CI SEPARIAMO? MA SÌ TANTO BASTANO 16 EURO
di Francesca Marsico, lagazzettadelmezzogiorno.it, 8 aprile 2015
Bastano sedici euro e il matrimonio è cancellato. Anche all’ufficio anagrafe di Cassano è possibile scegliere di porre fine al proprio matrimonio con una spesa di «diritto fisso» in caso di decisione consensuale. In verità, almeno fino ad oggi, le coppie che scoppiano a Cassano non sono tantissime. Secondo i dati Istat riferiti sino al 1 gennaio 2014 i divorziati sono 214 su 7.718 coniugati. Forse che la facilità (e l’economicità) delle nuove procedure comunali incentiverà la voglia di porre fine al matrimonio? Chi può dirlo…
Segue qui:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/homepage/ci-separiamo-ma-si-tanto-bastano-16-euro-no807507
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DIAZ: PSICOANALISTA, EVENTO CHE HA SEGNATO UNA GENERAZIONE
di Redazione, ansa.it, 8 aprile 2015
“Un evento che ha segnato una generazione, quella dei ragazzi che erano li, e che è come se fosse qualcosa che è ancora vivo. Qualcosa che ha colpito direttamente un gruppo di individui e appartiene per questo all’intera collettività”. Così Antonello Colli, psicoanalista della Spi (Società psicoanalitica italiana) e professore associato di psicologia dinamica all’Università degli studi di Urbino, descrive quanto accaduto alla scuola Diaz di Genova nel 2001…
Segue al link:
https://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2015/04/07/diaz-psicoanalista-evento-che-ha-segnato-una-generazione_b965de3b-a3e2-4531-8767-37e5bb93f3d9.html
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https://www.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/stilidivita/2015/04/07/diaz-psicoanalista-evento-che-ha-segnato-una-generazione_b965de3b-a3e2-4531-8767-37e5bb93f3d9.html
SCOPATE REALI
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 8 aprile 2015
Di suo padre mormorano, dicono, invidiano, scrivono, proclamano, condannano, sghignazzano, che si è scopato millecinquecento donne, la qualcosa necessariamente avrà influito sul carattere del giovinetto Filippo ora re di Spagna, inerme spettatore del composto dolore della madre, la deliziosa principessa greca Sofia, che pure avrà amato quel Juan Carlos assai piacente, almeno in gioventù, quando era innamorato di Sandro Pertini e ascoltava rapito gli insegnamenti di una vita senza accorgersi che erano scientifiche mosse di scopone. Il figlio di un padre libertino ha due strade aperte: diventare gay per far piacere a mamma o ripercorrere la paterna rotta di coureur de femmes. Fin dalla prima giovinezza Felipe fu costretto a una terza strada: grazie al suo rango toccò a lui essere rincorso dalle ragazze, lo statuto di re offre notevoli comodità che, come ogni facilitazione, possono trasformarsi in handicap.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2015/04/08/scopate-reali___1-vr-127508-rubriche_c105.htm
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SE IL SOGNO È… “DOPPIO”
di Maurizio Bonanni, opinione.it, 9 aprile 2015
Il “Doppio Sogno” di Arthur Schnitzler. Ne esiste una versione filmica (Eyes Wide Shut del 1999) di Stanley Kubrick e, oggi, una sua versione teatrale, per l’interessante regia/rivisitazione (che conserva il titolo originale) di Giancarlo Marinelli, in scena (fino al 19 aprile) al Teatro Quirino di Roma. Lo spettacolo opera una sorta di merge-sort (che rappresenta, in campo informatico, un algoritmo di ordinamento delle sequenze di dati) tra il racconto originale di Schnitzler e la successiva rappresentazione di Kubrick.
Demoniaco; reale; fantasmagorico e onirico: questi gli ingredienti di uno spettacolo per gusti raffinati che sanno scuotere la polvere dai calzari degli stereotipi freudiani, così tanto abusati, per immergersi, come un cristiano catacombale dei primi esordi della fede, nelle pratiche più sublimi della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni.
