1655.
Drake R, Rosenberg S, Teague G, et al. Fundamental principles of evidence-based medicine applied to mental health care. Psychiatr Clin North Am 2003;26:811-20.
V. Bianchini, S. Di Mauro, L. Verni, N. Giordani Paesani,
M. Mazza, R. Pollice
Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università dell’Aquila, Dipartimento Scienze della Salute
introduzione: la percentuale di traumi nell’ambito della popolazione generale è piuttosto elevata e numerosi studi suggeriscono che i soggetti con gravi malattie mentali (SMI) hanno una maggiore probabilità di essere soggetti a traumi lifetime. Recenti studi sul PTSD hanno rilevato un range tra il 13% e il 29% di comorbidità negli SMI. Altri studi hanno mostrano che i pazienti schizofrenici con PTSD presentavano, rispetto a quelli senza una comorbidità, più bassa autostima, una bassa qualità di vita soggettivamente percepita e deficit cognitivi. Lo scopo dello studio è di valutare se la comorbidità con PTSD in un campione di pazienti schizofrenici ricoverati dopo il terremoto L’Aquila nell’SPUDC, sia associata ad un peggioramento neuro cognitivo, della risposta clinica e della qualità di vita. Materiali e metodi: lo studio condotto dopo il terremoto di L’Aquila (tra aprile e dicembre 2009) ha studiato 54 pazienti schizofrenici ricoverati consecutivamente presso SPUDC dell’Ospedale San Salvatore. Tutti erano sottoposti a terapia con farmaci antipsicotici a dosi equivalenti di clorpromazina. Ogni paziente è stato valutato con la Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS), il General Health Questionnaire – 12 items (GHQ-12), l’Impact Event Scale-Revised (IES-R), e l’intervista clinica SCID-I per la diagnosi di PTSD. La batteria di valutazione cognitiva consiste nella WAIS-III Digit Span e Trail Making Test per valutare rispettivamente la Working Memory e le funzioni esecutive. risultati: il 12% del campione totale di pazienti schizofrenici ricoverati (n = 6) soddisfacevano i criteri DSM-IV per il PTSD. I soggetti con PTSD avevano un punteggio significativamente più elevato nella sintomatologia positiva della PANSS (nello specifico nei “deliri”), e più elevato punteggio medio del GHQ-12. La sintomatologia post traumatica ha mostrato una differenza significativa nella sottoscala” iperarousal” tra i due gruppi (con e senza PTSD) e un significativo peggioramento nella Working Memory per il campione con PTSD. La sintomatologia post traumatica correla positivamente con la sintomatologia positiva, con il punteggio totale della PANSS e con il GHQ-12 (total score ≥ 20) (“livello di stress elevato”).
conclusioni: la comorbidità con PTSD, nei pazienti schizofrenici, è associata a un maggiore deterioramento cognitivo, un elevato livello di distress psicologico e una più florida sintomatologia positiva. Valutare il PTSD in pazienti con schizofrenia potrebbe avere importanti implicazioni per l’outcome clinico, cognitivo e nel funzionamento globale.
McGorry PD, Chanen A, McCarthy E, et al. Posttraumatic stress disor
der following recent-onset psychosis: an unrecognized postpsychotic
syndrome. J Nerv Ment Dis 1991;179:253-8.
Mueser KT, Rosemberg SD, Goodman LA, et al. Trauma, PTSD, and the
course of severe mental illness: an interactive model. Schizophr Res
2002;53:123-43.
V. Bianchini, F. Serra*, A. Tomassini, R. Pollice, R. Roncone
Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università dell’Aquila, Dipartimento Scienze della Salute; * Facoltà di Psicologia
introduzione: tradizionalmente lo studio dei sintomi soggettivi della schizofrenia è stato limitato ai deliri e alle allucinazioni, mentre altre esperienze soggettive sono state per lungo tempo ignorate. Solo il 13% degli studi sull’efficacia degli ATPs ha indagato l’esperienza soggettiva dei pazienti verso il trattamento, nonostante essa rappresenti un fattore prognostico importante in quanto legato alla compliance e alla qualità della vita. Lo scopo dello studio è quello di indagare la possibile differenza esistente tra il “vissuto soggettivo del paziente” vs. la valutazione oggettiva dell’operatore nell’ambito della dimensione psicopatologica negativa e della Cognizione Sociale. Materiali e metodi: 58 pazienti ricoverati consecutivamente presso l’SPUDC dell’Aquila tra aprile e agosto 2010 hanno completato il seguente l’assessment: per la valutazione della dimensione soggettiva, la Subjective Experience of Negative Symptoms (SENS) e la Geople Scale per lo studio della cognizione sociale. La PANSS e la VGFrispettivamente per la valutazione del quadro psicopatologico e del funzionamento globale. risultati: il 31% ha una diagnosi di depressione, e a seguire rispettivamente: disturbo bipolare (27,6%), schizofrenia (20,7%), Abuso di sostanze (17,1%) e DOC (3,4%). Sette pazienti erano in regime di TSO, e i restanti 51 in ricovero volontario. L’analisi della SENS ha evidenziato un valore medio di 161,43 (ds ± 29,1), rilevando una notevole percezione della sofferenza negativa con differenze significative tra i due sessi e per diagnosi. Nella Cognizione Sociale è stato percepito dal paziente (parte A) un “discreto stato di cognizione sociale” (v.m. 33,50; ds ± 10,9), in contrasto con la valutazione medio-basso dell’operatore (parte B) (v.m. 42,50; ds ± 9,2) (score compreso tra 15 e 75). Esistono delle correlazioni significative tra la sintomatologia negativa della PANSS e gli items della SENS “Incapacità a provare emozioni” (p < 0,015). Si evidenziano inoltre correlazioni statisticamente significative tra la cognizione sociale soggettivamente rilevata (parte A) e la sintomatologia generale della PANSS e tra il punteggio totale della SENS e il funzionamento globale del paziente (VGF).
conclusioni: la conoscenza delle esperienze soggettive del paziente psichiatrico può risultare problematica a causa del ritiro sociale e della resistenza al trattamento, dovute per lo più alla sofferenza soggettiva che non viene adeguatamente compresa. I nostri risultati, in linea con la letteratura più recente, hanno evidenziato come la percezione della sintomatologia negativa non sempre trovi un riscontro nella valutazione del clinico e come invece sia presente una correlazione significativa con il funzionamento globale del paziente. In tale ottica, risulta quindi necessaria la considerazione del punto di vista del paziente allo scopo di “predire” l’adesione al trattamento, l’outcome nel funzionamento globale e la prognosi a lungo termine.
De Millas W, Lambert M, Naber D. The impact of subjective well-being under neuroleptic treatment on compliance and remission. Dialogues Clin Neurosci 2006;8:131-6
Pollice R, Tomassini A, Malavolta M, et al. Subjective and psychopathological response in patients under different antipsychotic treatments: are there differences in real clinical practice? J Biol Regul Homeost Agents 2008;22:83-91.
