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DALLA TEORIA ALLE IPOTESI: LE PRIME IPOTESI DI POLLICINO

10 Feb 20

A cura di gvirtu


Per elaborare un’ipotesi si parte dalla teoria”: questo è quello che troviamo scritto in quasi tutti i libri di testo che trattano di metodologia della ricerca.

Ma è davvero così? 

La risposta è sì, naturalmente, ma con le dovute precisazioni.
La struttura formale di una teoria e le funzioni che associamo a questo concetto dipendono, infatti, dal significato che si attribuisce al termine “teoria”. 

Si può dire che la conoscenza abbia avuto origine con i primi tentativi di generalizzare l’esperienza; cosa che si rivelava utile soprattutto alla luce delle capacità predittive acquisite con l’apprendimento, e quindi del contributo per la sopravvivenza umana. A questo proposito Hume affermava che la conoscenza fosse solo il frutto dell’abitudine basata sull’esperienza.
La scienza, invece, sembra essere nata da un bisogno più profondo, di andare oltre le semplici generalizzazioni empiriche per trovare la fantomatica “causa” (1). Qualcosa, cioè, che sia capace di spiegare, almeno in parte, il fenomeno osservato e le sue caratteristiche, nonché le possibili correlazioni con altri fenomeni.  

La teoria, quindi, nasce sia dall’osservazione sia dall’astratta curiosità e dalla capacità della mente umana di creare collegamenti. Non nasce come diretta generalizzazione empirica, ma come “sistema concettuale” (plasmato anche sulla base di diverse generalizzazioni empiriche) astratto e decisamente più articolato. Pensiamo al paradosso proposto da Shaw nel suo testo teatrale “Il dilemma del dottore” del 1906: 

Sarebbe facile provare che portare il cappello a cilindro e l’ombrello sviluppa il torace, prolunga la vita e conferisce una relativa immunità dalle malattie, perché le statistiche mostrano che coloro i quali adoperano quei due oggetti sono più sviluppati, più sani e vivono più a lungo delle persone che non si sognano nemmeno di possederli

Una diretta generalizzazione empirica potrebbe trarci in inganno facendoci credere che, nella Londra dei primi anni del Novecento, fossero proprio il cappello a cilindro e l’ombrello ad assicurare la salute.
Una teoria, andando oltre la semplice osservazione, e magari concatenando a questa altre generalizzazioni empiriche (ad esempio il fatto che chi porta cappello a cilindro e ombrello sia più ricco o che chi è più ricco disponga di maggiori risorse per la cura della propria salute), è in grado di offrire una spiegazione più vera e complessa. È importante notare come mai si sarebbe arrivati a questa soluzione facendo riferimento alle singole osservazioni: il contributo della creatività e della logica umana è imprescindibile.

Questa duplice natura della teoria, empirica e astratta, si evince anche dall’etimologia del termine. Teoria, infatti, deriva dal greco θεωρέω theoréo, composto da θέα thèa "spettacolo", ma anche “rappresentazione mentale”, e ὁράω horào "vedo". 

Una buona sintesi di questa solo apparente contraddizione si trova nella definizione elaborata da Hempel (2), che descrive una teoria come:

 “una complessa rete sospesa nello spazio. I suoi termini sono rappresentati dai nodi mentre i fili che li collegano corrispondono, in parte, alle definizioni, in parte alle ipotesi fondamentali e derivate della teoria. L’intero sistema fluttua, per così dire, sul piano dell’osservazione, cui è ancorato mediante le regole interpretative. Queste possono venire concepite come fili non appartenenti alla rete, ma tali che ne connettono alcuni punti con determinate zone del piano d’osservazione. Grazie a siffatte connessioni interpretative la rete risulta utilizzabile come teoria scientifica

Si supera così una concezione puramente meccanicistica, riconoscendo il ruolo decisivo dell’immaginazione e dell’intuizione nella formulazione delle congetture e delle ipotesi, senza che questo tuttavia debba minare le basi “empiriche” su cui si fonda la scienza stessa. 

Del resto, una teoria non è altro che il tentativo di spiegare un fenomeno e, come tale, deve essere verificata empiricamente.
Per poter procedere in questo senso è necessario formulare delle ipotesi. L’ipotesi implica una relazione tra due o più concetti, si colloca a un livello inferiore di astrazione e generalità rispetto alla teoria e ne permette una traduzione in termini empiricamente controllabili.

La validità di una teoria dipende dalla sua traduzione in ipotesi empiricamente verificabili, perché se una teoria è troppo vaga per dar luogo ad ipotesi, non può essere verificata nella realtà. Il criterio della controllabilità empirica è il criterio stesso della scientificità (3).

Talvolta la pratica della ricerca si sviluppa con ordini diversi rispetto a quello canonico: è possibile che le ipotesi vengano sviluppate dopo aver raccolto i dati, e con questi confrontati a posteriori. Oppure si ricorre alla teoria dopo aver analizzato i dati, per spiegare un fatto anomalo o un risultato inaspettato. Infine, una nuova teoria può essere scoperta nel corso della fase empirica (4).

In qualunque modo si proceda è assolutamente vero che “per elaborare un’ipotesi si parte dalla teoria”, con la giusta dose di immaginazione e creatività necessaria.
 

note
  1. Maria Grazia Sandrini, Filosofia dei metodi induttivi e logica della ricerca, 2009, Feltrinelli, Milano, pp.85, 86
  2. C. G. Hempel “fundamentals of concept formation in empirical science” Chiacago, 1952; trad. it. La formazione dei concetti e delle teorie nella scienza empirica” 1976, Feltrinelli, Milano, pp. 46 sgg.
  3.  http://europa.uniroma3.it/dsf_new/files/Corbetta_metodologia_e_tecniche_della_ricerca_sociale_Materiali-di-approfondimento-e-sintesi.pdf
  4.  http://europa.uniroma3.it/dsf_new/files/Corbetta_metodologia_e_tecniche_della_ricerca_sociale_Materiali-di-approfondimento-e-sintesi.pdf

 

 

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