Segue qui:
http://www.opinione.it/cultura/2015/04/09/bonanni_politica-09-04.aspx
Demoniaco; reale; fantasmagorico e onirico: questi gli ingredienti di uno spettacolo per gusti raffinati che sanno scuotere la polvere dai calzari degli stereotipi freudiani, così tanto abusati, per immergersi, come un cristiano catacombale dei primi esordi della fede, nelle pratiche più sublimi della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni.
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http://www.opinione.it/cultura/2015/04/09/bonanni_politica-09-04.aspx
IL GENERE DELLA VIOLENZA, GLI ORRORI HANNO UN SESSO. Guerre, devastazioni, stupri privati e pubblici di interi popoli li ha fatti il sesso maschile. Dagli uomini che ne sono lontani ci si aspetterebbe che almeno si ponessero il problema
di Lea Melandri, ilmanifesto.info, 9 aprile 2015
È vero che non tutti gli uomini uccidono, che la cultura maschile da secoli non ha seminato solo morte, ma dato vita anche a opere sublimi di civiltà; è vero che l’amore, la solidarietà, il pacifismo non le sono estranei. Forse è per questo che esitiamo a nominare alcune verità. La prima è che la violenza, dalle guerre tra Stati alle guerre civili dovute al fanatismo o a problemi sociali, alla persecuzione delle minoranze, è stata praticata dal sesso maschile, sia pure con l’aiuto e la complicità delle donne. La seconda considerazione è che l’amore e l’odio, considerate pulsioni contrapposte, non si danno mai isolatamente, vincolate come sono l’una all’altra.
Ad Albert Einstein, che in una lettera del settembre 1932 gli chiedeva «metodi educativi», «modi di azione» per frenare la «fatalità della guerra», Freud rispondeva: «…la pulsione di autoconservazione è certamente erotica, ma ciò non toglie che debba ricorrere all’aggressività per compiere quanto si ripromette. Allo stesso modo la pulsione amorosa, rivolta ad oggetti, necessita di un quid della pulsione di appropriazione, se veramente vuole impadronirsi del suo oggetto. La difficoltà di isolare le due specie di pulsioni nelle loro manifestazioni ci ha impedito per tanto tempo di riconoscerle». (Freud, “Il disagio della civiltà e altri saggi”, Bollati Boringhieri 1987, p. 93).
Come è possibile che ancora oggi, dopo tanto parlare di patriarcato e di maschilismo, non si riesca a scalfire la maschera di neutralità che impedisce di riconoscere ai responsabili di tanti orrori l’appartenenza a un sesso? Che cosa impedisce agli uomini sinceramente convinti di dover operare per la pace nel mondo di interrogarsi sulla matrice “virile” della violenza? Perché, a loro volta, le donne sono così poco inclini a chiedersi quando e come un figlio, un marito, un amante passano dalla tenerezza alla violenza?
Segue qui:
http://ilmanifesto.info/il-genere-della-violenza-gli-orrori-hanno-un-sesso/
Ad Albert Einstein, che in una lettera del settembre 1932 gli chiedeva «metodi educativi», «modi di azione» per frenare la «fatalità della guerra», Freud rispondeva: «…la pulsione di autoconservazione è certamente erotica, ma ciò non toglie che debba ricorrere all’aggressività per compiere quanto si ripromette. Allo stesso modo la pulsione amorosa, rivolta ad oggetti, necessita di un quid della pulsione di appropriazione, se veramente vuole impadronirsi del suo oggetto. La difficoltà di isolare le due specie di pulsioni nelle loro manifestazioni ci ha impedito per tanto tempo di riconoscerle». (Freud, “Il disagio della civiltà e altri saggi”, Bollati Boringhieri 1987, p. 93).
Come è possibile che ancora oggi, dopo tanto parlare di patriarcato e di maschilismo, non si riesca a scalfire la maschera di neutralità che impedisce di riconoscere ai responsabili di tanti orrori l’appartenenza a un sesso? Che cosa impedisce agli uomini sinceramente convinti di dover operare per la pace nel mondo di interrogarsi sulla matrice “virile” della violenza? Perché, a loro volta, le donne sono così poco inclini a chiedersi quando e come un figlio, un marito, un amante passano dalla tenerezza alla violenza?
