Nella precedente rubrica ho esaminato l’accusa di pseudoscienza che il prof. Corbellini ha rivolto alla psicoanalisi. Nel mucchio delle pseudoscienze il Nostro ha inserito anche l’agopuntura sostenendo che è puro placebo tant’è che non funziona sugli animali e non ci sono evidenze scientifiche pubblicate. Anche in questo caso Corbellini ignora ciò che è reperibile in letteratura.
In tutto il mondo si studiano l’efficacia e i meccanismi d’azione dell’agopuntura, con i classici strumenti della scienza sperimentale e dei trials clinici. Si usano modelli animali, tecniche di neuroimaging, esami biochimici, trials randomizzati controllati, reviews sistematiche e meta-analisi per giungere a conclusioni affidabili. Andando oggi (21.11.2019, ore 12) su PubMed, il più grande e affidabile motore di ricerca nel campo della biomedicina e della salute, digitando “acupuncture” si registrano 31.194 pubblicazioni. Singolare, converrà Corbellini, tutto questo interesse (che significa impiego di fondi e risorse umane) per una pseudoscienza.
Dall’esame della letteratura emerge che l’agopuntura è efficace in numerose patologie e condizioni[1]. Come tutte le procedure terapeutiche (siano farmaci o metodiche di altro genere), il grado di evidenza attuale è variabile: si va da patologie sulla cui efficacia non ci sono dubbi, come il dolore lombare, cervicale, del ginocchio, il dolore durante il travaglio e il parto, oppure la nausea e il vomito postoperatorio e post-chemioterapia e radioterapia, a patologie in cui c’è una buona evidenza di efficacia, fino a patologie in cui l’agopuntura può essere utile, ma la letteratura disponibile ancora non consente di trarre conclusioni definitive. Di grande interesse sono gli studi, sempre più numerosi, sull’agopuntura applicata ai disturbi di carattere psicologico e psichiatrico, come depressione, disturbi del sonno e anche disturbi neurologici, come cefalea, riabilitazione post-ictus, Alzheimer.
In questa sede, discuterò le evidenze sulla psichiatria e la neurologia, limitandomi solo alle principali.
Disturbi del sonno collegati alla depressione. Una review sistematica e meta-analisi[2], che ha preso in esame 18 trials randomizzati controllati, ha concluso che
- il trattamento con agopuntura ha prodotto un miglioramento significativo della qualità del sonno, misurata con lo strumento internazionale standard (PSQI) rispetto al trattamento medico standard;
- l’agopuntura combinata al trattamento medico standard ha effetti superiori rispetto al solo trattamento medico;
- l’agopuntura combinata con il trattamento medico ha effetti superiori al solo trattamento medico sui sintomi depressivi misurati con lo strumento internazionale standard (HAMD).
Depressione. Una review sistematica e meta-analisi[3], che ha preso in esame 29 studi randomizzati controllati che hanno coinvolto 2268 persone con diagnosi di depressione maggiore, ha concluso che:
- l’agopuntura ha mostrato una significa riduzione clinica nella gravità della depressione rispetto sia al trattamento medico standard sia all’agopuntura placebo (sham)
- l’aggiunta di agopuntura al trattamento standard è superiore al solo trattamento standard
- è stata trovata una significativa correlazione tra il numero delle sedute di agopuntura e la riduzione della gravità della sintomatologia depressiva e cioè più sedute si fanno (mediamente 3 a settimana) e migliori sono i risultati.
Ansia. Una review sistematica[4] che ha preso in esame 18 studi randomizzati controllati ha concluso che “c’è una buona evidenza scientifica che incoraggia la terapia con agopuntura per trattare i disturbi d’ansia ottenendo risultati effettivi, con pochi effetti indesiderati rispetto al trattamento tradizionale. C’è bisogno di un incremento della ricerca”
Cefalea. Una Cochrane review[5], che come è noto non è tenera verso nessuno in particolare verso le medicine cosiddette complementari, che ha preso in esame 12 trials con 2349 partecipanti ha concluso che “i risultati disponibili suggeriscono che l’agopuntura è efficace per trattare cefalee di tipo tensivo episodiche o croniche”.
