Apriamo una collaborazione con l'Associazione AIMuSe (Associazione Italiana Mutismo Selettivo) sul tema del mutismo selettivo in età infantile. Questa rubrica avrà come focus l’approfondimento della natura di questo disturbo poco conosciuto, sulle cui cause esistono controversie teoriche. Per evitare banalizzazioni e risposte facili, AIMuSe (https://aimuse.it) ci proporrà approfondimenti derivanti dall'esperienza diretta (nel contesto scolastico o di neuropsichiatria/psicoterapia) con questa tipologia di (piccoli) utenti. Buona lettura! R.Avico Redazione Psychiatry On Line
di Dott.ssa Manuela Udella, Referente Scolastico Regionale AIMuSe per la Sardegna, dottoressa in psicologia clinica presso Centro Lucio Bini, Cagliari; Dott.ssa Caterina Visioli, Psicologa – Psicoterapeuta dell'Infanzia e Adolescenza, Centro Lucio Bini di Cagliari, Rete AIMuSe
Quando parliamo di Mutismo Selettivo, ci riferiamo ad un disturbo infantile di tipo ansioso che si presenta con una marcata difficoltà a comunicare in determinate situazioni e contesti. Possiamo definirlo come un “blocco” psico-emotivo causato da uno stato d’ansia, che provoca disagio, timore e senso di imbarazzo verso l’esterno. Coloro che presentano tale disturbo, manifestano spesso particolare chiusura e introversione.
Il Mutismo Selettivo compare solitamente prima dell’ingresso alla scuola materna e molto spesso capita che alcuni comportamenti specifici o generali siano sottovalutati o confusi con la timidezza, con un generico atteggiamento di chiusura o con un disturbo della comunicazione o della fonazione. Tra le cause del disturbo e i fattori che si associano alla sua insorgenza, è fondamentale considerare sia le caratteristiche individuali del bambino sia l’ambiente e la condizione sociale nella quale ha vissuto e vive. I diversi contesti e “situazioni” di vita, infatti, possono favorire lo sviluppo e il mantenimento della paura a parlare e a esprimersi o – viceversa – ridurre la pressione e l'ansia per questo. Per poter conoscere e comprendere il Mutismo Selettivo e i bambini che ne soffrono, è importante comprendere la situazionalità che distingue e caratterizza questo disturbo. Con questo si intende che è la “situazione” a generare il sintomo e non il bambino a “selezionare” la persona con cui parlare. Capita spesso che gli adulti nutrano forti aspettative affinché il bambino parli, esercitando così un'inconsapevole pressione nei suoi confronti, che non fa altro che mantenere lo stato d'ansia e di blocco. Ad esempio, può succedere che gli adulti si rivolgano al bambino pronunciando delle frasi che tendono a minimizzare o ad amplificare il disturbo, come: “Sei timido?”; “Perché non parli, hai perso la lingua?”; “Hai parlato? Fammi sentire di nuovo!”. Tali situazioni si verificano spesso poiché, erroneamente, si pensa che una sollecitazione possa fungere da stimolo. Al contrario, tutto questo mantiene e accresce i sintomi, procurando nel bambino tanta sofferenza. Quando si parla di situazionalità del disturbo, dunque, sono incluse le varie esperienze e situazioni di vita che il bambino con Mutismo Selettivo sperimenta e che può avvertire come ostili e sfavorevoli: situazione scolastica, situazione extrascolastica (es. amicizie, sport, etc.), situazione familiare. L’inserimento nella scuola primaria o l’esposizione a una lingua straniera sono solo alcuni dei fattori situazionali che spesso generano particolare inquietudine e chiusura nei bambini che presentano le prime avvisaglie del disturbo.
I campanelli d’allarme da non sottovalutare e che si manifestano fin dalla prima infanzia (2-3 anni) sono l’introversione; l’eccessiva chiusura e timidezza; una significativa difficoltà a socializzare e comunicare verbalmente; una certa difficoltà nel mantenere il contatto oculare con l’interlocutore; difficoltà a inserirsi in determinati contesti extra familiari e a comunicare in specifiche situazioni. La maggior parte dei bambini con Mutismo Selettivo manifesta una certa rigidità, un'espressione facciale vuota e uno sguardo evasivo. Tali comportamenti appaiono più evidenti all'inizio della scuola materna. In tale occasione, grazie al confronto con le insegnanti, si ha l’opportunità di osservare il comportamento del bambino e di notare se, oltre i campanelli d’allarme sopra citati, è presente un vero e proprio blocco che gli impedisce di esprimersi verbalmente con i compagni, con gli insegnanti e con il personale della scuola. È importante prestare attenzione anche al momento del pasto, nel quale il bambino potrebbe manifestare difficoltà o rifiuto dal momento che si tratta di un altro momento di scambio e condivisione. Inoltre, il bambino con Mutismo Selettivo presenta spesso una certa difficoltà a esprimere le proprie necessità primarie, come ad esempio chiedere di andare in bagno, dire di avere fame, sete o di avvertire un dolore, ecc. La scuola rappresenta senza dubbio il luogo nel quale i bambini con Mutismo Selettivo manifestano maggiore ansia e gli insegnanti rivestono un ruolo di fondamentale importanza, anche nella fase di identificazione del disturbo. Nel momento in cui si ha la percezione che possa trattarsi di Mutismo Selettivo, infatti, gli insegnati dovrebbero segnalarlo ai genitori affinché essi possano intervenire tempestivamente, affidandosi a degli specialisti che provvedano a fornire alla famiglia gli strumenti utili a fronteggiare adeguatamente la situazione e che consentano al bambino di superare in maniera graduale le sue difficoltà, con l’obiettivo di giungere a un progressivo “sblocco” e alla remissione dal disturbo. Quando i genitori vengono supportati nella presa di coscienza della problematica segnalata, infatti, intervenire per alleviare il disagio sociale dei bambini nei contesti scolastici ed extrascolastici è solitamente più facile, poiché sia il bambino che i genitori non si sentono da soli.