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SENZA PADRE
di Paolo Gervasi, doppiozero.com, 9 aprile 2015
Nel luglio 2014 Matteo Renzi parlava a Strasburgo della necessità da parte dei giovani italiani di riconoscersi come la “generazione Telemaco”, la generazione di coloro che devono “meritarsi l’eredità”. Il Presidente del Consiglio non citava Omero, bensì rimasticava un libro dello psicoanalista Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco (Feltrinelli, 2013). La riflessione di Recalcati sulla ricerca della funzione paterna si inseriva in un più ampio progetto di individuazione di una sintomatologia sintetizzata nella metafora della “evaporazione del padre”, che emblematizza la dissoluzione dei limiti, dei legami, dei principi di mediazione prodotta dal capitalismo contemporaneo per assicurare campo aperto al godimento compulsivo del consumo. Variamente declinata a partire da alcuni assunti lacaniani, questo tipo di analisi del presente si è imposta come dominante nel dibattito culturale e politico attuale, affermando la necessità di opporre alla deriva del godimento un tentativo di riformulazione del Nome del Padre che consenta nuove forme di contrattazione del desiderio. Proprio a queste conclusioni, e alla forma di riduzione della politica a psicologia che le rende possibili, Paolo Godani muove una critica serrata nel suo libro Senza padri (DeriveApprodi, 2014), additando la strisciante tentazione di restaurare la funzione simbolica del Padre come un’attitudine reazionaria e conservativa. Nell’ottica di Godani la dissoluzione dei legami sui quali si fonda l’esistente andrebbe semmai accelerata e assecondata in quanto premessa per la creazione di una comunità di uguali. Il legame, il vincolo, è esattamente quello che il capitalismo contemporaneo utilizza per controbilanciare le proprie spinte disgregatrici, e quindi per conservarsi e riprodursi.
Continua qui:
http://www.doppiozero.com/materiali/bioslogos/senza-padre
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http://www.doppiozero.com/materiali/bioslogos/senza-padre
QUEL COPILOTA SENZA IL PADRE
di Glauco Maria Genga, culturacattolica.it, 10 aprile 2015
«Qui beatum nuntium non perfert recedat»
«Chi non reca una buona notizia torni indietro»: così si legge sulla facciata di una villetta in Città Studi, a Milano. Un’iscrizione singolare, esibita dai residenti a mo’ di difesa. Ma non basta! Vorremmo affidarci a qualche certezza più solida di un auspicio dal sapore scaramantico, senza considerare che oggi le cattive notizie arrivano dal web, cui siamo sempre connessi. Come distinguere le buone dalle cattive notizie? E che c’entra questo con la strage attuata dal copilota che definisco “senza il padre”, anche se il papà l’aveva? C’entra. Qualcuno ha perfino scomodato Amleto: «C’è del marcio nelle parole e non è la Danimarca…». (1) A ciascuno, dunque, il compito di orientarsi con prudenza nella ridda di frasi lette o udite in questi giorni. Per parte mia, mi atterrò alla versione finora più accreditata dai media, tralasciando altri scenari, terribili e fantasiosi, che sono stati affacciati.
La vignetta di Altan e il commento di Contri
Altan ha scritto: «In fondo è tutto più semplice di quello che temiamo». (2) E G. B. Contri l’ha subito citato sul suo blog, aggiungendo questo commento: «Che cosa ha fatto il copilota dell’Airbus? Ha trattato i passeggeri fisicamente raggruppati o assemblati nell’aereo come nient’altro che un insieme matematico (“niente di personale”). Non è una novità: in guerra la parola “nemico” non è davvero esatta, i tali cui sto sparando non sono miei nemici (neppure li conosco), sono oggetti del tiro a segno cui sono associato, la loro similitudine con me è quella di sagome, sono un gruppo assemblato come un insieme matematico (…) Quel copilota ha operato un passaggio personale, ossia ha fatto passare la ragion matematica a ragion pratica, etica: questa operazione è tradizionalmente nota come “conversione”, che è conversione del pensiero come dice il suo corrispettivo greco antico, metà-noia.» (3)
Una simile conversione, tutta all’incontrario di come la si intende di solito, merita attenzione. Nella normalità psichica (normalità è parola da usare senza virgolette: o la si ammette come possibile e a volte reale, o è da ricusare tout-court), pensieri e affetti non conducono mai a considerare gli altri alla stregua di pure sagome da colpire.