V. Bianchini, L. Verni, M. Mazza, A. Cavicchio,
R. Roncone, R. Pollice
Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università dell’Aquila, Dipartimento Scienze della Salute
introduzione: il modello stress-vulnerabilità nella schizofrenia spiega come le esacerbazioni sintomatologiche siano il risultato di una complessa interazione tra vulnerabilità genetica, fattori protettivi ed esposizione a stressors ambientali. I disastri naturali sono noti per indurre un peggioramento psicopatologico. Indagini neuropsicologiche hanno dimostrato deficit in numerosi domini cognitivi dopo un evento stressante, ma il tipo e la gravità, sono poco chiari. Pazienti con disturbi psicotici gravi non manifestano un peggioramento della sintomatologia clinica ma anzi, un miglioramento dopo la primissima esposizione a situazioni di emergenza. Lo scopo dello studio è confrontare il funzionamento cognitivo e le risposte cliniche di pazienti al primo episodio (FE) con quelle di pazienti con schizofrenia cronica (CSP) prima e dopo il terremoto dell’Aquila. Materiali e metodi: abbiamo confrontato due campioni: 59 FEP reclutati presso lo SMILE dell’Aquila e 73 CSP afferenti presso gli ambulatori dell’SPUDC prima del terremoto (T0) con un drop-out dopo il terremoto del 21%. L’assessment prevedeva nelle due fasi, pre-e post-sisma, la valutazione del funzionamento cognitivo (WCST, Digital SPAN, CPT, Figura di Rey e Memoria logica) e della psicopatologia generale (PANSS). risultati: il funzionamento cognitivo risulta essere correlato in modo statisticamente significativo solo con i sintomi negativi (PANSS): per i CSP, i sintomi negativi sono correlati significativamente con le funzioni esecutive e la memoria verbale rievocata; per i FEP oltre le precedenti, anche con la memoria visiva soltanto al T0. I FE mostravano una sintomatologia positiva più attenuata al T0 rispetto a quella post-sisma mentre i CSP non hanno dimostrano differenze significative. Inoltre a T1 i FE hanno dimostrato un deterioramento delle prestazioni di memoria verbale. conclusioni: i nostri risultati, in linea con la letteratura più recente, dimostrano che i pazienti con schizofrenia, a seguito di uno stressor importante con un disastro naturale, rimangono clinicamente e cognitivamente stabili, mentre i pazienti al first episode, subiscono un peggioramento sia della sintomatologia clinica che delle performances cognitive. Tale considerazione non può quindi prescindere dalla pianificazione di interventi riabilitativi da attuare su pazienti gravi esposti ad un evento traumatico allo scopo di implementare la compliance farmacologica, la risposta al trattamento e l’outcome funzionale.
Addington J, Addington D. Attentional vulnerability indicators in schizo
phrenia and bipolar disorder. Schizophr Res 1997;23:197-204. Addington J, Addington D. Cognitive functioning in first-episode schizophrenia. Rev Psychiatr Neurosci 2002;27:188-92.
Pollice R, Di Giovambattista E, Ussorio E, et al. Early Intervention in the Real World: The service for monitoring and early intervention against psychoLogical and mEntal suffering in young people at the University of L’Aquila: first year experience. Early Interv Psychiatry 2007;1:268–72.
A. Boccadamo*, A. d’Adamo*, N. Loparco*, B. Matacchieri*,
F. Perrucci*, F. Scapati**, M. Nacci*.
* Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura ASL TA, ** Dipartimento Salute Mentale ASL TA, Taranto
È stata ormai evidenziata da molti studi l’importanza, in giovani a rischio, del riconoscimento e del trattamento del periodo prepsicotico. Questo studio riguarda soggetti di età compresa fra i 18 ed i 25 anni con diagnosi di schizofrenia o dello spettro schizofrenico ricoverati nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura di Taranto (S.P.D.C.) durante l’anno 2010. Il campione rappresenta il 2,6% dei ricoveri totali (dati sostanzialmente sovrapponibili a quanto osservato nel 2009): si tratta per l’87,5% di maschi e per il 12,5% di femmine, con età media di 21,8 anni. Tutti i pazienti hanno mostrato in adolescenza segni di marcato disagio quali chiusura sociale, somatizzazioni e riduzione del rendimento scolastico che nel 57,14% dei casi ha condotto all’interruzione degli studi a livello medio inferiore e, fra questi, il 50% ha iniziato contestualmente l’uso di sostanze stupefacenti (cannabinoidi). Nessuno dei soggetti attualmente svolge un’attività lavorativa. Per l’85,71% il primo ricovero in ambito psichiatrico è avvenuto intorno a 20 anni e nel 66,66% dei essi ciò ha coinciso anche con il primo contatto con i servizi psichiatrici; per il restante 33,33%, invece, vi è stato un intervento in età adolescenziale non continuativo e di tipo sostanzialmente solo psicoterapeutico. Solo nel 14,28% del campione totale è risultata una presa in carico da parte del servizio pubblico prima di 18 anni ed in questo caso il soggetto ha necessitato di ricovero in SPDC più tardivamente (23 anni) rispetto agli altri.
Questo studio sembra confermare la necessità di individuare tempestivamente il periodo antecedente il franco esordio psicotico per potere operare interventi mirati a favorire, quanto più possibile, lo sviluppo personale e sociale dell’individuo interessato, altrimenti marcatamente condizionato dal mancato riconoscimento della malattia.
Stanghellini G, editor. Verso la schizofrenia. La teoria dei sintomi-base.
Napoli: Idelson Liviana 1992.
Toniolo E, Grossi A. Oltre lo stigma. Strategie di prevenzione in psichia–
tria. Torino: Centro Scientifico Editore 2006.
M. Buoli, E. Caletti, R. Paoli, A.C. Altamura
Clinica Psichiatrica, Università di Milano, Dipartimento di Salute Mentale, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico
introduzione: diversi studi indicano che i pazienti bipolari presentano deficit cognitivi sia in eutimia che durante le diverse fasi di malattia. obiettivi: valutare l’eventuale presenza di deficit cognitivi nei pazienti eutimici e confrontare il profilo cognitivo tra le diverse fasi di malattia e l’eutimia. Materiali e metodi: 22 pazienti bipolari ricoverati e in fase attiva di malattia e 5 pazienti eutimici in follow-up ambulatoriale sono stati sottoposti a test neuropsicologici per la valutazione delle funzioni cognitive. Sono stati confrontati tramite ANOVA ad una via i punteggi riportati dai pazienti eutimici o in fase di malattia. risultati: tra i pazienti eutimici il 20% mostra deficit attentivi, di linguaggio e di memoria, mentre il 40% mostra deficit nella percezione visiva e nelle funzioni esecutive. I pazienti depressi (p = 0,03) e maniacali (p = 0,01) presentano peggiori punteggi al Trail Making Test A (TMT-A) rispetto agli eutimici. I pazienti maniacali presentano peggiori risultati nella memoria come mostrato dai punteggi al test di Corsi (F = 4,96, p = 0,01), nel Breve Racconto (F = 4,06, p = 0,02) e al California Test (F = 3,67, p = 0,03). conclusioni: i pazienti bipolari eutimici mostrano deficit in diverse funzioni cognitive. I pazienti maniacali presentano maggiore discognitività in particolare per quanto riguarda l’attenzione e la memoria. Studi su campioni più ampi sono necessari per confermare questi dati.
Malhi GS, Ivanovski B, Hadzi-Pavlovic D, et al. Neuropsychological deficits and functional impairment in bipolar depression, hypomania and euthymia. Bipolar Disord 2007;9:114-25.
Martìnez-Aràn A, Vieta E, Reinares M, et al. Cognitive function across manic or hypomanic, depressed, and euthymic states in bipolar disorder. Am J Psychiatry 2004;161:262-70.
