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Diritto al TEATRO: Recensione di Cartoline da Casa

22 Feb 19

A cura di Manlio Converti

Eravamo almeno 4 operatori della Salute Mentale, molte persone dell'entourage del regista, Antonio Mocciola, centrale figura del gotha della cultura gay di Napoli e qualche coppietta di innamorati, in questa grotta innaturale, oscurata dal nero carbone dipinto sul tufo, sotto un palazzo del Cavone.

Eravamo entrati dal fondo del microscopico palco, per andare verso il fondo della grotta nella piccola platea d'essai, notando appenda il minimalismo alla Dogma di Lars Von Triers della scena, appunto nera, con un rettangolo disegnato col nastro adesivo.

Subito si fa buio, nero su nero e il fascio di luce illumina il Satiro Fosco, il corpo e la voce di questa esperienza, forse troppo breve per essere esportata in spazi maggiori, impersonato dal Bruno Petrosino, dai profondi occhi bruni e dal corpo troppo ben curato per essere Vero.

Mancano gli odori feroci della reclusione autoimposta dalla malattia mentale, ma c'è il disagio, tutto il disagio per una vita piena di ostacoli che non si sono riusciti a dileguare o a risolvere, dimenticare o perdonare. Ci sono tre generazioni di conflitti verticali e tre conflitti orizzontali, narrati con la dolcezza ambigua dello sguardo, dei movimenti e della narrazione del protagonista.

Una lettura forse superficiale, non giudicante, sospesa, verso alcune fantasie persecutorie o di espulsione, generalmente omoerotiche, di un ragazzo recluso da anni, che comunica col mondo attraverso cartoline.
Fantasie o Deliri? Biografia, Anamnesi, Psicanalisi o Allucinazioni?

Decidetelo voi, invitando l'autore e il regista Marco Prato a portarlo in scena in uno spazio, sufficientemente claustrofobico, magari in una casa privata, una Wunderkrammer, o in una stanza di un SPDC…

"Un disadattato. (recita il comunicato del regista) Così la società liquida un uomo, specie se giovanissimo – e dunque obbligato alla Vita – che decide di isolarsi in una stanza. Per giorni, per mesi, forse per sempre. Il fenomeno, che in Giappone è una e propria emergenza, tanto da meritare un nome apposito (Hikikomori), sta arrivando anche in Italia , e coinvolge soprattutto giovani uomini dai 15 al 35 anni. Fosco, nudo in una scena nuda, circondato da un quadrato di luce nel buio che ne fissa il perimetro d’azione come un ring (o una gabbia), ci comunica il suo disagio, il suo esilio volontario, scrivendo cartoline ai suoi ex affetti, da cui ha divorziato. Fosco ci parla dal nulla, e nel nulla rientrerà. I suoi appelli cadono nel vuoto. Gesti d’amore che non abbiamo capito, o voluto capire, e che resteranno messaggi eternamente imbottigliati: pensieri alla deriva."

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