Mi riferisco a quanto sta accadendo nelle case di riposo (RSA ) : in questi luoghi , che quotidianamente si confrontano con la caducità e la morte, l’epidemia è giunta in un modo piuttosto violento. Ha ì trovato, quasi, delle vittime predestinate. Dice Marco Trabucchi , Presidente della Associazione Italiana di Psicogeriatria ( AIP) :
I concittadini ricorrono alle residenze per anziani quando le condizioni di salute richiedono cure qualificate sul piano clinico e assistenziale, che non possono essere prestate in maniera adeguata a casa. Qualche decennio fa le cose stavano diversamente, ma oggi sono molto pochi gli ospiti delle nostre residenze per anziani che potrebbero restare a casa ricevendo gli interventi ai quali hanno diritto. Non vorrei che con questa retorica si raggiunga il risultato di privare gli anziani di atti qualificati e spesso salvavita (proprio quando ci siamo tanto preoccupati, con grandi polemiche degli eticisti, per evitare il diritto alla fruizione dei servizi ospedalieri solo da parte di chi non ha superato una certa età). Inoltre, non vorremmo che questo richiamo al dovere di costruire alternative faccia aumentare il senso di colpa dei parenti, già gravemente sofferenti per la separazione forzata imposta dal virus. Qualcuno potrebbe pensare con dolore: “…lo dicono anche gli esperti che potevamo tenere la mamma a casa…”.
E rispetto alla situazione delle RSA, in generale, osserva :
Vi sono, ancora incertezze sui movimenti degli ospiti sia in entrata che in uscita, ancora assolutamente inadeguata la disponibilità di strumenti di protezione, incerta la formazione di equipe di supporto al lavoro dentro le strutture, numeri di morti che non corrispondono alla realtà. Nel sottofondo vi è una linea politica -appena accennata, ma purtroppo diffusa- che considera le strutture per anziani come realtà esterne al welfare regionale, per cui devono costruire da sole il proprio futuro. Se i grandi fondatori e benefattori del passato potessero essere informati di questa deformazione della realtà… che peraltro ha pesanti conseguenze sul piano economico e quindi sulla realistica possibilità di molte strutture di continuare a onorare una nobile tradizione.
Vi son dunque molti problemi concreti, questioni legate alla diffusione delle epidemia nelle RSA ( cosa che ,peraltro, è applicabile a tutte le strutture socio sanitarie del territorio comprese quelle residenziali della salute mentale ) ma vi sono anche significativi problemi emotivi legati allo smarrimento e alla preoccupazione degli operatori. L’essere “non ospedale”, nonostante la presenza di situazioni ad elevatissimo rischio, ha creato non pochi problemi nelle definizione della priorità e della gestione delle singole emergenze. La vita di comunità ha accelerato la diffusione della infezione. Ma non prossimo, in questa sede, non sottolineare i problemi emotivi e relazionali: la forte pressione emotiva, il senso di angoscia e di abbandono vissuto dagli ospiti , dalle famiglie dagli operatori .
Su questo Marco Trabucchi fa ancora delle osservazioni molto significative :
Il blocco degli ingressi in casa di riposo ha colpito tutti gli ospiti, ma quelli cognitivamente integri si sono adattati, grazie alle maggiori attenzioni del personale, sempre straordinariamente sensibile, preparato e generoso, e all’adozione della comunicazione attraverso i tablet.
Diversa la reazione degli ospiti affetti da demenza che avevano spesso un rapporto simbiotico con i parenti, fatto di carezze, di vicinanza fisica, di sguardi intensi, di imboccamenti pazienti e amorevoli. Hanno mostrato agitazione o al contrario apatia, ansia, affaccendamento, confabulazione. Alcuni hanno ridotto l’alimentazione. In certi casi si potrebbe ipotizzare l’insorgere di un delirium ipocinetico; però vi sarebbe bisogno di indagini cliniche più approfondite. Non ho trovato una correlazione con gravità la compromissione cognitiva, perché la sofferenza per la mancanza di un contatto amoroso non è, almeno in molti casi, dipendente dal livello di consapevolezza.