Riabilitazione post-ictus. Una review sistematica e meta-analisi davvero imponente[6], che ha preso in esame 314 trials randomizzati controllati che hanno interessato la riabilitazione post-ictus di 13,787 soggetti ha stabilito le evidenze di efficacia per numerosi programmi riabilitativi, tra cui realtà virtuale, terapia fisica e mobilizzazione, stimolazione transcranica, ma anche tecniche della medicina cinese come Tai Chi, Moxibustione e Agopuntura. Usando parametri di valutazione estremamente stringenti, i ricercatori hanno stabilito che le terapie fisiche e la stimolazione transcranica hanno una efficacia moderata, mentre le tecniche di medicina cinese una efficacia più elevata, anche se, in quest’ultimo caso, gli studi presentavano problemi di eterogeneità del campione. Resta il fatto che l’agopuntura ha ottenuto i risultati migliori.
Disturbi cognitivi e Alzheimer. Uno studio randomizzato controllato[7] ha preso in esame 87 persone con Alzheimer di grado lieve e moderato divise causalmente in due gruppi: uno avviato ad un trattamento di agopuntura (3 volte a settimana) e l’altro al trattamento farmacologico standard con il donepezil (inibitore dell’acetilcolinesterasi). I risultati sono stati superiori in modo statisticamente significativo nel gruppo agopuntura rispetto al gruppo farmaco relativamente a due scale che misurano il livello cognitivo (ADAS-cog ) e lo stato generale del paziente dal punto di vista clinico (CIBIC-Plus). Il miglioramento nelle funzioni cognitive è stato osservato per più di 12 settimane dalla fine del trattamento di agopuntura.
Una meta-analisi[8] che ha analizzato 10 trials randomizzati controllati che hanno usato l’agopuntura per il trattamento dell’Alzheimer ha stabilito che: 1) in 6 trials l’agopuntura è superiore al farmaco nel migliorare il punteggio del Mini Mental Test (MMSE); 2) in 3 trials l’aggiunta di agopuntura al farmaco è superiore al solo farmaco.
Uno studio recente[9] ha indagato gli effetti dell’agopuntura sui alcuni circuiti cerebrali di un gruppo di pazienti con Alzheimer usando la Risonanza Magnetica funzionale-resting state. Dopo l’applicazione dell’agopuntura, la Risonanza ha registrato un aumento della connettività cerebrale tra alcuni circuiti corticali localizzati nelle regioni temporali e frontali, e in particolare la connessione tra ippocampo e giro precentrale e cioè tra connessioni cerebrali legate all’attività cognitiva.
A riprova dell’efficacia dell’agopuntura nei deficit cognitivi e della plausibilità del meccanismo d’azine indicato sopra, segnalo che sono reperibili numerosi studi di tipo sperimentale che usano il modello animale di Alzheimer. Questi lavori documentano un incremento del flusso sanguigno cerebrale nell’area prefrontale e nell’ippocampo del topo, che correla con il miglioramento dell’apprendimento spaziale, del richiamo mnemonico e delle abilità mnemoniche in genere dell’animale da esperimento[10].
Per concludere, le tre affermazioni del prof. Corbellini contro l’agopuntura, con cui abbiamo iniziato questo articolo, sono tutte prive di fondamento scientifico.
L’agopuntura non è placebo, è superiore al placebo, anche all’agopuntura placebo (cosiddetta sham).
L’agopuntura ha una documentazione di efficacia clinica di tutto rispetto in trials randomizzati controllati versus placebo e versus farmaco o altri trattamenti standard per numerose patologie anche di tipo psichiatrico e neurologico.
La ricerca sui meccanismi d’azione dell’agopuntura si avvale delle indagini strumentali più evolute, come le immagini cerebrali e i modelli animali.
Queste evidenze giustificano il crescente impegno internazionale, non solo cinese, sulla ricerca in agopuntura e la diffusione di servizi ospedalieri, in centri di cura di grande prestigio scientifico come il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, che offrono questa metodica terapeutica.
L’agopuntura è uno strumento terapeutico che, in mani competenti, nel quadro di un approccio integrato, può essere di grande utilità per i pazienti, che quindi non vanno disinformati. Così come non vanno intimiditi i medici che la studiano e la praticano e le Istituzioni universitarie e sanitarie che la insegnano e la offrono come servizio pubblico.
Volume 2017, Article ID 9614810, 11 pages http://dx.doi.org/10.1155/2017/9614810
DOI 10.1186/s12906-017-2064-x
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