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BORDERLINE: UNO SPETTACOLO “AL LIMITE”

18 Set 16

A cura di rossana.putignano

Non ho una grande esperienza di teatro benchè mi piaccia l’arte in tutte le sue forme ma non credevo che sarei arrivata un giorno a trovarmi faccia a faccia con una “psicologa”  nel più bello spettacolo che abbia mai vissuto. Intitolato “borderline”, a noi psicologi già la dice lunga ma non credevo avrei avuto paura. Ebbene si, avere un “taglierino”, anche se finto e a un centimetro dalla giugulare, non è stato affatto facile. Questo testimonia la bravura degli attori ma da psicologa non posso non pensare a chi è più fragile e all’impatto che potrebbe su coloro che già sono afflitti da tematiche dolorose come la caducità della vita, la morte, l’amore deluso, le speranze distrutte, la mancanza di progettualità e di speranza fino all'esperienza del ricovero in un centro di salute mentale.  Il TEATRO LO SPAZIO a Roma, che ha accolto l’evento del regista Fabrizio Catarci, si presta bene ad ogni interpretazione, con i suoi angoli di palco, adeguatamente ritagliati per ogni monologo. La difficoltà iniziale è capire quando il monologo finisce! Infatti,ti lasciano un po’ con il fiato sospeso, soprattutto se simulano una coltellata nella pancia mentre, proprio tu, sei seduto davanti all’attore. Nonostante tutto, vorresti che ognuno di questi monologhi continuasse. Ogni storia raccontata descrive un pezzo di realtà, quello della malattia psichiatrica, che va dalla ragazza schizofrenica in isolamento all’innamorato deluso, dall’alcolista alla “borderline”. Non so bene che conseguenze possa avere un simile spettacolo sulle menti più fragili, so solo che ho visto qualcuno sconvolto; qualche ragazzina mi ha chiesto se non ci fosse qualcosa di "pauroso" nella stanza dalla quale uscivo ed io "vai, vai tranquilla!" senza sapere ancora a cosa andavo incontro…
Insomma, di sicuro un impatto l’ha avuto sul pubblico, però chiediamo al regista Fabrizio Catarci cosa ne pensa, sempre con profondo rispetto per il lavoro svolto.

R:  Salve, iniziamo con qualcosa di leggero e simpatico, un personaggio che mi è piaciuto molto, sexy e dalle idee interessanti.Parlo dello stereotipo della “psicologa pazza” ovviamente. Perché ci vedete cosi? 🙂 
F: assolutamente no! È un caso estremo come tutti gli altri di cui trattiamo… anche se, dal mio punto di vista, il lavoro dello psicologo comporta delle difficoltà enormi: mi immagino una bottiglia vuota che giorno dopo giorno viene riempita di gocce che rappresentano le problematiche dei pazienti, prima o poi quella bottiglia sarà piena e può o esplodere o essere incapace di assorbire ancora.
 
R: Come darle torto… A proposito, vi siete confrontati con qualche collega per quanto riguarda la sceneggiatura?
F: per ora, ci siamo affidati alla fantasia e conoscenza degli autori, ma, vista la risposta positiva del pubblico e la loro voglia di conoscere piu approfonditamente queste instabilità emotive, sto cominciando a rivolgermi a psicologi per identificare nuovi casi in modo da drammatizzarli e metterli in scena per nuovi spettacoli.
 
R: Cos’è il teatro interattivo?
 F: È una tipologia diversa di teatro, che cerca di rompere la famosa "quarta parete", quindi il distacco fra spettatore e attore. Come in un gioco di ruolo, gli spettatori si ritrovano catapultati all’interno della scena, dandogli la possibilità di interagire con l’attore. Ma anche in questo caso il gioco per essere divertente ha le sue regole, quindi le possibilità di scelta dello spettatore vengono limitate e guidate, in modo da seguire un copione prestabilito ma con molte variazioni sul tema.
 
R: Quale è il Suo personaggio preferito?
F: Chiaramente non ho una preferenza sui personaggi, li ho trovati tutti molto interessanti, ma ce n’è uno che mi faceva anche sorridere, perché è più facile da trovare nei bar: il molestatore romano, che nella sua confusione mentale ha qualcosa di stranamente divertente.

