"Chi nel mondo ama il suo prossimo, commette, né più né meno, la stessa ingiustizia di chi nel mondo ama sé stesso. Resterebbe solo da chiedersi se la prima cosa sia possibile."
Leggevo questa considerazione di Kafka martedì sera e mi domandavo come si possa essere così conseguentemente tragici.
Un'altra riflessione, di Freud, mi è balzata agli occhi stamattina (7.1.15) dal mio calendario (letterario canino) e mi ha accompagnato nella giornata "I cani amano i loro amici e mordono i nemici. Diversamente l'uomo: è incapace di puro amore e deve sempre mescolare amore e odio". Dopo averla tweettata nel pomeriggio, avendo cura di associarvi una foto del mio cane, una corrispondente musica "animalesca" insieme al goffo compiacimento per una così benevola azione verso l'umanità, mi preoccupavo per aver dimenticato la dieresi sul nome del compositore, Saint Saëns. Un graffio alla mia immagine, più che al musicista.
Qualche minuto dopo ho (tardivamente) letto dell'attentato islamista a Parigi in cui 12 uomini (tra cui un poliziotto musulmano) sono stati uccisi da due uomini in nome di un dio. Sono stato, come tutti – immagino – sconvolto, dalla morte, dall'odio, dal fanatismo, dall'impotenza. Mi sono sentito in colpa per i miei stupidi pensieri alla dieresi mancata e per la musica così poco confacente appena tweettata.
Nonostante qualcuno, @popinga consigli – giustamente – su Twitter il silenzio, "nunc silere oportet", scelgo un silenzio meno silenzioso, più vistoso, un rettangolo nero accompagnato dal secondo movimento (marcia funebre) della 3 sinfonia di Beethoven. Retweetto poco dopo anche un #JeSoisCharlie ma me ne pento subito, Non certo perché non sia solidale con le povere vittime. Ma perché non sono Charlie, non posso neanche lontanamente sentire il dolore della sua famiglia, dei suoi amici, non conosco nemmeno i suoi disegni, se non i pochi che vedo retweettare, non mi prendo nemmeno la briga di scendere in strada per andare a cercare altri Charlie con cui andare in piazza a manifestare. Retweetto senza convinzione la poesia di #Charb contro l'intolleranza. Certo che sono contro l'intolleranza ma è poesia? E anche ammesso che lo sia, è possibile fare poesia ora? Certo la reazione dei francesi è straordinaria! Scendono in piazza anche a Londra, a Berlino. E a Roma? Dribblo infastidito/disgustato le solite polemiche, islamofobi/islamofili, comunisti/fascisti, approfittatori, avvoltoi, se ci fosse ancora la Fallaci, mandare o non mandare il filmato, la TV, i social media…Me la prendo con chi osa pensare ad altro che al l'attentato ma anche, per un motivo o per l'altro, con tutti quelli che twittano sulla strage. La rabbia contro qualcuno, qualcosa è sempre meglio dell'impotenza e del dolore.
Guardo il mio cane, che non capisce ma non odia e mi è vicino. Capisco meglio perché, una volta, dopo tragedie del genere (ma anche per motivi assai meno nobili) in TV interrompevano le trasmissioni e mandavano la musica classica. Non riesco a pregare. Rileggo Kafka, senza capirlo fino in fondo:"Misurati con l'umanità. Essa fa dubitare lo scettico, fa credere il credente".
Ancora una volta ‘il fatto’
Ancora una volta ‘il fatto’ suscita un eccesso di parole, come se la scelta di un silenzio pensante fosse troppo faticosa. Mi viene in mente Glucksmann: “che nulla di ciò che è inumano ti sia estraneo”; ovvero il richiamo alla ineludibile necessità di guardare in faccia il male e divenirne consapevoli… (Glucksmann, A., L’undicesimo comandamento, Longanesi, Milano, 1992)