G. Camardese, A. Bruschi, L. De Risio, B. Mattioli, G. Pizi,
R. Nicolai, M. Mazza, D. Harnic, P. Bria, L. Janiri
Istituto di Psichiatria e Psicologia Clinica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
introduzione: l’obiettivo di questa ricerca è rappresentato dalla costruzione di un questionario per la valutazione del l’apprendimento di informazioni acquisite dai singoli pazienti durante un programma di psicoeducazione per il disturbo bipolare.Materiali e metodi: al termine di un programma strutturato del-la durata di 3 mesi, è stato somministrato, ad un campione di 11 pazienti bipolari (6 BP-I and 5 BP-II), un questionario composto da 24 domande a risposta multipla. Lo stesso questionario è stato sottoposto ad un campione di controllo di 12 pazienti bipolari (5 BP-I and 7 BP-II). risultati: 11 pazienti (47,83%) hanno risposto a tutte le domande, ma solo un paziente (4,35%) è riuscito ad ottenere il punteggio massimo (24/24). I risultati non sono apparsi correlati al livello di scolarità. È stata infine rilevata una differenza tra i punteggi medi ottenuti dai 2 gruppi (15,08 ± 5,43 vs. 22 ± 1,41) che, nonostante la limitatezza del campione, è risultata statisticamente significativa all’analisi della varianza (F = 6,077; p = 0,02). conclusioni: il nostro questionario potrebbe completare i protocolli di valutazione pre- e post-trattamento dei programmi psicoeducazionali per il disturbo bipolare, fornendo informazioni su possibili correlazioni con il decorso clinico della malattia. Abbiamo infine sviluppato una nuova versione con 30 domande, in via di validazione, che potrebbe assolvere ad una funzione di screening per individuare i soggetti elettivamente candidabili per i programmi riabilitativi.
il progetto di un centro di riabilitazione sperimentale
E. Canavese, A. Goggi, P. Leggero
Cooperativa Interactive
Obiettivo dello studio è quello di monitorare l’efficacia di un intervento che segue un approccio integrato, su un gruppo di 6 soggetti autistici, bambini e adulti, secondo l’approccio cognitivo-comportamentale. I soggetti sono stati seguiti per 8 messi presso un laboratorio educativo in cui si usa il programma TEACCH. In questo periodo so-no stati inseriti interventi secondo le strategie ABA, FBA, mand training e pairing, per offrire un intervento integrato secondo linee guida nazionali. Sono stati somministrati PEP, AAPEP e Vineland per test e retest ad inizio e fine intervento, dopo 8 mesi. Sono stati registrati i comportamenti problema e le interazioni comunicative. I risultati sono stati confrontati con i dati in letteratura, in particolare con ricerche di centri che usano metodologie simili e, per la valutazione dello sviluppo, studi italiani che hanno usato gli stessi strumenti di valutazione dell’efficacia. I risultati sono in linea con quelli delle altre ricerche. Il gruppo di 6 soggetti ha mostrato un miglioramento sensibile nelle aree dei profili PEP e AAPEP, una progressiva riduzione dei comportamenti problema e un aumento delle interazioni comunicative intenzionali.
Nonostante la portata limitata dello studio, preliminare, crediamo che i risultati ottenuti siano incoraggianti, perché sottolineano l’importanza dell’uso dei modelli integrati e di un monitoraggio degli stessi, per garantire alle persone con Autismo una presa in carico efficace scientifica.
A. Carano* **, L. Mancini**, F. Faiella**, A. Testa**,
D. Campanella*, D. De Berardis*, M. Vizza**, G. Mariani* **
*Dipartimento di Neuroscienze, Istituto di Psichiatria, Università di Chieti; ** Dipartimento Salute Mentale, Ascoli Piceno
introduzione: la quetiapina è un antipsicotico atipico con una riconosciuta efficacia nel trattamento in acuto e a lungo termine della schizofrenia e degli episodi depressivi e maniacali del disturbo bipolare (Sachs et al., 2004). Scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’efficacia di un trattamento con quetiapina RP sulle dimensioni sintomatologiche di pazienti affetti da psicosi affettiva. Materiali e metodi: lo studio multicentrico è stata condotta su una popolazione di pazienti con un grave disturbo dell’umore (GAF < 50) in carico presso i Dipartimenti di Psichiatria di Ascoli Piceno, Chieti e Teramo. I pazienti reclutati presentavano diagnosi rispettivamente di disturbo schizoaffettivo (55 soggetti) e di disturbo bipolare (80 soggetti). Sono state valutate le modificazioni nei punteggi degli items della BPRS-24 e delle subscale della PANSS al baseline, a 1 mese e a 3 mesi dall’assunzione di quetiapina RP progressivamente aumentata fino a raggiungere un dosaggio di 600-800 mg in terza giornata.risultati: tutti i punteggi degli items della BPRS-24 e delle sub-scale della PANSS mostrano al primo follow-up (dopo 1 me-se) una sensibile riduzione (p < 0,005) sintomatologica sia nel gruppo pazienti “schizoaffettivi” che “bipolari”. Al secondo step (dopo 3 mesi dal trattamento) la valutazione complessiva dei punteggi della BPRS-24 e della PANSS mostrano una netta e significativa riduzione delle componenti psicopatologiche di rilievo in ambedue i bracci arruolati (p < 0,001). Nello specifico sia nei pazienti bipolari che schizoaffettivi si assiste ad un miglioramento significativo negli items della BPRS24 “depressione”, “sentimenti di colpa”, “rischio suicidario” e “appiattimento emotivo”, e una sostanziale riduzione dei sintomi negativi evidenziati con l’apposita subscala della PANSS. conclusioni: i risultati del nostro studio concordano con i dati di letteratura secondo cui la quietapina RP ha una riconosciuta efficacia nel trattamento in acuto e a lungo termine della schizofrenia e degli episodi depressivi del disturbo bipolare. La quetiapina RP inoltre permette di raggiungere un dosaggio efficace in breve tempo e attraverso una monosomministrazione una migliore compliance farrmacologica.
Möller HJ, Johnson S, Mateva T, et al. Evaluation of the feasibility of switching from immediate release quetiapine fumarate to extended release quetiapine fumarate in stable outpatients with schizophrenia. Int Clin Pharmacol 2008;23:95-105.
A. Cardini, L. Lari, S. Daniele, E. Da Pozzo, A. Panighini,
S. Pini, M. Abelli, C. Gesi, M. Preve, C. Martini
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
obiettivi: l’acido gamma amino butirrico (GABA) ed il glutammato (Glu) sono i principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, la cui azione è mediata da specifici trasportatori. Diversi studi hanno evidenziato la presenza di un’alterazione dei meccanismi di uptake di GABA e Glu nei disturbi dell’umore. Lo studio si propone di valutare l’alterazione della funzionalità dei trasportatori di GABA e Glu in pazienti con disturbo bipolare (BD) in fase depressiva, maniacale o eutimica. Materiali e metodi: il campione è costituito da 36 pazienti con diagnosi di BD, valutati secondo i criteri del DSM-IV e 15 volontari sani. L’uptake di GABA e Glu è stato calcolato utilizzando preparazioni piastriniche di [3H]GABA o [3H]glutammato. risultati: rispetto ai controlli sani, l’uptake del GABA è risultato significativamente aumentato nei pazienti in fase depressiva e significativamente ridotto nei soggetti in fase maniacale. L’uptake del Glu, al contrario, è risultato significativamente incrementato sia nei pazienti in fase maniacale che in fase eutimica. conclusioni: per la prima volta si è evidenziata la presenza di una dipendenza tra livelli di uptake di GABA e Glu e polarità dell’episodio affettivo in pazienti con BD. I risultati suggeriscono che la funzionalità dei trasportatori di GABA e Glu rappresentano un nuovo marker utile a specificare la polarità dei pazienti bipolari. Specifici modulatori dei trasportatori di GABA e Glu potrebbero essere utilizzati per regolare i livelli di uptake di questi neurotrasmettitori nelle diverse fasi del BD.