Nel narcisismo, invece, pensieri e affetti si volgono all’incontrario. E giustamente Freud ha definito il suicidio un caso di omicidio rivolto contro se stessi. (4)
Segue qui:
http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=516&id_n=37094
«Chi non reca una buona notizia torni indietro»: così si legge sulla facciata di una villetta in Città Studi, a Milano. Un’iscrizione singolare, esibita dai residenti a mo’ di difesa. Ma non basta! Vorremmo affidarci a qualche certezza più solida di un auspicio dal sapore scaramantico, senza considerare che oggi le cattive notizie arrivano dal web, cui siamo sempre connessi. Come distinguere le buone dalle cattive notizie? E che c’entra questo con la strage attuata dal copilota che definisco “senza il padre”, anche se il papà l’aveva? C’entra. Qualcuno ha perfino scomodato Amleto: «C’è del marcio nelle parole e non è la Danimarca…». (1) A ciascuno, dunque, il compito di orientarsi con prudenza nella ridda di frasi lette o udite in questi giorni. Per parte mia, mi atterrò alla versione finora più accreditata dai media, tralasciando altri scenari, terribili e fantasiosi, che sono stati affacciati.
La vignetta di Altan e il commento di Contri
Altan ha scritto: «In fondo è tutto più semplice di quello che temiamo». (2) E G. B. Contri l’ha subito citato sul suo blog, aggiungendo questo commento: «Che cosa ha fatto il copilota dell’Airbus? Ha trattato i passeggeri fisicamente raggruppati o assemblati nell’aereo come nient’altro che un insieme matematico (“niente di personale”). Non è una novità: in guerra la parola “nemico” non è davvero esatta, i tali cui sto sparando non sono miei nemici (neppure li conosco), sono oggetti del tiro a segno cui sono associato, la loro similitudine con me è quella di sagome, sono un gruppo assemblato come un insieme matematico (…) Quel copilota ha operato un passaggio personale, ossia ha fatto passare la ragion matematica a ragion pratica, etica: questa operazione è tradizionalmente nota come “conversione”, che è conversione del pensiero come dice il suo corrispettivo greco antico, metà-noia.» (3)
Una simile conversione, tutta all’incontrario di come la si intende di solito, merita attenzione. Nella normalità psichica (normalità è parola da usare senza virgolette: o la si ammette come possibile e a volte reale, o è da ricusare tout-court), pensieri e affetti non conducono mai a considerare gli altri alla stregua di pure sagome da colpire.
Nel narcisismo, invece, pensieri e affetti si volgono all’incontrario. E giustamente Freud ha definito il suicidio un caso di omicidio rivolto contro se stessi. (4)
Segue qui:
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I SOGNI? Espressione della nostra pazzia. Il neurologo Roberto Mutani spiega le caratteristiche e i misteri di questo fenomeno psichico che ha ispirato scienziati e letterati di ogni epoca
di Claudia Carucci, lastampa.it, 10 aprile 2015
Il più grande desiderio che finalmente si realizza. Un inseguimento all’ultimo respiro come in un film di James Bond. L’immagine terrorizzante di una belva feroce che ci divora. Sono migliaia le trame e le sequenze visive che accompagnano il sonno di umani ed animali e che da secoli cataloghiamo sotto la voce «sogno». Sganciato, ma per nulla estraneo al mondo della realtà e della veglia, quello dei sogni affascina da sempre comuni mortali e illustri studiosi convinti che, dietro il curioso e complicato fenomeno, si possano trovare indizi importanti per spiegare scientificamente inclinazioni psicologiche e problematiche organiche degli esseri viventi.