Quando i campanelli d'allarme si manifestano in modo frequente e duraturo, possono prendere la forma di veri e propri sintomi del disturbo, i cui criteri diagnostici sono:
A. Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che si parli (per es., a scuola), nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni. La condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi o con la comunicazione sociale. La durata della condizione è di almeno 1 mese (non limitato al primo mese di scuola).
B. L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce, o non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto dalla situazione sociale.
C. La condizione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di disturbi dello spettro dell’autismo, schizofrenia o altri disturbi psicotici (APA, 2013).
Tali criteri evidenziano che la difficoltà caratteristica del Mutismo Selettivo riguarda la sfera comunicativa, al punto che il bambino tende a interagire privilegiando il canale non verbale e assumendo comportamenti (es. chiusura della postura, mimica facciale inespressiva, volume della voce progressivamente più basso, etc.) dettati dall’ansia, fino a livelli anche quasi invalidanti (es. assenza di eloquio in uno o più contesti). Come riportato nel DSM-5, è indispensabile che il disturbo sia presente da almeno un mese (escludendo il primo mese di scuola) e che interferisca spesso con l’apprendimento e le relazioni sociali. L’esordio del Mutismo Selettivo si manifesta comunemente tra i tre e i sei anni e la diagnosi può essere fatta a partire dal sesto anno d’età. Nella quarta versione del DSM (DSM-IV) si sosteneva che il disturbo fosse più comune nelle bambine, ma questa affermazione è stata successivamente smentita dalla quinta versione del DSM (DSM-5) nel quale viene sostenuta una sostanziale uniformità fra i due sessi. Questo è un dato che, – insieme alla presenza di sintomi quali evitamento, rigidità muscolare, paura del giudizio altrui, ansia e paura sproporzionate rispetto alla situazione reale – rende il Mutismo Selettivo molto simile al Disturbo d’Ansia Sociale. Tuttavia, è necessario tener conto dei limiti della ricerca e del ridotto campione esaminato nel corso degli anni, per il quale non è nota un’eziologia ben definita. I campanelli d’allarme e i criteri diagnostici consentono di osservare e riconoscere i sintomi e gli aspetti caratteristici del disturbo. Perciò, quando vengono riconosciuti dalla famiglia – in raccordo con la scuola – e si ha il sospetto possa trattarsi di Mutismo Selettivo, l’invito è di prendere contatto con uno specialista o una delle Associazioni presenti nel territorio (es. A.I.Mu.Se. – Associazione Italiana Mutismo Selettivo). Questo per costruire una rete fra le diverse “situazioni” e contesti, degli strumenti utili per affrontare tali situazioni e gestire la paura, ma anche per ricevere adeguato supporto e sostegno. Tra i vari modelli terapeutici sviluppati nel tempo per la cura del Mutismo Selettivo, quello Multisituazionale – Multi-Situational Treatment di Rezzonico, Monticelli, et al. (2018) stimola il bambino e la sua famiglia a fare nuove esperienze nei vari contesti, in modo giocoso e riducendo i livelli d'ansia, e permette – così – di ottenere cambiamenti profondi. In tale processo, il terapeuta costruisce una relazione complice ed empatica con il bambino e la sua famiglia, presta particolare attenzione alle varie “situazioni” di vita (scolastica, familiare, sociale) e funge da raccordo fra esse, guidando verso la sperimentazione. Il modello è stato sviluppato tenendo conto dei vari fattori, dimostrati dai dati di letteratura, che tendono a facilitare e mantenere il disturbo e rappresenta una delle più recenti evoluzioni sul tema.
Bibliografia
American Psychiatric Association. (2000). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV, 4th ed., text revision). Washington, DC: Author. (Trad. it. DSM IV Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali a cura di Andreoli V., Cassano G.B., Rossi R., Masson, Milano, 2001).
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Fifth Edition, DSM-5™). Arlington, VA: Author. (Trad. it. DSM 5™ Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).
Capobianco, M. (2009). Il Mutismo Selettivo: diagnosi, eziologia, comorbilità e trattamento. Cognitivismo Clinico, 6/2, 221-228.Cieri L. (2010). La fobia sociale. In Perdighe C. e Mancini F. (a cura di). Elementi di psicoterapia cognitiva (II ed.). Giovanni Fioriti Editore.
Chavira., A., C., Schipon Blum., E., Hitchcock., C., Cohan., S., Stein., Murray., B. (2005). Family History Study of Selective Mutism. Department of Psychiatry, University of California, San Diego and the Selective Mutism Group-Child Anxiety Network, 1-24.
Iacchia, E., & Ancarani, P. (2018). Momentaneamente silenziosi. Guida per operatori, insegnanti e genitori di bambini e ragazzi con mutismo selettivo. Milano, Italia: Franco Angeli.
Rezzonico, G., Iacchia, E., & Monticelli, M. (2018). Mutismo Selettivo. Sviluppo, diagnosi e trattamento multisituazionale. Milano, Italia: Franco Angeli.
Shipon-Blum, E. (2010). Comprendere il mutismo selettivo. Guida per genitori, insegnanti e terapeuti. Bari: La meridiana.
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