F. Castagna, N. Birindelli, G. Mingrone, L. Sandei,
M. Sigaudo, P. Rocca
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Torino
introduzione: deficit nelle abilità di social cognition sono stati ampiamente documentati nei pazienti affetti da schizofrenia e legati ad un ridotto funzionamento sociale. Una delle funzioni maggiormente compromesse è il processamento delle emozioni. Mentre numerosi studi hanno dimostrato che il riconoscimento delle emozioni facciali e della prosodia è compromesso nei pazienti con schizofrenia, sono rari gli studi che esplorano l’integrazione multisensoriale delle emozioni (riconoscimento audiovisivo), condizione più vicina alle comunicazioni sociali della vita quotidiana in cui le informazioni ambientali provengono da canali sensoriali diversi. Risultati preliminari hanno mostrato un deficit di integrazione audio-visiva in pazienti schizofrenici rispetto ai soggetti sani (de Jong et al., 2009; de Gelder et al., 2005) e una influenza crossmodale tra volti e voci che può facilitare le prestazioni comportamentali (de Gelder et al., 1995; 2005; de Jong et al., 2009). Non esistono al momento studi che esplorano l’associazione tra questo deficit e le caratteristiche fondamentali della malattia quali i sintomi clinici e funzionamento cognitivo. L’obiettivo del presente lavoro è di valutare il riconoscimento
delle emozioni nei pazienti con schizofrenia in fase stabile e la relazione tra questa abilità e le dimensioni psicopatologiche.Materiali e metodi: sono stati reclutati due gruppi di soggetti, uno costituito da pazienti con diagnosi di schizofrenia (DSM IV-TR) (n = 94) in fase stabile, reclutati presso la Clinica Psichiatrica Universitaria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino e Dipartimento di Salute Mentale Interaziendale ASL 1-Molinette di Torino e l’altro da controlli sani (n = 51). Tutti i soggetti sono stati sottoposti al Comprehensive Affect Testing System (CATS, versione italiana tradotta dal nostro gruppo di ricerca), un gruppo di test computerizzati che valuta differenti aspetti delle funzioni emotive. L’indagine sui pazienti ha incluso un’intervista semistrutturata per la raccolta dei dati demografici, anamnestici e clinici generali e la somministrazione della Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS). Nelle analisi statistiche, è stata considerata la classificazione a cinque fattori dei sintomi basati sulla PANSS, proposta da van der Gaag: sintomi positivi, sintomi negativi, disorganizzazione, eccitamento e stress emotivo (van der Gaag et al., 2006). risultati: i pazienti schizofrenici hanno delle prestazioni significativamente inferiori rispetto ai controlli sani nelle prove di percezione bimodale delle emozioni (ANOVA). Dei cinque fattori sintomatologici considerati, solo i sintomi negativi sono risultati fattori che contribuiscono al deficit di percezione emotiva multisensoriale (regressione lineare univariata, metodo backward).conclusioni: la capacità di integrare informazioni sensoriali provenienti da canali espressivi diversi, come il volto e la voce, è risultata compromessa nei pazienti con schizofrenia e i sintomi negativi sono risultati fattori che contribuiscono a tale deficit. Comprendere se la schizofrenia, classicamente descritta come un disturbo di disintegrazione delle funzioni mentali, si caratterizzi anche per la disintegrazione dei processi automatici di integrazione sensoriale, è una sfida per la ricerca futura.
de Gelder B, Vroomen J, de Jong SJ, et al. Multisensory integration of emotional faces and voices in schizophrenics. Schizophr Res 2005;72:195-203.
de Jong JJ, Hodiamont PP, Van den Stock J, et al. Audiovisual emotion recognition in schizophrenia: Reduced integration of facial and vocal affect. Schizophr Res 2009;107:286-93.
Green MF, Penn DL, Bentall R, et al. Social cognition in schizophrenia: an NIMH workshop on definitions, assessment, and research opportunities. Schizophr Bull 2008;34:1211-20.
van der Gaag M, Hoffman T, Remijsen M, et al. The five-factor model of the Positive and Negative Syndrome Scale II: A ten-fold cross-validation of a revised model. Schizophr Res 2006;85:280-7.
C.I. Cattaneo, G. Castignoli, R. Valsesia
ASL 13 Novara, DSM Novara, CSM Borgomanero
introduzione: la pratica clinica corrente impone allo psichiatra che lavora nei centri di salute mentale di occuparsi di patologie molto differenti tra di loro e molto eterogenee; tale impegno può generare grande difficoltà nella raccolta anamnestica e catamnestica dei pazienti affetti da disturbo bipolare. La cura di tale disturbo non deve essere infatti polarizzata solo all’evento acuto ma anche e soprattutto al mantenimento e profilassi. Uno dei cardini per un trattamento efficace è quindi la corretta conoscenza dell’anamnesi clinica e farmacologica, sia sul piano individuale che su quello famigliare. Recentemente sono stati proposti strumenti sinottici di ausilio alla cartella clinica tipo Life chart (Vieta, Akiskal, Erfurth) che non sempre sono però ritagliati sulle reali esigenze del clinico che opera nel real world. Lo strumento proposto mostra alcune singolarità: permette di concentrarsi sull’intera storia di malattia del paziente e solo sugli ultimi 12 mesi, concentra in modo chiaro ed evidente la storia farmacologica ed I livelli plasmatici delle molecole dosabili. Allo strumento grafico si associa una fiche anamnestica precipuamente elaborata per I pz affetti da disturbo dell’umore. Al momento tale scheda sperimentale è in uso anche come strumento del programma psicoeducazionale attivo presso il ns. Centro di Salute Mentale.
cartella anamnestica pazienti bipolari
Nome _______________ Cognome____________Data di nascita ____
Scolarità _____________ Professione ___________________________
Familiarità | 1. Disturbi d’ansia |
2. D. psicotici | |
3. D. depressivo maggiore/bipolare | |
4. Abuso di sostanze/alcool | |
5. Distufbi alimentari | |
6. Psicosi post-partum | |
7. Pathological Gambling | |
8. Suicidarietà | |
Anamnesi | |
personale | 1. Disturbi d’ansia |
2. D. psicotici | |
3. D. depressivo maggiore/bipolare | |
4. Abuso di sostanze/alcool | |
5. Disturbi alimentari | |
6. Psicosi post-partum | |
7. Pathological Gambling | |
8. Suicidarietà | |
Anamnesi | |
tossicologica | – THC |
– Cocaina | |
– Amfetamine/Ecstasy | |
– “Acidi”/LSD | |
– Anoressizzanti | |
– Caffè/tè | |
– Alcool | |
– Pathological Gambling | |
– Bevande energizzanti – erbe stimolanti | |
– Fumo di sigaretta | |
– BDZ | |
Life events: |
Lieberman DZ, Kelly TF, Douglas L, et al. A randomized comparison
of online and paper mood charts for people with bipolar disorder. J
Affect Disord 2010;124:85-9.
