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Breve storia della clinica sistemica (sesta puntata) autore di questo articolo Marcelo Pakman

28 Apr 16

A cura di barbetta

NDR: le precedenti puntate sono recuperabili andando all'indice della rubrica seguendo il link

È innegabile che Sigmund Freud fu all'origine del rivoluzionario pensiero psicoanalitico che si sviluppò a partire dalla sua pratica altrettanto innovativa. Quell’indiscutibile riferimento iniziale avrebbe continuato ad agire come un potente attrattore, imprimendo allo sviluppo della psicoanalisi un carattere centripeto e facendo dell’ortodossia un valore indiscutibile. Persino Jacques Lacan definì la sua singolare introduzione della linguistica in psicoanalisi come un ritorno a Freud.
La clinica sistemica ebbe, al contrario, un’origine pluricentrica ed eterogenea. I primi passi esitanti si ebbero più o meno nella stessa epoca, con il lavoro clinico compiuto sia nelle scuole per ragazzi difficili o per giovani delinquenti, che nei sobborghi disagiati delle grandi città degli Stati Uniti,  ma anche con la ricerca di opzioni più efficaci rispetto all’efficienza elusiva nel trattamento di patologie come l'anoressia nervosa, la psicosi schizofrenica e i disturbi psicosomatici, e in generale con la sperimentazione e l'inclusione delle famiglie nelle sessioni cliniche. Ci si allontanò così dalla pratica individuale e “a porte chiuse” della psicoanalisi, disertata criticamente da alcuni pionieri. L’origine molteplice e una certa tensione nei confronti della psicoanalisi diedero al campo proto-sistemico un’impronta centrifuga e una disposizione all'eterodossia.
Partendo da tali premesse, entrambi i campi si svilupparono in direzioni opposte. Durante la fase iniziale di istituzionalizzazione della psicoanalisi emersero delle conflittualità e delle differenze concettuali inerenti la comparsa, nel suo seno, di correnti junghiane ed adleriane, così come, successivamente, intorno alla nascita delle scuole inglesi e di quella nordamericana. La diffusione del sapere psicoanalitico nelle società occidentali rappresentò una volgarizzazione che finì per coincidere con la sua addomesticazione, mediata dall’ortodossia conservatrice delle sue istituzioni. Una élite professionale e sociale ne mantenne, paradossalmente, il nucleo ortodosso – ma innovativo rispetto al cambiamento personale -, mentre altre correnti si orientarono verso un lavoro di normalizzazione, acriticamente adattato alle forme sociali dominanti.
Mentre la psicoanalisi, partita da premesse unitarie, andava incontro ad una certa dispersione, le pratiche proto-sistemiche, da un esordio eterogeneo, si muovevano alla ricerca di un’unità concettuale che le riunisse sotto lo stesso tetto. All'eterogeneità iniziale si affiancò una certa carenza di strutture teoriche che diede luogo, da un lato, all’impiego di varianti tecniche come lo specchio unidirezionale, utilizzato nell’osservazione dei bambini per gli studi sullo sviluppo, e che consentiva nel contempo di mostrare una prassi per la quale non esisteva ancora una teorizzazione mentre ci si impegnava nello sviluppo della stessa. Dall'altra parte portò all'incontro sulle prime casuale – ma senz'altro fortunato – con il lavoro teorico di Gregory Bateson e, per suo tramite, con la cibernetica in quanto studio dei processi circolari e di retro-alimentazione nei sistemi umani e artificiali. La teoria dei sistemi, proveniente già da sviluppi pregressi, si legò così alla cibernetica dando, col termine "sistemica", un'identità concettuale – in verità mai pienamente raggiunta – alla molteplicità di pratiche che solo in modo retrospettivo trovarono una certa omogeneità, prodotto dello sguardo storico e della volontà di definire e di legittimare il nuovo campo nei suoi molteplici aspetti. Dalla molteplicità si approdò così a una neo-ortodossia che includeva l'adozione del fertile pensiero astratto di Gregory Bateson. E, nonostante il nucleo eterodosso non fosse inficiato dalla nota ritrosia batesoniana a forme di intervento tanto terapeutiche quanto politiche, il “guruismo” e i liderismi locali, con la corte di relazioni di assoggettamento che li caratterizzano, furono lo specchio di anni che afflissero in egual modo anche il campo psicoanalitico.
Nella clinica sistemica si ebbe pure una certa deriva verso il pragmatismo intellettuale statunitense, che portò, sebbene sporadicamente, ad un anti-intellettualismo tale da percepire ogni riflessione complicata come innecessariamente complessa. Entrava in gioco, nondimeno, una dimensione intellettuale sempre più preoccupata per la comprensione e la partecipazione al cambiamento sociale, parallela alle nuove concettualizzazioni filosofiche che affettavano in egual modo anche la psicoanalisi. Di fatto, sin dagli inizi del secolo aveva preso slancio un processo di decentramento della metafisica classica che era sfociato nello strutturalismo, nel post-strutturalismo e aveva anche alimentato il pensiero critico della scuola di Francoforte; decentramento a cui faceva eco, contemporaneamente, la crescita di movimenti comunitari di salute mentale che avrebbero influenzato la psichiatria, mentre in Europa nascevano l’antipsichiatria, i movimenti sociali come il femminismo e gli studi post culturali che spingevano verso la fine del colonialismo classico e sollecitavano una riflessione sulle questioni di genere e sulle minoranze. La rivoluzione sessuale e l'allentamento dei costumi sociali avrebbe comportato l’estensione dell’intervento familiare alle coppie definite nella loro vita quotidiana. A partire dal modernismo, le arti cominciarono a sperimentarsi in modo innovativo e ad interallacciarsi costantemente con l’interesse per la follia e l’anormalità, mentre si guardava con sospetto ogni normalizzazione del comportamento e delle espressioni umane. Lo slancio dei movimenti rivoluzionari degli anni settanta avrebbe nuovamente portato a costruire ponti tra il cambiamento personale e quello sociale; cambiamento che si espresse e, in parte, si limitò all'interesse sistemico per le pratiche di politica identitaria e allo smembramento delle istituzioni psicoanalitiche in America Latina.
Ma la rivoluzione conservatrice degli anni ottanta, con un’altra incredibile acrobazia, portò il campo delle psicoterapie ad allinearsi con l'economia di mercato. Questa, in maniera sempre crescente, avrebbe modellato il campo della salute mentale, attraversato allora dalla cosiddetta Decade del Cervello, diventata dominante per via di alcuni sviluppi in campi come quelli dei sistemi lontani dall’equilibrio, ma anche per il consolidamento postmoderno e paradossale dell’idea che il cambiamento avviene sostanzialmente nel linguaggio come estensione delle filosofie della svolta linguistica. Forse Vico lo aveva intuito bene, e così i “corsi e ricorsi” della storia ritornano ora con un rinnovato interesse – per il quale mi sono impegnato – per l'evento, la discontinuità, la contingenza, il corpo, la verità storica e l'esperienza sensoriale dinanzi all'astrazione empirica e linguistica.
Esistono molti modi di integrare quelle forze molteplici ed eterogenee che, sommariamente e schematicamente, ho indicato. Ma in ogni caso solo una complessa analisi storica può dare conto sia delle derive semantiche che delle circostanze e delle esperienze storiche, tanto della cronologia dei fatti quanto della concettualizzazione delle forze in gioco. Una storia della molteplicità creativa delle fonti della clinica sistemica è esemplificativa della stessa sistemica in quanto studio dei sistemi eterogenei instabili nelle loro relazioni trasversali. Così è stata definita da Deleuze e Guattari, in un inconsueto riferimento alla stessa, durante un dialogo (13/05/86).
 