R: cos’è per lei la malattia mentale?
 F:Quando ho incontrato persone con disturbi mentali, la mia più grande difficoltà è stata l’ incapacità di comunicare con loro… e il sentirmi distaccato mi metteva paura e voglia di scappare…ma più volte nella mia vita ho creduto che diventare un malato mentale non sia cosi difficile, a volte il dolore è cosi forte da metterti davanti una porta, che se sorpassata non ti fa tornare indietro. Quindi vedo la malattia mentale come una sorta di rifugio dalla realtà, e dal dolore ma probabilmente è anche molto di più.
 
R: avete pensato all’impatto sulle persone che potrebbero, eventualmente, rispecchiarsi in quei personaggi?
F: come dicevo prima, diventare come quei personaggi, non è cosi difficile, in ognuno di noi c’è della pazzia, dei disturbi emotivi, psicosi. Mostrarla è come mostrare parte di se stessi, la parte irrazionale. Alcune persone del pubblico mi hanno confidato di sentirsi come alcuni dei personaggi dello spettacolo e che quelle sensazioni le avevano provate. Il sentirsi confidenti di queste emozioni hanno permesso loro, in qualche modo, di identificarle e definirle. E questo credo che sia un bene.
 
R: la mia non vuole essere una polemica anzi, è un invito a riflettere. Con tutto quello che si sente oggi nei tg – mi riferisco ovviamente ai femminicidi, alla violenza inaudita, ai suicidi- non è un po’ troppo rischioso cimentarsi in questo tipo di discorsi?
F: credo che il male non vada nascosto, ma che si debba conoscerlo, per poterlo curare, prevenire o al limite essere messi in guardia.
 
R:  ora sarò un po’ più drammatica: conosce il reato di istigazione al suicidio? E’ un problema che vi siete posti?
F: noi raccontiamo delle storie, non c’è nessuna istigazione, né al suicidio o a nessun altro genere di reato. Mostriamo quello che lasocietà ha prodotto. Il nostro scopo può essere, oltre al normale intrattenimento, il portare alla luce quello che preferiamo non vedere, perché mette paura, perché è molto più vicino a noi di quanto pensiamo.
 
R: non so se è a conoscenza di quell’incidente occorso a un attore mentre “fingeva” un’ impiccagione esitando in una vera auto-esecuzione.  Fino a che punto un attore si può spingere nella ‘interpretazione della realtà? Immagino che abbiate preso tutte le precauzioni possibili, ma ho l’impressione che non sia mai abbastanza. La fatalità è sempre dietro l’angolo. Sono forse esagerata o occorre riflettere meglio?
F: ne sono a conoscenza, certamente. Preparando le scene, ho sempre richiesto dai miei attori un limite, ricordandogli che stiamo fingendo, che il pubblico va rispettato, che dovevano avere sempre un occhio esterno che gli ricordasse che tutto ciò era una semplice interpretazione. Gli oggetti che ho usato nella messa in scena sono di plastica, grossolanamente fasulli, perche il pubblico capisse che era comunque un gioco.
 
R: se fossi uno dei suoi attori che personaggio mi dareste e perché?
F: vista la quantità di domande che mi ha fatto, le darei: il molestatore al bar. È chiaramente una battuta. Ma più semplicemente le darei il personaggio che più le piace e la stimola, perché è probabilmente quello in cui si riconosce di più.
 
R: ahhahah grazie! Simpatico, come tutti quei poveretti alla stazione Termini, purtroppo… ma preferisco sempre e comunque la psicologa. Ha qualche consiglio da dare al suo pubblico? E ai suoi attori?
 F: nessun consiglio, di nessun tipo. Più che altro un augurio, di essere felici, perché come diceva Gaber "se gli altri sono felici lo sono anche io". 
 
R: Avrà un nome questa compagnia o è un progetto temporaneo? Non esitate a chiedermi 🙂
F: per ora è un progetto temporaneo, ma con l’ambizione di diventare più continuativo.
 
R: complimenti per questa piccola e interessante produzione e in bocca al lupo per i prossimi progetti. Ci sono in cantiere altri spettacoli “al limite”?
F: no, di questo tipo di progetti non ne ho altri in cantiere…anzi di solito mi occupo di spettacoli comici, ma la vita ti mette davanti delle sfide nuove e devi cercare di essere sempre all’altezza. E spero di esserlo stato, ma questo lo chiedo io a lei, visto che è stata una nostra spettatrice.

R: ne è sicuramente all’altezza! Tanti auguri…..

 

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