Di fronte alla catastrofe attuale, una parte di noi stessi deve morire, se vogliamo che l'altra parte sopravviva, si rigeneri e, crescendo, ci renda più forti. Se non possiamo farlo individualmente, dato che ciascuno di noi potrebbe scomparire del tutto, è necessario che lo facciamo, come collettività, nell'ambito della nostra cultura. Deve morire la parte di noi che ha combattuto battaglie inutili e perse in partenza, la parte delle illusioni perdute; solo così la parte superstite potrà correggere la rotta. La poetessa polacca Wistawa Sxymborska paragona questo concetto alla "autotomia" che si verifica in alcuni organismi; la descrive in questi versi, a mio avviso bellissimi:
In caso di pericolo, l'oloturia si divide in due:
dà un sé in pasto al mondo,
e con l'altro fugge.
Si scinde d'un colpo in rovina e salvezza
in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà.
Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso
con due sponde subito estranee.
Su una la morte, sull'altra la vita.
Qui la disperazione, là la fiducia
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Morire quando necessario, senza eccedere.
Ricrescere quanto occorre da ciò che si è salvato.
Già, anche noi sappiamo dividerci in due.
Ma solo in corpo e sussurro interrotti.
In corpo e poesia.
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Qui il cuore pesante, là non omnis moriar;
tre piccole parole, soltanto tre piume di un volo.
La parte di noi che dobbiamo riconoscere come morta è quella che, infantilmente, si è illusa di poter contare su di una protezione illimitata da parte delle istituzioni, di potersi adagiare su questa dipendenza. La parte che ha creduto nell'onnipotenza e nell'infallibilità della scienza medica. La parte che ha creduto in facili soluzioni politiche di qualsiasi problema, che ha inutilmente combattuto per la loro affermazione, che perdendo di vista la pochezza di tutto questo, ha anche perduto la strada delle soluzioni realistiche.
Aggiungo, come chiarimento:
Aggiungo, come chiarimento: una catastrofe come quella attuale non si porta via soltanto le persone: muoiono anche le illusioni, le false convinzioni, la tranquillità fondata su di una fiducia mal riposta. Muore l’illusione di poterci adagiare in un rapporto di dipendenza da istituzioni che qualcuno credeva capaci di offrirci una totale protezione dai pericoli; muore l’illusione di una scienza infallibile. Tutti questi morti vanno sepolti, se vogliamo che i sopravvissuti fondino la loro esistenza su basi più solide. Solo i gravi depressi non riescono a separarsi mai, ad accettare le perdite irrevocabili; e convivono interiormente coi cadaveri.