Traduzione: Salvatore Pace

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2 Commenti

  1. barbetta

    Questa puntata delle breve
    Questa puntata delle breve storia è stata scritta da Marcelo Pakman, Medico, Psichiatra e Terapeuta. Tra i pensatori più lucidi, creativi e significativi del mondo della terapia familiare sistemica. Il tema di cui si tratta è molto interessante e riguarda la questione della leadership. A Bologna c’è un’espressione dialettale: “Boia d’un mond lader”, dove “lader” sta per “ladro”, ma oggi dovremmo dire “Boia d’un mondo leader”. Gli psicologi, da decenni, sono noti per avere teorie “efficaci” sulla leadership, strategie vincenti. Vorrei commentare il testo di Pakman aumentandolo di un grado, nella mia interpretazione, l’approccio sistemico ha promosso l’eresia, un grado in più di eterodossia. Per dirla con un titolo di Pasolini, la clinica sistemica promuove un “empirismo eretico”. Eterodossia è avere idee anticonformiste, eresia è praticare attivamente l’anticonformismo, considerarlo “pratica sociale critica” per usare un’espressione usata più volte dallo stesso Pakman.
    Tuttavia l’eresia, che la chiesa cattolica condanna, e con lei molti accademici, ha il significato originario di scelta soggettiva, di dissenso, ma anche di scelta di una setta. Si sa che, dentro la setta, si costituisce sempre una nuova ortodossia, così nascono i “guru” da cui non sono immuni, come ha osservato Pakman, né la psicoanalisi, né il campo della clinica sistemica. Inoltre le sette devono stabilire sempre regole rigide per non contaminarsi, così è stato per l’IPA come per i vari gruppi e Società sistemiche. Oggi il clinico sistemico che si confronta con i mondi multipli, si incontra con psicoanalisti che si confrontano, mentre chi rimane chiuso nei suoi dogmi originari non si confronta affatto. Il postmodernismo, in questo senso, è una concezione assolutamente moderna, non ha tradizioni, non si confronta, con le tradizione sistemiche, né con altre tradizioni, e si è rivelato, sul piano clinico e su quello teorico, di una povertà disarmante. Confrontarsi con la psicoanalisi, per un sistemico, è ritrovare le proprie radici, rompemmo con la psicoanalisi perché la sua ortodossi ci impediva di fare una clinica libera e aperta, oggi sembra che le parti migliori del pensiero psicoanalitico riemergano anche grazie a questa rottura storica. Forse è arrivato il momento di studiarla, di riprenderla in mano sotto altre prospettive e punti di vista. Il mio primo analista è stato Luigi Boscolo.

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    • nicola.calabrese

      Molto interessante il
      Molto interessante il discorso sul riscoprire per un sistemico le proprie radici psicanalitiche e ristudiare la psicanalisi in un ottica diversa .Quasi sicuramente sbaglierò nell’esprimermi, non ho ancora sufficienti conoscenze e esperienze, ma penso che rimanere ancorati fermamente a un modello teorico come quello sistemico significa indebolire la teoria stessa (teoria e pratica non sempre coincidono). Quindi, fare una scelta forte come “la rottura” significa Evolversi.

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