Dai padri della psichiatria come Freud e Jung, ai maestri della letteratura come Dante e Shakespeare, le menti più argute e preparate hanno offerto un loro personale affresco dell’universo onirico, diventando spesso punti di riferimento per nuove ricerche e approcci terapeutici. Per sapere qualcosa di più sull’incredibile fenomeno psichico chiamato «sogno», abbiamo consultato il Professor Roberto Mutani, Emerito di Neurologia dell’Università di Torino, per anni Direttore del Dipartimento Assistenziale di Neuroscienze, Città della Salute.
Professor Mutani, che cos’è il sogno?
«È una condizione ciclica fisiologica che si verifica ripetutamente nel sonno di ogni notte e che, nonostante sia fisiologica, è caratterizzata da una serie di elementi psicopatologici: inconsapevolezza di stare dormendo (chi sta sognando pensa di essere sveglio); allucinazioni visive e di movimento; scenari detti onirici, cioè bizzarri, fuori dalla logica, dal tempo, dagli spazi noti; deficit di capacità di ragionamento e giudizio, di volontà e memoria; intensa emozionalità. Se tali episodi si verificassero nella veglia sarebbero senza alcun dubbio espressione di una condizione psicopatologica. Kant ha, infatti, scritto che “il pazzo è un sognatore sveglio».
Segue qui:
http://www.lastampa.it/2015/04/10/scienza/benessere/i-sogni-espressione-della-nostra-pazzia-vdZuJfa8ddHKplsSaa5H2K/pagina.html
Dai padri della psichiatria come Freud e Jung, ai maestri della letteratura come Dante e Shakespeare, le menti più argute e preparate hanno offerto un loro personale affresco dell’universo onirico, diventando spesso punti di riferimento per nuove ricerche e approcci terapeutici. Per sapere qualcosa di più sull’incredibile fenomeno psichico chiamato «sogno», abbiamo consultato il Professor Roberto Mutani, Emerito di Neurologia dell’Università di Torino, per anni Direttore del Dipartimento Assistenziale di Neuroscienze, Città della Salute.
Professor Mutani, che cos’è il sogno?
«È una condizione ciclica fisiologica che si verifica ripetutamente nel sonno di ogni notte e che, nonostante sia fisiologica, è caratterizzata da una serie di elementi psicopatologici: inconsapevolezza di stare dormendo (chi sta sognando pensa di essere sveglio); allucinazioni visive e di movimento; scenari detti onirici, cioè bizzarri, fuori dalla logica, dal tempo, dagli spazi noti; deficit di capacità di ragionamento e giudizio, di volontà e memoria; intensa emozionalità. Se tali episodi si verificassero nella veglia sarebbero senza alcun dubbio espressione di una condizione psicopatologica. Kant ha, infatti, scritto che “il pazzo è un sognatore sveglio».
Segue qui:
http://www.lastampa.it/2015/04/10/scienza/benessere/i-sogni-espressione-della-nostra-pazzia-vdZuJfa8ddHKplsSaa5H2K/pagina.html
UN CIRCUITO VIRTUOSO TRA PULSIONI E MARXISMO. Scuola di Francoforte. Occultati nel ventennio postbellico per opportunismo politico e teorico, questi saggi miravano a introdurre nell’orizzonte filosofico del marxismo altre discipline, e soprattutto la lezione di Freud, per potenziare la capacità di lettura critica del presente
di Stefano Petrucciani, ilmanifesto.info, 12 aprile 2015
La vicenda editoriale dei saggi di Horkheimer titolati, in due volumi, Teoria critica è singolare: scritti tra il 1932 e il 1941 e pubblicati sulla rivista dell’Istituto francofortese per la Ricerca Sociale, contengono una delle pietre miliari del pensiero della Scuola di Francoforte. Vi si trova, tutto squadernato, il pensiero della prima fase della teoria critica, che si concluse con la guerra mondiale, quando la visione dei francofortesi subì una radicalizzazione e un approfondimento il cui prodotto venne raccolto nella Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno, datata 1947.