C.I. Cattaneo1, A. Verde2, G. Castignoli1, I. Raimondi Cominesi3, M. Parolini4
1 ASL 13 Novara, DSM Novara, CSM Borgomanero; 2 Ospedale Niguarda Ca’ Granda, “Angelo De Gasperis” Dipartimento Cardiovascolare, Milano; 3 Ospedale Maggiore, Dipartimento Cardiologia, Lodi; 4 Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Istituto di Fisiologia Clinica CNR, Milano
introduzione: le linee guida più aggiornate raccomandano di utilizzare preferibilmente farmaci antipsicotici atipici per la maggiore tollerabilità e sicurezza, soprattutto in ambito cardiovascolare. Nella pratica clinica si osservano però un numero non esiguo di pazienti ancora in trattamento con neurolettici tipici. Obiettivo di questo studio è valutare l’inferenza delle due categorie farmacologiche sull’intervallo QT corretto (QTc) nel real world. Materiali e metodi: 169 pazienti affetti da psicosi acuta (età media 39 ± 12,5, 84 F 85 M), ricoverati in SPDC da gennaio 2005 a dicembre 2007, e trattati per almeno 6 mesi con antipsicotici (aloperidolo n = 43, risperidone n = 41, aripiprazolo n = 42, olanzapina n = 43) sono stati sottoposti a tracciato ECG. Pz con storia famigliare di morte improvvisa o trattati con farmaci interferenti con il QT sono stati esclusi. 3 cardiologi differenti (A, B and C) hanno calcolato QTc in cieco [Bazett’s Formula: QTc = QT/(sqr(RR))] per tutti i pz coinvolti nello studio. risultati: non si sono osservate differenze statisticamente significative tra i QTc calcolati per le 4 molecole. 2 pz su 169 hanno mostrato valori QTc borderline. Altri 2 pz valori QTc ad alto rischio aritmogeno. Per meglio confrontare i valori di QTc e le molecole in studio, abbiamo analizzato le differenze fra i 4 gruppi di trattamento. Il sesso femminile e l’età si distribuivano correttamente nei 4 gruppi e tutti i pz mostravano valori degli elettroliti in range. ANOVA test non ha mostrato una correlazione statisticamente significativa nei QTc dei pazienti in tp con aloperidolo o con atipici. conclusioni: nel nostro campione i pazienti trattati con aloperidolo od altri antipsicotici atipici non hanno mostrato differenze significative nei valori di QTc e verosimilmente il rischio di aritmie letali è un effetto di classe e non dipende dal tipo di farmaco antipsicotico.
Ray WA, Chung CP, Murray KT, et al. Atypical antipsychotic drugs and
the risk of sudden cardiac death. N Engl J Med 2009;360:225-35. Stöllberger C, Huber JO, Finsterer J. Antipsychotic drugs and QT prolongation. Int Clin Psychopharmacol 2005;20:243-51.
G. Cauli, S. Anselmetti, E. Ermoli, R. Viganoni, E. Corbetta,
V. Bernascone, C. Gala
Day Hospital, Unità Operativa di Psichiatria 51 Azienda Ospedaliera “San Paolo”, Polo Universitari, Milano
I deficit meta cognitivi ed in particolare di Teoria della Mente (la capacità dell’individuo di riconoscere l’esistenza di stati mentali (credenze ed emozioni) in sé e negli altri e, in base ad essi, di prevedere e spiegare i comportamenti) sono riconosciuti attualmente come caratteristiche centrali e importanti predittori della competenza sociale in numerosi disturbi psichiatrici (schizofrenia e autismo i più studiati). Nell’ultimo decennio l’interesse si è spostato anche verso un’altra tipologia di pazienti con comportamento sociale deficitario, i pazienti con disturbo bipolare, in cui sono stati riscontrati, oltre che deficit cognitivi a livello prefrontale (Gildersen et al., 2004), anomalie nella modalità con cui percepiscono, rispondono e immagazzinano gli stimoli emotivi (Sloan, 2002) e alterazioni di Teoria della Mente (Montag et al., 2009). Lo studio si propone di valutare in un campione di pazienti bipolari in fase eutimica la presenza e l’eventuale correlazione tra deficit cognitivi e metacognitivi. I soggetti sono valutati con i seguenti strumenti: BACS (Keefe et al., 2004), per la valutazione del deficit cognitivo, ToM Picture Sequencing Task (Brune et al., 2005) per la valutazione della Teoria delle Mente. Un’eventuale conferma della presenza di entrambi questi deficit potrebbe essere utile per la strutturazione di interventi terapeutici mirati.
D. Cesari, M. Simoncini, L. Amendola, I. Di Noi, M. Turri,
E. Massimetti, C. Socci, C. Carmassi, A. Ciapparelli,
L. Dell’Osso
Dipartimento Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia, Biotecnologie, Università di Pisa
Numerosi studi esplorano la presenza di disturbo d’ansia sociale (DAS) in pazienti psicotici. Una meta-analisi su 52 lavori ha rilevato una comorbidità tra DAS e schizofrenia del 14,9%. In un nostro lavoro su 98 pazienti psicotici trattati per un anno dal-la ospedalizzazione, la comorbidità con DAS (DSM-IV-TR) è stata riscontrata nel 39,1% dei casi di schizofrenia, nel 21,1% di disturbo schizoaffettivo e nel 10,7% di disturbo bipolare con sintomi psicotici. Gli schizofrenici presentavano una percentuale di DAS maggiore rispetto agli altri due gruppi diagnostici (p < ,05). Il DAS risultava associato ad un peggiore decorso del disturbo psicotico. Obiettivo dello studio è stato estendere la nostra indagine alla comorbidità di spettro fobico-sociale (f-s). Il campione del precedente lavoro è stato valutato, dopo un anno di terapia, con SHY-SR versione lifetime per esplorare lo spettro f-s. È stata rilevata una comorbidità di spettro f-s del 54,7%, senza differenze significative nei tre gruppi diagnostici. L’età media d’esordio del disturbo psicotico risultava più precoce nei pazienti con elevati punteggi SHY-SR. Il punteggio medio CGI dell’item gravità al momento dell’ospedalizzazione era maggiore nei soggetti con spettro f-s (p < ,05). Le percentuali medie di miglioramento ai fattori BPRS Attività e Ostilità erano inferiori nei soggetti con spettro f-s (p < ,05).
Lo spettro f-s risulta associato ad un peggiore decorso, ad una precoce età di esordio e ad una maggiore gravità dell’episodio indice.