Trascrivo la testimonianza ricevuta da un medico che dirige un reparto dedicato a persone affette da demenza: “Siamo abituati a comunicare con l’pressione del viso, con il tatto, con una tonalità di voce in grado di evocare qualche risposta verbale e non, con il labiale che compensava l’ipoacusia, ora ci presentiamo con scafandri e protezioni che a malapena fanno intravvedere gli occhi, costretti spesso ad alzare la voce per stabilire una comunicazione. Il tatto sostituito da una scivolosa e anonima superficie di lattice…” (Orazio Zanetti). Medici e operatori soffrono per dover modificare i loro comportamenti e vanno aiutati a superare lo stress che deriva da questi cambiamenti che sembrano minare una storia di vicinanza, parte profondamente vissuta della professionalità
Un accenno alle morti in casa di riposo. Purtroppo in molti luoghi extraospedalieri non si è stati in grado di adottare interventi palliativi per accompagnare la morte, come attraverso la somministrazione adeguata di morfina e midazolam. L’esperienza di assistere alla morte per soffocamento degli anziani affetti da Covid-19 ha minato profondamente la psiche di operatori; questi, tra l’altro, nelle residenze chiusa ai famigliari sentivano anche la responsabilità morale di rappresentare i legami e gli affetti lontani. Come potevano descrivere la morte del congiunto quando venivano richiesti da parte dei famigliari di darne una testimonianza? Temo che queste sofferenze lasceranno un segno profondo nella psiche degli operatori; sarà compito difficile quello che dovremo onorare per far recuperare la necessaria serenità a tanti componenti delle nostre equipe.
Nel sito della Aip https://aipass.org/ si trova qualche documento sulla emergenza . Marco Trabucchi auspica un
invito Uneba (Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di assistenza sociale N.dr.) a convocare le società scientifiche dell’area anziani per mettere a punto, appena sarà finita l’attuale tragedia, linee guida realistiche su come gestire le future emergenze. Guai al fatalismo; seguiamo le indicazioni di chi sostiene che queste sventure rischiano di tornare! E allora è necessario trarre indicazioni da quanto è avvenuto di negativo e di positivo in queste settimane, per inserire nella vita di tutti i giorni alcune modalità di lavoro irrinunciabili. Sarà anche necessario chiedere alle Regioni di allentare, razionalizzandole, le pratiche burocratiche che sono state emanate in questi anni. Al momento della crisi si sono spesso dimostrate inutili orpelli. Un’ altro aspetto delicato è quello della formazione degli operatori; devono ricevere una cultura specifica per il lavoro nelle residenze, che è diverso da quello prestato nel territorio o negli ospedali. Quindi è necessario prevedere una parte del curriculum universitario dedicato specificamente a questi compiti; ma va anche previsto un trattamento economico e normativo simile a quello degli altri comparti della sanità (non ha significato logico l’attuale disparità, fondata su modelli professionali non realistici e del passato), anche per evitare le trasmigrazioni verso l’ospedale che si sono verificate in queste settimane. Questo fatto ha provocato gravi problemi per la formazione dei turni, già aggravati da malattie e quarantene, oltre che dall’esigenza di raddoppiare in alcune casi le equipe di lavoro per garantire la necessaria separazione tra nuclei covid e non covid.
Ho chiesto a Luigi Ferrannini , Past President della SIP e membro storico del gruppo dirigente della Associazione Italiana di Psicogeriatria, ulteriore materiale. Egli mi ha inviato della documentazione: la prima è un documento sulla PREVENZIONE E GESTIONE NELLE RESIDENZE SOCIOSANITARIE PER ANZIANI che, assieme ad altri interessanti contributi relativi alla gestione della emergenza nel territorio, si trova presso il sito del network Aprire : https://www.aprirenetwork.it/.
Come ulteriore possibilità di approfondimento mi segnala un sito che contiene una rivista on line del settore con informazioni importanti in tema di RSA ed emergenza https://www.luoghicura.it/
Riporterei in conclusione una affermazione di Marco Trabucchi sul ruolo che AIP intende svolgere :
Occorre un ripensamento radicale sulla complessiva organizzazione dei servizi sanitari e socio sanitari di ogni regione; non possiamo permettere di essere assenti quando si decideranno aspetti così importanti del nostro futuro.
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