Intenzionalmente dimenticati nel ventennio postbellico, questi saggi si dovrebbe piuttosto dire che furono nascosti e occultati. Come ha raccontato Habermas molti anni dopo, nel periodo postbellico dell’Istituto francofortese (una fase caratterizzata, non va dimenticato, dalla guerra fredda e da un possente anticomunismo in Germania occidentale), le annate d’anteguerra della Rivista per la Ricerca sociale (Zeitschrift für Sozialforschung), contenenti i saggi horkheimeriani, erano relegate in una cassa custodita nelle cantine dell’Istituto, alla quale era sconsigliato avvicinarsi, quasi fosse materiale radioattivo.
Per continuare:
http://ilmanifesto.info/un-circuito-virtuoso-tra-pulsioni-e-marxismo/
Intenzionalmente dimenticati nel ventennio postbellico, questi saggi si dovrebbe piuttosto dire che furono nascosti e occultati. Come ha raccontato Habermas molti anni dopo, nel periodo postbellico dell’Istituto francofortese (una fase caratterizzata, non va dimenticato, dalla guerra fredda e da un possente anticomunismo in Germania occidentale), le annate d’anteguerra della Rivista per la Ricerca sociale (Zeitschrift für Sozialforschung), contenenti i saggi horkheimeriani, erano relegate in una cassa custodita nelle cantine dell’Istituto, alla quale era sconsigliato avvicinarsi, quasi fosse materiale radioattivo.
Per continuare:
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AUGIAS TRA PSICHE E ATTUALITÀ
di Redazione, estense.com, 13 aprile 2015
Santa Maria Maddalena. Il famoso scrittore e conduttore ha presentato al teatro don Gino Tosi di Santa Maria Maddalena il suo ultimo romanzo. Teatro gremito e sala in video conferenza interna con posti esauriti già ben prima delle 21. Era il quinto incontro di Parole d’autore, la rassegna letteraria del Comune di Occhiobello organizzata in collaborazione con Cuore di carta. Corrado Augias racconta del libro, in cui protagoniste sono due donne, Clara e Wanda. Ma anche un romanzo che passa attraverso i misteri dell’inconscio, con un viaggio nella psicanalisi, di cui Sara è studentessa appassionata. Quindi lo scrittore parla di Charcot e delle sue famose isteriche, del testimone passato a Freud: sono tutti gli studi di Sara, che si confronta, invece, in un doppio salto mortale, con un “caso” vero quello della sottomessa Wanda. Sottomessa al suo uomo che vuole indurla alla prostituzione.
Segue qui:
http://www.estense.com/?p=452884
PARLA GILLO DORFLES. Il decano dei critici d’arte e pittore ultracentenario dice la sua sul secolo passato e sul futuro. E della sua vita racconta: «Vivere troppo a lungo mi pare una cattiva idea»
Segue qui:
http://www.estense.com/?p=452884
PARLA GILLO DORFLES. Il decano dei critici d’arte e pittore ultracentenario dice la sua sul secolo passato e sul futuro. E della sua vita racconta: «Vivere troppo a lungo mi pare una cattiva idea»
di Valentina Cavera, insideart.eu, 13 aprile 2015
Con il suo fare da professore entra ed esce da casa, un palazzo signorile nei pressi di corso Buenos Aires, a Milano. Si muove per le strade del suo quartiere da solo, senza sentire realmente il peso dei 105 anni che compirà a breve, il 12 aprile per la precisione. Capelli bianco neve, sguardo sveglio, indagatore, critico, curioso, Gillo Dorfles si prepara così a festeggiare il suo nuovo compleanno, forse con un bicchiere di grappa e qualche cioccolatino, prelibatezze che suole offrire a chi lo intervista. Osservare nei suoi occhi è come guardare un secolo intero con i suoi mutamenti, le sue trasformazioni storiche, culturali, artistiche. Della vita privata non ama parlare perché vuole che rimanga intima, segreta. Cosa dovrebbe dire, in fondo? «Chi mi ha schiaffeggiato la prima volta? Quale donna ho baciato per prima? In cento anni di vita ci saranno altrettanti episodi. Dovrei ricominciare dai cinque anni e ripercorrerli tutti… Posso dire solo che ho studiato per diventare professore all’università. Ho fatto il docente di estetica per tutta la vita. La mia carriera universitaria è stata la cosa più importante che ho fatto», sottolinea.