D. Cesari, M. Simoncini, I. Di Noi, L. Amendola,
M. Turri, M. Corsi, I. Pergentini, C. Socci, A. Ciapparelli,
L. Dell’Osso
Dipartimento Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia, Biotecnologie, Università di Pisa
La presenza di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) o di sintomi ossessivo-compulsivi risulta frequente nei pazienti psicotici. In un nostro lavoro effettuato su 98 pazienti psicotici in trattamento per un anno dalla ospedalizzazione, la comorbidità con DOC (DSM-IV-TR) è stata riscontrata nel 21,7% dei casi di schizofrenia, nel 26,3% di disturbo schizoaffettivo e nel 17,9% di disturbo bipolare con sintomi psicotici. Inoltre il DOC risultava correlare significativamente ad una maggiore gravità del disturbo psicotico in fase acuta. Obiettivo di questo studio è stato quello di estendere la nostra indagine alla presenza di una comorbidità di spettro ossessivocompulsivo (o-c). Il campione del precedente lavoro è stato valutato, dopo un an-no di trattamento, con OBS-SR versione lifetime per esplorare lo spettro o-c. Considerando la percentuale di pazienti con punteggio soprasoglia all’OBS-SR (> 59), è stata rilevata una comorbidità di spettro o-c del 54,9%. Non sono emerse differenze statisticamente significative nei tre gruppi diagnostici né per quanto riguarda i punteggi medi all’OBS-SR, né per le percentuali di pazienti sopra-soglia. Una differenza significativa alla BPRS è stata rilevata nel punteggio del fattore Attivazione dopo un an-no di trattamento, risultato maggiore nei pazienti sopra-soglia all’OBS-SR (p <,05). Mentre la presenza di DOC condiziona la maggiore gravità del disturbo psicotico in acuzie, la comorbidità di spettro o-c risulta influenzarla in fase di remissione.
A. Chiesa, A. Serretti
Istituto di Psichiatria, Università di Bologna, Italia
introduzione: nonostante il crescente interesse per la disfunzione sessuale (DS) associata a molti psicofarmaci, la prevalenza di DS in pazienti che assumono antipsicotici (AP) ha iniziato ad essere adeguatamente investigata solo di recente. Di conseguenza lo scopo della presente meta-analisi è quello di quantificare i tassi di DS in pazienti che assumono tali farmaci. Materiali e metodi:gli studi che fornivano misure concernenti i tassi di DS in pazienti che assumono AP sono stati cercati utilizzando 3 motori di ricerca. L’outcome principale era la DS totale e gli outcome secondari includevano i tassi di disfunzione del desiderio, eccitazione ed orgasmo associati ai singoli antipsicotici. risultati: i risultati hanno mostrato che quetiapina, ziprasidone, perfenazina e aripiprazolo erano associati a tassi di DS relativamente bassi (16-27%) mentre olanzapina, risperidone, clozapina e tioridazina erano associati a tassi più alti (40-60%). Le analisi degli outcome secondari erano sostanzialmente sovrapponibili a quella della DS totale. Tuttavia, le sottoanalisi volte a valutare l’impatto che diverse variabili tra cui l’associazione con altri psicofarmaci avevano sui risultati, hanno mostrato l’esistenza di un effetto significativo per la maggior parte di tali variabili. conclusioni: i tassi di DS variano significativamente in rapporto ai diversi AP. Tuttavia, alla luce delle significative limitazioni di molti degli studi revisionati, ulteriore ricerca è necessaria per valutare meglio la relazione di causalità tra l’impiego di vari antipsicotici e l’emergere di DS.
M. Colatei, G. Di Emidio, S. D’Onofrio, R. Pollice,
R. Roncone
Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Scienze della salute, Università dell’Aquila
introduzione: numerosi studi dimostrano l’associazione tra il rischio di sviluppare un disturbo psichiatrico e la storia familiare di malattie psichiatriche. Una situazione di abbandono e di trascuratezza nell’infanzia può determinare gravi disagi psicologici, problematiche emotive, deficit intellettivi, incapacità nel man-tenere le relazioni con gli altri e il rischio di abuso di sostanze nell’adulto. Viene sottolineata la relazione tra il grado di attaccamento genitoriale e l’insorgenza di patologie psichiatriche. scopi:lo scopo dello studio è verificare la presenza di fattori di rischio psicopatologici e individuare disagi psico-comportamentali nei figli dei nostri pazienti. Materiali e metodi: i pazienti che affluiscono presso il nostro Servizio S.P.U.D.C. e lo S.M.I.L.E. dell’Ospedale Civile San Salvatore de L’Aquila vengono valutati con la CGI-s (Clinical Global Impression-severity), la CGI-i (Clinical Global Impression-improvement), la VGF (Valutazione del Funzionamento Globale) e la PBI (Parental Bonding Inventory). Di seguito vengono valutati i figli maggiorenni e minorenni. I figli maggiorenni vengono sottoposti al: SPQ (Schizotypal Personality Questionnaire), la MDQ (Mood Disorder Questionnaire) e alla BSDS (Bipolar Spectrum Disorder Scale). Per i figli minorenni, effettuiamo un’intervista al familiare da noi osservato, chiedendogli il peso alla nascita, il rendimento scolastico, gli hobby e chi si prende cura di loro durante la degenza del familiare. risultati: sono stati valutati 150 pazienti (64 M e 86 F; età media 46 anni; ds 2,2), presso lo SMILE e il S.P.U.D.C. dell’Ospedale “S. Salvatore” dell’Aquila, divisi in gruppi diagnostici: schizofrenico (SCH), affettivo-bipolare (BIP) e depressi (DP). È emerso che i pazienti SCH hanno ricevuto, nei primi sedici anni di vita un attaccamento non ottimale, caratterizzato da alta cura e alta iperprotettività o da bassa cura e alta o bassa iperprotettività. I figli valutati sono stati 118 (96 maggiorenni e 22 minorenni), 34% M e 66% F. I figli di pazienti SCH mostrano tratti schizotipici con compromissioni “cognitivo-percettive” e “interpersonali”(SPQ, 19,17 vs 10) maggiori rispetto ai figli dei pazienti bipolari e depressi. Per i figli di pazienti BIP emerge la presenza di fattori di rischio psicopatologico per un episodio maniacale (MDQ e BSDS, 8 e 18 vs. vn 7 e 6). Inoltre, i figli dei pazienti SCH hanno un rendimento scolastico inferiore rispetto a chi ha genitori che soffrono di altre patologie psichiatriche. Per i minorenni si è visto che nella maggioranza dei casi è il genitore sano ad occuparsi di lui durante la degenza del genitore malato. conclusioni: in accordo con la letteratura, i figli di soggetti affetti da una patologia psichiatrica hanno un rischio di ammalarsi per la stessa patologia maggiore rispetto alla popolazione generale. Si evidenzia un aumento del valore del SPQ totale con compromissione della sfera “cognitivo-percettiva” per i figli di pazienti SCH. Nei figli di genitori BIP si riscontra una maggiore predisposizione verso i sintomi maniacali (BSDS e MDQ). Di fronte ad un paziente affetto da disturbi psichici è fondamentale intervenire precocemente sui familiari di primo grado, valutando i fattori di rischio psicopatologico, in relazione con la situazione socioambientale. Nel caso di minorenni è necessario indagare il loro accudimento evitando situazioni di trascuratezza e abbandono. Dai nostri dati si evince, inoltre, come i pazienti affetti da psicosi schizofrenica hanno avuto un legame non ottimale con i genitori nei primi sedici anni di vita, caratterizzato in maggior misura da iperprotezione (con o senza cura).
Baldassano CF. Assessment tools for screening and monitoring bipolar
disorder. Bipolar Disord 2005;7 (Suppl 1):8-15.
Gil A, Gama CS, de Jesus DR, et al. The association of child abuse and
neglect with adult disability in schizophrenia and the prominent role of
physical neglect. Child Abuse Negl 2009;33:618-24.
