Il campo democratico è più ampio della sinistra. Perché la Polis democratica si regge, innanzitutto psichicamente, sulla possibilità di uno scambio paritario tra le differenze. L’esistenza delle differenze è fondata sulla loro parità, ma ci sono differenze che sono disparità. Le disparità sono ineliminabili dal gioco dell’intesa globale delle differenze e ciò implica inevitabilmente un complesso processo di integrazione della quantità con la qualità e il buon funzionamento delle modalità di compensazione (così che la soddisfazione che viene a mancare su un piano, si realizza su un altro). Tra le differenze che sono disparità quella “economica”, la diversa disponibilità di beni materiali, è la più problematica, la fonte principale della destabilizzazione della democrazia. Superata una soglia destruttura l’intesa complessiva delle differenze, fa prevalere le dinamiche del bisogno su quelle del desiderio e allontana decisamente la Polis dalla sua condizione costitutiva: una comunità di diversi, ma pari.
La democrazia si estende oltre l’ideale dell’eguaglianza economica che ispira la sinistra (situato come tutti gli ideali oltre l’orizzonte della prospettiva storica in cui si vive), ma se si muove nella direzione opposta si scava da sola la fossa. Non si può imporre, oltre un limite, l’uguaglianza economica, senza imporre, contemporaneamente un ordine che strangola la libertà e la parità (che ha senso solo se si ha il diritto di essere diversi e non omologati). Non si può lasciare che la diseguaglianza cresca indisturbata (l’hubris per eccellenza nei confronti dell’umano) senza distruggere le condizioni del vivere comune e far diventare la società un regno di predatori.
Tra i due opposti pericoli che definiscono, in negativo, lo spazio della vita democratica della Polis il primo è il meno insidioso: mettendo in contrasto l’uguaglianza economica con la parità delle diverse declinazioni del vivere è destinato a fallire nel suo intento, dopo aver creato grandi e difficilmente riparabili danni. Il secondo, che può anche crescere sulle ceneri del primo, può avere un successo che spinto nelle sue estreme possibilità e conseguenze è capace di distruggere l’umanità. Nello spazio democratico si dispiega il conflitto necessario tra destra, le forze della conservazione, e sinistra, le forze della trasformazione. La superiorità politica e etica della trasformazione deriva dal fatto che essa promuove lo sviluppo delle differenze, mantenendo vivo il desiderio, il motore della civiltà del vivere. Questo suo lavoro non è, tuttavia, possibile, in assenza delle istanze di conservazione.
Con la destra democratica, il suo nemico “costituzionale”, la sinistra convive, combatte e all’occorrenza dialoga. I suoi avversari con cui ogni compromesso può avere conseguenze letali, e contro cui l’opposizione non può che essere irriducibile, sono la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e la disparità sociale tra i due sessi che perverte la loro differenza naturale. L’opposizione alle fonti principali dell’ingiustizia che minano il nostro futuro, può riportare una sinistra alleata con la cultura in tutte le sue forme creative, le donne, i diseredati e i giovani, al ruolo di forza propulsiva della democrazia.
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