Segue qui:
http://insideart.eu/2015/04/13/parla-gillo-dorfles/
Con il suo fare da professore entra ed esce da casa, un palazzo signorile nei pressi di corso Buenos Aires, a Milano. Si muove per le strade del suo quartiere da solo, senza sentire realmente il peso dei 105 anni che compirà a breve, il 12 aprile per la precisione. Capelli bianco neve, sguardo sveglio, indagatore, critico, curioso, Gillo Dorfles si prepara così a festeggiare il suo nuovo compleanno, forse con un bicchiere di grappa e qualche cioccolatino, prelibatezze che suole offrire a chi lo intervista. Osservare nei suoi occhi è come guardare un secolo intero con i suoi mutamenti, le sue trasformazioni storiche, culturali, artistiche. Della vita privata non ama parlare perché vuole che rimanga intima, segreta. Cosa dovrebbe dire, in fondo? «Chi mi ha schiaffeggiato la prima volta? Quale donna ho baciato per prima? In cento anni di vita ci saranno altrettanti episodi. Dovrei ricominciare dai cinque anni e ripercorrerli tutti… Posso dire solo che ho studiato per diventare professore all’università. Ho fatto il docente di estetica per tutta la vita. La mia carriera universitaria è stata la cosa più importante che ho fatto», sottolinea.
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Audio
RECALCATI A WIKIRADIO SU LACAN
di Redazione e Massimo Recalcati, Wikiradio, 13 aprile 2015
Il 13 aprile 1901 nasce a Parigi Jacques Lacan. Con Massimo Recalcati.
Repertorio: estratti da un documentario del 1983 dal titolo: Incontro con la Psicanalisi, Jacques Lacan (Archivi Rai).
Brani musicali: Le can can de Lacan, Francesco Cusa “Skrunch”
Vai al link:
http://www.wikiradio.rai.it/dl/portaleRadio/media/ContentItem-3a37e516-d222-43bb-b736-f841f1a6a99d.html
Video
Il 13 aprile 1901 nasce a Parigi Jacques Lacan. Con Massimo Recalcati.
Repertorio: estratti da un documentario del 1983 dal titolo: Incontro con la Psicanalisi, Jacques Lacan (Archivi Rai).
Brani musicali: Le can can de Lacan, Francesco Cusa “Skrunch”
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MASSIMO AMMANITI A “PANE QUOTIDIANO”
da rai.tv, 9 aprile 2015
I primi nove mesi sono un noi che ci congiunge alla madre. Poi la nascita ci sorprende come individui. Da quel momento, tutta la nostra vita sarà una continua dialettica tra solitudine e socializzazione. Lo psicoanalista Massimo Ammaniti indaga questa condizione umana, dalle relazioni infantili al contagio sociale, per scoprire che l’individualismo è destinato al fallimento di fronte alla forza del noi.
Vai al link:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-dda93fe2-3376-4b14-a2d6-2a8bffcdf0e8.html
I primi nove mesi sono un noi che ci congiunge alla madre. Poi la nascita ci sorprende come individui. Da quel momento, tutta la nostra vita sarà una continua dialettica tra solitudine e socializzazione. Lo psicoanalista Massimo Ammaniti indaga questa condizione umana, dalle relazioni infantili al contagio sociale, per scoprire che l’individualismo è destinato al fallimento di fronte alla forza del noi.
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I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
(Fonte: http://rassegnaflp.wordpress.com)
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
(Fonte: http://rassegnaflp.wordpress.com)
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