M. Colizzi, R. Romano, P. Taurisano, B. Gelao, A. Porcelli,
M. Mancini, L. Lo Bianco, C. Castellana, L. Fazio, G. Blasi,
M. Nardini, A. Bertolino
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università di Bari
Diversi studi hanno rilevato in fratelli non affetti di pazienti con schizofrenia (SIB) la presenza di disfunzioni cognitive e tratti schizotipici intermedi fra soggetti sani (NC) e pazienti. Obiettivo finale è stato la ricerca di una correlazione tra compromissioni cognitive e tratti schizotipici. Lo studio ha valutato performance in compiti cognitivi e schizotipia in 38 NC e 38 SIB mediante somministrazione di test cognitivi quali NBack, CPT, WCST, TMT, COWAT, WMS, WAIS e dello SPQ. Tramite factor analysis i test sono stati raggruppati in domini cognitivi; mediante standardizzazione i punteggi delle performance, convertiti in z-score, sono confluiti in un Composite Score, indice di cognitività globale. I SIB sono risultati danneggiati nei domini cognitivi di memoria di lavoro (p = 0,005), attenzione (p = 0,007) e velocità nel processare le informazioni (p = 0,0005), hanno espresso punteggi inferiori al Composite Score (p = 0,0005) e presentato una tendenza di aumento globale di schizotipia (p = 0,081), rispetto agli NC. I deficit nei domini cognitivi sono risultati correlati coi punteggi dei fattori di schizotipia. L’aumento della schizotipia è risultato correlato con un decremento della cognitività globale (r = -,3221, p = 0,049). I risultati suggeriscono che nella popolazione ad alto rischio composta da SIB esiste una relazione complessa tra fattori cognitivi e clinici. Questi rappresenterebbero fattori di vulnerabilità legati a un aumentato rischio per lo sviluppo della schizofrenia.
M. Corsi, I. Pergentini, C. Viaggi, A. Caramelli, L. Musetti,
G.U. Corsini, L. Dell’Osso
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologia; Sezione di Farmacologia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa
introduzione: i sali di litio continuano ad essere lo standard per la fase acuta e la prevenzione delle recidive del disturbo bipolare (DB). Il range terapeutico della litiemia è però limitato dagli effetti collaterali endocrini, iperparatiroidismo e l’ipotiroidismo, e metabolici come le alterazioni renali. Pertanto è necessaria attenzione alla gestione del paziente in terapia con sali di litio.Materiali e metodi: litiemie di 114 soggetti con DB, 54 donne, età media 42 ± 0,04, e 60 uomini, età media 33 ± 0,02, seguiti presso il Day Hospital, Dipartimento di Psichiatria. Litiemie effettuate con Spettrometro ad Assorbimento Atomico, AAnalist 200 Perkin Elmer, Sezione di Farmacologia, Dipartimento di Neuroscienze. risultati: 16,6% assumono 300 mg/die di sali di litio, litiemia media 0,30 mEq/l; 16,6% assumono 450 mg/die, litiemia media 0,41 mEq/l; 36,8% assumono 600 mg/die, litiemia media 0,47 mEq/l; 12,3% trattati con 750 mg/die, litiemia media 0,55 mEq/l; 14,9% trattati con 900 mg/die, litiemia media 0,73 mEq/l. Infine 1,7% assumono 150 mg/die, litiemia media 0,17 mEq/l e 0,9% trattati con 1200 mg/die, litiemia media 0,64 mEq/l. conclusioni:indipendentemente dall’età e dall’associazione con altri stabilizzanti la dose di sali di litio più usata è di 600 mg/die e litiemia di 0,47 mEq/l, al limite inferiore del range terapeutico (0,5-0,8). Punto di partenza per ricercare la dose ottimale di sali di litio, associati ad altri stabilizzanti, per un maggior controllo del DB minimizzando gli effetti collaterali.
- B.D.
- Daniel, A. Montali, M.L. Gerra, C. Antonucci,
- N.
- Bertocchi, S. Baratta, M. Amore
Università di Parma, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria
introduzione: sono stati evidenziati le alterazioni neurocognitive e deficit di funzionamento in pazienti con disturbo bipolare (BP). Scarsamente indagato quale profilo neurocognitivo e funzionale caratterizzi questi pazienti in eutimia. Questo studio indaga tale dimensioni confrontando BP in eutimia, pazienti con disturbo depressivo maggiore ricorrente in remissione (DDMr) e controlli.Materiali e metodi: campione 86 soggetti, 27 BP in eutimia (HAM-D ≤ 7, YMRS ≤ 6 per 3 mesi), 29 DDMr (HAM-D ≤ 7 per 3 mesi) e 30 controlli; con MMSE ≥ 24 valutati su vari domini cognitivi (Memoria di Prosa, TMT-B, Digit-Span, Associazione Simboli-Numeri, Stroop-Test, WCST) e livelli di Funzionamento Globale (VGF). risultati: l’analisi MANCOVA mostra come BP e DDMr presentino similmente basse performance in TMT-B, WCST e Digit-Span. I primi ottengono punteggi peggiori in tutte le funzioni esecutive (in particolare WCST p < 0,05) e nella Curva dell’Oblio (p < 0,001); i DDMr nella memoria verbale immediata (p < 0,05). Un confronto per ranghi Wilcoxon in entrambi i gruppi clinici, evidenzia come i pazienti a basso funzionamento differiscano da quelli ad alto funzionamento (su mediana VGF > 70) in Digit-Span (p < 0,05) e Associazione Simboli-Numeri (p < 0,05)conclusioni: BP in eutimia e DDMr in remissione, presentano deficit neurocognitivi, comuni di tipo esecutivo (WCST, Digit-Span, Associazione di singoli numeri) e altri distintivi di tipo mnesico (Oblio per BP e Rievocazione immediata per DDMr). Uno specifico pattern esecutivo (Digit-Span e Associazione Simboli Numeri) si associa a basso funzionamento globale.
S. De Filippis, M. Caloro, S. De Persis, I. Cuomo,
P. Girardi, A. Sciarretta La formulazione IM di aripiprazolo ha recentemente dimostrato una rapida risoluzione della sintomatologia dell’agitazione, un miglioramento dell’efficacia e della tollerabilità nei pazienti con schizofrenia e disturbo bipolare, fornendo una valida alternativa per il trattamento dei pazienti agitati. Il nostro studio ha lo scopo di validare la somministrazione IM dell’aripiprazolo nella gestione del paziente in stato di agitazione acuta con diagnosi di schizofrenia, disturbo bipolare di tipo I. In questo studio abbiamo arruolato 194 pazienti (112 maschi e 82 femmine; con età media ± 41,3), in agitazione acuta moderata/severa all’ACES e un punteggio ≥ 15 alla PEC. All’ammissione, tutti 194 pazienti sono stati sottoposti agli esami ematochimici di routine, all’ECG e alla valutazione dei parametri vitali. Tutti poi sono stati valutati a 30’, 45’, 60’, 90’ e 120’ dalla somministrazione. Il decremento dei valori medi di tutti gli items della PEC (P4, P7, G4, G8, G14) è stato significativo con valutazione finale intorno ad 1,5. La ACES ha evidenziato dei valori di partenza collocabili in un quadro clinico di agitazione acuta moderata/ severa, e una riduzione significativa delle manifestazioni comportamentali dopo somministrazione di aripiprazolo IM. Non sono stati rilevati eventi avversi dopo la somministrazione IM particolarmente a carico del sistema cardiovascolare (aumento del QTc) o l’emergenza di EPS. La ACES non ha evidenziato una sedazione eccessiva dei pazienti trattati, con persistenza dell’effetto clinico anche a valutazioni successive. In conclusione l’azione clinica sull’agitazione inizia pochi minuti dopo la somministrazione del farmaco (già dopo 30’ il pa
ziente evidenzia segni concreti di miglioramento) e persiste alle successive valutazioni e nei giorni seguenti.
- A.I.
- De Micheli*, M. Boso*, D. Broglia*, R. Faggioli**,
- P.
- Orsi*, E. Emanuele*, E. Caverzasi*, P.L. Politi*, F. Barale*
*
Univesity of Pavia, DSSAP (Dipartimento Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali); ** Azienda Ospedaliera San Paolo, University of Milan
The presence of comorbidities in autism represent a common clinical issue; however, research on this topic remains scanty.
We recruited 21 outpatients (mean age 27,5 ± 10,8 years) with diagnosis of Asperger syndrome (n = 13), high-functioning autism (n = 3) and not otherwise specified high-functioning pervasive developmental disorder (n = 5) confirmed by ADI-R and ADOS and WAIS-R. Subjects were also assessed using the Autism Quotient, Empathy Quotient, SCL-90-R, HAM-D, HAM-A, SASS, DES. To assess the presence of comorbidities on the Axis I and II of DSM-IV-TR we used the MINI-PLUS and SCID-II. We found that 71% of patients had one or more Axis I disorders
(e.g. mixed-anxiety-depression disorder in 28% of cases, generalized anxiety disorder 14% of cases, and major depressive disorder in 14%). In terms of Axis II disorders, we found that 66% of patient had one or more personality disorder (Cluster A: 29%,
B: 0%, C: 71%). Interestingly, there was a positive correlation between the number of Axis I disorders and age (beta = 0,751; t = 3,713; p = 0,003). Our results suggest that High Functioning adults are prone to develop psychiatric disorders and psychiatrists should be aware of this important clinical issue.
V. Del Vecchio, M. Luciano, C. Malangone, D. Giacco,
C. De Rosa, G. Sampogna, L. Del Gaudio, V. Vinci,
F. Di Iorio, N. Feliziani, M. Piselli, R. Pescosolido,
G. Ciampini, D. Lampis, L. De Falco, S. Biondi, R. Antonio,
E. Orlandi, C. Baronessa, A. Fiorillo
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
Il disturbo bipolare rappresenta una delle patologie a più elevato costo personale e sociale, con compromissione del funzionamento sociale del paziente e dell’intero nucleo familiare. Lo studio, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dal Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Napoli SUN, si è proposto di: 1) testare l’efficacia dell’intervento psicoeducativo familiare nei pazienti con disturbo bipolare tipo I e nei loro familiari; 2) favorirne la diffusione nella pratica clinica in 11 centri di salute mentale italiani (Campobasso, Colleferro, Foligno, Grosseto, Lanciano, Lanusei, Milano, Montecatini, Monza, Ravello, Sassuolo). Lo studio ha previsto le seguenti fasi: 1) sviluppo del materiale informativo e degli strumenti di valutazione; 2) formazione di almeno 2 operatori per centro; 3) selezione randomizzata di 16 famiglie di pazienti con disturbo bipolare per centro, di cui 8 hanno ricevuto l’intervento sperimentale e 8 il trattamento di routine; 4) verifica dell’andamento dell’intervento nel tempo. Il reclutamento è cominciato a novembre 2009. Al momento sono state reclutate 62 famiglie, di cui sette hanno interrotto l’intervento per la difficoltà di partecipare a tutte le sedute. Gli operatori hanno riportato numerosi vantaggi nella conduzione dell’intervento, sia nei rapporti con gli utenti che con i familiari. Inoltre, sono stati riportati miglioramenti delle proprie competenze professionali e dei rapporti con i colleghi. Questi vantaggi sono elevati già all’inizio dello studio e tendono ad aumentare nel tempo. Le principali difficoltà riportate, invece, sono la mancanza di tempo per condurre l’intervento, l’individuazione di famiglie appropriate, un carico di lavoro troppo faticoso ed impegnativo e la necessità di dover integrare l’intervento con gli altri carichi lavorativi. I risultati preliminari di questo studio evidenziano che è possibile fornire gli interventi psicoeducativi familiari agli utenti dei servizi di salute mentale affetti da disturbo bipolare tipo I e ai loro familiari, dopo un periodo di formazione relativamente breve degli operatori. Al fine di favorire la diffusione di quest’intervento nella pratica clinica dei servizi di salute mentale potrebbe essere utile prevedere una migliore pianificazione delle attività dei diversi operatori e spazi dedicati per la conduzione di questi interventi.
E. di Giacomo* **, V. Raucci**, E. Noè**, G. Zerbetto**,
M. Clerici* **
*
Dipartimento di Neuroscienze e Tecnologie Biomediche, Università di Milano-Bicocca, ** U.O. Psichiatria, Azienda Ospedaliera S. Gerardo, Monza
introduzione: i pazienti affetti da patologia mentale sono considerati, a torto, come maggiormente coinvolti in episodi di violenza (che risultano comunque rilevanti in ambito di SPDC). Il 64% degli operatori di salute mentale è sottoposto a minacce verbali, l’11% a minacce fisiche. fattori di rischio: avere in anamnesi precedenti agiti violenti, sesso maschile, giovane età, addiction da alcool/sostanze soprattutto nel mese precedente il ricovero, scarsa consapevolezza/mancanza di insight, problemi di gestione di rabbia e controllo degli impulsi (maggiormente coinvolti quindi i disturbi dello spettro schizofrenico soprattutto con sintomi produttivi, disturbi di personalità ed episodi maniacali), nonché ostilità all’ingresso. L’osservazione del comportamento è indispensabile e risulta attualmente lo strumento preventivo principale. Materiali e metodi: rilevare le caratteristiche degli agiti violenti avvenuti nell’SPDC dell’Ospedale S. Gerardo nel periodo 1/430/9/2010 attraverso la scala Yudofsky (1996, modificata).risultati: si sono verificati 105 agiti aggressivi (52 M; 53 F). Preponderanti agiti verbali (29,4%), eteroaggressivi minacciati (20%) o compiuti (30,5%). Risoluzione per lo più con assistenza infermieristica (93,5%) e medica (77,7%), minore la necessità di contenzione fisica (35,7%) o farmacologia (48,3%). conclusioni: dai dati si evince la preponderante gestione risolutoria degli agiti da parte del personale infermieristico e medico, con l’ausilio di contenzione farmacologia (sia in termini tranquillizzanti che sedativi) rispetto a quella fisica.
Amore M, Menchetti M, Tonti C, et al. Predictors of violent behavior among acute psychiatric patients: clinical study. Psychiatry Clin Neurosci 2008;62:247-55.
Gascón S, Martínez-Jarreta B, González-Andrade JF, et al. Aggression towards health care workers in Spain: a multi-facility study to evaluate the distribution of growing violence among professionals, health facilities and departments. Int J Occup Environ Health 2009;15:29-35.
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